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Autore: yoyo_whitehole    03/05/2014    3 recensioni
«Ha tradito. Ha ucciso. Ha torturato» Kevin diede le spalle al Pacificatore ammanettato, posizionandosi tra lui e la folla. «Ma non ha tradito me. Non ha torturato me, e direi che non mi ha ancora ucciso. I suoi crimini non sono contro me.»
Kevin ruotò la pistola tra le dita, allungò il braccio. Rivolse l’impugnatura alla folla.
Si chinò quel che bastava per poggiare l’arma a terra, con delicatezza. Si spostò, di lato, un solo passo; tra la folla e il Pacificatore rimase solo la pistola.
(...)
Imhor raccolse l’arma e tolse la sicura. Fissò Kevin un’ultima volta, non con l’aria di chi cercasse una conferma, o un tacito invito: con una pistola carica nella mano e un’imperscrutabile serietà nel volto.
«Uccidilo» sibilò il Pacificatore, la voce strozzata «Non avete mai avuto speranza, Capitol City vi sterminerà dal primo all’ultimo se non finite questa follia adesso. Se lo uccidete vi perdonerà…» guardò Kevin con odio disperato «Dimenticherà… Dimenticheremo tutto…»
Il gigante spostò lo sguardo sul Pacificatore, che si azzittì. Il silenzio strisciò ancora per qualche attimo, qualche attimo ancora, poi Imhor puntò la pistola.
«Io non dimentico» disse, e premette il grilletto.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caesar Flickerman, Presidente Snow, Sorpresa, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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IN FONDO, E' SOLO UN TRUCCO
~Parte II
 
"Il segreto del successo è la sincerità. Se riesci a fingerla, ce l'hai fatta."





Axe lanciò via il cappellino di fiorellini rosa che la sua stilista le aveva affibbiato. Fiorellini... Rosa... Si mise in testa il suo portafortuna, consapevole che pochi cappelli stonavano come quello sul suo vestitino a veli e pizzo lilla.
Si voltò verso la stilista in prima fila: Reeva la guardava con gli occhioni spalancati e la bocca a forma di "o".
Abigail Jamie le rivolse un sorriso amabile, poi raggiunse Caesar sul palco guardandolo scettica. Vanno di moda le carote, a Capitol City?
Caesar le andò incontro, porgendole la mano. Axe l'afferrò con ostentata educazione, ma non poté trattenere una sorrisetto divertito quando il presentatore si accorse delle due dita mancanti.
-Non ci siamo ancora presentati, e già mi riservi delle sorprese- esclamò Caesar. -posso mostrarlo?-
Doveva essere una domanda retorica, perchè le aveva già sollevato la mano per le telecamere. -E se dicessi di no?- commentò Abigail.
-Sarebbe tardi. - rispose Caesar, accomodandosi. -Ci vuoi raccontare come ti sei procurata un così minaccioso biglietto da visita?-
-No.-
-No?-
-No.-
-Neanche se ti sponsorizzassi una collezione di figurine di Caesar Flickerman appena uscite?-
Axe fece un sbuffo, più simile a una risata esasperata. -Stavo tagliando legna... Ed è successo. Ti aspettavi una chiacchierata più interessante?-
-Non dev'essere stato molto divertente- commentò Caesar. -A proposito di chiacchierate, Abigail, in città ne stanno girando parecchie sul tuo voto in addestramento. Qualche indizio su cosa hai fatto?-
-Mi chiamo Axe- si rilassò sulla poltroncina, incrociò le braccia e chiuse gli occhi. -Mi sono arrampicata su un albero con un'ascia in mano, poi l'ho lanciata e si è piantata nel cranio di uno stratega.-
Qualche istante di silenzio. -Adesso ho capito a cosa serve la regola sulla privacy- Caesar scoppiò a ridere insieme al pubblico. Beh, perlomeno hanno capito che era una battuta.
-Doveva essere uno stratega davvero antipatico, se ti hanno messo otto. Bene, Axe, credo di aver intuito il perché di questo nome... Ricordo un'altra persona, su questo palco, con il tuo stesso co...-
-Marcus- lo interruppe Axe, e il sorriso le aveva già lasciato il volto. -Mio fratello, e sappiamo tutti chi era e cosa meritava. Sono qui per prendere la corona che sarebbe dovuta spettare a lui.- sono qui per salvarmi la pelle.
-Sono d'accordo- Caesar rabbrividì, e Axe dubitò che stesse fingendo. La morte di Mark è stata la più terribile in cinquanta anni di Hunger Games.
Squillo acuto. Axe rispose con un cenno e un sorriso ai saluti di Caesar, diede pigramente un calcio al cappellino di fiori rosa ancora sul palco e tornò al suo posto.

