Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: ValHerm    02/05/2014    1 recensioni
La terra era la culla di coloro che avrebbero riposato in eterno, il cielo era denso di nuvole cupe, prossime al pianto. La montagna si ergeva più maestosa di tutto il resto, e osservava. Osservava la fine dei suoi figli, che combattevano per i propri fratelli, e per lei. Lei che era il simbolo di una casa ormai perduta. In quegli attimi così pieni di urla e terrore, in quello spiazzo regnava il silenzio. Sembrava quasi che una cupola avesse abbracciato i due che giacevano l'uno accanto all’altra, per permettere loro di poter salutare il mondo e tornare a casa.
[KilixTauriel, post Desolazione di Smaug]
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Legolas, Tauriel, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

May you bring love and may you bring happiness
Be loved in return to the end of your days
Now fall off to sleep, I'm not meaning to keep you
I'll just sit for a while and sing loo-li, lai-lay

Quella notte stellata scivolò via più rapidamente di quanto i combattenti a guardia della montagna potessero sperare. La luce dei raggi dell’alba avvolse due figure dormienti, l’una accanto all’altra, che respiravano tranquillamente, tenendosi per mano.

Tauriel fu la prima a risvegliarsi, avvertendo il calore del giorno appena iniziato. Guardò il sole con la tristezza negli occhi: troppo poco la notte li aveva nascosti e protetti da occhi indiscreti. Non era più spaventata come il giorno prima, qualunque fosse stato il suo destino, l’avrebbe affrontato. Temeva però per la sorte dei suoi cari: la guerra avrebbe portato comunque morte e distruzione. Ma quante perdite avrebbe causato?

Voltò lo sguardo, e si soffermo sulla figura del nano dormiente accanto a lei. Sembrava così tranquillo, proprio come nella sua visione, a differenza che nelle sue paure più profonde non si sarebbe più svegliato. In quegli istanti però respirava sereno. Salda era ancora la presa sulla sua mano, come se avesse avuto paura che durante la notte l’avrebbe perduta. Si erano addormentati così, osservando le costellazioni, mentre lei pronunciava parole in una lingua tanto dolce quanto sconosciuta. Lui cercava di imitarla, e forte nella sua curiosità l’ascoltava rapito, osservandola intensamente.

Tauriel sorrise appena, consapevole che se ciò che temeva si fosse verificato, non avrebbe avuto rimpianti nella morte. Alzò la mano libera e scostò qualche ciocca di capelli ribelle dalla fronte di Kili. Chissà cosa diranno i tuoi fratelli – pensò. Chissà cosa diranno i miei. Gli ostacoli che quel sentimento aveva incontrato da quando era nato erano subito state evidenti ad entrambi. Eppure quando qualcosa di così forte ti unisce ad un altro , non c’è modo che quel nodo venga sciolto. Si resta legati.
Per l’eternità.

Consapevole di quella certezza, sentì che ciò che avrebbe affrontato dal quel momento in poi non le avrebbe fatto più paura. Si avvicinò all’orecchio di Kili e sussurrò la sua canzone.

- and I’ll sing you to sleep, and I’ll sing you tomorrow
bless you with love, for the road that you go.

Sorrise appena e gli diede un lieve bacio sulle labbra. Sapeva che era giunto il momento di andare. Sfilò pian piano la sua mano da quella del nano, salutando quell’unico momento di pace che gli era stato concesso. Si alzò, fiera nel suo portamento, e fissò il sole di quell’alba, un sole che avrebbe cominciato una giornata significativa, nel bene o nel male. Se il re sotto il monte avesse cambiato idea, molte cose sarebbero state diverse, e forse avrebbero potuto vivere in pace. Tuttavia si vociferava che una maledizione fosse legata all’oro di Thror, ed anche un uomo valoroso come Thorin ScudodiQuercia avrebbe potuto divenirne la preda. Nei suoi occhi scomparve la dolcezza e la fragilità che aveva mostrato a Kili la notte prima e ricomparve la forza ed il coraggio del capitano della guardia. Si guardò indietro un ultimo istante, in tempo per vedere il nano iniziare a muoversi impercettibilmente.

Forse lui ce l’avrebbe fatta.

Forse il principe avrebbe convinto il re.

Quando Kili aprì gli occhi verso il sole, la figura dell’elfo era già scomparsa.

 

In breve tempo Tauriel raggiunse l’accampamento elfico, tornando alla postazione che era stata riservata ai soldati del re. I suoi sottoposti la guardarono senza riuscire a trattenere la sorpresa.

- Capitano..

Iniziò uno di loro. Ma non fece in tempo a terminare la frase. Legolas apparve improvvisamente accanto alla guardia reale, con sguardo serio e duro.

