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Autore: DezoPenguin    05/05/2014    1 recensioni
Elementary My Dear Natsuki parte terza. Sembrava un caso semplice, non c'era dubbio su chi avesse ucciso quel facoltoso uomo d'affari. Eppure Shizuru si ritrova attirata in una ragnatela di morte, manipolazione e vendetta, mentre cerca di scoprire la verità.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka Suzushiro, Natsuki Kuga, Shizuru Fujino, Yukino Kikukawa
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementary My Dear Natsuki'
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Acque profonde, Natsuki-capitolo 6

Riprende la narrazione di Natsuki Kuga

Mangiai davvero un sandwich, roast beef su pane appena sfornato con tanta maionese. Da una parte, mi dava un valido alibi nel caso Shizuru avesse chiesto cosa avessi fatto, dall'altra, beh, aveva ragione. Diventavo irritabile…più irritabile?... quando saltavo i pasti. Ma, per quanto mi fossi goduta il cibo, avevo mangiato in fretta e mi ero mossa ancora più in fretta, perché volevo una possibilità di scoprire tutto quello che potevo senza che Shizuru esaminasse quello che stavo facendo.

Era ironico. Prima, quando avevamo parlato con Trepoff, avevo desiderato che ci dicesse di più, presumendo che i gemelli e quello che rappresentavano fossero parte di quello che il russo ci stava tacendo. Ora che c'era una possibilità di farlo parlare, mi escludevo volontariamente dalla performance. Le cose erano cambiate; il libro mastro e le deduzioni di Shizuru rendevano probabile il fatto che l'omicidio fosse stato compiuto per amore, per vendicare Rena Searrs, e qualsiasi rivelazione Trepoff avrebbe potuto fare non avrebbe avuto nulla da offrirmi, non importava quanta luce avrebbe gettato sul caso.

Smith, invece, era un'altra storia, e anche se mi tormentava il fatto che la prima persona con una connessione a quei gemelli che ero riuscita a trovare  fosse morta, non volevo arrendermi. Se c'era una cosa che il mio rapporto con Shizuru mi aveva insegnato, era che il vecchio detto delle storie di pirati era completamente sbagliato: anche i morti raccontavano fatti. Naturalmente per lei parlavano con la stessa forza che avrebbero avuto se fossero stati vivi, mentre per me erano più sussurri sommessi, ma anche così...

Anche così, avrò le mie risposte.

Un buon posto per cominciare era lo studio privato di Smith. Nagi Dai Artai era un moccioso irritante, ma aveva avuto ragione: per la maggior parte, uomini d'affari e finanzieri tendevano a fare le cose in un certo, prevedibile modo. Era molto probabile che avesse uno studio che faceva da ufficio privato, tanto che trattasse gli affari a casa sua, e il fatto che fino a quel momento nessuno avesse menzionato un segretario mi diceva che si era occupato personalmente degli affari allo stesso modo in cui faceva a casa, da solo. Questo, inoltre, mi suggeriva che quello che faceva lì ad Odessa, al contrario di quello che faceva negli uffici della Searrs a Londra, era confinato interamente ad affari privati, non il genere di corrispondenza di routine che un segretario avrebbe aiutato a gestire.

Visto, Shizuru? Anch'io riesco a dedurre le cose.

Trovare lo studio non fu così facile, visto quant'era grande la casa, ma Odessa non era un incubo architettonico come lo era stata Warburton Grange. Avevo supposto che sarebbe stato al piano terra, probabilmente sul retro della casa, lontano dal rumore che poteva entrare dalle finestre che davano sul cortile principale, e ovviamente lontano dalle cucine e dalle stanze dela servitù. Avevo ragione; la stanza era dietro la seconda porta che aprii.

Era molto generica nei suoi arredi, tutta legno scuro e ottone lucido, con una grande scrivania da un lato, davanti ad una grande finestra, schedari lungo un muro, quadri che raffiguravano paesaggi marini sull'altro, e comode poltrone di cuoio rosso per gli ospiti che venivano per discutere di affari. Ignorai gli schedari—avevano indici accuratamente scritti che indicavano che erano organizzati in ordine alfabetico e dubitavo che avrei trovato qualcosa di incriminante del genere 'Cospirazioni omicide' o 'Segreti'—e invece andai direttamente verso la scrivania. La aggirai, mettendomi sul lato dove normalmente si sarebbe seduto Smith, e cercai di pensare come Shizuru. Sapevo di avere poco tempo, e il modo in cui lei capiva le cose con un solo sguardo, e separava le cose significative da quelle che non le servivano, era esattamente quello di cui avevo bisogno.

