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Autore: A Modern Witness    02/05/2014    2 recensioni
- Avanti, perché stai mangiando i miei biscotti? Che c’è? – La conosceva troppo bene, per non sapere che lei si dava ai cibi che lui riteneva salutari (mentre per i resto del genero umano erano immangiabili) solo quando c’erano problemi nell’aria.
Audrey si morse una guancia – Niente .-
Mancava ‘solite cose’ e allora il cantante le avrebbe potuto credere. Forse.
- Hai le pantofole addosso – Le fece notare, indicandole – Tu non fai mai le scale con le pantofole, se non quando hai altro per la testa .-
Maledetto.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i fatti narrati non sono reali ma pura invenzione, i personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.

.4.

- Jared, mi dispiace che tu ci sia rimasto male, ieri sera. Mi ha stupita, quel tuo cambiamento  d’umore… -
- Stupito? –
-Sì, insomma, apprezzo sinceramente quello che stai facendo, ma non puoi pretende che io rimanga per tutto il tempo che vuoi tu, me la so cavare da sola… -
- Allora, perché sei venuta a chiedermi di aiutarti? –
- Non fare lo stronzo Jared, che stai dicendo? –
- Sto dicendo che ti ha fatto comodo venire da me! Non mi hai nemmeno detto che non avevi più un appartamento, che abitavi da Madison. Tuttavia quando hai sentito la necessitò sei venuta a cercarmi .–
- Dove sarei dovuto andare? Da mia madre? Jared, ho solo te al di fuori di Madison, cosa avrei dovuto fare? –
- Rimanere da lei…non te la cavi da sola? -
- Smettila! Che ti prende? Guarda che non sono stata io a chiederti di venire a stare qui allo studio, bensì hai fatto tutto da solo!-
- Lo so… -
- Lo sai? Si può sapere che ti prende? Se… ho finito i se Jared, Mi  spieghi cosa è cambiato da ieri sera nella tua testa a riguardo della tua offerta? Devo rifare le valigie? basta dirlo… -
- Te ne andresti comunque… -
- Me ne an… eh? -
- Te ne andresti Audrey, come tutti. Ti faccio comodo perché sai che ti voglio bene e che, dopo la mia famiglia, sei la persona più cara che ho. Non capisci che non voglio che tu mi sia grata per questo? Mi da fastidio che tu non riesca ad accettare una mia gentilezza e voglia sbarazzartene così facilmente. Non lo sopporto, Audrey. –

 
Il resto di ciò che si erano detti non era proprio così rilevante, data la faccia di Jared. L’ultima parte della conversazione dove gli ribadiva che lei ci sarebbe stata sempre, quando lui voleva, in qualsiasi giorno, mese, minuto, che lui avesse avuto voglia di parlare o semplicemente di bere un tazza di the, lei ci sarebbe stata. Tuttavia le era sembrato che Jared non l’avesse nemmeno ascoltato, rispondendo solo da copione, per farla contenta.
Tuttavia, Audrey, non aveva lasciato lo studio contenta. Aveva provato a chiamarlo, quando era atterrata a New York, ma non le aveva risposto.
Ci aveva riprovato dopo l’incontro con i clienti.
Un altro tentativo dopo essersi fatta una doccia in hotel.
Altra chiamata dopo cena.
Prima di dormire.
Inutile dire che quella notte non aveva dormito. Era scesa per le vie di New York alla ricerca di un negozio ancora aperto. Trovatone uno aveva comprato un sacchetto di pop-corn ed era ritornata in hotel, si era infilata sotto le coperte e aveva acceso la Tv, sfogandosi sul soffice mais salato.
Te ne andresti, comunque.