Alek era stanco. In quei suoi diciotto anni di vita mai aveva sentito una stanchezza così stremata, apatica.
Era stanco di quel continuo pensare all'indomani, era stanco di quel continuo combattersi. Alek aveva passato l'intera notte a pensare, pensare e pensare, con nella testa la confusione rintronante di due eserciti in guerra.
L'istante prima era convinto di aver fatto la cosa giusta, che rifiutare sarebbe stata pura e immotivata pazzia. L'istante dopo, si rigirava nel letto dandosi del mostro. L'istante dopo ancora, le parole assennate di suo padre gli rimbombavano in testa:  "Ragiona, Alek, ragiona". Poi si rigirava di nuovo, e un'altra voce gli invadeva la mente. Quella di suo fratello prima di partire. "Ragionare? Papà, se sento di nuovo quella parola non so cosa farò. Sì, posso morire: la morte aspetta tutti. Ma perlomeno, prima potrò dire di aver vissuto."
Alek era stanco. Stanco di pensare.
Non gli importava più nulla di quelle voci, dell'intervista che stava per fare, e di quello che sarebbe successo l'indomani. Tutto quello che voleva era una notte di sonno.
-Signore e signori, ho l'onore di presentarvi quello che si può ben dire il più grande tra tutti i tributi: diamogli un benvenuto altrettanto grande! Alek Snowden!-
Alek camminò sul palco, sorridendo con una punta di tristezza all'applauso dei capitolini.
-Accomodati- disse Caesar, impressionato. -Spero che la poltrona regga-
Resse. Ed era anche deliziosamente morbida. Alek dovette fare uno sforzo per non chiudere gli occhi.
-Quest'anno il Distretto 7, dopo il 2, è stato quello che ha totalizzato più punti in addestramento! Ci credete?- fece Caesar, poi lo squadrò pensoso. -Io sì-
Dato il silenzio di Alek, Caesar proseguì. -Qualche indizio sul tuo dieci? E non dirmi che è morto un altro stratega, ti prego-
-Non ti preoccupare, non è morto nessuno-
-È questo l'indizio?-
Alek annuì, tranquillo. Caesar si sporse verso di lui con fare cospiratorio. -Neanche se ti...-
-No- lo interruppe Alek, sorridendo e alzando le mani in segno di resa. -Ti prego, le figurine di Caesar Flickerman no. Ho fatto quello che faccio sempre: tagliare alberi-
Rompere l'involucro di metallo di quell'aggeggio da arrampicata era molto più faticoso del legno, ma era anche vero che l'ascia dell'addestramento era molto più affilata. E pesante.
-Questo si chiama vandalismo- rise Caesar. -Ma immagino ne valga la pena, per un voto da Favorito. A proposito, hai deciso di entrare nella nostra alleanza preferita, vero?-
Alek era stanco di pensarci. Semplicemente stanco. -Così è andata- rispose, atono.
-Hai qualche programma per quando tornerai nel distretto?-
Se fosse stato meno stanco, Alek avrebbe riflettuto. Ma le parole che gli giunsero sulle labbra non avevano niente di ragionevole. -Credo che partirò-
-Non penso sia possibile- osservò Caesar, spiazzato.
-Era quello che diceva anche mio padre- è illegale, è una pazzia, è insensato. Quasi quanto dirlo a Caesar in diretta televisiva.
Ma si rese conto che, alla fine, non gli importava molto.
Partirò. Cercherò mio fratello. Anche se era troppo tardi per trovarlo. Almeno avrebbe trovato le sue parole, perse in un cielo terso e lontano, e le avrebbe capite.
"Alek, tu non sai cosa vuol dire sentirsi libero."

 
__________Distretto 8


Amber avanzò verso il palco con l'incedere più elegante di cui era capace. Le labbra giallo limone erano curvate in un sorriso sincero. Era una sensazione strana, come camminare sulle nuvole.
Caesar le baciò la mano, incantato. -In tutta sincerità... Non ho mai visto una ragazza più bella-
-Caesar, sei sposato- osservò Amber. Non riconobbe la naturalezza della sua voce, né il tono caldo e leggero.
-Oh, sì!- rise il presentatore, sedendosi. -Non devo dimenticarmene. Allora, come ti trovi a Capitol City?-
-Trovo sia bellissima. Adoro i vostri vestiti- si passò una mano tra i capelli, pieni di perline oro e smeraldo, e sorrise ancor di più.
-Chi non ama il nostro look?- Caesar si accarezzò compiaciuto i capelli verdi, imitandola. -Il tuo distretto, invece? Ti manca?-
-No.- Amber si era già scordata della sua vita prima della Mietitura, della sé stessa prima della Mietitura. -No, per niente. Venire qui è stata la cosa migliore che mi potesse capitare- la sua voce si spense.
-Una frase da Favorita! Non intendi solo per i vestiti, immagino-
-No- Amber cercò di raccogliere le parole, ingarbugliate in una matassa indistinta. Come dovrei spiegarlo?
-Non puoi sentirti davvero viva finché non affronti la morte- disse infine. Una frase banale, ma é vera, così meravigliosamente vera...
Caesar sorrise. -Forse hai ragione. Cambiando argomento... Ci vuoi parlare delle tue sessioni di addestramento? Come sono andate?-
-Non... Non avevo molta esperienza con armi, tecniche di sopravvivenza e altro- ammise -Però qualcosa ho imparato-
-Per esempio?-
Le parole avevano un sapore dolce e irreale sulle sue labbra. -Ho imparato a sperare.-
I capitolini si lasciarono sfuggire un sospiro commosso. Il sorriso sognante era ancora stampato sul suo volto, e Amber si chiese se l'avrebbe mai lasciato. Tutto questo finirà, voi finirete, e sarà anche merito mio. La sentì per la prima volta, la sua forza, bruciarle dentro come fuoco. La vita le aveva dato una seconda possibilità, anche se non lo meritava, e non l'avrebbe sprecata.
A stento si accorse del segnale acustico. Caesar le offrì la mano per aiutarla ad alzarsi. -Signore e signori, Amber Hamilton!-
Si sentì incendiata da una sensazione indefinibile, forte, nitida, tremendamente viva. La sua battaglia stava per iniziare.

