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Autore: Bill Kaulitz    02/05/2014    2 recensioni
‹‹Bene, passi nuovamente.›› Bill obbedì senza esitare e, come temeva, suonò ripetutamente. Avvampò di più. Constatò di aver sentito qualcuno ridacchiare. Si voltò ex novo, e vide un ragazzo alquanto strano, ridere sotto i baffi. Avvertendo di essere stato sgamato, fece il vago; guardando da tutt’altra parte e grattandosi dietro la nuca. Bill alzò un sopracciglio e schioccò la lingua.
Voglio proprio vedere se nascosta sotto tutti quei rasta neri, non ci sia della droga.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Incest
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Trailer (click here)

- Capitolo 1 -

Era da ormai quasi un’ora abbondante che sedeva su quel pullman altamente scomodo e, a suo malgrado, mancava un’altra oltra prima dell’arrivo. Sentiva il suo fondo schiena completamente appiattito e formicolante, diventando un tutt’uno col sedile. Temeva si fosse addormentato. La carica del suo cellulare era già al 60% perché era da quando aveva messo piede sulla corriera, che aveva preso a giocarci e a cazzeggiare sui vari social ai quali era iscritto, non potendo fare altro. Il tempo sembrava non passare mai. Era già la quarta – o quinta – volta che sbuffava – nell’arco di pochi secondi – tra l’altro, non aveva ancora avuto il tempo di fumare la sua bella e sana sigaretta mattutina.

Il suo Rolex segnava quasi le sette del mattino e, ovviamente come da routine, non riuscì affatto a prender sonno. Quel cazzone dell’autista, tra l’altro, sembrava andasse d’accordo con i fossi nell’asfalto. Diverse volte aveva provato a chiudere gli occhi e a distaccarli dal cellulare, poggiando leggermente la testa sul finestrino ma, non appena pensava di essersi finalmente addormentato, il grassone imbranato, prendeva qualche fossa, facendogli sbattere la fronte contro il vetro.

‹‹Maledetto!›› disse digrignando i denti e contemporaneamente, massaggiandosi la tempia dolorante. Di conseguenza, riprese a giocare con il telefono.

‹‹Smettila di giocare con quell’affare, Bill.›› disse sua madre, seduta sul sedile dietro al suo. ‹‹E da quando siamo saliti che non lo lasci. Prendi pace e mettiti a dormire.›› in quel momento, avrebbe voluto urlare ma, visto che non era il solo in quel maledettissimo pullman, decise di ignorarla completamente; anche perché, così facendo, avrebbe svegliato sua sorella – seduta accanto a lui. – e senza dubbio, avrebbe cominciato ad imprecare, picchiandolo senza sosta. Fece un profondo respiro. Quel viaggio era partito male. Molto male.

‹‹Non riesci mai una volta ad abbozzare un sorriso.›› si intromise il padre, parlandogli nel dormiveglia.

‹‹Scusatemi se non salto dalla gioia per questa fottutissima crociera!›› continuò, riprendendo a smanettare e a mandare messaggi alla sua migliore amica Sarah. ‹‹Scusatemi se avrei preferito rimanere a Berlino, senza dover affrontare un’ora di aereo per venire qui in Italia e, subito dopo, prendere un cazzo di pullman ed affrontare altre due ore di viaggio.›› senza mai distogliere lo sguardo dal cellulare, iniziò ad avere una discussione con i suoi ma, visto il loro entusiasmo per il dannato viaggio, decisero di ignorarlo. Sentì Simone sbuffare e bisbigliare a Gordon un lascialo perdere.

Esatto. Era proprio ciò che voleva in quel momento. Essere lasciato in pace.

‹‹Ma la volete piantare voi di tre di torturarmi? Sto cercando di dormire, grazie!›› come immaginava, Heidi si destò dal sonno. ‹‹Tappati quella boccaccia, Bill e mettiti a dormire anche tu.››

Nonostante la noia e la rabbia che ribolliva nelle vene, decise di lasciare il cellulare, mandando un ultimo messaggio a Sarah:

‘La nave dovrebbe salpare alle dieci e mezzo. Non appena sarò salito a bordo, non potremmo sentirci per una settimana. Già mi manchi un sacco. Non volevo venirci, cristo. Avrei preferito restare lì a Berlino.’