Lo avrebbe fatto davvero? Non ci aveva mai realmente pensato che, forse, un giorno trovando un ragazzo, innamorandosi sul serio, decidendo di condividere la vita con un’altra persona, farsi una famiglia, avrebbe potuto allontanarsi da Jared. Tuttavia era assurdo. Il solo pensiero, le disorientava i sensi. Jared nel suo non esserci, era l’unica constante che Audrey aveva avuto in quegli anni, lontano da casa. Aveva i suoi amici, Madison, Manuel, Jordan, ma… non erano amici nello stesso modo in cui vedeva il cantante.
Lui era l’estraneo alla sua normalità, era un paradosso.
Riusciva a starci lontana per mesi, in assenza di qualsiasi tipo di contatto o comunicazione, eppure non glie ne faceva una colpa, quando si incontravano e quando questo succedeva, sembrava che non si vedessero dal giorno prima. Il tempo era solo una condizione a cui si era adattata, ma le veniva meno quando iniziava a parlare con lui.
Si passò una mano sugli occhi, guardando fuori dall’oblò dell’aereo.
Era stanca, eppure la sua testa sembrava voler trovare soluzioni impossibili, capire cose di quell’amicizia che lei stessa aveva abbandonato da tempo, vivendola così come veniva, senza mai averne avuto rimorso, perché quel rapporto con Jared, lo custodiva con una morbosa gelosia, per quanto non si ritenesse degna di essergli così vicina.
Passò tutto il volo rivoltandosi tra un pensiero e un ricordo, sciogliendo la mente da qualsiasi vincolo, confidando che primo o poi si sarebbe addormentata.
L’aereo toccò il suolo di Los Angeles alle otto di sera.
Audrey recuperò frettolosamente il trolley e si diresse verso il parcheggio, confortata di essere di nuovo a casa, ergo avrebbe potuto dormire fino al mattino seguente.
Non ci mise molto ad arrivare allo studio, ma il sonno sembrò meno pensate quando vide un’altra macchina parcheggiata sul vialetto di casa, le sembrava la macchina di Costance, ma era da troppo tempo che non vedeva la donna, per esserne certa.
S’impose di non andare a pensare al peggio ed entrò in casa.
- Audrey? – La voce di Shannon la raggiunse non appena mise piede nell’abitazione.
- Sì sono io Shan, di chi è la macchina sul vialetto? – Chiese entrando in cucina, dove fu investita da un forte odore di brodo.
Il batterista sbadigliò, sembrava stanco – E’ di mia madre – Biascicò girandosi verso la ragazza, scrutandola sospettoso – Va tutto bene? Sembra ti sia passato sopra un camion.- – Facciamo un treno che trasportava camion. Non ho dormito questa notte e tanto meno in aereo. Comunque, perché è qui tua madre? E poi cos’è questo odore? – Disse indicando la pentola sul fornello.
- Jared. E’ da ieri che stava male, starnutiva senza sosta, ma si è ostinato a dire che non era niente di che. Ieri sera aveva qualche linea di febbre, ma non ha voluto prendre niente. Sta mattina sembrava star bene e, io era fuori per portare la macchina in carrozzeria, sono tornato ed era mezzo morto sul divano con la febbre a trentotto e mezzo – Spiegò esasperato il batterista, mentre faceva spallucce.
- E adesso come sta? – S’informò la ragazza, stordita dalla notizia – Potevi chiamarmi.-
Shannon le sorrise, comprensivo – Non sarebbe servito a nulla, mia madre era più vicina – Spiegò, sedendosi su uno sgabello – Comunque, la febbre non gli è scesa, così mamma sta provando con il metodo che usava quando eravamo piccoli. –
- Il panno immerso nell’acqua con ghiaccio? – Suppose la giovane, ricordandosi che anche sua madre gli aveva fatto abbassare la febbre usando quel metodo.
- Sì, su fronte e polsi, Di solito funzi… -
- Oh! Audrey! – La ragazza si voltò, ritrovando il viso sorridente, ma terribilmente stanco di Costance, che le andò incontro, abbracciandola con affetto.
- Costance è un piacere rivederti – Mormorò la mora, ricambiando il gesto, cercando di metterci lo stesso sentimento, con cui la donna la stava avvolgendo con quella braccia esili.
