May you bring love and may you bring happiness
Be
loved in return to the end of your days
Now
fall off to sleep, I'm not meaning to keep
you
I'll
just sit for a while and sing loo-li,
lai-lay
Quella
notte stellata scivolò via più
rapidamente di quanto i combattenti a guardia della montagna potessero
sperare.
La luce dei raggi dell’alba avvolse due figure dormienti,
l’una accanto
all’altra, che respiravano tranquillamente, tenendosi per
mano.
Tauriel
fu la prima a risvegliarsi,
avvertendo il calore del giorno appena iniziato. Guardò il
sole con la
tristezza negli occhi: troppo poco la notte li aveva nascosti e
protetti da
occhi indiscreti. Non era più spaventata come il giorno
prima, qualunque fosse
stato il suo destino, l’avrebbe affrontato. Temeva
però per la sorte dei suoi
cari: la guerra avrebbe portato comunque morte e distruzione. Ma quante
perdite
avrebbe causato?
Voltò
lo sguardo, e si soffermo sulla
figura del nano dormiente accanto a lei. Sembrava così
tranquillo, proprio come
nella sua visione, a differenza che nelle sue paure più
profonde non si sarebbe
più svegliato. In quegli istanti però respirava
sereno. Salda era ancora la
presa sulla sua mano, come se avesse avuto paura che durante la notte
l’avrebbe
perduta. Si erano addormentati così, osservando le
costellazioni, mentre lei
pronunciava parole in una lingua tanto dolce quanto sconosciuta. Lui
cercava di
imitarla, e forte nella sua curiosità l’ascoltava
rapito, osservandola
intensamente.
Tauriel
sorrise appena, consapevole che
se ciò che temeva si fosse verificato, non avrebbe avuto
rimpianti nella morte.
Alzò la mano libera e scostò qualche ciocca di
capelli ribelle dalla fronte di
Kili. Chissà cosa diranno i tuoi
fratelli
– pensò. Chissà
cosa diranno i miei.
Gli ostacoli che quel sentimento aveva incontrato da quando era nato
erano
subito state evidenti ad entrambi. Eppure quando qualcosa di
così forte ti
unisce ad un altro , non c’è modo che quel nodo
venga sciolto. Si resta legati.
Per l’eternità.
Consapevole
di quella certezza, sentì
che ciò che avrebbe affrontato dal quel momento in poi non
le avrebbe fatto più
paura. Si avvicinò all’orecchio di Kili e
sussurrò la sua canzone.
- and I’ll
sing you to sleep, and I’ll sing
you tomorrow
bless you with love, for the road that you go.
Sorrise
appena e gli diede un lieve
bacio sulle labbra. Sapeva che era giunto il momento di andare.
Sfilò pian
piano la sua mano da quella del nano, salutando quell’unico
momento di pace che
gli era stato concesso. Si alzò, fiera nel suo portamento, e
fissò il sole di
quell’alba, un sole che avrebbe cominciato una giornata
significativa, nel bene o nel male.
Se il re sotto il
monte avesse cambiato idea, molte cose sarebbero state diverse, e forse
avrebbero potuto vivere in pace. Tuttavia si vociferava che una
maledizione
fosse legata all’oro di Thror, ed anche un uomo valoroso come
Thorin
ScudodiQuercia avrebbe potuto divenirne la preda. Nei suoi occhi
scomparve la
dolcezza e la fragilità che aveva mostrato a Kili la notte
prima e ricomparve
la forza ed il coraggio del capitano della guardia. Si
guardò indietro un
ultimo istante, in tempo per vedere il nano iniziare a muoversi
impercettibilmente.
Forse
lui ce l’avrebbe fatta.
Forse
il principe avrebbe convinto il re.
Quando
Kili aprì gli occhi verso il
sole, la figura dell’elfo era già scomparsa.
In
breve tempo Tauriel raggiunse
l’accampamento elfico, tornando alla postazione che era stata
riservata ai
soldati del re. I suoi sottoposti la guardarono senza riuscire a
trattenere la
sorpresa.
-
Capitano..
Iniziò
uno di loro. Ma non fece in
tempo a terminare la frase. Legolas apparve improvvisamente accanto
alla
guardia reale, con sguardo serio e duro.
-
Tauriel.
Chiamò.
Lei lo guardò, in attesa.
-
Mithrandir ci ha annunciato una
sventura ancor più grande della testardaggine di Thorin
ScudodiQuercia. Orchi. Sono
numerosi, e affiancati dai
mannari. Preparatevi alla battaglia.
Sentenziò il principe. Tauriel
spalancò gli occhi,
deglutendo l’angoscia che era improvvisamente risalita in
lei. Fece un cenno
col capo per risposta, concentrandosi sui suoi uomini mentre Legolas si
allontanava.