La prima cosa che vidi era che ero nel posto giusto. La penna, il calamaio, e la carta assorbente mostravano segni d'uso. Controllai i cassetti e trovai una varietà di carte da lettere, tutte molto costose, alcune stampate con il nome della Fondazione Searrs ed altre no. C'era una rubrica che conteneva, ovviamente, degli indirizzi con delle linguette che li organizzavano in ordine alfabetico. La sfogliai, ma non c'era modo di capire cosa potesse essere importante o meno, a meno che—

Aspetta un attimo.

Tornai indietro, insicura se avessi visto quello che mi sembrava di aver visto, ma era così: Addleton, Professor Lewis, un indirizzo di St. John's Wood. Non c'era niente di insolito, eccetto il fatto che si trovava sotto la lettera O. Significava qualcosa? O forse Smith era in genere di uomo distratto che inseriva gli indirizzi senza organizzarli per bene? Esaminai il libro con maggiore attenzione. La sezione della A aveva solo nomi che cominciavano per A, la B solo nomi che cominciavano per B, e così via. Tutto in ordine. Tornai sulla O e trovai non uno, ma ben sei nomi che non avrebbero dovuto essere lì, sparpagliati a caso tra le pagine.

Perchè O? Chi sono queste persone, e perché sono classificate sotto la O?

Non c'era una risposta alla mia domanda, ma immaginai che quella stranezza doveva per forza voler dire qualcosa. Naturalmente, forse quel qualcosa non aveva niente a che fare con quello che mi interessava, visto il numero di affari in cui la Searrs era coinvolta, ma anche la possibilità di una traccia era un passo nella direzione giusta. Presi un pezzo di carta dalla scrivania e copiai i nomi e gli indirizzi di Marco Ricoletti, del professor Lewis Addleton, del barone Theophile Maupertuis, della signora Amelia Abernetty, di Duncan Crosby, e del maggiore Ross Wilson. Asciugai la carta, la piegai e la infilai nella mia borsetta, poi rimisi a posto la rubrica. Giusto in tempo, come scoprii.

"Allora, sembra che l'assistente della signorina Viola faccia molto più che seguirla in giro facendo battute taglienti."

Guardai il ragazzo dai capelli bianchi che si appoggiava alla porta con aria noncurante, una mano sulla maniglia.

"Volete qualcosa?"

Il sorriso pigro era tornato sulla faccia di Nagi. Apparentemente la sua momentanea irritazione nei miei confronti era passata, ed era tornato al suo atteggiamento canzonatorio. Non ne ero sopresa. Che fossero davvero intelligenti come pensavano oppure no, tipi come lui credevano di avere il completo controllo della situazione a meno che non si usasse violenza contro di loro.

"Nulla che non possa aspettare finchè non vi avrò vista in azione. Adoro i polizieschi, sapete. Raffles, Romney Pringle, Simon Carne, Arsene Lupin. Figure affascinanti."

"Vi rendete conto che tutti i personaggi che avete elencato sono criminali?"

"Santo cielo, avete ragione. Comunque, che si tratti di un ladro gentiluomo o di un detective privato dilettante, il principio è lo stesso, ottenere il successo tramite l'intelligenza sottolineando i fallimenti della forza di polizia ufficiale. Non è questo che sta facendo la nostra signorina Viola?"

"Shizuru non è vostra," sbottai.

"Come siamo suscettibili."

Non me la sentivo di cominciare una battaglia a parole con il Conte dai Artai. Uno dei motivi era che avrei perso senz’altro. Era come parlare con Shizuru, solo con l’aggiunta di tutta la petulanza che era propria di Nagi.

"Nel frattempo, devo tornare da lei. Oramai avrà ottenuto la versione completa della storia da Trepoff," dissi, marciando verso la porta.

"Davvero? Allora lo zio Sergay stava cavallerescamente tecendo delle informazioni alla polizia? Prosaico da parte sua."

