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Autore: Alaska__    04/05/2014    3 recensioni
In revisione
{ Johanna Mason and Anya Ivanova - OC ♫ Distretto 7 ♫ 73esimi Hunger Games ♫ Spin-off di Hurricane of fire ♫ Accenni Johannick!friendship }
«Allora, io e Anya saremo una grande squadra», sentenziò Johanna, per poi levare i piedi dal tavolo e allungarsi un po' verso il suo tributo. «Ci divertiremo un mondo, Fiocco di Neve».
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johanna Mason, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sparks • Picking up the pieces. '
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Premessa: prima della lettura di questa shot si consiglia di leggere attentamente tutto ciò che segue. Johanna è ovviamente un personaggio di proprietà di Suzanne Collins, mentre Anya è un mio personaggio del Distretto 7. La trovate nella long Hurricane of fire. Era il tributo femmina del settimo distretto durante i settantatreesimi Hunger Games. Per sapere qualcosa in più su di lei, si consiglia la lettura di Things we lost in the fire, una one-shot facente parte della raccolta Di amori, amicizie e altri affetti, e di Numbers, storia incentrata sul fratellino di Anya, Yasha. 
Questa storia è divisa in cinque parti: le prime quattro ambientate durante i settantatreesimi Hunger Games, dalla Mietitura fino alla morte di Anya. L'ultima parte è ambientata durante il Tour della Vittoria.
Buona lettura. ~



 

Un singolo fiocco di neve può piegare una foglia di bambù.
-
Proverbio cinese 


Si appoggiò comodamente allo schienale della sedia, accavallando le gambe. Lo strappo che aveva sui jeans – ormai logori, dopo anni che li indossava – si allargò ancora di più, mettendo in bella mostra il suo ginocchio destro.
Johanna ridacchiò sotto i baffi, all'idea della sua ormai ex-stilista che le urlava improperi per il suo abbigliamento non molto appropriato, come amava definirlo. Per lei appropriato significava vestito da cerimonia. A Johanna non importava di vestirsi bene. Era la Mietitura, quella, non una festa qualsiasi. Osservò la distesa di ragazzini sotto il palco, mentre il sindaco continuava a parlare. Erano tanti, tutti in fila, tutti spaventati. Johanna poteva leggere il loro terrore sui volti che cercavano un viso familiare, sulle mani delle ragazzine che si stringevano le une alle altre per farsi forza. Percepiva il terrore di chi si voltava verso le ultime file, alla ricerca dei propri parenti.
La vincitrice guardò tutte le ragazzine, una ad una, chiedendosi a chi avrebbe dovuto fare da mentore, quell'anno. Era ormai la seconda edizione in cui lei svolgeva quel ruolo. L'anno prima aveva avuto poca fortuna, considerato che il suo tributo era morto nel Bagno di Sangue. Non si sarebbe aspettata di rimanerci così male: vedendo quella poveretta sgozzata da una spada, aveva iniziato a tremare e si era dovuta rinchiudere nella sua stanza al settimo piano della torre degli alloggi di Capitol City, il tutto pur di non sentire le magre consolazioni di Blight.
Forse si era sentita così male perché quella ragazzina le aveva ricordato tutti i suoi famigliari, persone che lei non era riuscita a salvare.
Abbassò un istante lo sguardo, fissando le sue scarpe da ginnastica mezze distrutte. Avrebbe potuto comprarne un paio nuove, d'altronde, lei i soldi li aveva. Eppure, non li aveva mai sfruttati. Non voleva diventare una capitolina. Anche se aveva vinto gli Hunger Games, lei rimaneva sempre Johanna Mason, ragazza del Distretto 7. Non si sarebbe mai unita a loro.
Sentì a malapena il piccolo applauso proveniente dalla folla, quando il sindaco terminò di parlare e Jane, l'accompagnatrice, si dirigeva verso il microfono.
«Felici Hunger Games!», trillò la capitolina, e il suo accento tipico della città irritò non poco Johanna. «E possa la buona sorte sempre essere a vostro favore!»
“Ma quale buona sorte?”, pensò Johanna, alzando di nuovo lo sguardo. “Nessuno è fortunato, qui. Anche a vincere gli Hunger Games, nessuno lo sarà mai. Chi vive a Panem non può esserlo”.
Jane si avvicinò all'ampolla con i nomi delle giovani abitanti del distretto dei falegnami. Infilò una mano all'interno, affondandola tra le migliaia di bigliettini, per poi tirarne fuori solo uno, perfettamente piegato a metà.
Johanna abbassò ancora lo sguardo, prendendo un bel respiro. C'era stata lei due anni fa, al posto di quelle ragazze. Solo che lei era riuscita a tornare a casa, mentre il futuro di quelle poverette era incerto.
Nella piazza non volava una mosca. C'era un silenzio anche fin troppo opprimente. L'unico rumore era prodotto dalla cascata della diga nord, quella più vicina alla città. Mai come in quel momento, Johanna desiderò essere parte dell'acqua o un albero. Qualunque cosa non provasse emozioni sarebbe andato bene.
«Anya Ivanova!», strillò Jane. Johanna alzò lo sguardo per la seconda volta, per guardare chi fosse il nuovo tributo. Da una delle file più vicine al palco, una ragazzina si incamminò. La prima cosa che colpì la vincitrice dei sessantunesimi Hunger Games furono i capelli di Anya: erano bianchi, come la neve che ogni inverno copriva i boschi del distretto. Li teneva legati in una lunga treccia, che portava appoggiata su una spalla. Non sembrava molto ricca, a giudicare dalla magrezza delle sue braccia. Però a Johanna fece una buona prima impressione. Forse erano i suoi capelli, così bianchi, che le ricordavano i giochi che faceva da bambina quando nevicava. Forse era il suo viso che non tradiva lo spavento del momento. Anya avanzò verso il palco a testa alta, senza badare a chi le stava intorno.
In lontananza, Johanna scorse un bambino. Avrà avuto circa dieci anni. I suoi capelli erano bianchi, come quelli di Anya. Probabilmente, quel piccolo era suo fratello.
Un uomo posò una mano sulla spalla del bambino, facendolo arretrare verso la folla dei parenti e mormorandogli qualcosa nell'orecchio.
Nel frattempo, Anya era salita sul palco. Johanna la studiò per un attimo, mentre Jane chiamava il nome di Thilo Poe, il tributo maschio. La ragazza stava ritta in piedi, senza tradire nessuna emozione. Il suo sguardo era perso verso l'orizzonte – probabilmente verso il bambino con i capelli bianchi.
A Johanna piacque quella ragazza. Improvvisamente, capì che la voleva come tributo.