Prima di riporre il cellulare nella borsa, lo senti vibrare qualche istante dopo.

‘Non essere il solito musone, Bill. La crociera è una bellissima esperienza. Te lo posso assicurare. Cazzo, hai ventiquattro anni e, delle volte, mi sembri un bambino di dodici. Non scappo da nessuna parte, idiota. Non appena avrai del tempo (anche se suppongo che no ne avrai molto visto che ti divertirai come un matto) mandami un messaggio; ma ricordati: in primis, divertiti. Un bacio, Bì.’

Sebbene si fosse avvelenato la giornata, Sarah riuscì comunque a strappargli un sorriso dalle labbra. Le mandò un messaggio flash con una semplice emoticon e ripose il cellulare nella borsa con tutti i suoi effetti personali; successivamente, infilò cautamente una mano nella tasca dei jeans, alzando leggermente il sedere dal sedile, dimodoché potesse afferrare l’mp3. Tuttavia, visto che non riusciva a prendere ancora sonno, non aveva altra scelta se non quella di perdersi fra le note della musica. Cominciò a scorrere rapidamente la playlist, trovando diverse canzoni che non ascoltava dai tempi del college, come ad esempio: Living Dead Girl di Rob Zombie. Sorrise inconsciamente, vedendo quella canzone sull’mp3. Ascoltarla, lo avrebbe senza dubbio aiutato a scaricare la rabbia e il nervosismo che, quella maledetta mattina, non avevano alcuna intenzione di abbandonarlo. Pigiò sul tasto play e lasciò che la graffiante voce di Rob, entrasse nelle orecchie, scorrendogli poi nelle vene come pura eroina.

Crawl on me
Sink into me
Die for me
Living Dead Girl

Socchiuse gli occhi e provò a riposarsi: senza dubbio, l’imbarco, sarebbe stato molto peggio del viaggio in sé. La loro vacanza, doveva ancora iniziare e già non vedeva l’ora che finisse. Dopo svariati tentati di prender sonno, finalmente riuscì a trovare la sua pace.

Tutto però, ha una fine e, quella del proprio sonno, arrivò molto prima di quanto pensasse.

L’autista frenò in maniera poco delicata. Bill urtò con una certa violenza la fronte contro il sedile dinnanzi. Imprecò ancora una volta.

‹‹Giuro su Dio che denuncerò l’imbecille che ha patentato quel ciccione.›› sua sorella, dal canto suo, era già sveglia da un po’.

‹‹Sei un povero imbecille, Bill.›› sogghignò, mentre cominciava ad alzarsi dal suo posto. Lui decise di ignorarla e, una volta liberato il suo sedile, decise di alzarsi anche lui.

‹‹Dio mio. Sento il profumo della libertà, lì fuori.›› si stiracchiò, tirando indietro le braccia e facendo qualche esercizio di stretching – poco appropriato in quel luogo – per poter riacquistare la sensibilità delle gambe.

‹‹Bill, c’è gente che deve passare.›› disse Gordon, dandogli alcuni colpetti sulla spalla per avvertirlo che, con un ginocchio alzato e un braccio teso di lato, stava letteralmente bloccando quel piccolo corridoio dell’autobus che conduceva all’uscita. Si rimise composto e guardò dietro di sé. Rise leggermente vedendo l’espressione di stizza della gente.

‹‹Ti diverti con poco, Bill.›› affermò Simone. Non replicò la sua protesta, in quanto più che vera. Ad ogni modo, dopo aver ripreso la sensibilità di braccia, gambe e soprattutto glutei, si avviò verso l’uscita. Ovvero: La libertà.