- Shannon mi ha raccontato cosa è successo. Jared, dorme? – Chiese, una volta sciolto l’abbraccio.
- Non è propriamente un sonno, però diciamo di sì – Replicò la donna, sorridendo debolmente – Shannon, mi prepareresti un caffè, per favore? – Chiese al maggiore dei figli, che annuì scendendo dallo sgabello.
- Se vuoi riposarti, sto io un po’ con Jared – Si propose Audrey, non era facile stare dietro a una qualcuno di ammalato e lei lo sapeva bene.
- Sembri distrutta Audrey, non vorrei… - Iniziò dolcemente la donna. Shannon le aveva detto che sarebbe ritornata da New York e sapeva, per esperienza, che tutte quelle ore di aereo potevano essere davvero pesanti.
Fu il turno di Audrey di sorridere, rassicurante – Ho il sonno leggero, se mi dovessi addormentare, mi sveglierei, comunque, al primo movimento di Jared. Riposati un paio di ore, poi ci diamo il cambio – Espose la ragazza, guadagnandosi un’occhiata di gratitudine da parte di Shannon, che era ancora alle prese con il bollitore del caffè.
- Mi offro anchio, se volte – Si aggiunse il  batterista.
- Vedremo Shan – Lo riprese la madre – Grazie Audrey – Le sorrise avvicinandosi al figlio maggiore.
Audrey li lasciò soli, salendo a piano superiore. Si diresse in bagno, per scaldare un po’ le mani sotto l’acqua calda, sapeva quando Jared odiasse essere toccato con le mani fredde. Con le mani calde entrò nella camera del cantante, immersa nel buio, se non fosse stato per la luce che filtrava dalle due grandi finestre.
Il respiro affannato di Jared, riempiva la stanza e faceva anche parecchio caldo. Audrey si guardò attorno, trovando la piccola stufa elettrica accesa, poco lontana dal letto.
Si avvicinò a Jared e gli tolse il panno sulla fronte, costando che la febbre era ancora alta, dato che il pezzo di stoffa era tiepido. Lo immerse nella ciotola che conteneva l’acqua con il ghiaccio, lo strizzò e poi lo poggiò nuovamente sulla fronte di Jared, il quale mosse leggermente la testa al contatto con il panno freddo.
Audrey fermò una goccia d’acqua con un dito e poi si sedette sulla sedia lì accanto, lasciandosi inghiottire dal buio.
Osservò Jared, mentre leggeva le proprie sensazioni.
Non era spaventata, era solo febbre.
Non era, nemmeno, timore.
Era qualcosa di più leggero che le invadeva il cuore. Qualcosa di meno palpabile, ma così forte, da farle accettare di passere l’intera notte seduta su quella sedia.
Si passò una mano tra i capelli, evitando di sospirare pesantemente, come avrebbe voluto, sfogando la frustrazione che provava a dover vivere tutta quella tensione, che si stava auto infliggendo. 
 
 
- Potevi chiamarmi – Shannon sbucò nel terrazzino, della camera di Audrey, dove la ragazza, seduta con la schiena contro la porta finestra di vetro, si stava concedendo una lunga serie di sigarette.
- Te ne sei accorto, comunque, no? Era destino – Borbottò lei, con la sigaretta stretta tra le labbra, passandone una al batterista, che le si era seduta accanto e mettendo tra di loro il posacenere -  E poi cosa facevo? Venivo a saltarti nel letto urlando che era intenzionata a fumare? – Lo incalzò, gettando via un po’ di cenere.
- Non è una brutta visione quella di te che mi salti nel letto…e urli – Ribatté Shannon, lanciandole il tipico sguardo che le Echelon si divertivano a chiamare “boom pregnant”.
Lei roteò gli occhi, riportandosi la sigaretta alle labbra.