Si strinse nelle spalle, con un'espressione divertita che pareva dire "cosa devo fare con lui?"

"Anche quando infrange la legge lo fa in modo tanto convenzionale. Suppongo che ci saranno perfino delle buone ragioni per cui l'ha fatto, includendo l'omicidio, che è fin troppo evidente."

Fu un errore, ma mi fermai quando lo raggiunsi.

"Pensavo non credeste che Trepoff fosse colpevole?"

"Certamente non credo sia colpevole di aver schiacciato un insetto in un impeto di rabbia per via di una disputa d'affari. Se avessero dovuto fare un duello, le loro armi sarebbero state dei libri mastri. Ma una qualche rispettabile motivazione romantica nella classica tradizione della letteratura, seguendo un sentiero stretto e difficoltoso, quello sarebbe più nel suo stile."

Nagi fece una risatina ironica.

"Gli…si addice."

"Avrei pensato che sareste stato più leale nei confronti dell'uomo che vi ha cresciuto."

Nagi tirò su col naso.

"Lo fate sembrare così…intimo, signorina Kuga. Cercate di ricordare che lo zio Sergay, nonostante io lo chiami così, è un dipendente pagato della famiglia Dai Artai. Mio padre avrà anche provato una qualche lealtà personale nei suoi confronti—infatti è per questo che è stato scelto per questo lavoro—ma ricordate che lui è semplicemente il mio tutore. Nulla, dopotutto, può sostituire un genitore."

Sapevo che sarebbe stato un errore. La sua frecciata, per quanto fosse accidentale, toccò un nervo scoperto, e sussultai. Nagi lo notò subito.

"Ah, ma forse mi capite, vero? Un nome giapponese ma fattezze miste, sì, mi capite molto bene. Si tratta di un padre sconosciuto o di una madre persa prematuramente che—urk!"

Si interruppe bruscamente con un ansimo strozzato quando la mia mano si chiuse sulla sua cravatta, soffocandolo, mentre lo spingevo con violenza contro il muro.

"Fai tacere quella lingua da vipera prima che qualcuno te la tagli!" gli urlai in faccia. Il suo sorriso presuntuoso però non svanì, e c'era qualcosa che splendeva nei suoi occhi, una specie di allegria sadica.

"Va bene, va bene!" sollevò le mani aperte. "Imploro una tregua, e non dirò mai più nulla su questa storia!"

Pensai davvero di strangolarlo e di nascondere il cadavere, ma quello che avrebbe potuto o meno essere buonsenso intervenne, e lo lasciai andare, facendo un passo indietro e fulminandolo con lo sguardo. Nagi si aggiustò la cravatta, rimettendo a posto la stoffa spiegazzata.

"Non c'è verso," decise. "Dovrò metterne un'altra. Ah, bè, l'aspetto sociale di questa festa è giù stato rovinato dalla polizia, quindi questo problema mi darà qualcosa da fare nel prossimo quarto d'ora."

Tacque, poi alzò lo sguardo affrontando la mia occhiata furiosa, qualcosa che non tutti avevano la forza di fare.

"Se fossi in voi cercherei di moderare questi scatti di rabbia, signorina Kuga. Un giorno potreste aver bisogno dell’aiuto di qualcuno, solo per scoprire che quel ponte l’avevate già bruciato.”

Non c'era nulla che potessi ribattere, così ringhiai e mi allontanai dal conte, oltrepassando lui e la porta dello studio, avviandomi lungo il corridoio. Ero stata un'idiota a fermarmi a parlare con lui. Nagi era come il riflesso speculare di Shizuru; entrambi potevano far significare le parole tutto o niente a loro piacere, stratificando indizi significativi che avrebbero potuto essere battute innocue o commenti casuali che rivelavano segreti nascosti, ma in lui la gentilezza di lei era sostituita dalla malizia. Dove Shizuru godeva nel prendere in giro, senza fare del male a parte qualche qualche colpo accidentale, Nagi si compiaceva della crudeltà, guardandomi mentre mi contorcevo come una farfalla inchiodata da un ago, ma ancora viva, lasciandomi ad agitarmi, incapace di individuare la cosa specifica che avrebbe potuto giustificare la mia rabbia ad un osservatore esterno. Ero stata due volte idiota per aver perso la calma e avergli dato il divertimento che voleva, e perché avevo contemporaneamente rivelato dei dettagli sul caso.