Non appena mise piede fuori, sentì la brezza del mare penetrargli nelle narici. Erano secoli che non sentiva il suo profumo. Inspirò a pieni polmoni ed espirò in un colpo solo. Gli scappò un colpo di tosse per via della nicotina presente nei suoi polmoni.

‹‹E tu che non volevi venire. Guarda che spettacolo, Bill.›› disse Heidi, indicando una maestosa nave. Rimase sbigottito. Senza parole. Non avrebbe mai immaginato che una nave, potesse essere così bella. Sgranò gli occhi e, inconsapevolmente dalla sua bocca, uscì un sonoro ‘Wow’. Heidi gli diede una gomitata sul fianco, accompagnato da una risatina sarcastica.

‹‹Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuta. Smanetti tanto quel cellulare e non hai nemmeno avuto la curiosità di andare a vedere quale fosse l’aspetto della nave.›› proseguì poi. Obiettivamente, non poteva darle torto. La nave era bellissima. Imponente. Fantastica. Ma si picchiò mentalmente per aver esternato il suo entusiasmo in maniera così evidente.

Per pura curiosità, chiese quale fosse il nome della nave. Non che se ne fregasse qualcosa, certo.

‹‹Preziosa›› intervenne sua mamma mentre si affannava a prendere i bagagli. ‹‹Tranquilli, non vogliamo una mano.›› aggiunse poi Gordon con tono sarcastico, più affannato di Simone. Lui e Heidi risero, dirigendosi verso il fianco destro della corriera per poter aiutare i loro genitori.

‹‹Ma perché diamine hai portato tutta questa roba?›› espose in seguito il padre, tirando fuori la sua quinta – o forse era la sesta – valigia da fuori l’enorme bagagliaio.

‹‹Pretendi che per una settimana mi debba mettere gli stessi vestiti? Ma assolutamente no.›› diede automaticamente una risposta alla propria domanda.

‹‹Sei peggio di tua sorella.›› disse poi Simone tirando fuori un’altra valigia – sempre una delle sue –

Una volta uscite tutte, si pose un piccolo problema: come trasportare fino al ponte d’imbarco le valigie?

‹‹Cristo. Cristo. Cristo.›› si schiaffeggiò la fronte ripetutamente, dandosi istintivamente dello stupido. Di sicuro, la marea di gente che passava di lì, se l’avesse visto, gli avrebbe senza dubbio dato dello svitato. Ma come diamine avrebbe condotto per circa trecento metri le sette valigie? Cercò una probabile ma quasi impossibile soluzione: senza un piccolo aiuto non avrebbe concluso proprio un cazzo. Guardò con occhi speranzosi sua sorella che, non appena incrociò lo sguardo, lo fulminò istintivamente:

‹‹Te lo scordi che ti porto i bagagli. Avessi portato meno roba, facendo come me: due valigie e un borsone. E stop! Arrangiati da solo.›› Con non curanza e aria altezzosa, gli passò davanti, lasciandolo come uno stoccafisso. Provò a rivolgere lo sguardo ai genitori ma la risposta fu abbastanza chiara: entrambi erano impossibilitati in quanto avevano già le mani occupate da una o più borse.

‹‹Maledizione!›› imprecò, dandosi nuovamente del coglione. Il caldo, nonostante fossero le otto del mattino, era già insopportabile. Vide la sorella già a buona strada verso il ponte, i suoi invece, erano ancora lì a sistemare e a decidere come trasportare i bagagli. Erano impossibilitati tanto quanto lui.

Nel mentre, decise di mandare un messaggio a Sarah. Prese la tracolla. Gli ci volle un po’ a trovare lo smartphone. C’era di tutto nella borsa: fazzoletti stropicciati, buste di caramelle gommose, sacchetti di patatine, due custodie di occhiali da sole – vuote – protezione solare, deodorante e altre cose che, nemmeno lui, sapeva come ci fossero finite lì dentro.

‹‹Eccolo finalmente!›› esultò, non appena se lo ritrovò fra le mani

‘Sono arrivato proprio adesso. La nave è davvero una favola. Ma ciò non toglie il fatto che avrei preferito rimanere con te. Ti voglio bene, Sarah. Ci risentiamo fra una settimana.’

