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Autore: Larathia    05/05/2014    1 recensioni
Una versione più cupa di FF8, abbastanza vicina al canon, anche se non esattamente canon. Raccolta di oneshot leggibili comunque in ordine cronologico. Tensione sessuale irrisolta tra Squall e Zell.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Squall Leonheart, Un po' tutti, Zell Dincht
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
III. Sogni e promesse

C'era poco da dormire. Squall si era da tempo abituato alla realtà che sarebbero passati mesi, forse anni, prima che potesse dormire senza incubi. Anche se capiva che prima o poi sarebbe stato capace di dormire senza il rivivere notturno dei ricordi, quel momento non era ancora arrivato.

Nemmeno vicino, in realtà. Nemmeno vicino.

Aveva, dato che era il suo dovere di Comandante, fatto la sua parte per creare l'illusione che andasse tutto bene. Si era ritirato nella sua stanza come per dormire, era stato in un dormiveglia in cui poteva guidarlo la stanchezza, ed era almeno rimasto nella sua stanza fin dopo mezzanotte. Ma nelle ore buie, quando la parte attiva del Garden era ridotta a guardie e piloti, abbandonò la finzione del riposo e camminò nei corridoi silenziosi, troppo consapevole delle vite nelle sue mani e troppo consapevole del fallimento insito nella sua veglia.

Per prima cosa, Squall si diresse ai balconi esterni. Il Garden, volando sull'oceano sotto un cielo notturno sereno, forniva un panorama tanto riposante quanto si poteva immaginare. Ma le stelle ospitavano assassini e la luna si stava scurendo, il suo rosa pallido si era fatto più profondo nelle ultime settimane, la luce risplendeva sul vetro macchiato di sangue dell'oceano -

Stava diventando un'abitudine ritrarsi dai ricordi. Uscì dall'aria della notte e si diresse all'Infermeria. Non poteva continuare con la mente a pezzi e il sonno rubato un'ora qui, qualche minuto là. C'erano droghe che potevano occuparsi di qualsiasi malattia; avrebbe trovato qualcosa per curare la sua insonnia. I corridoi erano bui, monitorati tramite telecamere da guardie negli uffici che avevano il buon senso di non spargere voci, e l'Infermeria era piena del silenzio pesante di molte persone che dormivano. Troppi feriti nell'ultima battaglia, e ce ne sarebbero stati altri, fino a quando il Garden di Galbadia, posseduto, sarebbe stato sconfitto. Le loro ferite lo artigliavano, lo costringevano a mettere in dubbio ogni decisione di comando, riesaminare, determinare se aveva usato i loro talenti e le loro capacità con saggezza o con stupidità.

"Squall." Il sussurro, secco e roco, si diffuse nel silenzio. Deviò dal tragitto verso la farmacia. In pochi lo chiamavano ancora per nome.

Anche Zell era sveglio. Poca sorpresa. Squall distolse gli occhi dalle mani di Zell; la sistemazione delle ossa era stata scossa lungo il viaggio di ritorno, e le mani si erano rotte di nuovo più di una volta prima che chiunque altro se ne accorgesse. Aveva l'ordine di restare nell'Infermeria sotto osservazione fino alla guarigione delle ferite. Squall tenne la voce bassa, ma non sussurrò. "Sì?"

Non avrebbe dovuto essere possibile vedere i colori così chiaramente in una luce così tenue, lasciata per permettere allo staff di muoversi tra i vari letti di notte, ma gli occhi di Zell erano molto, molto blu. Si stava avvolgendo ancora una volta in Shiva, Squall lo sapeva. Non che gli facesse bene la metà di quanto avrebbe dovuto. "Anche tu?" Le parole erano dette con un abbandono di speranza, e dietro la maschera educata della sua espressione Squall si diede un calcio per aver pensato che Zell potesse dormire. Semmai, i suoi incubi dovevano essere peggiori di quelli di Squall.

Non aveva molto senso mentire. Squall annuì. "Sono venuto a prendere qualcosa per dormire."

La risata di Zell fu breve e amara. "Se trovi qualcosa di abbastanza forte, danne un po' anche a me, ok? Gli antidolorifici mi rendono difficile pensare."

Squall guardò le mani risistemate di Zell. "Quanto?" chiese lui.

"Due, tre settimane, ha detto la Kadowaki," fu la riluttante ammissione. "Squall... impazzirò qui dentro."

Un po' tardi per questo, fu l'affermazione privata di Squall. Ammise ciò che Zell rifiutava di ammettere; le persone che erano stati erano morte. Chi sarebbero diventati era l'unica cosa ancora da stabilire. "Ce ne andiamo appena Galbadia sarà stata abbattuta," disse. "Se lui non è qui, al comando." Il che era la personale convinzione di Squall. Edea non poteva possibilmente avere una tale conoscenza della tattica come si era visto nell'ultima battaglia. Seifer doveva essere lì, nell'altro Garden, al comando.

Zell spalancò la bocca. "Aspetta," sussurrò. "Aspettatemi, dannazione, me lo devi -"

Squall si sedette sul bordo del letto, facendo un cenno di diniego con la testa. "Non c'è tempo," disse indicando l'Infermeria, troppo piena. "Devo farlo uscire da quella dannata carcassa, se vogliamo avere anche solo una possibilità. Farlo uscire dal guscio e sconfiggerlo, o noi. Siamo. Morti. Non posso aspettare qualche settimana per te."