 

***

I due nuovi tributi si sedettero sul divanetto verde – di quel colore per ricordare il verde delle foglie degli alberi, che regnavano sovrani al Distretto 7. Tentavano di nascondere la loro agitazione, ma Johanna poté percepirla. Anya aveva gli occhi leggermente lucidi – segno che la sua corazza con cui si era difesa alla Mietitura era crollata, lasciando spazio ai suoi veri sentimenti. Il ragazzo appariva abbastanza nervoso, come si intuiva dalla sua mascella serrata.

Blight li accolse con un sorriso amichevole, ma non molto felice, mentre Johanna rimase ferma, con i piedi appoggiati sul tavolino. Jane le lanciò uno sguardo di disapprovazione, ma la giovane vincitrice non accennò a muoversi.
«Anya e Thilo, giusto?», chiese l'uomo. «Io sono Blight e lei è Johanna, benvenuti!», continuò, indicando la sua collega con una mano. I due mormorarono un «grazie». Anya scrutava Johanna con i suoi grandi occhi azzurri e la vincitrice la fissò di rimando, finché la giovano non abbassò lo sguardo, fissando intensamente il suo abito azzurro.
«Niente convenevoli, Blight», esordì Johanna dopo un istante, vedendo che il suo collega non si decideva a dirle come si sarebbero spartiti i tributi. «Dimmi come ce li spartiamo».
L'altro mentore sbuffò, lanciandole un'occhiataccia. Di solito andavano abbastanza d'accordo, ma Johanna sapeva che Blight non amava il suo caratteraccio.
«A te l'onore della scelta», sospirò l'uomo, abbandonandosi sul divanetto a braccia conserte.
«Voglio la ragazza. L'anno scorso non ho avuto fortuna, magari quest'anno mi andrà meglio», disse decisa, facendo un sorriso ad Anya. La ragazza ricambiò, timidamente.
«Io allora sto con Thilo», annunciò Blight. Il ragazzo alzò la testa e annuì, con aria convinta.
«Allora, io e Anya saremo una grande squadra», sentenziò Johanna, per poi levare i piedi dal tavolo e allungarsi un po' verso il suo tributo. «Ci divertiremo un mondo, Fiocco di Neve».