Inviò il messaggio, ma non ebbe risposta. Sarah fu molto chiara: avrebbe voluto che si divertisse, e non che si autocommiserasse.

Una volta riposto il cellulare nella borsa, notò che i suoi genitori si erano incamminati; quanto ad Heidi, si era fermata a metà strada e, con stizza, cominciò ad agitare le braccia e a far gesti inconsueti per invogliarli a sbrigarsi. Lui non aveva ancora trovato una soluzione con i bagagli.

Diede un calcio alla valigia, facendola cadere in terra. Stava quasi per decidere di lasciarle lì quando.. un miraggio: un tizio di colore – probabilmente indiano – stava passando proprio con un carrello adatto al trasporto dei bagagli. Gli si illuminarono li occhi dalla gioia. Lo chiamò agitando misericordiosamente le braccia.

Il tizio si avvicinò.

‹‹Grazie a Dio. Mi può dare una mano con i bagagli, per cortesia?››

Di tutto si sarebbe aspettato, tranne il fatto che quel tizio non lo comprendesse. Lo guardò stralunato. Provò a parlargli in inglese e, nemmeno questa volta, riuscì a spiegarsi. Decise di intraprendere una strada differente: quella dei gesti.

‹‹Bagagli.›› indicò con entrambi gli indici la propria roba, poi li rivolse sul carello dell’uomo e, infine, indicò la nave. ‹‹Carrello. Nave. Okay?››

‹‹Nave. Sì. Capito.›› l’indiano annuì convulsivamente. Dopodiché cominciò ad afferrare i propri bagagli, uno per uno, per poi metterli sul carrello. Si sentì soddisfatto in quel momento, ma lo diventò ancora di più quando vide i suoi familiari ammazzarsi di sudore per poter trasportare la loro roba. Lui, invece, stava finalmente gustandosi la sigaretta senza alzare un dito.

‹‹Sei un bastardo, Bill.›› confessò sua sorella una volta che Bill le si avvicinò. Si lasciando scappare un sorriso. Lui sogghignò contento.

‹‹Ho sempre una soluzione per tutto, sorella. Sappilo.››

Il bello però, doveva ancora arrivare.

Non appena giunsero al ponte per l’imbarco, al suo ingresso, c’era uno stand decisamente troppo affollato. Il suo porta-valige cominciò ad agitare – secondo Bill, senza motivo – il braccio destro, indicando quello stand. Non riuscì a capire cosa volesse intendere.

‹‹Inside. Inside.›› continuava a ripetere, sempre indicando quel luogo. Lui lo guardò basito. Volse lo sguardo a sua sorella e, facendo dei cerchi concentrici immaginari vicino la tempia, fischiò come per dire: ‘questo è fuori di testa’. Heidi gli mollò un pugno sulla spalla.

‹‹Ahio! Ma che sei impazzita? Mi hai fatto male, cretina.›› si massaggiò la parte colpita e, per vendicarsi, cercò di tirarle un calcio ma, ovviamente, lo tirò all’aria volutamente. Non avrebbe mai seriamente colpito la sorella. Mai.

‹‹Sei tu rincitrullito, Bill. Abdul ti stava solo avvertendo che i bagagli dobbiamo lasciarli lì dentro. Ce li trasporteranno loro direttamente fuori dalle nostre cabine.››

Abdul?

‹‹Non ti sei chiesto a cosa servissero le etichette con il numero della nostra cabina?››

Guardò il padre con aria indifferente e scosse la testa. Non gli fotteva nulla della vacanza, figuriamoci delle etichette sulle valigie. ‹‹Adesso lo sai.››

Alzò le spalle e abbandonò Abdul – anche se quello non era affatto il suo nome – con tutta la sua roba. Prima di allontanarsi però, gli puntò l’indice con fare minaccioso.

‹‹Ti tengo d’occhio.›› mimò poi con la bocca. Ovviamente, non lo capì. Vide sparire lui e il carello con i bagagli all’interno di quello stand.