Come previsto si era addormentata sulla sedia, accanto al letto di Jared, e vi ci aveva dormito fino a poco prima. Era ancora notte fonda, le quattro,forse. Nonostante avesse dormito su una scomodissima sedia di plastica e, di conseguenza, avesse il collo e la schiena a pezzi, non era stanca.
Era da tempo che non prendeva in mano una sigaretta, di solito fumava per noia, quando le capitavano quelle giornate in cui non aveva voglia di fare nulla, se non di starsene in balcone a consumare una sigaretta dopo l’altra. Per tali ragioni, ne teneva,sempre, un pacchetto di scorta dentro alla borsa.
- A cosa pensi? – S’intromise Shannon.
Lei fece spallucce – Era da un po’ che non fumavo – Replicò, schiacciando il mozzico sulla ciottolina, straboccante di cenere. – Tu non avevi smesso? –.
Il batterista espirò un po’ di fumo – Sì, ma ogni tanto me ne concedo una. Allieva la tensione, riempie la noia, blocca i pensieri…-.
- Già – Convenne Audrey, appoggiando la testa sul muro.
Sapeva perché si era intossicata di nicotina, proprio per i pensieri. Non voleva immergersi dentro ad essi. Ne aveva abbastanza in così pochi giorni.
- E’ bastato così poco, Shan… - Mormorò in un sussurro.
Un niente, semplicemente un tetto da condividere, per convincerla.
- Per mandare a puttane tutto. Questo surrogato d’amicizia, che non c’è mai stato –
Amicizia? Ah, le veniva da ridere. Era stata brava a fregarsi per tutto questo tempo, in fondo come sarebbe potuto venire a galla? Fino a quel momento c’erano sempre stati solo, incontri fuggitivi, una tazza di thè e una di caffè. Qualche parola per riempire il vuoto di non essersi visti per tanto tempo.
E l’attesa.
Quanto odiava aspettare. Tuttavia aspettarlo era diventata parte della sua vita, ma non si era mai soffermata a pensare a quel barlume strano che la attraversava testa e piede tutte le volte la chiamava.
Shannon finì la sigaretta, mentre l’ascoltava. Ne aveva parlato con sua madre, giusto quella sera, ed entrambi si erano chiesti cosa avrebbe portato quella convivenza.
Costance non aveva voluto crederci troppo, mentre Shannon era scettico. Conosceva suo fratello, per Audrey si sarebbe potuto, forse, sbilanciare, ma era la reazione di Audrey che non sapeva decifrare.
Poteva dire di conoscerla abbastanza bene, da sapere che avrebbe potuto far soffrire suo fratello, ma senza nemmeno rendersene conto.
Ne era prova il fatto che non volesse rimanere da loro più del necessario. Questo tormentava Jared, perché non sapeva spiegarselo e detestava ammettere che c’era di più del fastidio per il rifiuto di un favore.
Tuttavia, Shannon, era di un parere, quei due contavano troppo sull’amicizia. Audrey voleva tenere Jared a debita distanza, cercandosi un appartamento e suo fratello, voleva passare solo per l’amico che ti aiuta.
- Cosa c’è tra voi due? Un patto? – Le domandò a brucia pelo.
Lei si strinse nelle spalle – Da parte mia tanta stupidità, nel aver creduto all’impossibile – Un sorriso triste le apparve sulle labbra – Ho pensato davvero di poter essere immune a tuo fratello… - Mormorò con compassione verso sé stessa.
Shannon si voltò verso di lei –Lo dovresti accettare e dovrebbe farlo anche Jared -.
Audrey abbassò gli occhi, abbandonando l’ultima sigaretta nel posacenere – Lo farei Shan, davvero. Tuttavia Jared non è l’uomo con cui mi vedo a passare la vita. Ho bisogno di qualcuno che sia presente fisicamente, ogni giorno… e beh, non offenderti, ma il vostro stile di vita non è la soluzione migliore per me- Detestava quei pensieri e sentimenti che facevano a pugni tra di loro.