Clyph lasciò vagare gli occhi per la platea - occhi azzurri, freddi e inespressivi.
-Raccontaci della tua Mietitura. Come ti sei sentito?-
-Avevo paura per mio fratello Clyph- rispose, senza neanche guardarlo -Quindi l'ho sostituito. Anche se avevo nove anni. L'ho salvato, e adesso è tardi perché possiate fare qualcosa- quella storia gli piaceva particolarmente.
Caesar sembrava incerto tra il ridere o il credergli, ma il modo in cui Clyph lo guardò bastò a convincerlo.
-È molto eroico- disse infine. Sì, è eroico. Perchè l'eroismo esiste, perchè questo mondo è pieno di altruismo e di luce. Clyph aveva davvero un fratello. Un fratello che, quando lui era stato estratto, era rimasto a guardare. Nessuno si era offerto volontario.
-Sto cercando di capire se ci stai prendendo in giro- aggiunse Caesar, sorridendo.
Clyph non la capiva, tutta questa passione umana verso la verità. Non si può mai essere certi di distinguere il falso dal vero. La verità è solo una menzogna raccontata meglio delle altre.
E se è tutto un'illusione, cosa c'è di sbagliato nell'illudermi da solo?
Clyph tacque per un lungo istante. -Mi chiamo Whys- Il sorriso sul suo viso si allargò.
-Whys...- povero, povero Caesar. Clyph aveva voglia di ridere. -Lasciamo stare. Devi essere molto affezionato alla tua famiglia, non è vero?-
-Mi mancano tantissimo- rispose. Me ne è mai importato qualcosa di loro?
-Ti sei portato qualche portafortuna?- chiese Caesar, in tono paterno.
-È in camera. Un bracciale di palline di stoffa che abbiamo fatto insieme, io e le mie due sorelle.-
-Mi sarebbe piaciuto poterlo vedere. Ci racconti la storia della scommessa di Arcturus? Ormai sono curioso-
Clyph amava raccontare. -Il capo stratega ci stava guardando.- inventò giulivo -Aveva quello strano orecchino, lungo e...-
Il segnale acustico trillò. -Non è possibile- sorrise Caesar esasperato. -Comincio a odiarla, quella campanella. Signori, Clyph Earles, il piccolo principe!-
Il pubblico applaudì svogliatamente. Il volto di Clyph si incupì di colpo. Se ne andò con un'ultima occhiata impenetrabile, senza salutare.

 
__________Distretto 9


-Cara mia, sei splendida!-
-Anch'io ti trovo bene- Sapphire fissò lietamente Caesar. Vanno di moda le carote, a Capitol City? -Vanno di moda le carote, a Capitol City?-
Scoppiò a ridere. -Questa è stata malvagia. E cosa mi dici, tu, dei chicchi di grano?-
Stavolta fu Sapphire a scoppiare a ridere. Il suo vestito a forma di uovo, ricoperto di mais e con lunghe spighe che si alzavano dalle maniche, era una trovata idiota: sembrava un seme di frumento in tutto e per tutto. -Colpita e affondata. Forse se vincerò andranno di moda, non credi?-
-Ho sempre desiderato vestirmi da grano- concordò Caesar. -Dimmi, i chicchi di frumento si siedono?-
-E le carote?- Sapphire si accomodò. Va bene, quest'intervista sta diventando patetica. -Va bene, quest'intervista sta diventando patetica. Credo sia colpa del mio stilista-
-Ci vuole un po' di allegria, ogni tanto!- fece Caesar, sedendosi. -Avevi qualche idea più simpatica per il tuo vestito?-
-Immaginavo qualcosa come un lungo mantello nero con cappuccio, maschera da scheletro e falce in mano-
-Ho presente- Caesar si finse vagamente impaurito. -Davvero simpatico, sì. C'è la tua falce dietro al sette dell'addestramento?-
Sapphire ridacchiò al ricordo. La sua sessione non era durata neanche un minuto: con quell'arma più alta di lei le era bastato un colpo per tagliare un manichino a metà, dalla testa al bacino. "Credo possa bastare. Certo, bisogna avere stomaco forte" aveva detto andandosene.
-Chissà come l'hai capito, Caes- rispose.
-Pura intuizione. A proposito di falci, come hai vissuto il momento della Mietitura?-
-Intendi l'anno scorso? È stati faticoso, sì, ma particolarmente gratificante. Davvero un ottimo raccolto-
Caesar rise. -Parlavo di..-
-Oh, già!- Sapphire si batté la mano sulla fronte, strappando qualche risata al pubblico. -Quella Mietitura. Preferirei non parlarne, o temo mi uscirà fuori qualche frase particolarmente, beh, diretta, e credo che me ne pentirò.-
-Penso di aver capito. La sincerità prima di tutto- commentò Caesar. -E se parlassimo della tua famiglia?-
-Ho una sorellina di quattro anni, Tehrese- raccontò Sapphire, con un sospiro. -Ed è soprattutto per lei che lotterò con tutte le forze per tornare. Non credo che io, o qualsiasi altro, meriti la morte, ma di certo Tehrese non merita di vedere la mia. Mia madre fa l'insegnante, mio padre il contadino. Ho sempre vissuto divisa tra libri e campi di frumento.- sorrise, malinconica. -Immagino non sarà più così, comunque vada-
-Credo anch'io- disse Caesar, ma il segnale acustico squillò prima che potesse aggiungere altro.

-Voglio un benvenuto più che caloroso per il primo volontario del distretto 9! Alex Sunshine!-
Alex fece un respiro profondo. Scese i gradini senza fretta, si sedette e guardò i capitolini. Non fece nulla per nascondere l'odio. "Se rimanete fino alla fine, potete essere sinceri." aveva detto Ronnie. "Basta non destare sospetti, per adesso. Beh, non abbiamo niente da perdere. Credo sarà divertente"
-Ciao, Caesar- salutò Alex, freddo e tranquillo.
-Non vedevo l'ora della tua intervista!- esclamò l'uomo -Allora, perchè ti sei offerto? Chi era il ragazzo estratto?-
Jake. L'unica persona ad averlo protetto, sempre, non solo dalla fame ma anche dalla solitudine. Forse lo faresti anche adesso, se fossi qui. Ma non puoi proteggermi da me stesso.
-Non lo conosco.- rispose. -Ma senza i soldi della vincita sarei morto di fame, e non ne avevo molta voglia. Morto per morto, venire qui sembrava più divertente-
Caesar e il pubblico risero. Ho fatto una battuta? -Ridi?- chiese Alex, sempre più freddo e sempre più tranquillo. -Ridete? Io sto andando a morire e voi ridete? Personalmente, non sarei così felice se domani le mie mani si dovessero sporcare del sangue di ventiquattro ragazzi. Così tanto sangue che vi scivolerà dalle dita, vi insozzerà i vestiti di rosso...- si alzò e sorrise pacatamente. -Ho pietà di voi. A volte provo a immaginarmi il peso che un assassino deve sostenere. Vi rendete conto? Ventiquattro per cinquantuno, sono milleduecento ragazzi.- cominciò ad allontanarsi dal palco, sempre sorridente. -Un lungo, lungo fiume di sangue con cui dovete convivere ogni volta che vi guardate allo specchio. Chiamarli tributi aiuta?-
Si voltò con una scrollata di spalle e risalì i gradini, immerso in un silenzio allibito. Sì, credo di aver fatto colpo.