Avrebbe dovuto combattere, proprio come aveva previsto. Sventura e
distruzione
senza pari stavano per abbattersi su di loro. Un corno profondo e
terribile
risuonò nell’aria cupa e densa della montagna.
Tauriel si voltò di scatto verso
l’orizzonte.
-
Ai vostri posti.
Ordinò.
Allontanandosi dagli
accampamenti, vide ciò che alla vista umana sarebbe stato
impossibile:
l’esercito degli orchi di Azog il profanatore.
L’ora era giunta.
Altri
tre suoni risuonarono in seguito,
ognuno con un’intensità diversa
dall’altro: il corno elfico, dell’esercito
silvano; il corno umano, dei valorosi di Pontelagolungo; il corno
nanico, dei
figli della montagna. In realtà, non erano i nani di Thorin
quelli schierati
accanto a loro: erano i nani di Dain, re dei Colli Ferrosi, giunti per
dare
manforte ai loro parenti, ancora chiusi nella montagna.
I
tre eserciti erano schierati alle sue
pendici, fermi nelle loro formazioni. Tauriel guardava dritta davanti a
sé, per
non mostrare il minimo cedimento, per concentrarsi solo sullo scontro e
per
difendere il mondo che tanto amava. Poco distante da lei, in una fila
antecedente alla sua, c’era Legolas, pronto a guidare la sua
armata come un
degno principe del reame boscoso. Accanto a lui, re Thranduil aveva
negli occhi
un ardore che Tauriel non aveva mai visto riflesso nelle sue iridi
azzurre. Era
lo sguardo di chi una volta si era tirato indietro, e avrebbe
combattuto il
doppio per riparare a quell’errore.
L’elfo
non poté trattenersi dal
rivolgere il suo sguardo anche a Est: vide l’esercito dei
nani muti nella loro
potenza e compatti nel difendere la loro terra. Kili
non era lì. Ne era al contempo sollevata e
preoccupata. Sapeva
che niente avrebbe potuto
distoglierlo
da quello scontro, e che probabilmente era in lotta con suo zio, negli
antri di
Erebor. Lui che non aveva mai visto guerre, lui che nei suoi incubi non
sarebbe
sopravvissuto. Tornò a guardare fisso davanti a
sé, pronta allo scontro
decisivo.
Gli
orchi avanzavano rapidamente verso
la montagna, ad una velocità inusuale per quelli della loro
specie. Il loro
comandante li motivava in una lingua troppo oscura per poter essere
riferita. I
mannari ringhiavano feroci, affiancando i loro alleati. Sembravano
desiderosi
della carne nemica, che bramavano da tempo. I tre eserciti schierati
contro di
loro erano in silenzio, pronti a scattare al minimo cenno dei propri
condottieri.
Tutti si chiedevano, dentro di loro, se il re
li avrebbe raggiunti per difendere la montagna. Ogni speranza sembrava
ormai
perduta, persino per Dain, che non si era voltato un istante verso la
porta dei
nani.
D’un
tratto, un rumore li riscosse.
Colpi che percuotevano la porta e facevano tremare i fianchi della
montagna.
Tauriel si voltò in tempo per vedere i massi che chiudevano
la porta crollare
uno dopo l’altro e la polvere occupare il sentiero centrale.
In quella stessa
polvere, delle figure indistinte camminavano compatte, a passo sicuro.
Tredici
nani, in formazione di battaglia, guidati dal re sotto la montagna.
Fu
un momento talmente solenne che gli
eserciti restarono in assoluto silenzio, osservando gli ultimi eredi
della
stirpe di Durin farsi strada verso la battaglia imminente. Il re aveva
negli
occhi quello stesso fuoco di Thranduil, di Dain, e di Bard. La sua
arroganza e
il suo desiderio di potere sembravano scomparsi. C’era
solamente forza, in lui.
La
forza di un re pronto a morire per difendere il suo
popolo.
I
dodici nani al suo seguito si
arrestarono, lasciando che Thorin si avvicinasse a Dain. I due cugini a
capo
dell’esercito delle montagne si guardarono, e si compresero.
Dain abbassò il
capo, lasciando che l’altro potesse guardare coloro che
avrebbero combattuto
per difendere la montagna. Thranduil e Bard sarebbero rimasti. Il re
comunicò
la sua gratitudine tramite uno sguardo, e non ci fu bisogno di parole
per
quell’attimo.
Tauriel
osservava Kili, fermo nella
prima fila nanica, in quanto principe del suo popolo. D’un
tratto, lui voltò lo
sguardo verso di lei. Non seppe cosa vide nei suoi occhi,
perché un attimo dopo
sorrise impercettibilmente. Anche lei provò a ricambiare
quel sorriso, più
denso di ricordi e malinconia di quanto l’ultima volta lo
fosse stato.