Le parole erano una semplice affermazione dell'ovvio. Non avrebbe dovuto esserci alcuna reazione tranne un accordo - forse riluttante. Ma Zell sembrò ritrarsi in se stesso nell'udirle, come se avessero infranto una qualche illusione che usava per costringersi a combattere. Non singhiozzò. Ma non singhiozzò, poteva intuire Squall, perché si stava costringendo a controllare il respiro. Sulle lacrime aveva meno controllo, e caddero liberamente e inosservate sulle lenzuola. "Devo andare," sussurrò - non a Squall, o per quanto potesse capire Squall, a nessuno in particolare. Solo per sentire il suono delle parole. "Non posso... dormire, non posso combattere... perché diavolo mi hai fatto uscire da là se non ti servo a niente?"

Perché ti amo. Le parole non sarebbero mai state dette adesso. Gli incubi che non facevano dormire nessuno dei due avevano trasformato ogni modifica delle parole in coltelli pieni di sarcasmo che miravano dritto al cuore. L'ultima - Hyne, fa' che sia l'ultima - vittoria di Seifer. "Per darti la tua possibilità," disse invece. "Se sarà ancora vivo quando sarai guarito, verrà e lo pesterai. Se arriverò io per primo a lui, ti darò la prova che me ne sarò occupato. In ogni caso, non è lui il vero nemico. È il suo pupazzo. Non la affronterò senza di te."

Sapeva che quelle parole non erano una promessa né leggera né semplice. Seifer lo aveva picchiato in ogni battaglia, fino a quel momento. Ma qualcosa era cambiato in Squall, incatenato alla croce elettrica della prigione, qualcosa era cambiato nel corso dell'eternità della tortura e della prigionia. Le regole erano cambiate. Aveva imparato - e il gioco era nuovo. Non avrebbe permesso che succedesse di nuovo. Qualunque fosse il costo, non sarebbe mai più successo. Squall liberò una mano dal guanto che oramai non si toglieva più, per quanto insopportabile era diventato il contatto umano, e mise il palmo sulla guancia bagnata di lacrime di Zell. Ammissione. Accettazione. E guardò chiudersi gli occhi blu.

Promesso. Zell non ebbe bisogno di chiedere; Squall non ebbe bisogno di confermare. E se a Squall sembrò che si girasse un coltello particolarmente contorto nel cuore - che non poteva toccare nessun altro, e Zell non poteva essere toccato da nessun altro, ed eppure non avere mai più di questo - non ne diede alcun segnale visibile. Ai sentimenti personali era concessa solo una certa libertà di movimento. Per quanto Zell fosse spezzato, era il migliore in quel che faceva. Le sue mani sarebbero guarite, e poi ci sarebbe stata la resa dei conti. Per adesso, le lacrime rallentarono ma non si fermarono, scivolando sulle dita di Squall mentre Zell si coricava di nuovo sul letto dell'Infermeria. Mani bendate e sistemate non potevano ricambiare una stretta, ma Zell voltò la testa verso la mano di Squall.

E Squall aspettò. Fino a quando le lacrime si asciugarono e il respiro rallentò in qualcosa di stabile e regolare, e poi tolse attentamente la mano e si alzò. Da qualche parte, nel profondo, qualcuno tremava alla sensazione bagnata sulla mano nuda. Qualcuno gridava - rabbia, dolore, probabilmente non importava. Terrore, possibilmente. Sapeva di essere cambiato rispetto a chi o cosa era stato una volta. Le ore della prigione era crude e vivide in ogni orripilante dettaglio, ed erano diventate una specie di divisore interno tra 'l'allora' e 'l'adesso'. Si chiese se chi era stato 'allora' avrebbe pianto, come aveva pianto Zell. Si chiese se aveva importanza.

Si rimise il guanto e controllò tra i farmaci se c'erano dei tranquillanti. Ne provò alcuni fino a quando ne trovò uno che funzionava, se ce ne fosse stato bisogno. Con le pillole strette nella mano guantata, controllò Zell prima di andarsene. Dormiva, abbastanza profondamente da non svegliarsi al suo avvicinarsi. O quello o Zell fingeva di dormire e non aveva voglia di dire altro. Il che andava bene. Squall tornò alla sua stanza e provò le pillole che aveva preso con sé.

Si svegliò, intontito e stanco, alle quattro circa del pomeriggio successivo. Con una sua certa sorpresa, Irvine e Quistis avevano fatto le sue veci nei problemi sul campo fino a quando si era svegliato. Fu uno shock piacevole fino a quando scoprì il perché.

Nel corso della notte Zell era scivolato nella catatonia(1), per cause sconosciute, ma Squall poteva immaginarle.

Da qualche parte, fuori dalla portata d'orecchio, qualcuno rideva. Da qualche altra parte, le urla erano di rabbia.

C'era una guerra da combattere e vincere. Squall sospirò, accettò il rapporto e andò avanti.

*

Note al testo
(1) catatonia: maggiori informazioni su questo stato alla pagina Wikipedia. Può essere utile per capire il resto della storia :)

*****
Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! Alessia Heartilly

   
 
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