E non posso nemmeno scusarmi con Shizuru per quest'ultima parte, perché non posso dirle che stavo perquisendo lo studio di Smith.

Quella cosa mi disturbava più di tutte, perché stava cominciando a sembrare un tradimento, il modo in cui la "privacy" avesse oltrepassato quella linea sottile diventando "avere dei segreti." Stavo usando lei, e la sua indagine, e tutto a mio vantaggio.

Però pensai che, in certo senso, anche lei mi stesse usando. Armitage non aveva certo chiesto di me, e nemmeno avevo avuto un motivo specifico per venire ad Odessa, quando avevo deciso di farlo. Ero lì per Shizuru, perché me lo aveva chiesto. Non ero nemmeno sicura del perché le facesse piacere la mia compagnia durante le sue indagini; di tanto in tanto facevo qualche osservazione utile o contribuivo con qualche incombenza fisica, ma quelle cose erano irrilevanti. Qualsiasi cosa volesse da me, non era di natura professionale.

Per quel che ne sapevo, forse desiderava solo un pubblico per cui esibirsi, come un’attrice anelava che i suoi fan assistessero alle sue performance.

O forse voleva solo un’amica, qualcuno con cui poter condividere le proprie esperienze, qualcuno che le impedisse di annegare nel mare delle umane miserie con cui il suo lavoro continuava a metterla in contatto.

Ad ogni modo, il punto era che voleva qualcosa da me e non voleva dirmi cosa. Quindi questa combinazione era reciproca; dove la maggior parte degli amici si davano l'un l'altro quello di cui avevano bisogno, Shizuru stavamo ci stavamo dando dei vantaggi a vicenda, ma non sapevamo cosa stessimo dando!

E comunque a volte non potevo fare a meno di chiedermi se non ci fosse spazio per una maggiore intimità fra di noi, per delle confidenze, per una fiducia più profonda…

Ma non è possibile, pensai, almeno non finchè questa storia dell'omicidio di mia madre rimane irrisolta.

Qualcosa in me si ritrasse inorridita da quella eventualità. Era troppo intima, era una parte troppo profonda di me stessa perché fossi disposta ad esporla. E…non volevo che Shizuru entrasse in contatto con essa, con il gorgo di dolore e di perdita che mi aveva risucchiata fin dall'infanzia.

Mi chiesi, come a volte facevo, se lei non avesse sofferto una tragedia simile in passato. Dopotutto, cosa poteva aver portato una giovane donna di ascendenza giapponese e italiana a vivere a Londra, figuriamoci poi a crearsi la professione di consulente investigativa? Nagi aveva parlato di uno scandalo—intendeva i parenti di Shizuru? O qualcosa che riguardava Shizuru stessa?

Non importava. Se avesse desiderato che lo sapessi, me lo avrebbe detto, e se non lo avesse voluto, bè, aveva diritto ai suoi segreti come io avevo diritto ai miei. Almeno non mi comportavo da ipocrita in proposito.

Ritrovai la strada per la stanza di Trepoff. Shizuru era lì ad aspettarmi; non c'era segno degli altri.

"Ara, ora Natsuki è ben nutrita?"

"Ehi, alcuni di noi non possono vivere di solo tè."

Lei mi sorrise.

"Il tè stimola la mente e rinfresca l'anima, portando chiarezza di pensiero. L'atto di prepararlo, servirlo e berlo crea un'atmosfera di serenità e di calma nel caos della vita quotidiana. Il cibo dirotta l'energia del corpo dal cervello allo stomaco; cercare di pensare e di digerire contemporaneamente è come cercare di sostenere una conversazione mentre si ascolta musica, non si può prestare attenzione ad una cosa senza trascurare l'altra."

"Mentre non mangiare, d'altra parte, rende difficile pensare perché il cervello è costantemente distratto dal pensiero di aver fame," ribattei. "Quando ci siamo occupate del caso Gruner siete rimasta tre giorni senza mangiare e siete quasi svenuta mentre tentavate di spiegare a Kanzaki il perché della nostra presenza sulla scena del lancio del vetriolo."