- Tauriel.

Chiamò. Lei lo guardò, in attesa.

- Mithrandir ci ha annunciato una sventura ancor più grande della testardaggine di Thorin ScudodiQuercia. Orchi. Sono numerosi, e affiancati dai mannari. Preparatevi alla battaglia.

Sentenziò  il principe. Tauriel spalancò gli occhi, deglutendo l’angoscia che era improvvisamente risalita in lei. Fece un cenno col capo per risposta, concentrandosi sui suoi uomini mentre Legolas si allontanava. Avrebbe dovuto combattere, proprio come aveva previsto. Sventura e distruzione senza pari stavano per abbattersi su di loro. Un corno profondo e terribile risuonò nell’aria cupa e densa della montagna. Tauriel si voltò di scatto verso l’orizzonte.

- Ai vostri posti.

Ordinò. Allontanandosi dagli accampamenti, vide ciò che alla vista umana sarebbe stato impossibile: l’esercito degli orchi di Azog il profanatore.
L’ora era giunta.

 

Altri tre suoni risuonarono in seguito, ognuno con un’intensità diversa dall’altro: il corno elfico, dell’esercito silvano; il corno umano, dei valorosi di Pontelagolungo; il corno nanico, dei figli della montagna. In realtà, non erano i nani di Thorin quelli schierati accanto a loro: erano i nani di Dain, re dei Colli Ferrosi, giunti per dare manforte ai loro parenti, ancora chiusi nella montagna.

I tre eserciti erano schierati alle sue pendici, fermi nelle loro formazioni. Tauriel guardava dritta davanti a sé, per non mostrare il minimo cedimento, per concentrarsi solo sullo scontro e per difendere il mondo che tanto amava. Poco distante da lei, in una fila antecedente alla sua, c’era Legolas, pronto a guidare la sua armata come un degno principe del reame boscoso. Accanto a lui, re Thranduil aveva negli occhi un ardore che Tauriel non aveva mai visto riflesso nelle sue iridi azzurre. Era lo sguardo di chi una volta si era tirato indietro, e avrebbe combattuto il doppio per riparare a quell’errore.

L’elfo non poté trattenersi dal rivolgere il suo sguardo anche a Est: vide l’esercito dei nani muti nella loro potenza e compatti nel difendere la loro terra. Kili non era lì. Ne era al contempo sollevata e preoccupata. Sapeva che niente avrebbe potuto distoglierlo da quello scontro, e che probabilmente era in lotta con suo zio, negli antri di Erebor. Lui che non aveva mai visto guerre, lui che nei suoi incubi non sarebbe sopravvissuto. Tornò a guardare fisso davanti a sé, pronta allo scontro decisivo.

 

Gli orchi avanzavano rapidamente verso la montagna, ad una velocità inusuale per quelli della loro specie. Il loro comandante li motivava in una lingua troppo oscura per poter essere riferita. I mannari ringhiavano feroci, affiancando i loro alleati. Sembravano desiderosi della carne nemica, che bramavano da tempo. I tre eserciti schierati contro di loro erano in silenzio, pronti a scattare al minimo cenno dei propri condottieri. Tutti si chiedevano, dentro di loro, se il re li avrebbe raggiunti per difendere la montagna. Ogni speranza sembrava ormai perduta, persino per Dain, che non si era voltato un istante verso la porta dei nani.

D’un tratto, un rumore li riscosse. Colpi che percuotevano la porta e facevano tremare i fianchi della montagna. Tauriel si voltò in tempo per vedere i massi che chiudevano la porta crollare uno dopo l’altro e la polvere occupare il sentiero centrale. In quella stessa polvere, delle figure indistinte camminavano compatte, a passo sicuro. Tredici nani, in formazione di battaglia, guidati dal re sotto la montagna.

Fu un momento talmente solenne che gli eserciti restarono in assoluto silenzio, osservando gli ultimi eredi della stirpe di Durin farsi strada verso la battaglia imminente. Il re aveva negli occhi quello stesso fuoco di Thranduil, di Dain, e di Bard. La sua arroganza e il suo desiderio di potere sembravano scomparsi. C’era solamente forza, in lui.

La forza di un re pronto a morire per difendere il suo popolo.

I dodici nani al suo seguito si arrestarono, lasciando che Thorin si avvicinasse a Dain. I due cugini a capo dell’esercito delle montagne si guardarono, e si compresero. Dain abbassò il capo, lasciando che l’altro potesse guardare coloro che avrebbero combattuto per difendere la montagna. Thranduil e Bard sarebbero rimasti. Il re comunicò la sua gratitudine tramite uno sguardo, e non ci fu bisogno di parole per quell’attimo.