Thorin
ScudodiQuercia mosse qualche
passo verso il plotone nemico, guardando fisso davanti a sé.
Sguainò la sua
spada, puntandola verso il cielo. Urlò una parola in lingua
nanica, che tutti
sentirono di comprendere.
Andiamo.
Iniziò
a correre verso l’orizzonte, e
tutti si unirono a lui: nani, uomini, elfi. Il re della montagna aveva
dato il
suo segnale, e la battaglia era cominciata.
Frecce
vennero scoccate, colpi di spada
tagliarono l’aria in due. Lo scontro fu violento ed
all’ultimo sangue: gli
orchi cadevano uno dopo l’altro, ma sembravano moltiplicarsi
invece che
diminuire. Tauriel lanciava frecce agli orchi più deboli,
infilzava con la
spada quelli più grandi che riuscivano ad avvicinarla. I
suoi soldati
combattevano con onore, proteggendo i loro compagni di stirpe umana o
nanica:
sembrava che l’antico odio tra le varie razze fosse
scomparso, alimentando il
ripudio che tutti loro provavano verso gli orchi di Azog.
Una
volta abbattuta la schiera che le
occupava la visuale, Tauriel intravide Kili poco distante da lei,
mentre
sferrava colpi di spada verso tre orchi che gli stavano addosso in
contemporanea. Il nano riuscì con un colpo solo ad ucciderne
due, ma il terzo
li aveva usati come scudo per potersi gettare su di lui.
L’elfo non ci pensò un
attimo e lanciò il suo pugnale al capo dell’orco,
che si arrestò di colpo,
cadendo all’indietro. Kili lo guardò stupefatto
per un momento, dopodiché
guardò lei, e indietreggiando le si avvicinò,
parando i colpi di chiunque gli
si gettasse contro. Tauriel fece lo stesso, fungendo da scudo per
sé stessa ed
il piccolo uomo.
-
Mi salvi la vita in continuazione.
Disse
una volta arrivato accanto a lei,
mentre continuava a sferrare colpi contro gli orchi.
-
Ti da forse fastidio essere salvato
da una donna?
Chiese
lei senza guardarlo, lanciando
frecce una dopo l’altra.
-
Cosa? Non è questo!
Rispose
Kili, col fiatone, dopo aver
abbattuto un orco dalla statura massiccia.
-
è che non smetterò mai di essere in
debito con te.
Tauriel
lo guardò un attimo, sorpresa
della sua risposta. La testardaggine dei
nani - pensò. Dopodiché si
concentrò nuovamente sulla marea dei nemici
intorno a loro.
-
Sei uno stupido.
Rispose,
infilzando un’altra orribile
creatura.
-
Tu
mi hai salvata. In un modo che solo i Valar sanno. Non hai nessun
debito con
me, se non quello di rispettare la tua promessa.
Gli
disse, sperando che lui ricordasse.
Kili spalancò gli occhi.
Non
ti lascio.
Fece
un sorriso compiaciuto.
-
Tornerò da te.
Rispose,
infilzando un altro orco.
-
Fa attenzione.
Lo
pregò lei con lo sguardo, mentre
entrambi indietreggiavano verso i loro eserciti.
-
Tauriel!
La
chiamò ancora lui. Lei si voltò
un’ultima volta.
-
Li
melin.
Disse,
voltandosi e correndo verso i
nani di Erebor. Tauriel rimase ancora una volta sorpresa da quanto Kili
potesse
disarmarla con un semplice gesto. Cercò di staccare lo
sguardo dalla sua figura
e tornò ad uccidere gli orchi con forza, sperando che il
nano sarebbe tornato.
La
battaglia continuava ad imperversare
con forza ed irruenza. Perfino gli elfi iniziarono a temere che forse
la loro
alleanza non sarebbe bastata, perché gli orchi di Azog li
superavano in numero.
Tauriel riuscì a intravedere anche il suo principe
combattere alla testa del
popolo silvano. Legolas stava bene. Legolas sarebbe sopravvissuto.
Doveva
sopravvivere. Roteando su sé stessa l’elfo
tentò di uccidere più orchi insieme,
mentre al suo fianco anche il resto del suo popolo si destreggiava in
acrobazie
ed uccisioni di massa.
Un
orco imponente le si scagliò contro
con un bastone coperto di punte acuminate, così Tauriel
sferrò due frecce, ma
quelle non bastarono. Afferrò la sua spada, ma prima che
potesse infilzare la
creatura, quella riuscì maldestramente a colpirle il fianco.