 

__________Distretto 10


Amina si sfiorò incerta il fiore di plastica rosso tra i capelli, che la stilista le aveva permesso di tenere. Regalo di Dray.
Dray, che aveva detto che non l'avrebbe lasciata mai. Dray, che aveva detto che sarebbe andato tutto bene. Dray, che aveva detto che bisognerebbe viverlo con leggerezza, questo mondo, per quanto pesante sia. Dray, che aveva detto che le voleva bene.
Ma Dray non era lì.
Nemmeno suo padre.
Forse non sentono neanche la mia mancanza.
Amina era sola. Terribilmente, spaventosamente, ineluttabilmente sola.
Nessuno sente la mancanza di una come me, mai. Chi sono io? Cenere, solo cenere. Nient'altro che cenere.
Amina avrebbe voluto che un'attacco di vuoto arrivasse a liberarla da quei pensieri, ma stavolta non successe. Si piantò le unghie del braccio, con cattiveria, con disperazione. Cenere. Cenere.
-Hey, Amina. Successo qualcosa?-
La ragazza fissò Nathaniel negli occhi verdi, coperti da ciocche di capelli castani; il genere di viso che ispirava fiducia. Lui non l'aveva abbandonata, non ancora. Amina aveva una sola parola per spiegare tutte quelle grida dentro di lei. Fischiò, e sorrise.
-Freddo- rispose Koko. -Freddo-
-Beh, io muoio di caldo sotto questo smoking.-
Fu in quel momento che i riflettori si spensero di botto, e sull'Anfiteatro calò il silenzio.
-Cosa...- fece Nathan, basito. -Mi sono perso l'intervista più interessante?-
-Avrebbero dovuto censurare prima- commentò lieta la ragazza dell'undici, alla sua sinistra. -Qualche addetto deve essersi addormentato di brutto-
Amina guardò il palco, confusa. Toccava a lei? La attraversò un brivido di panico.
-Chiudiamo questa spiacevole parentesi- riprese Caesar -E diamo il benvenuto a un tributo veramente speciale. Amina Seen!-
-Andrà tutto bene- fece in tempo a sussurrarle Nathan. Parole che le echeggiarono in testa solo dopo qualche istante.
Amina si fermò a metà scalini, e il sorriso le appassì sulle labbra. Mi hanno solo ingannata. Non è mio amico, è un bugiardo, come Dray. Non doveva dimenticarlo.
Suo fratello aveva detto che sarebbe andato tutto bene, quando l'aveva trovata con il polso premuto su un coltello di Moulier. Ed ero anche felice, tanto felice. Ho pensato che qualcuno tenesse davvero a me, che non sarei mai rimasta sola.
Amina non si rese conto di essere arrivata sul palco finché il presentatore non la salutò con un'abbraccio. Neanche lui era suo amico, non si sarebbe più fatta ingannare.
Koko svolazzò attorno a Caesar, che rise. -Come si chiama?- chiese.
Amina si sedette lentamente sulla poltroncina, prima di fischiare. -Koko parla per me- disse il pappagallo, posandosi sulla sua spalla. Caesar gli accarezzò le piume, deliziato.
-Koko? Quante cose sa dire?- le chiese. Amina si mordicchiò il labbro, cercando una risposta. -Felici Hunger Games!- se ne uscì allegramente Koko. Era la frase che amava di più.
-Immagino che lo scopriremo, allora- concluse Caesar, con un sorriso divertito. È mio nemico, mio nemico, come tutti qui. Tranne Alyson.
-Sei muta dalla nascita?- continuò. Di nuovo, Amina non seppe cosa rispondere. Devo mentire? È più semplice, vero? Non ho parole per raccontare quella notte, quelle fiamme.
Si decise a a fischiare flebilmente. -Sì- disse Koko. -Felici Hunger Games!- insistette poi, alzandosi di nuovo in volo.
-Non è certo l'unico motivo per cui ti conosciamo- disse Caesar, riferendosi al pappagallo. -Otto. Un inaspettato, fenomenale otto all'addestramento!-
Amina sorrise lievemente. Aveva fatto il suo numero da circo preferito con i coltelli, e per un attimo era stato come essere a casa. Mi applaudivano, lì. Dicevano che ero bravissima... Ma io non valgo un otto, forse non valgo nulla.
Due fischi lunghi intervallati da uno più breve. -Grazie- gracchiò Koko, ora appollaiato su una telecamera.
-Non puoi dirci proprio niente?- sospirò Caesar -So mantenere i segreti-
Alla battuta, Amina fece un risolino silenzioso. Chissà dov'era, la sua voce. Forse le sarebbe bastato cercarla, ma aveva troppa paura."Non dirai niente, vero, piccola mia? Non dirai niente..."
Scrollò le spalle esili e tacque.
-Dovremo tenerci il dubbio. Ti piace Capitol City?-
Domande facili, a monosillabi. -Sì-
-Hai paura per domani?-
-Sì-
-Hai una famiglia? Ti manca?-
-Sì.-
Amina si estraniò da tutto. Continuava a fischiare il sì per Koko, in un motivetto ipnotizzante. Suono lungo, suono corto. Lungo, corto.
-Posso provare?-
-Sì-
Caesar imitò la sequenza di fischi, ma Koko era occupato a grattarsi sotto l'ala con il becco. -Felici Hunger Games- gracchiò di nuovo. Amina gli accarezzò le piume sulla testa, senza poter evitare di pensare che l'indomani l'avrebbe abbandonata anche lui. Tornerà al distretto e non lo rivedrò più. Morirò sola.
-Beh, con tutti questi buoni auguri, non potrà che essere un'Edizione favolosa!-
Amina stavolta lo sentì arrivare, il vuoto, in un abbraccio bianco e confortante. Il freddo non diminuiva, ma almeno lì perdeva importanza.