"Ara, l’avevate notato?"

"Sì, l’ho notato, e se domattina saremo ancora incastrate qui, farete colazione a costo di minacciarvi con una pistola.”

Gli occhi di Shizuru ridevano.

"Ma Natsuki non ha portato un revolver, no?"

"Natsuki può seguire l’esempio di Trepoff e prenderne in prestito uno dall’armeria."

Si portò una mano al petto con un gesto teatrale.

"Allora sono costretta a sottomettermi, se Natsuki è tanto preoccupata per me da essere disposta a commettere furto, aggressione e minaccia armata in modo che io possa prendermi cura della mia salute. Riesco a malapena a immaginare che razza di moglie sareste."

Arrossii, com'era probabilmente inevitabile ogni volta che cominciavano le prese in giro.

"I-idiota! Prendersi cura di voi sarebbe già abbastanza impegnativo per chiunque!"

Mi aspettai una qualche battuta in risposta a quella frase, ma lei non continuò.

Probabilmente vuole riprendere a dedicarsi al caso, pensai, quasi pentendomi di quella discussione. Dopo i miei timori per il nostro rapporto, era stato bello essere di nuovo noi stesse.

"C-comunque, cosa vi ha detto Trepoff? Era quello che pensavate?"

Lei annuì.

"Come sospettavamo, ha ucciso Smith perché lui aveva, a propria volta, ucciso Rena Searrs per coprire le sue malversazioni. O, dovrei dire, che l'ha fatta uccidere, perchè molto probabilmente non è stato lui ad eseguire materialmente l'atto. Trepoff ha tenuto quest'informazione segreta per evitare di scatenare uno scandalo peggiore per la famiglia Searrs."

"O forse la stava tacendo per avere un bell'effetto drammatico quando l'avrebbe rivelata al processo," dissi cinicamente.

"In tal caso avrebbe conservato il libro mastro, per presentarlo come prova. La sua distruzione non è stata una messa in scena per dare alla storia maggiore impatto emotivo; il lavoro fatto era troppo completo e non abbastanza…artistico, per così dire, per ottenere quel risultato. No, il signor Trepoff pare esattamente quello che sembra, la copia di un gentiluomo di due secoli fa, con forte senso della cavalleria e dell'onore e un temperamento sanguigno a difenderli. In quell'epoca, avrebbe domandato soddisfazione a Smith invece di ucciderlo subito, ma al giorno d'oggi il duello è un'arte che ormai non viene praticata, a parte da studenti universitari tedeschi ansiosi di mostrare la loro abilità con la spada."

Non potei fare a meno di sbuffare.

"Ed è meglio così, dico io. Se hai intenzione di uccidere qualcuno allora uccidilo, non infiocchettare il tutto con una bella cerimonia dandogli la possibilità di ucciderti a sua volta. E se non vale la pena di ammazzarlo allora tutto quello che fa un duello è costringere la gente ad usare la violenza per vendicare insulti infantili, il che è semplicemente stupido. Non mi sorprende che siano stati gli uomini ad inventare questa cosa; non è altro che un inno alla vanità."

Ero assolutamente seria, ma Shizuru ridacchiò.

"Cosa c’è di così divertente?"

"L’opinione che Natsuki ha degli uomini."

"Penso che sia stupido quando trasformano delle cose importanti in una scusa per prendersi a testate come caproni in calore," brontolai "...maledizione, Shizuru, smettete di ridere!"

Quando riuscì a ricomporsi, mi disse cos'altro era successo durante la loro discussione con Trepoff. Capii la maggior parte dei dettagli finchè non arrivò alla fine. Fu in quel momento che mi perse.

"Non capisco dove vogliate arrivare, Shizuru. Ormai il caso non è chiuso? Trepoff ha ucciso Smith, ed ora sappiamo perché. Cos'altro resta da investigare?"

Il suo sorriso si allargò, illuminato da un amichevole divertimento.

"E Natsuki dice che io la prendo in giro."

"Non sto scherzando, Shizuru."

Un'espressione sorpresa—sincera, onesta sorpresa—si materializzò sul suo viso.

"Davvero non capite?"

"Um...no."