‹‹Da questa parte, signori.››

Una paffuta e tozza signora – avrà avuto poco più di trent’anni – indicò loro di andare alla sua sinistra ove, ben presto, si sarebbero imbarcati su quella lussuosa nave. Da vicino, pareva ancora più possente e maestosa. Faceva la sua figura, doveva ammetterlo.

Possibile che in Italia tutte le persone siano grasse? Non conoscono il concetto di attività fisica? Mah!

Davanti a loro, c’erano un centinaio di persone di diverse nazionalità. Riconobbe anche dei tedeschi, fra loro.

Stavano proseguendo in maniera talmente lenta, che gli parve restare fermo. Si passò lentamente una mano sul viso, sull’orlo di una crisi di nervi. Avrebbe voluto fumarsi l’intero pacchetto di Marlboro Light.

‹‹Dio santo, ci stiamo mettendo un’eternità!›› sbottò Heidi, spostando il suo peso da un piede all’altro. Ripeté quest’operazione per circa tre volte, in meno di trenta secondi. Sbuffò ancora e ancora. Lui la seguii a ruota.

‹‹Ragazzi, per favore. Si comporta meglio quel bambino davanti a noi. Siete entrambi adulti, eppure assumente un comportamento da poppanti.››

Simone, ormai esausta anche lei, si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzolettino di carta e, inutilmente, tentò di sventolarsi lo stesso dimodoché potesse smuovere un po’ d’aria. Vedendo quel gesto del tutto inutile, decise di rinunciarci e di proseguire con la mano.

‹‹Non ce la faccio più. Fa un caldo insopportabile.›› frugò nella sua borsa e prese una bottiglietta d’acqua. Ne bevve due sorsi, dopodiché ne diede un po’ ai loro figli. L’ultimo fu Bill – la finì in un batter d’occhio –

‹‹Se avessi saputo che una vacanza fosse così faticosa, giuro non l’avrei mai fatta.›› confessò Gordon. Dopotutto, non aveva tutti i torti. Erano ammassati come bestie, sudanti e morenti. Un concerto Rock-metal, sarebbe stato meno distruttivo.

Bill si passò le mani sulla parte rasata della testa; subito dopo la scostò al ciuffo biondo che pendeva – sfatto – sul lato sinistro della fronte.

No ne posso più.

‹‹Bill, questa sera andiamo in discoteca, d’accordo? L’ho vista sulla brochure. È meravigliosa…e..››

‹‹Heidi›› la interruppe. ‹‹Non voglio pensare a questa sera. L’unica cosa che voglio fare, non appena metterò piede sulla nave, è andarmene in cabina, farmi una doccia fredda e gettarmi sul letto.››

‹‹..e poi la pista è proprio come quella che si vede nei film. C’hai presente? La palla, le luci, i riflettori..››

Ma con chi parlo? Con un muro, forse?

Heidi non diede minimamente retta a ciò che disse. Cominciò a blaterare e farneticare di come si sarebbe vestita quella sera per andare a ballare. Non si rese conto che non la stava minimamente ascoltando. Difatti, continuò a cincischiare da sola. Sentiva la sua voce come un eco. Sempre più lontana.

Si massaggiò le tempie. Era una cosa estenuante. Avrebbe preferito morire seduta stante su quel fottuto molo. D’un tratto, sentì una potente gomitata perforargli quasi un polmone. Imprecò come un ossesso.

‹‹Ma dico sei impazzita? Mi rompi le costole, imbecille.›› ringhiò alla sorella. Delle volte, assumeva lo stesso comportamento infantile di Bill. Sebbene avesse anche lei ventidue anni.

‹‹È il nostro turno, salame. Vedi di svegliarti.›› lo prese per un lembo della maglietta e lo trascinò con sé. ‹‹Non ti staccare da me nemmeno per sogno, okay?›› gli disse poi, sempre tenendolo stretto. Bill non poté fare a meno di sorridere, aggiungendo un sarcastico: ‘sì mammina’.