Tauriel osservava Kili, fermo nella prima fila nanica, in quanto principe del suo popolo. D’un tratto, lui voltò lo sguardo verso di lei. Non seppe cosa vide nei suoi occhi, perché un attimo dopo sorrise impercettibilmente. Anche lei provò a ricambiare quel sorriso, più denso di ricordi e malinconia di quanto l’ultima volta lo fosse stato.

Thorin ScudodiQuercia mosse qualche passo verso il plotone nemico, guardando fisso davanti a sé. Sguainò la sua spada, puntandola verso il cielo. Urlò una parola in lingua nanica, che tutti sentirono di comprendere.

Andiamo.

Iniziò a correre verso l’orizzonte, e tutti si unirono a lui: nani, uomini, elfi. Il re della montagna aveva dato il suo segnale, e la battaglia era cominciata.

Frecce vennero scoccate, colpi di spada tagliarono l’aria in due. Lo scontro fu violento ed all’ultimo sangue: gli orchi cadevano uno dopo l’altro, ma sembravano moltiplicarsi invece che diminuire. Tauriel lanciava frecce agli orchi più deboli, infilzava con la spada quelli più grandi che riuscivano ad avvicinarla. I suoi soldati combattevano con onore, proteggendo i loro compagni di stirpe umana o nanica: sembrava che l’antico odio tra le varie razze fosse scomparso, alimentando il ripudio che tutti loro provavano verso gli orchi di Azog.

Una volta abbattuta la schiera che le occupava la visuale, Tauriel intravide Kili poco distante da lei, mentre sferrava colpi di spada verso tre orchi che gli stavano addosso in contemporanea. Il nano riuscì con un colpo solo ad ucciderne due, ma il terzo li aveva usati come scudo per potersi gettare su di lui. L’elfo non ci pensò un attimo e lanciò il suo pugnale al capo dell’orco, che si arrestò di colpo, cadendo all’indietro. Kili lo guardò stupefatto per un momento, dopodiché guardò lei, e indietreggiando le si avvicinò, parando i colpi di chiunque gli si gettasse contro. Tauriel fece lo stesso, fungendo da scudo per sé stessa ed il piccolo uomo.

- Mi salvi la vita in continuazione.

Disse una volta arrivato accanto a lei, mentre continuava a sferrare colpi contro gli orchi.

- Ti da forse fastidio essere salvato da una donna?

Chiese lei senza guardarlo, lanciando frecce una dopo l’altra.

- Cosa? Non è questo!

Rispose Kili, col fiatone, dopo aver abbattuto un orco dalla statura massiccia.

- è che non smetterò mai di essere in debito con te.

Tauriel lo guardò un attimo, sorpresa della sua risposta. La testardaggine dei nani - pensò. Dopodiché si concentrò nuovamente sulla marea dei nemici intorno a loro.

- Sei uno stupido.

Rispose, infilzando un’altra orribile creatura.

- Tu mi hai salvata. In un modo che solo i Valar sanno. Non hai nessun debito con me, se non quello di rispettare la tua promessa.

Gli disse, sperando che lui ricordasse. Kili spalancò gli occhi.

Non ti lascio.

Fece un sorriso compiaciuto.

- Tornerò da te.

Rispose, infilzando un altro orco.

- Fa attenzione.

Lo pregò lei con lo sguardo, mentre entrambi indietreggiavano verso i loro eserciti.

- Tauriel!

La chiamò ancora lui. Lei si voltò un’ultima volta.

- Li melin.

Disse, voltandosi e correndo verso i nani di Erebor. Tauriel rimase ancora una volta sorpresa da quanto Kili potesse disarmarla con un semplice gesto. Cercò di staccare lo sguardo dalla sua figura e tornò ad uccidere gli orchi con forza, sperando che il nano sarebbe tornato.

La battaglia continuava ad imperversare con forza ed irruenza. Perfino gli elfi iniziarono a temere che forse la loro alleanza non sarebbe bastata, perché gli orchi di Azog li superavano in numero. Tauriel riuscì a intravedere anche il suo principe combattere alla testa del popolo silvano. Legolas stava bene. Legolas sarebbe sopravvissuto. Doveva sopravvivere. Roteando su sé stessa l’elfo tentò di uccidere più orchi insieme, mentre al suo fianco anche il resto del suo popolo si destreggiava in acrobazie ed uccisioni di massa.