Di solito ero lieta di essere capace di sorprendere Shizuru; il suo intelletto e la sua percezione rendevano difficile coglierla di sorpresa, e anche quando ci riuscivo, lei aveva abbastanza autocontrollo per nasconderlo. Non ero così felice questa volta, però, considerato che l'avevo sopresa con la mia stupefacente stupidità.

Strinse le labbra.

"Natsuki, qualcosa non va?"

Non sapevo come rispondere. Non potevo dirle la verità—che la vita di Smith mi interessava più della sua morte. La mia solita risposta sarebbe stata, No, non c'è nulla che non vada; semplicemente non sono un genio come voi, tutto qui, ma Shizuru non meritava che le si rispondesse a quel modo—non quando qualcosa davvero non andava, e quella cosa mi aveva distratta e turbata.

Mi passai una mano fra i capelli e sospirai.

"Ho avuto una giornata lunga, va bene?" dissi, accorgendomi che era vero, e di quanto fossi stanca e nauseata da tutto quello che avevo provato mentre avevo percorso Baker Street prima che arrivasse il telegramma di Armitage. Era accaduto solo poche ore prima, ma sembrava un'eternità.

"Non vedevo l'ora di tornare a casa e godermi una delle cene preparate dalla signora Hudson, e invece sono immersa fino alle ginocchia in una delle vostre indagini. Non sono al mio meglio, ecco tutto. Quindi potreste spiegarmi perché questo caso non è chiuso?"

Mi guardò a lungo.

"Non ci avevo pensato," disse alla fine. "Kannin na, Natsuki; non ho nemmeno aspettato che diceste sì dopo avervi invitata ad accompagnarmi in questo caso."

"Non scusatevi; non mi avete nemmeno sentita dirvi di no, vero?"

"Ma vi ho deliberatamente taciuto dei dettagli per eccitare la vostra curiosità, per manipolarvi in modo che veniste con me, e non ho nemmeno pensato a come vi stavate sentendo."

"Sono una donna adulta, Shizuru, non una ragazzina. Se davvero non voglio fare qualcosa, non la faccio, non importa quanto possiate provocarmi, blandirmi o piagnucolare. Volevo accompagnarvi e, se possibile, aiutarvi. Tutto quello che chiedo è che se ci sono cose che dovrei conoscere, ditemele, perché a questo punto non sono sicura se riesco ad indovinare il mio stesso nome."

Shizuru ci riflettè sopra per un lungo momento, poi annuì.

"Molto bene, Natsuki, se davvero lo desiderate."

"Sì. Ditemi cosa sta succedendo, e vedremo se avrò bisogno di essere imbarazzata per essermi persa qualcosa di ovvio o se invece è la cosa che fate di solito, un concetto che diventa ovvio solo dopo che l'avete spiegato."

Si illuminò, rallegrata dal mio complimento indiretto.

"Si tratta semplicemente di questo: sappiamo perché Trepoff ha ucciso Smith, perché il libro mastro gli ha detto che Smith stava rubando dalla fondazione Searrs ed ha dedotto che l'altro aveva fatto uccidere Rena Searrs per nasconderlo. Se Trepoff sta dicendo la verità, Smith l'ha perfino ammesso sotto la minaccia di una pistola. Tutto questo è molto ordinato e conveniente, ma che dire di quel libro mastro? Da dove viene? Chi l'ha dato a Trepoff? Perché la persona che gliel'ha fatto avere non si è identificata? Era un complice dei crimini di Smith? O l'ha scoperto per caso? Perché è stato dato a Trepoff invece che alla polizia—perché incriminava la persona di cui era in possesso? O forse perché non voleva che la giustizia ufficiale fosse coinvolta? E, forse è la cosa più interessante, perché adesso? Perché non spedirlo a Trepoff? Perché darglielo mentre era in questa casa, sotto lo stesso tetto di Smith?"

Battei le palpebre a quel fiume di domande.

"Capisco quando dite che ci sono altre cose da scoprire. Avete degli indizi?"

Lei fece un cenno noncurante.

"Posso elaborare una mezza dozzina di spiegazioni che si accordano con i fatti, e ce ne sono molte altre che non sono da escludere a priori, ma non c'è modo di scegliere fra esse. Abbiamo bisogno di dati con cui formare le nostre teorie. Oh, sì, Natsuki, questa indagine di certo non è ancora finita."

  
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