Afferrò delicatamente Heidi per un polso che, a sua volta, era stato afferrato da Simone che, a sua volta, era stata afferrata da Gordon. In quel momento, avevano creato una vera e propria catena umana, la quale era capitanata dalla minore della famiglia.

Raggiunsero ben presto il metal-detector. Bill lo guardò con aria sconvolta. Di certo sarebbe scattato se non si fosse tolto tutti i piercing che aveva. Ma non poteva mica farlo. Ci avrebbe messo un’eternità a rimetterli. Heidi passò tranquillamente.

Bill guardò la ragazza-balena di prima con aria supplichevole.

‹‹Non mi dica che devo togliere tutti i miei piercing. Non posso.›› le disse Bill. La ragazza gli rispose correttamente in tedesco ma, il suo accento, era del tutto storpiato. Bill storse il naso in una smorfia di disgusto verso la ragazza.

‹‹Non c’è bisogno di toglierli. La devo solo perquisire per vedere se ha qualcosa che possa destare sospetto. Nel caso in cui dovesse suonare – cosa molto probabile visto i suoi innumerevoli piercing – la farò ugualmente passare, in quanto saprò che son quelli la causa. Ovviamente dovrò ripetere questa operazione più di una volta per averne la certezza. Mi sono spiegata?››

Sospetti? Le sembro per caso un rapinatore o un trafficante di droga?

Lui annuì freddamente, senza batter ciglio. Sarebbero stati i minuti più imbarazzanti di tutta la sua vita. Si morse convulsivamente il labbro in prossimità del piercing destro. Sfilò la cintura e la posò assieme agli occhiali, all’orologio, al cellulare e ad altri effetti, in un contenitore rosso e lo fece passare sul nastro scorrevole. Successivamente, toccò a lui passare sotto il metal-detector e, come previsto, si mise a suonare. Bill avvampò. Trattenne il fiato e sperò che nessuno lo stesse osservando ma, ovviamente, tutti gli occhi erano puntati su di lui. Guardò dietro di sé e vide la marea di gente che lo fissava con aria seccata. Dopotutto, erano esausti tanto quanto lui.

La ragazza le passò un attrezzo lungo tutto il suo corpo. Suonò non appena lo avvicinò ai suoi anfibi.

‹‹Tolga le scarpe e le metta nel contenitore assieme all’altra roba, cortesemente.››

Bill in quel momento, voleva solo sprofondare dalla vergogna. Heidi, intanto, era piegata in due dalle risate, mentre si gustava la scena alquanto imbarazzante, del fratello. Bill, le giurò che dopo avrebbero fatto i conti. Si sfilò via gli anfibi e li posò – come richiesto – all’interno di un altro contenitore, facendolo passare nuovamente all’interno del nastro trasportatore.

‹‹Bene, passi nuovamente.›› Bill obbedì senza esitare e, come temeva, suonò ripetutamente. Avvampò di più. Constatò di aver sentito qualcuno ridacchiare. Si voltò ex novo, e vide un ragazzo alquanto strano, ridere sotto i baffi. Avvertendo di essere stato sgamato, fece il vago; guardando da tutt’altra parte e grattandosi dietro la nuca. Bill alzò un sopracciglio e schioccò la lingua.

Voglio proprio vedere se nascosta sotto tutti quei rasta neri, non ci sia della droga.

Si trovò a pensare Bill, decisamente irritato dal fatto che qualcuno stesse ridendo della sua – già imbarazzante – situazione.

‹‹Dio signorina, non mi posso denudare completamente? Almeno questo arnese la smette di suonare. Le ho detto che sono i piercing!›› Disse lui, ormai disperato.

La ragazza lo guardò stranita. Passò nuovamente l’aggeggio di prima sul suo corpo, questa volta concentrandolo vicino al viso – più specificatamente – accanto ai piercing. Suonò.

‹‹Okay, son proprio questi che fanno scattare il metal-detector. Può passare, adesso.››

Bill avrebbe voluto ucciderla.