Nathaniel scese i gradini guardando gli spalti, con un sorriso da orecchio a orecchio. Il suo stilista avrebbe potuto inventarsi qualcosa di più originale di uno smoking nero, ma tutto sommato Nathan aveva una certa paura dei suoi slanci creativi.
-Nathaniel Moore!- Caesar si accorse che il ragazzo era già dietro di lui e sobbalzò teatralmente. -Che scatto, ragazzo!-
Nate sorrise, lasciandosi cadere sulla poltroncina. -Modestamente-
-Anche per il distretto 10, un volontario! Questo è l'anno del coraggio!-
Nathan scosse la testa, divertito. -Io non sono affatto coraggioso, Caesar. Mi sono offerto perchè avevo paura-
-Di cosa?- chiese Caesar, abbassando il tono.
-Paura di sentirmi in colpa. Non sono un eroe, sono un vigliacco.- alzò le spalle, sempre sorridente. -Matthew era mio cugino, ma vivevamo insieme. Ha sempre impedito a me e a sua sorella di prendere le tessere, accumulandole ogni anno. Se fosse morto per causa nostra... Immagini come mi sarei sentito? L'eroe non sono io-
-Capisco...- disse Caesar, comprensivo. Il pubblico si lasciò sfuggire qualche sospiro commosso.
-Anche se morirò domani saprò di aver fatto la cosa giusta. Scusa, Matthew.- Breve pausa. -Ma hey! Chi dice che dovrei morire?-
-Di certo non io- rispose Caesar. -Hai detto che Matthew era tuo cugino, ma vivevate insieme. Era orfano?-
-No, l'orfano ero io- rispose, senza perdere il sorriso. -I miei genitori sono morti sette anni fa, per un'epidemia influenzale-
-Ci dispiace- un'altra breve pausa, poi Caesar tornò in tutta la sua allegria. -Parliamo di cosa meno importanti. Koko risponde anche ai tuoi fischi?-
Nathan scrollò le spalle. -Oh, no. Ci provo sempre, ma continua ad augurarmi felici Hunger Games-
-Beh, l'ottimismo non manca- dagli spalti, qualche risata sciolse l'atmosfera pesante.
-No, quello non mi è mai mancato. Qualche altra domanda, Caes! Sta per scadere il tempo-
-Subito, subito- sorrise l'uomo. -Come hai passato questi giorni?-
-Benissimo. Quello che succederà domani non è certo un motivo per smettere di vivere già da adesso.- ..e se la vita mi ha scelto per questi Giochi, un perchè ci sarà. Anche se posso non vincere, forse Matthew farà un figlio con il mio nome, che rovescerà l'intero sistema degli Hunger Games. O che semplicemente regalerà una palla di stoffa a una bambina che piange...
-Forse c'è un disegno, in tutto quello che succede. Il fatto che non lo conosceremo mai non è un buon motivo per non crederci. Per questo sono felice, e che sia vero o no essere felici è sempre la scelta migliore-
Trillo di campana. Il pubblico applaudì commosso, mentre Nate abbracciava Caesar con autentico trasporto e nel cuore una speranza più profonda e inebriante del semplice tornare vivo. Andrà tutto bene.
Prima o poi, andrà tutto bene.

__________Distretto 11


-Davvero lo vuoi fare?-
-Certo, Ron. Scommetti che rideranno?-
-La mia stima per i capitolini non è il massimo, ma nessuno può avere un umorismo così basso-
Ester alzò le sopracciglia con sfida. -Secondo me li sopravvaluti-
-Direttamente dal distretto 11, un applauso per Ester...- Caesar lanciò un'occhiata al suo registro. -Ester Maddison Wright!-
Ester raggiunse il palco con il suo solito sorriso raggiante. Pensare che in quel momento la sua famiglia la stava guardando era straziante, perciò decise di non farlo.
-Cara mia- iniziò Caesar, dopo che si furono accomodati -Ci vuoi parlare dei tuoi assi nella manica?-
-Vorrei, Caes, ma sto cercando di fingermi debole- gli fece un occhiolino poco convincente, e l'uomo rise. -E va bene. Hai già una strategia per domani?-
Ester rovesciò la testa all'indietro e rise. Ma sì, credetemi ammattita. -Non farmi ammazzare penso sia un'ottima idea. Vero?-
-Semplicemente geniale- concordò Caesar. -Nei giorni d'addestramento ti ho visto insieme a molti tributi. Hai stretto un'alleanza?-
-Sì.- Ester si schiarì la voce. -Ronnie Dalton, il mio compagno di distretto. Liam Appody, Distretto 12. Amber Hamilton, Distretto 8. Momo Centodue, Distretto 6. Alex Sunshine, Distretto 10-
-Questa è una vera e propria armata!- sbottò Caesar, incredulo. -Siete più dei Favoriti di quest'anno, se conto bene-
-È per questo che la nostra alleanza vincerà gli Hunger Games- Ester sorrise. Perlomeno, la mia intervista avrà una qualche utilità. Se qualcuno morirà al bagno di sangue, sapranno comunque che anche lui era con noi.
Pensiero pericoloso. Il suo sorriso traballò un po', così Ester si riscosse alzandosi in piedi. -Volete vedere cosa ho imparato in questi giorni?- si tolse il fazzoletto rosso dai capelli biondi e lo infilò per bene nel pugno della mano destra.
Sollevò le braccia per le telecamere, poi aprì con lentezza studiata le dita. Vuote.
-Nessuno si è accorto che un fazzoletto è caduto a terra, giusto?- chiese allegramente, facendo finta di coprire qualcosa sul pavimento con la scarpetta.
Il pubblico ridacchiò.
-La stupidità fa parte del fingermi debole- bisbigliò Ester a Caesar, poi guardò il microfono. -Ops- disse, e scoppiò a ridere.
Il presentatore la imitò, anche se un po' perplesso. Sì, sì, sono ammattita.
-E va bene!- sbottò Ester -Non posso più fingere. Mi suonate un rullo di tamburi?- chiuse la mano destra a pugno con in un'unica mossa vi sfilò qualcosa di rosso.
-Magia- sussurrò, con un sorriso estatico, mentre sventolava il fazzoletto davanti a sé. Stavolta il pubblico rise. Non pensavo che fare interviste idiote potesse essere così divertente. Unico vantaggio di non doversi preoccupare degli sponsor.
-Vero che ho talento teatrale?- chiese a Caesar, che in quel momento probabilmente si stava sentendo molto inutile.
-Verissimo, ragazza mia!- rispose, e rise di nuovo. -Signore e signori, Ester Maddison Wright!-
Quando risalì le scale, Ronnie la guardò incredulo. -Direi che ho perso-
Ester rispose al sorriso, ma quando il compagno fu lontano si passò la mano sulla fronte. Sentiva già il mal di testa in agguato dietro gli occhi. Guardò i tributi alla sua destra, chiedendosi quanti di loro sarebbero morti l'indomani e quanti avrebbero ucciso.
Sono terrorizzata, è questa la verità, e non solo per quello che succederà a me.
Sospirò, stanca. Egoisticamente, irrazionalmente, tutto quello che riuscì a desiderare in quel momento fu di non vedere.