 

***

Si alzò dal letto, non riuscendo a chiudere occhio. Aveva provato e riprovato ad addormentarsi, ma l'idea che l'indomani sarebbero iniziati gli Hunger Games le metteva una certa ansia addosso – anche se non l'avrebbe mai ammesso.
Riusciva solo a pensare ad Anya e a come si sarebbe comportata il giorno dopo. Di sicuro, durante l'intervista aveva fatto colpo. La storia di una ragazzina che a soli quattordici anni aveva dovuto prostituirsi per salvare il fratellino e la nonna non era passata inosservata.
Johanna sospirò, incamminandosi fuori dalla sua stanza. Per sua fortuna, era buio e nessuno avrebbe dato in escandescenze per la sua mise: canottiera lunga, che arrivava a coprirle il sedere, visto che non indossava pantaloni.
Fece per andare a sedersi su un divanetto dove si trovava la televisione, ma una figura che stava in piedi sul balcone la distrasse. Fece un sorrisino, riconoscendo quella massa di capelli bianchi.
«Sei pensierosa, Fiocco di Neve?», chiese, mentre si avvicinava. Anya sobbalzò. Si voltò verso di lei. Johanna si avvicinò alla ringhiera e vi si appoggiò, osservando la distesa di luci e colori che era Capitol City a quell'ora della notte. Nessuno dormiva, nella Capitale. Erano tutti eccitati per l'inizio degli Hunger Games e ancora in fibrillazione dopo le interviste.
Johanna sentiva che quell'edizione sarebbe stata diversa. Forse non avrebbe portato ad una rivolta, ma di sicuro avrebbe portato i ribelli un po' più avanti con il loro piano. Finnick le aveva accennato qualcosa riguardo la fuga di un senza-voce dal loro appartamento, un senza-voce che era anche il padre della ragazzina del suo distretto. Non aveva potuto dirle di più, perché il rischio che li sentissero era alto.
«Abbastanza», rispose Anya in un sussurro.
«Sei stata brava stasera», si complimentò la mentore, e lo pensava davvero. Anya era riuscita a raccontare la sua storia senza risultare banale, senza risultare falsa o lamentosa. Aveva dimostrato fierezza e un certo orgoglio, accompagnati ad una buona dose di coraggio.
«Potresti farcela», aggiunse. Johanna sapeva che dirlo era pericoloso, perché solo uno tornava a casa. Ma Anya ce la poteva fare. Aveva stregato i cittadini, maneggiava discretamente un'ascia – il suo sette in addestramento non era stato niente male – e inoltre era abbastanza forte da non arrendersi mai.
«Non penso», ribatté la giovane, scrollando la testa. Johanna strinse le labbra in un'espressione di disappunto. Se partiva così, era ovvio che non ce l'avrebbe fatta. Le tirò uno scappellotto sulla testa, facendo scappare un gemito ad Anya.
«Se parti così, sei messa male, Fiocco di Neve. Capitol City è ai tuoi piedi. Sai maneggiare un'arma. Chissenefrega se vieni da un distretto povero!», esclamò. «Davvero, Anya, io credo in te», aggiunse, con tono di voce più basso. La giovane le sorrise, un po' imbarazzata e con la mano ancora a tenere dove Johanna l'aveva colpita.
«Grazie», mormorò.
«E grazie di che? È il dovere di un mentore credere nel proprio tributo».
Prese una ciocca dei capelli di Anya tre le dita. Erano lisci e morbidi al tatto. Era soprattutto il colore a piacerle. Bianco, bianco come la neve, simbolo di purezza. Johanna pensò che fosse un po' un controsenso, quello. Anya aveva i capelli puri, ma – fisicamente parlando – non lo era più dall'età di quattordici anni. Eppure, qualcosa in lei manifestava ancora quell'antica purezza. E non erano i suoi candidi capelli. Anya aveva qualcosa nell'animo che la rendeva ancora pura, bianca.
Era quella la sua qualità più bella ed era per quello che Johanna l'apprezzava.

 

***

«Avanti, reagisci!», disse Johanna, aggrappandosi al bracciolo del divano. Nel mezzo del Centro di Addestramento di Capitol City, era allestito un grande maxischermo per tutti i mentori e coloro che scommettevano.
Finnick le lanciò un'occhiata preoccupata. Johanna fece lo stesso, stringendo forte una mano del ragazzo. Non aveva nulla e nessuno a cui aggrapparsi. Lui era lì, vivo, accogliente. Sentiva la necessità di stringersi a qualcuno e Finnick era perfetto.
Anya stava combattendo contro la ragazza del Distretto 2. La sua ascia cozzava contro la spada dell'altra e riusciva a difendersi bene, ma si vedeva lontano un miglio che era svantaggiata. L'altra era addestrata. Anya maneggiava l'ascia in modo impreciso.
Poco lontano, Johanna notò Enobaria – la mentore della ragazza del Due – che osservava la scena con i suoi orribili denti a punta scoperti in un sorriso trionfante. La vincitrice del Distretto 7 strinse ancora più forte la mano di Finnick, per impedirsi di correre da Enobaria e tirarle un pugno.
«Avanti, Anya», sussurrò, con gli occhi fissi sullo schermo. «Combatti, cazzo».
Accadde tutto tanto velocemente che Johanna non se ne rese conto. Vide solo una macchia rossa, un po' di lava, che andava a prendere Anya proprio all'altezza della spalla. La vide bloccarsi, con l'ascia ancora in mano. Infine, vide la spada dell'avversaria che la trafiggeva da parte a parte e il corpo di Anya che cadeva a terra, mentre la lava fuoriusciva dal vulcano.
Un colpo di cannone sparò e Johanna non poté far altro che andarsene.