Era proprio quello che stavo tentando di dirti, cicciona.

Avrebbe voluto gridarle Bill, ma ovviamente, non disse niente. Le sorrise in maniera talmente falsa, da dar fastidio persino a se stesso. Si infilò goffamente gli anfibi, si allacciò nuovamente la cintura e, finalmente, fu libero.

‹‹Dio, no ne potevo più.›› disse raggiungendo la sorella. Heidi sorrise, dandogli un buffetto dietro la nuca.

‹‹Sei sempre il solito coglione, Bill. Abbiamo perso un sacco di tempo per colpa tua.››

‹‹E cosa vuoi da me?›› aggiunse Bill, mettendosi sulla difensiva. Heidi lo guardò con aria interrogativa, assumendo la medesima espressione che attribuiva il fratello. Delle volte, erano tali e quali.

‹‹Nulla.›› cominciò. ‹‹Solo che ci hai rallentato di ben dieci minuti!›› concluse infine, aprendo a ventaglio le mani. Bill sbuffò. Non era affatto colpa sua. Si voltò un istante e vide i propri genitori dirigersi verso di loro. Il metal-detector non aveva dato cenni di vita.

‹‹Bene, credo che finalmente siamo pronti per iniziare la nostra vacanza!›› espose Gordon felice e avvolgendo le braccia attorno alle spalle dei propri figli, baciandoli successivamente sulle tempie. Bill fece una smorfia, allontanando il padre tendendo le braccia in avanti. Aveva già avuto la sua dose mattutina di imbarazzo; no ne voleva dell’altro.

‹‹Mica ti fa male del sano affetto, eh Bill?›› Simone corrugò la fronte, scherzosamente. Conosceva benissimo il figlio. Non adorava le smancerie. Soprattutto in un luogo così affollato e pubblico.

‹‹Sì, ho capito. Ma non sono un neonato.›› aggiunse poi, aggiustandosi la tracolla sulla spalla. Gordon allora lo trattò da vero uomo. Gli diede una pacca sulla spalla.

Risero entrambi.

D’un tratto, le loro risa, vennero improvvisamente sopraffatte dal tremendo bip del metal-detector. Bill si voltò istintivamente. Rise di gusto quando riconobbe la persona che lo fece scattare: era proprio il ragazzo con i dreadlocks neri che, fino a qualche minuto fa, stava ridendo di lui.

Chi la fa, l’aspetti.

******

Note: buon pomeriggio gente (: ed eccomi qui, con una nuova e fresca FF (fresca non tanto, in quanto è già da qualche mese che la sto scrivendo) A differenza di 'Ti ricordi di me?' questa NON è finita ma ho già pronti sei capitoli: il settimo è ancora da iniziare. Adesso vi racconto un po' da dove è nata l'idea di questa storia anche se è molto intuitivo. L'anno scorso, ho fatto la mia seconda crociera, infatti, i luoghi che verranno trattati all'interno di questi capitoli, sono proprio quelli che ho visitato io. La nave citata, non è quella su cui sono andata, bensì un'altra. Per quanto riguarda invece gli altri fatti che accadranno qui dentro, in parte sono tratti dalla mia esperienza durante la vacanza, altri inceve puramente inventati, come ad esempio questo primo capitolo. I fatti che vanno giudicati in un certo senso 'reali' sono maggiormente i luoghi visitati e.. un'altra cosa che momentaneamente preferisco non rivelarvi (: Detto questo, ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno. (apro una piccola parentesi: sono fiera e molto felice di aver riscontrato un bel successo con la mia prima FF 'Ti ricordi di me?' spero che anche con questa, potrò suscitare interesse. Posso garantirvi che è molto bella, come storia. l'ho già tutta in mente.. devo solo buttarla giù sul foglio di word.. perchè, se ho deciso di scriverla, è perchè ne vale realmente la pena. Spero vi piaccia. Un bacio. Vale). PS vi consiglio di vedere il trailer, lì spiega parte della storia.

   
 
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