Lei indietreggiò afferrandoselo,
ma non ebbe il tempo di programmare alcun contrattacco: il mostro cadde
in
avanti, con una freccia acuminata che gli trapassava il cranio. Tauriel
alzò
gli occhi e vide la figura di Kili in lontananza, con l’arco
ancora puntato. La
guardò un istante e poi sparì, mentre lei
tentò a denti stretti di nascondere
la ferita al fianco sinistro. Trovò anche gli occhi di
Legolas a fissarla, come
se fosse stato sul punto di agire. Gli fece un cenno col capo e anche
lui
annuì, tornando a concentrarsi sulla battaglia.
Nel
bel mezzo del combattimento, tra le
urla di chi lasciava questo mondo e di coloro che invece continuavano a
lottare, un verso indistinto riempì il cielo. Ombre copiose
oscurarono i
combattenti, convinti che un temporale fosse in arrivo. Così
era: nuvole oscure
troneggiavano sopra di loro. Ma molto più maestose e veloci,
furono le aquile
che occuparono il cielo. Planando una dopo l’altra,
afferravano gli orchi con i
loro artigli, creando immensi solchi vuoti sul terreno. Anche un altro
ruggito
riempì l’aria: se fosse un lupo o un orso non se
n’ebbe la certezza. Però
quando la creatura iniziò a correre a velocità
spaventosa travolgendo chiunque
si trovasse sul suo cammino, tutti lo riconobbero. Beorn il mutaforma
era una
figura viva nelle ultime leggende tramandate sulla sua stirpe. Persino
gli
orchi si misero in allarme, non appena lo riconobbero.
Gocce
di pioggia sottili iniziarono a
riempire l’aria, cadendo sempre più veloci e
fitte. I quattro eserciti
combattevano ormai senza sosta, quando il quinto – quello
delle aquile – e
Beorn vennero in loro soccorso. Tauriel continuò a colpire i
nemici senza
arrestarsi, pur iniziando ad avvertire la stanchezza del combattimento
e la
debolezza del suo fianco sinistro. La ferita era vivida e dolorosa
nonostante
lei cercasse di ignorarla.
Mentre
la pioggia continuava a cadere,
anche gli orchi sembravano accasciarsi uno dopo l’altro, e
l’armata sconfinata
che si era presentata solo poche ore prima stava visibilmente
diminuendo.
Tauriel non riusciva più ad avere Kili sotto la sua visuale,
ma sentiva che era
poco distante e che stava combattendo assieme ai suoi fratelli.
L’esercito
delle aquile con a capo Mithrandir
aveva ribaltato la situazione, decimando i mannari: ce
l’avrebbero fatta.
L’elfo silvano sentì una nuova forza animarla,
come se il sollievo di coloro
che erano sopravvissuti si fosse unito al loro spirito battagliero. Con
un
verso rauco trafisse l’ultimo orco che le occupava la
visuale, e si arrestò,
respirando affannosamente. Davanti a lei i corpi che occupavano il
suolo erano
un numero inimmaginabile: c’erano orchi, ma era impossibile
non notare anche i
cadaveri dei loro alleati che si erano sacrificati per la montagna. Gli
ultimi
comandanti delle armate nemiche si gettavano irati su di loro, fino a
quando
anche l’ultima creatura mostruosa fu abbattuta.
D’un
tratto, un urlo riempì il cielo.
Solo un essere dalla potenza e dal risentimento senza pari avrebbe
potuto
produrlo. Tauriel spalancò gli occhi, terrorizzata. Azog il
profanatore era
ancora vivo.
-
Khila amin!
Esclamò
Thranduil, e tutti gli elfi gli
furono dietro. Persino Tauriel, nonostante la ferita, corse
più veloce che
poté, reggendo il passo di Legolas, poco distante dal padre.
Quando
arrivarono, solo Mithrandir e
Beorn erano in piedi, accanto alla carcassa dell’orco bianco.
Lo stregone
guardò Thranduil negli occhi, e la sua espressione fu
indecifrabile per
Tauriel.
-
Azog il profanatore è morto.
Annunciò
solennemente. Eppure non un
sorriso attraversò il suo volto. Poco distante da lui vi era
anche un
mezz’uomo, dallo sguardo triste.
-
Tuttavia temo che altri del suo
esercito siano ancora nei dintorni. Fate attenzione. Ripulite queste
terre, poi
verrà stabilito il destino della montagna.
Concluse,
cercando di fare una smorfia
di contentezza. Ma c’era qualcosa nello sguardo di
Mithrandir: qualcosa di
malinconico e lontano.
Gli elfi si sparpagliarono, mentre Tauriel cercava di scorgere in
lontananza la
figura di Kili. La sua visione la travolse improvvisamente con
più forza di
quanto avesse fatto la notte precedente. Una sensazione orribile la
oppresse
all’altezza del petto, mentre ritrovava pochi dei nani della
compagnia che
aveva conosciuto: pochi rispetto a quanti ne ricordasse. Allora
comprese.
Gli occhi dello stregone… significavano morte.
khila amin: seguitemi