Shannon aggrottò le sopraciglia – Jared c’è sempre stato per te… -
Le alzò un mano, fermandolo – Non mi ha ascoltato. Jared c’è, anche troppo, ma non è questo quello che chiedo. Io ho bisogno di qualcuno di fisico, che sia lontano da me non più di cinque chilometri. Credo che non sarei capace di vivere una relazione che prevede lunghi periodi di chiamate a fuso orari diversi, videochiamate in sostituzione alle chiacchierate sul divano o… riviste di gossip o social network che spiattellano a destra e manca foto del tuo fidanzato con mezzo universo femminile – Disse, passandosi una mano tra i capelli.
- Jared quando è innamorato cambia Audrey, ti da sé stesso… -
- Ma sono abbastanza per farlo innamorare Shan? Insomma, non mi ritengono una persona orribile, sono nella media – Replicò la ragazza, girandosi ad osservare il batterista.
- E secondo te chi dovrebbe stare con Jared? – Shannon, era sinceramente curioso di sapere cosa pensava la ragazza a riguardo.
Lei si morse un labbro, pensierosa, tornando a guardare il blu scuro del cielo – Qualcuno più intelligente di me. Non sono un’amante della filosofia, dei simbolismi e tanto meno della mitologia. Non sono un’oratrice. Non mi piace girare attorno agli argomenti e tanto meno lasciare che le persone leggano tra le righe. Inoltre sono pigra, l’unica cosa che faccio attivamente è il mio lavoro perché mi piace. Non sono vegetariana, alla mattina uccido un’infinità di pulcini, senza rimpianto – Si bloccò, e Shannon la osservò con un ghigno divertito sulle labbra.  Audrey si voltò verso l’amico, con una smorfia di disappunto – Insomma se mi mettessi con tuo fratello diventerei un pianta, erba di qua, un boccone di tofu di là, seitan a non finire…è un prospettiva poco allettante, Shannon – Sembrava davvero seria, ma il batterista sapeva che in parte sarebbe stata disposta a rinunciare a qualcosa.
- Io sono il nemico che combatte tutti i giorni, non sono un filantropo… -
A qual punto Shannon scoppiò a ridere, sinceramente divertito da quel discorso senza senso a cui era giunta la ragazza. Ora capiva perché Jared c’era tanto legato. Quella ragazza era una ventata di genuinità, nel loro mondo così torbido, colmo di trabocchetti.
Audrey invece era spontanea, un po’ come Jared durante i concerti, dove si  lanciava nei vaneggiamenti a braccia aperte.
Audrey non lo stava nemmeno calcolando, troppo presa a lasciare i pensieri sciolti alla notte.
- Audrey – La richiamò, Shannon, non appena l’ilarità sciamò – Tu hai capito Jared. Accetti la sua dedizione per i suoi sogni e non ti permetteresti mai di interferire con essi.
Dopo, Costance ed Emma, sei la donna che più è rimasta nella vita di mio fratello. Sai aspettarlo. Sei spontanea, perché lasci che i pensieri e la paranoie di scivolino sulla lingua, sei sincera, qualità che va sempre apprezzata. Se fai ridere mio fratello come hai fatto con me, mi chiedo cosa stia aspettando quell’imbecille – La vide arrossire – E, cosa non da me, sei un tantino perversa – La punzecchiò.
Lei ridusse gli occhi in due fessure, ma non commentò l’ultima frase – Grazie, Shan – Si limitò a dire, anche se avrebbe voluto dirgli che non credeva in una possibile storia. Avrebbe continuato a sperare e, soprattutto, a convincersi che Jared era solo  un amico.


NDA:
Buondì :)
Mmmm.... per chi sperava che il raffreddore si prolungasse... spero vi sia piaciuto! 
Per i prossiimo capitolo forse ci sarà, forse, da aspettare un pò!

Un bacio e buon week-end,
Blume.


 
  
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