Un viaggio per
conoscersi
Daisuke: Dopo tutti i
complimenti che mi ha fatto, come non potrei essere io a ringraziare Padme Undomiel?
Grazie di cuore anche per quelli che hai fatto alle autrici... continua a
seguirci!
Hikari: Ma come, io faccio tanto
per non sposare Daisuke e poi la cara HikariKanna, che sostiene di somigliarmi, vuole essere sua
moglie? XD Sono contenta in ogni caso che ti piaccia in questa versione, e lo
sono anche le autrici, che ti ringraziano per i complimenti!
Ken: Ringrazio io Kari89 che adora considerare il mio
migliore amico un mattacchione! Dunque... sono contento in prima persona che
l’intervista ti sia piaciuta, ma sono qui per riferirti che ovviamente lo sono
anche le autrici! E ora è giunto il momento di lasciarvi alla lettura del sesto
capitolo.
***
Capitolo sesto: A
Milano
Nove ore
di volo stancherebbero chiunque, pensò Iori scendendo
dall’aereo, mentre poggiava piede su suolo milanese. Avrebbe dovuto
intervistare un cantante di nome Yamato Ishida, ma la cosa non lo entusiasmava
neanche un po’. Era stufo di quell’incarico, e non vedeva l’ora di tornare in
Cina, per sbattere tutte le intervista in faccia al suo principale. Riflettendo
sulle proprie intenzioni, giudicò decisamente più appropriato provare a
ridimensionare i modi, onde evitare un licenziamento senza possibilità di
replica.
Mentre la
sua mente progettava un ipotetico approccio con il fantomatico Yamato, Iori viaggiava a bordo di un taxi che lo avrebbe portato
presso il suo nuovo albergo.
Non aveva
nessun motivo per sospettare l’inferno che lo attendeva...
Un ragazzo
dai capelli biondi e gli occhi azzurri aspettava pazientemente la propria
valigia dopo un viaggio internazionale, quando fu raggiunto in quell’aeroporto
da una persona che conosceva bene. I due attesero ancora pochi istanti, prima
di vedere la lussuosa valigia nera ed elegante del minore dei due.
Avevano
pochi giorni per stare insieme, ma se li sarebbero goduti fino in fondo...
***
Alessandra
sbadigliò rumorosamente prima di abbandonare il proprio letto. Aveva passato la
notte dal ragazzo e ora non aveva più sonno, ma svegliarlo a quell’ora, se
teneva conto che s’erano addormentati poche ore prima, era una pessima idea.
Svegliare Yamato Ishida alle sei del mattino significava incorrere nelle sue
ire, senza possibilità di sfuggirgli.
Pertanto
decise di uscire dalla camera da letto, diretta in cucina.
Nel
corridoio, s’imbatté in Takeru Takaishi, anche lui probabilmente alle prese con
l’insonnia.
Oh, era
bella Alessandra, con i suoi occhi verdi, i capelli biondi, il fisico perfetto,
le labbra carnose... che quella mattina furono sfiorate da quelle del biondo
cestista...
– Stavi
andando anche tu in cucina? – chiese lei, allontanandosi.
Per
rispetto al suo ragazzo o per paura di essere scoperta?
– Sì... –
annuì Takeru, contrariato a quel distacco.
***
Erano le
nove, Iori Hida era diretto
a casa Ishida, ignaro del pericolo che di lì a poco avrebbe corso.
Completamente all’oscuro dell’identità di colui che avrebbe rivisto in quella casa.
In realtà, lui non conoscendo la parentela tra Yamato e Takeru, non poteva
neppure immaginare la presenza di quest’ultimo a casa della persona che doveva
intervistare.
Nella sua
mente già s’erano delineate alcune delle domande che avrebbe voluto porre al
cantante, quando un viso fin troppo noto gli aprì la porta.
Silenzio.
No, non
poteva essere successo.
Non aveva
visto bene.
Non era
possibile.
Non ci
credeva.
Non a
quello.
Non a lui.
Non lì.
Quello,
non poteva essere Takeru Takaishi.
No.
Iori Hida sbatté ripetutamente le palpebre, per costatare di
stare sognando.
Ma
quell’uomo non scomparve.
Takeru
rimase lì di fronte a lui.
Era un
incubo che s’avverava.
Takeru
Takaishi era di fronte a lui.