-Sarei indiscreto a chiederti perchè gli ultimi due anni li hai passati in prigione?-

"Mi sono già accordato con Caesar: hai rubato un sacchetto di mele per darlo a un orfano affamato, e ti hanno visto."
"E perchè avrei dovuto rubarlo, quel sacchetto, se avrei potuto comprarne in quantità industriali?"
"Chissene importa" sbottò il mentore "Dirai che hai oltrepassato la recinzione per raccogliere castagne, che hai ucciso tuo padre, quello che ti pare. L'unica cosa che il pubblico non deve sapere è la verità, ti è chiaro il concetto?"

-Ho dato fuoco a una casa di Pacificatori- rispose, con semplicità.
Caesar rise a lungo, come se avesse fatto la battuta migliore dell'Edizione. -E va bene, se vuoi tenerti il segreto noi...-
-Lo ammetto- lo interruppe Ronnie -Ho anche lottato, disprezzato e sognato un mondo democratico. Ho sollevato le masse contro Capitol City, sottratto armi e vestiti ai Pacificatori e infangato la loro reputazione. Ho distrutto le loro case, ho usato le loro finestre come bersagli per il tiro con l'arco e ne ho riso.- insieme a Honoré. Honoré che non era lì. Honoré che non aveva neanche potuto salutare. Honoré che non avrebbe rivisto mai più.
Era calato un silenzio di piombo. -Oh, ma sono un pentito- concluse Ronnie, sorridendo serafico. L'espressione sul viso di Caesar bastò a ripagarlo della fatica di cinque anni di idealismo.
-Ho...- l'uomo tossicchiò, e abbozzò un sorriso. -Ho quasi paura a chiederti di come ti sei fatto quella cicatrice-
Ronnie si sfiorò il lungo segno sulle labbra. -Questa?- chiese, con un sorriso che era tutto tranne che rassicurante. Caesar annuì, e il ragazzo vide qualche goccia di sudore brillargli sulla sua fronte.
-Allora...- Ronnie si rilassò sulla poltroncina e chiuse gli occhi. Chi è che ha talento teatrale, Ester?
-Successe quattro anni fa. Io e i miei amici stavamo liberando un bel numero di topi nella casa di Ernest Birder, un Pacificatore che aveva certi motivi per vergognarsi di sé stesso. L'impresa è riuscita a metà, però: Birder stava dando una festicciola con gli altri omini bianchi. Una di quelle serate con brindisi e prostitute affamate del distretto, hai presente? Beh, fatto sta che è scoppiata una rissa, e a me è toccata una bottiglia di vetro rotta in faccia.- E aveva anche perso due denti, che suo padre si era subito imposto di ricostruire. Il ricordo del capitolino venuto a casa loro per eseguire l'ennesimo capriccio di Eric Dalton continuava a riempirlo di rabbia. Non mi ha potuto togliere la cicatrice, almeno.
-Sono molto, molto pentito- finì, sempre più serafico, nel nuovo silenzio che si era creato. -Caes, quanto ci mettono a censurare un video?-