Un orco imponente le si scagliò contro con un bastone coperto di punte acuminate, così Tauriel sferrò due frecce, ma quelle non bastarono. Afferrò la sua spada, ma prima che potesse infilzare la creatura, quella riuscì maldestramente a colpirle il fianco. Lei indietreggiò afferrandoselo, ma non ebbe il tempo di programmare alcun contrattacco: il mostro cadde in avanti, con una freccia acuminata che gli trapassava il cranio. Tauriel alzò gli occhi e vide la figura di Kili in lontananza, con l’arco ancora puntato. La guardò un istante e poi sparì, mentre lei tentò a denti stretti di nascondere la ferita al fianco sinistro. Trovò anche gli occhi di Legolas a fissarla, come se fosse stato sul punto di agire. Gli fece un cenno col capo e anche lui annuì, tornando a concentrarsi sulla battaglia.

Nel bel mezzo del combattimento, tra le urla di chi lasciava questo mondo e di coloro che invece continuavano a lottare, un verso indistinto riempì il cielo. Ombre copiose oscurarono i combattenti, convinti che un temporale fosse in arrivo. Così era: nuvole oscure troneggiavano sopra di loro. Ma molto più maestose e veloci, furono le aquile che occuparono il cielo. Planando una dopo l’altra, afferravano gli orchi con i loro artigli, creando immensi solchi vuoti sul terreno. Anche un altro ruggito riempì l’aria: se fosse un lupo o un orso non se n’ebbe la certezza. Però quando la creatura iniziò a correre a velocità spaventosa travolgendo chiunque si trovasse sul suo cammino, tutti lo riconobbero. Beorn il mutaforma era una figura viva nelle ultime leggende tramandate sulla sua stirpe. Persino gli orchi si misero in allarme, non appena lo riconobbero.

Gocce di pioggia sottili iniziarono a riempire l’aria, cadendo sempre più veloci e fitte. I quattro eserciti combattevano ormai senza sosta, quando il quinto – quello delle aquile – e Beorn vennero in loro soccorso. Tauriel continuò a colpire i nemici senza arrestarsi, pur iniziando ad avvertire la stanchezza del combattimento e la debolezza del suo fianco sinistro. La ferita era vivida e dolorosa nonostante lei cercasse di ignorarla.

Mentre la pioggia continuava a cadere, anche gli orchi sembravano accasciarsi uno dopo l’altro, e l’armata sconfinata che si era presentata solo poche ore prima stava visibilmente diminuendo. Tauriel non riusciva più ad avere Kili sotto la sua visuale, ma sentiva che era poco distante e che stava combattendo assieme ai suoi fratelli.

L’esercito delle aquile con a capo Mithrandir aveva ribaltato la situazione, decimando i mannari: ce l’avrebbero fatta. L’elfo silvano sentì una nuova forza animarla, come se il sollievo di coloro che erano sopravvissuti si fosse unito al loro spirito battagliero. Con un verso rauco trafisse l’ultimo orco che le occupava la visuale, e si arrestò, respirando affannosamente. Davanti a lei i corpi che occupavano il suolo erano un numero inimmaginabile: c’erano orchi, ma era impossibile non notare anche i cadaveri dei loro alleati che si erano sacrificati per la montagna. Gli ultimi comandanti delle armate nemiche si gettavano irati su di loro, fino a quando anche l’ultima creatura mostruosa fu abbattuta.

D’un tratto, un urlo riempì il cielo. Solo un essere dalla potenza e dal risentimento senza pari avrebbe potuto produrlo. Tauriel spalancò gli occhi, terrorizzata. Azog il profanatore era ancora vivo.

- Khila amin!

Esclamò Thranduil, e tutti gli elfi gli furono dietro. Persino Tauriel, nonostante la ferita, corse più veloce che poté, reggendo il passo di Legolas, poco distante dal padre.

Quando arrivarono, solo Mithrandir e Beorn erano in piedi, accanto alla carcassa dell’orco bianco. Lo stregone guardò Thranduil negli occhi, e la sua espressione fu indecifrabile per Tauriel.

- Azog il profanatore è morto.

Annunciò solennemente. Eppure non un sorriso attraversò il suo volto. Poco distante da lui vi era anche un mezz’uomo, dallo sguardo triste.

- Tuttavia temo che altri del suo esercito siano ancora nei dintorni. Fate attenzione. Ripulite queste terre, poi verrà stabilito il destino della montagna.

Concluse, cercando di fare una smorfia di contentezza. Ma c’era qualcosa nello sguardo di Mithrandir: qualcosa di malinconico e lontano.
Gli elfi si sparpagliarono, mentre Tauriel cercava di scorgere in lontananza la figura di Kili. La sua visione la travolse improvvisamente con più forza di quanto avesse fatto la notte precedente. Una sensazione orribile la oppresse all’altezza del petto, mentre ritrovava pochi dei nani della compagnia che aveva conosciuto: pochi rispetto a quanti ne ricordasse. Allora comprese.
Gli occhi dello stregone… significavano morte.

 

Note:
khila amin: seguitemi

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: ValHerm