 

***

La neve cadeva fitta, bianca, coprendo i boschi del Distretto 7 con il suo candido manto. Johanna allargò le dita, lasciando che qualche fiocco di neve le cadesse sul palmo.
Ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di uscire, stringendo la mano a pugno.
Tutta quella neve le ricordava Anya. Era circondata da tanti fiocchi di neve, come se la ragazza non l'avesse abbandonata, ma fosse ancora lì con lei. Sembrava una strana coincidenza quella nevicata, avvenuta proprio il giorno del Tour della Vittoria. Anya sarebbe stata ancora presente al Distretto 7, quel giorno. Tutti l'avrebbero ricordata, avrebbero ricordato il suo coraggio.
La giovane donna si avvicinò alla casetta. Bussò alla porta, che recava scritto il nome Ivanov. Si aprì subito e un bambino fece la sua comparsa.
«Ciao!», la salutò allegramente.
«Ehilà, Ivanov!», rispose Johanna, cercando di risultare allegra. Solitamente, lei non sarebbe andata così a casa di una persona. Ma in quel momento doveva farlo. Per Anya, perché lei non avrebbe più potuto proteggere Yasha, il suo fratellino.
Dopo il bimbo, arrivò anche un'anziana signora: la nonna dei due fratelli Ivanov. La salute della signora era peggiorata dopo la morte dell'amata nipote e il piccolo Yasha doveva prendersi cura di lei da solo. Fortunatamente, c'era una vicina di casa ad aiutarlo.
«Andiamo, il Tour della Vittoria inizia tra poco», disse Johanna. Yasha trotterellò fuori di casa, tenendo aperta la porta per sua nonna.
«Quanta neve», esclamò, alzando gli occhi al cielo. «È Anya!»
«Cosa dici?», chiese Johanna, stupita da quell'ultima esclamazione. Yasha le sorrise.
«È stata Anya a mandare la neve. È bianca, bianca come i suoi capelli».
Fu in quel momento che Johanna sentì il suo cuore sciogliersi come neve al sole e non poté far altro che abbracciare Yasha, circondata da tutti quei fiocchi di neve.



Paola's corner

Sono consapevole che questa storia faccia schifo. Oh, insomma, temo di aver reso Johanna OOC. Però ci tenevo a scriverla perché io tengo moltissimo ad Anya - mio personaggio - e anche a Johanna. Volevo approfondire un po' il loro rapporto. Io credo che Jo, nonostante la sua corazza da dura, sia una donna davvero in gamba e credo che sia capace di affezionarsi alla gente, anche se non lo dimostra. 
Ho paura di averla resa OOC soprattutto nell'ultima parte con Yasha. Però, quella scena mi ispirava. Non so, ho sempre immaginato che lei avesse un fratello o una sorella più piccoli. Ce la vedo bene nel ruolo della sorella primogenita che sclera dietro ai fratellini :3
Comunque, Anya è un personaggio della long Hurricane of fire. Penso si sia capito dal testo, però ve lo spiego comunque, in caso qualcuno non l'abbia intuito. Anya era una prostituta. Ha iniziato a vendere il proprio corpo intorno ai quattordici anni perché sua nonna era malata e non poteva più lavorare, inoltre, Yasha era appena un bambino di sette anni. Sì, sono orfani di entrambi i genitori, morti dopo la rottura di una diga. 
L'idea di inserire Finnick mi è venuta all'improvviso. In realtà, se io non lo inserisco in almeno una storia non sono contenta. No, non lo shippo con Johanna. Come bromance, sì, ma non come fidanzati. 
Alla frase iniziale ho attribuito un significato speciale, ma non vi annoierò spiegandovelo. 
Comunque, in caso qualcuno sia passato qui e non abbia letto HOF e magari si è incuriosito [ ma quando mai ] e vuole sapere chi ha vinto, sappiate che ha trionfato la ragazza del Distretto 4. In Hurricane of fire, almeno, perché adesso sto scrivendo una what if...? dal titolo provvisorio Drizzle and Hurricane su cui non vi anticipo niente. Chi mi segue anche su facebook, però, lo sa già e già forse mi odia :3 
Spero abbiate apprezzato questa shot!
Tante gocciole a voi,
Paola. 

Se amate scrivere fanfiction su Hunger Games, siete invitati ad entrare nel gruppo The Capitol.
   
 
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