__________Distretto 12


Diana guardò attonita i riflettori spegnersi per la seconda volta.
-Vorrei poterlo fare anch'io- disse Liam, alla sua sinistra. La ragazza lo guardò smarrita, mentre i battiti del suo cuore acceleravano.
-Oggi non è la mia Edizione fortunata- borbottò Caesar. -Proseguiamo con la bellissima quattordicenne del Distretto 12. Diana Jensen!-
Diana deglutì, sorrise, si calmò. Mentre scendeva, in un improvviso lampo di orgoglio disobbedì al suo stilista e si tirò fuori dal vestito il ciondolo a stella di sua madre. Vederlo sul suo petto la rassicurava, specie dopo che era misteriosamente sparito dalla sua stanza per un giorno intero.
-Mai ho visto qualcosa di più splendido- la salutò Caesar, baciandole la mano. Diana arrossì, lisciandosi le pieghe del vestito rosso.
Nell'occhiata repentina che Caesar le lanciò prima di cominciare, lesse un ti prego, collabora.
-Come ci si sente ad essere sugli schermi di tutta Panem?-
La ragazza si torse le mani in cerca di una risposta. -Importanti...-
-E infatti! Io sono molto importante, non è vero?- Caesar ammiccò seducentemente al pubblico, stillando qualche risata.
-Parliamo di te. È la prima volta che mi capita di vedere un tributo del dodici con i capelli rossi- continuò.
-Nella mia zona siamo solo io e... mio padre- rispose Diana, senza pensare. Si morse il labbro. -È un commerciante capitolino-
Pur sapendo di essersela cercata, temette la prossima domanda.
-Sembra una bella storia. Ci parli della tua famiglia?-
Gli occhi verde mare di Diana si posarono su una telecamera, lottando contro la vertigine. Mi stanno guardando. Nathan, mamma, papà, Rina.
-Sono figlia unica, siamo solo io e i miei. Grazie a loro ho sempre vissuto da privilegiata. Non so ancora cos'è, la fame- dovevo venire qui, per scoprirlo? -Mi mancate tanto- concluse in un bisbiglio, pericolosamente flebile. Sperando quasi che arrivasse solo a loro, a miglia di distanza, senza che Caesar e nessun altro sentisse. 
Era così bella l'aria che respiravo al distretto. Il profumo di cannella nei capelli di sua madre, l'allegro litigare di Nathan con Rina per il miglior posto dove piazzare le trappole, il sapore dolce di un bacio nella neve.
Diana intrecciò le mani in grembo, nella speranza che smettessero di tremare. 
-E a parte loro, c'è qualcuno che aspetta il tuo ritorno?-
Caesar di certo non aiutava. -Rina, un'amica di mia madre- nonché cacciatrice di frodo... -e suo figlio Nathan-
Nonostante tutto, riuscì a sorridere. -Se tornerò...-
-Una storia d'amore? Ti prego, dimmi che è una storia d'amore!-
Diana prese un respiro profondo, poi guardò la telecamera senza più vacillare. -Tornerò, perchè un solo bacio è stato troppo poco-
-Ah, finalmente!- Caesar fece il sorriso più largo di tutta la serata. -Ti ha dato un portafortuna romantico?-
Diana aprì il medaglione a stella e ne estrasse un rettangolino di carta. -No, me l'ha dato sua madre.-
Caesar guardò la foto di Nathan che gli offriva, poi la sollevò per le telecamere. -Hai ottimo gusto, ragazza- si complimentò. -Continua a raccontare. Cosa ti ha detto prima che te ne andassi?-
-Che sono abbastanza forte- e il suo tono deciso sembrò confermarlo. -E io gli credo-
Segnale acustico. Davvero gli credo? Ero forte quando ero vicina a lui.
Non si trattava più di conigli o cervi. Per quello lo era di certo. Ma il sangue non è sempre lo stesso? Mentre si risiedeva al suo posto, provò a pensare come sarebbe stato tornare e incontrare gli occhi di Nathan. Cosa vi avrebbe letto dentro. E per la prima volta in vita sua, quell'immagine le fece correre un interminabile brivido di paura lungo la schiena.

Liam scoccò al pubblico un sorriso affascinante. Sperare negli sponsor era inutile, ma non era solo a quello che puntava.
-Dulcis in fundo, eccoti qui.- disse Caesar. -Ti sei annoiato, in tutto questo tempo?-
-Tutt'altro. Sono state interviste davvero interessanti-
-Su questo concordo anche io. Tributi stancanti, però- si asciugò il sudore dalla fronte, poi riattizzò il sorriso. -Cosa ci dici del tuo sette in addestramento?-
Liam si stravaccò per bene sulla poltroncina. -In questi giorni ho scoperto un certo amore per le lance-
-Dato che l'ultima volta sono stato fortunato... C'è qualcun'altra per cui nutri amore?-
Mia madre, che è impazzita per colpa mia. -Diciamo di...- lunga pausa -...e se vi lasciassi nel dubbio?-
Caesar ridacchiò. -Non ti preoccupare, abbiamo già capito la risposta. Ragazza, chiunque tu sia, sei davvero fortunata-
Liam fece l'occhiolino alla telecamera. Sì, cara tizia inesistente, sei fortunata ad avere un fidanzato pronto per essere scaraventato nell'arena.
-Vuoi parlarci anche tu della tua famiglia?- continuò il presentatore.
Oh, giuro, non vedevo l'ora. -Mio padre fa il macellaio, mia madre la sarta. Avevo un fratello- troppa sincerità. Cosa mi è preso?
-Avevi?- mormorò Caesar. Forse era colpa dell'arena imminente, ma quella volta Liam non provò niente: nessuna fitta di dolore, nessun senso di colpa. -Sì. Giocava d'azzardo con i Pacificatori, e ha riempito la famiglia di debiti. Poi la sua fidanzata è morta negli Hunger Games e lui si è ucciso-
Caesar lo guardò un po' sorpreso, forse per il tono piatto e sbrigativo con cui aveva parlato. -È veramente una triste storia. E il debito, c'è ancora?-
-Il padre della fidanzata morta era sindaco del distretto, l'ha pagato per noi. Caesar, dovresti cambiare argomento o diventerà un'intervista deprimente.-
-Detto, fatto!- il presentatore sfoderò un secondo, nuovo sorriso. -Che idea hai dei tributi della vostra alleanza?-
-L'intervista di Ester è stata memorabile: tanto per rovinarle la scena, ha un pollice di plastica finto dove scompare il fazzoletto. Amber è abbastanza bella e gentile da provvedere agli sponsor da qui all'eternità. Momo è la dodicenne più strana che abbia mai visto e non può che starmi simpatica. Alex e Ronnie... Forse è meglio se non ne parlo-
-Forse sì- approvò Caesar, sorridendo sconsolato a Ester sugli spalti. -Un'ultima domanda: credi di poter vincere quest'Edizione?-
Io devo vincere, perchè non posso togliere a mio padre anche l'ultimo figlio, e a mia madre l'unica misera àncora per sfuggire alla follia. Ma non è cosa che posso dire davanti a Ronnie.
Si limitò a un banale -Secondo te, Caesar?- nello stesso istante in cui suonò la campana.
-Tempismo perfetto, non c'è che dire- commentò l'uomo.
Liam guardò i capitolini mentre applaudivano, tra volti stirati fino all'inverosimile e sguardi sfavillanti di pura estasi. Guardò i ventitré ragazzi pronti a morire, che quella sera avevano fatto di tutto per intrattenerli.
Avete ridicolizzato anche la morte. È un crimine molto peggiore che uccidere, e un'impresa molto più difficile del ridurre dodici distretti in schiavitù.
Senza alcun motivo, Liam provò un'irresistibile voglia di mettersi a ridere.
Tanto, ai morti non interessava.




 
f


Note dell'autore che sta per essere lapidato:
Chi non ha mai fatto due ritardi consecutivi di quaranta giorni scagli la prima pietra.