Iori,
Takeru e Yamato erano riuniti nel soggiorno di casa di quest’ultimo, mentre
Alessandra preparava qualcosa da offrire all’ospite e nel frattempo ripensava
al contatto di tre ore prima...
Le labbra
di Takeru sulle sue...
Se lo
avesse saputo il suo ragazzo, l’avrebbe sicuramente rispedita dove l’aveva
conosciuta.
Era meglio
stendere un velo pietoso sulla faccenda, e andare a chiedere all’ospite quanto
zucchero gradisse nel caffè.
Dopo poco,
i suoi passi risuonavano nel corridoio, mentre le voci dei tre conversanti le
giungevano nitide in ogni sfumatura.
– Quando arrivai
qui dal Giappone – stava dicendo Yamato – conobbi una ragazza che mi ha aiutato
a inserirmi nel mondo della musica. Suo padre aveva, e ha tuttora, una casa
discografica, e tutto ciò che ho dovuto fare, è stato corteggiarla un po’.
Adesso lei è ai miei piedi, una serva perfetta, ed io ho la strada spianata
davanti a me. –
Non
credeva alle sue orecchie: quello che aveva appena udito non poteva essere
vero.
– Signor
Ishida, possiamo cominciare l’intervista? –
– Dica
pure. –
A quella
risposta, il giornalista si munì di carta e penna e attivò l’ormai celebre
registratore.
–
Innanzitutto, signor Ishida, può spiegare ai gentili lettori come è giunto qui
in Italia? –
– Oh, per
puro caso. Mia madre ha una sorella a Parigi e, molti anni or sono, mio fratello
Takeru si trasferì da lei. Dopo qualche anno, quando abitavo ancora a Tokyo,
decisi di andare a trovarli, perché desideravo fortemente vederli. Durante il
mio soggiorno nella capitale francese, organizzammo un viaggio qui a Milano,
dove conobbi Alessandra. Non ci volle molto perché realizzai quanto mi avrebbe
fruttato frequentarla. –
La mano
rapida di Takeru era riuscita a interrompere la registrazione appena in tempo
perché fosse omessa l’ultima frase del fratello.
–
Deficiente! – lo apostrofò – Sai quanta gente sta aspettando una tua frase
sbagliata per screditarti?!? Idiota! –
– Possiamo
continuare? – chiese cortesemente il signor Hida.
– Sì, mi
scusi. – si ricompose Yamato.
– Credo
proprio sia il caso di rifare l’intervista. Le sue precedenti dichiarazioni,
forse, potrebbero essere facilmente equivocate, e la sua fama potrebbe
risentirne. – spiegò pacatamente il giornalista, mostrandosi veramente
disponibile, e stupendo Takeru.
L’uomo
fece ripartire il registratore e afferrò un foglio bianco, prima di
ricominciare.
La prima
domanda fu: – Signor Ishida, Lei riscuote una notevole fama in molti Paesi,
anche grazie al Suo cantare in tre lingue. Vuole spiegare, cortesemente, come
si è trovato dal Giappone all’Italia e come mai canta in francese? –
– Certo.
Sono di origini franco-giapponesi, essendo nato da madre francese e padre
giapponese. Anni fa mia madre è ritornata in Francia, e io e mio fratello
decidemmo di seguirla. Fu durante il nostro soggiorno a Parigi che organizzammo
un viaggio qui a Milano. Dovevamo fermarci soltanto un paio di settimane, ma a
me questa città piacque talmente tanto che decisi di restarci. – fece una breve
pausa – All’epoca covavo un forte desiderio di emergere e mi accorsi che
l’unico modo per accelerare i tempi, per farsi conoscere più facilmente nelle
varie parti del mondo, era quello di cantare in diverse lingue. Credo sia
naturale che la maggior parte della gente preferisca ascoltare le canzoni nella
propria lingua. Dopo qualche anno, introdussi anche l’inglese, e così le lingue
divennero quattro. Tuttavia, quest’ultima, è la lingua che uso di meno nelle
mie canzoni, ma non c’è un motivo particolare. –
Iori
annuì, prima di chiedere: – In via informale, mi ha detto che la sua ragazza
l’ha aiutata ad affermarsi. Può spiegare brevemente come ciò è avvenuto? –
– Conobbi
Alessandra, la mia ragazza, poco tempo dopo il mio arrivo in Italia. In quel
periodo, per cominciare a guadagnare, mi esibivo nei locali, e fu li che la
conobbi. Il padre produttore discografico decise di puntare su di me,
offrendomi la possibilità di cominciare la mia carriera, che mi ha portato a
essere quello che sono. –
“È
incredibile come sia riuscito a rigirare il discorso a proprio piacimento.”
pensarono contemporaneamente Alessandra, Takeru e Iori,
e immediatamente quest’ultimo pose la domanda successiva: – Lei crede in quello
che fa, oppure è vero il luogo comune che vede tutti i cantanti stancarsi del
proprio lavoro? –
– Da
sempre io credo che chi intraprende la mia professione lo faccia perché nutra
stimoli e passione per questo lavoro. Il semplice possesso di questi due
requisiti non permette di stancarsi. Personalmente, io credo fortemente in ciò
che faccio. –
Ricavare
dell’altro da quell’intervista per Alessandra sembrava impossibile, perciò
decise che sarebbe stato meglio recarsi a preparare un altro caffè, giacché il
precedente si era raffreddato.
– Se
adesso dovesse dichiararsi insoddisfatto di qualcosa, cosa mi direbbe? –
– Di
essere insoddisfatto della mia vita sentimentale. –
Meno male
che Alessandra non l’aveva udito.
– Signor
Ishida, io non ho altro da chiederle, se non pregarla di fornire ai gentili
lettori qualche curiosità sulla sua vita, a suo piacimento. –
– Beh,
potremmo cominciare col dire che sono nato il 7 gennaio a Tokyo, ho conseguito
la maturità classica qui in Italia, considerato che ci sono arrivato a 17 anni.
In tutti questi anni mi sono appassionato al calcio italiano, tuttavia non ho
una squadra che particolarmente mi sta a cuore. Simpatizzo per il Milan, ma
d'altronde non sarebbe potuto essere altrimenti, giacché vivo in questa città.
Oltre quella per la musica, ho la passione per le moto, ma adesso non so
davvero cos’altro aggiungere. –
Fu così
che si chiuse l’intervista, e poco dopo Iori lasciò
quell’appartamento, con la mente già all’intervista successiva.
Intanto, a
casa Ishida si stava consumando una tragedia.
– Sei il
più grande bastardo che io abbia mai conosciuto! – stava urlando Alessandra
contro Yamato.
– E perché
mai? – chiese lui, non capendo a cosa si riferisse. Effettivamente, lui non
sapeva che lei avesse origliato una parte delle sue dichiarazioni.
– E così
io per te sarei stata solo uno strumento per arrivare al successo, eh? Ma sai
che ti dico, stronzo? Il tuo successo te lo puoi continuare ad accudire in
solitudine, perché tu in questa casa non mi vedrai mai più, giacché amo tuo
fratello! –
Yamato non
credeva a ciò che le sue orecchie avevano udito: Alessandra aveva conosciuto
Takeru solamente la sera prima e già diceva di... amarlo? Ridicolo!
– E
dimmi... – decise di giocare la carta dello scherno – ...sei anche ricambiata?
–
– È stato
lui a baciarmi, stamattina... idiota! –
Forse era
quella l’unica frase che Alessandra, per il bene di Takeru non avrebbe mai
dovuto dire. Yamato, ferito nell’orgoglio, disse imperativo: – Fuori da questa
casa... entrambi... –
***
– Ma tu
già conoscevi quel giornalista? – fu la domanda che Alessandra pose a Takeru,
mentre i due si recavano, valige nel bagagliaio, a casa di lei.
– Mi intervistò
qualche giorno fa a Nantes... credo stia facendo qualcosa per il suo giornale
in giro per il mondo... –
L’espressione
di Alessandra fu eloquente: – Tu... che ti lasci intervistare? – rise – Non ci
credo neanche se lo vedo. – aggiunse poi, seria.
– Infatti
mi sono preso gioco di lui, lasciandogli semplicemente un misero fogliettino su cui gli parlavo di me. –
– Sei il
solito deficiente... –
– Ehi tu!
Mi conosci solo da mezza giornata e già ti permetti di darmi del deficiente? –
– Che io
ti conosca da mezza giornata è pura fantasia. Ti amo da sempre... seguo tutte
le tue partite... –
– La devo
prendere per una dichiarazione? – chiese lui con tono di scherno.
– Che cosa
devo fare per dimostrarti quanto ti amo?! –
– Secondo
te, cosa voglio? –
– Pervertito!
–
E mentre
quei due si scannavano affettuosamente, l’aereo per Bristol era decollato.