Qualcosa mi dice che stavolta avrò meno fortuna, eh?
Prima rispondo alla domanda che tutti avrete in testa: che senso ha una farfallina di fine capitolo? Non ne ha. Fa simpatia.
Seconda risposta alla seconda domanda che tutti avrete in testa: sì, vanno di moda le carote a Capitol City.
Gente, ho pianificato il bagno di sangue. Mappetta del luogo, mosse dei tributi, colpi di cannone. Sono emotivamente instabile, perchè io mi ero affezionata tantissimo ai miei piccoli. Ora capisco perchè è molto meglio usare il narratore onnisciente: perdere punti di vista è straziante.
E anche esaltante.
Soprattutto esaltante.
Va bene, sto perdendo il filo del discorso. Terza domanda del pubblico: come deciderò le morti?
Attenzione, consiglio di bersi un caffé prima di cominciare a leggere. Allora, allora: ho piazzato le pedane, e estratto a sorte per le posizioni dei tributi. Ho seminato armi e zainetti casualmente in giro.
Ho i caratteri dei tributi e quindi le scelte che tenderanno a fare. Ho l'arena e i provvedimenti che tenderanno a muovere gli strateghi. Ho la caratterizzazione del Primo Stratega.
Ho i vostri sponsor, che spiegherò come mandare nel prossimo capitolo perchè già queste note sono lunghe. Ho una splendida monetina da lanciare per quando sono indecisa (e l'ho già fatto al Bagno di Sangue.)
Non mi resta che intrecciare il tutto e vedere cosa ne esce fuori. Certo, alcune scelte non dipenderanno solo dai tributi e sarò costretta a farle io. Quindi qualcosa di mio ci sarà, nel caso non abbia dadi e monetine a portata di mano; poco, però.
Perchè? Perchè odio forzature e deus ex machina, in misura eccessiva rovinano completamente il fascino della storia. Non farò innamorare quello e caio se il racconto mi porterà da tutt'altra parte, come non aiuterò l'alleanza di Ronnie a uscire viva dal Bagno di Sangue, come non salverò quello e quell'altro perchè è un personaggio bellissimo.
Potrà venir fuori qualcosa di poco commovente e emozionante, direte voi, rispetto alle situazioni che potrei creare se ci mettessi la mano. Però, io sono convinta che il crudo realismo -pur non privo imprevisti- del nostro mondo sia molto più ricco di emozioni di qualche deux ex machina.
Perciò non adatterò ciò che succede al romanzo, ma il romanzo a ciò che succede. Anche i messaggi che voglio comunicarvi, sempre che ci riesca.
Dovete tremare se qualcuno è in pericolo, non crogiolarvi nella sicurezza di niente. E i vostri sponsor avranno massima importanza, di sicuro cambieranno la storia, perchè la storia, appunto, non esiste.

Discorso sulle morti concluso, mi complimento con voi perchè siete ancora svegli.
Prima che me ne dimentichi, i voti dei tributi!

DISTRETTO 1
Swyd: 10
Gehenna: 7

DISTRETTO 2
Samuel: 11
Scarlett: 10

DISTRETTO 3
Harvey: 7
Alyson: 2

DISTRETTO 4
Stephen: 9
Coral: 6
DISTRETTO 5
Arcturus: 5
Hazel: 4

DISTRETTO 6
Xen: 6
Momo: 8

DISTRETTO 7
Alek: 10
Abigail Jamie: 8

DISTRETTO 8
Clyph: 4
Amber: 5

DISTRETTO 9
Alex: 7
Sapphire: 7

DISTRETTO 10
Nathaniel: 6
Amina: 8

DISTRETTO 11
Ronnie: 9
Ester: 6

DISTRETTO 12
Liam: 7
Diana: 7


Le note in verità sono finite qui: se invece vi va di annoiarvi ancora un altro po', o se volete immaginarvi quale morte violenta aspetta il vostro tributo, ecco a voi le aaarmi!
Quelle che i tributi sanno usare meglio. Naturalmente non è un elenco di tutti i tributi, ma solo quelli che hanno mostrato all'addestramento abilità particolari. Alcune erano nelle schede, la maggior parte... No. Scusatemi.
Quindi ecco a voi il frutto della passione irrazionale (e contagiosa) di mio fratello (prendetevela con lui!) per le armi. A proposito, il realismo nei combattimenti è assicurato.

SAMUEL: una vedova per mano! E spadone a due mani.

 
SCARLETT: arma inventata da mio fratello, per cui niente immagine. Cioè, sì.
Il resto non l'ha mostrato.



Non vi preoccupate, non escono dalle mani!
 
ALEX: pugnale e... Kopis! Ma dico, quanto può essere... ricurvo... *-*

 
 
 
SAPPHIRE: Falce Dacica. Un metro e ottanta. Amore della mia vita.


 
ESTER: Kopesh. Un falcetto, ma con più classe.


LIAM: lancia con barbigli
(ha imparato all'addestramento, non è un fenomeno)


ALEK: Ascia a due mani. Sa usare anche asce da lancio,
ma fanno molto meno scena.

 
Tu, lettore coraggioso. Sappi che ti voglio bene, non volevo spaventarti.


 
  
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