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Autore: mirandas    05/05/2014    2 recensioni
"Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice!" (Estratto dal capitolo 2)
Chi, leggendo la Divina Commedia, non ha mai pensato che gli svenimenti del nostro amato fiorentino fossero leggermente fittizzi? Per Dante, Beatrice passa in secondo piano di fronte alla fascinosa guida, anche se ci vorrà un po' di tempo: esattamente la durata di un periglioso tour fra inferno, purgatorio e paradiso. Buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Un po' tutti, Virgilio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti e scusate per il ritardo, il periodo post vacanze di Pasqua è stato traumatico -.-" . Cooooomunque, siamo tornate alla carica con un nuovo canto che vi incasinerà il cervello e non in senso buono, ahimè. Le descrizioni delle metamorfosi presenti in questo canto erano così intrcate che ho dovuto copiarle dalla parafrasi del mio libro -.- La nota che ho lasciato fra parentesi è volontaria (per fare un dispetto ad I. xD). Se avete domande, consigli o critiche, scriveteci pure, non ci offendiamo...oddio, magari sì, non prometto nulla xD. Buona lettura a tutti!
 
Canto XXV
 
Dante
 
Ma…ma che antipatico! Ma che cosa gli ho fatto, adesso, per meritarmi una simile maledizione!? È mai possibile che quando non mi danno del cretino per essere qui mi debbano lanciare maledizioni o predizioni funeste? E guarda quanto ci sta godendo il pistoiese!
Incrociai lo sguardo del mio maestro, cercando un qualche sostegno, fosse anche un semplice sguardo di comprensione, ma questi scosse la testa e mi fece cenno di stare in silenzio: a quanto pare lo spettacolo non era ancora finito.
Infatti, l’anima, non sazia, mostrò il dito medio al soffitto. “Tiè Dio!” urlò.
Rimasi esterrefatto. Non solo aveva insultato ME, illustrissimo poeta laureato, aveva anche osato bestemmiare contro Dio!
Sono le anime come te che meritano, più di tutte, di stare qui.
Per una volta, l’Inferno stesso la pensava a modo mio. Le serpi attorno a noi, che fino a quel momento erano rimaste docili, sonnacchiose, come assopite, si risvegliarono di colpo.
Uno scatto improvviso.
Una al collo, l' altra alle braccia.
Legato e imbavagliato come un salame, il pistoiese era incapace di reagire ulteriormente. Solo un fischio acuto gli usciva dalla gola costretta nelle spire del rettile. Mi guardava con odio e rancore, misti ad una profonda disperazione.
Ahi Pistoia! Perché non si decideva una buona volta a sparire dalla faccia della Terra?! I suoi concittadini erano i peggiori che avessi mai incontrato! Così blasfemi e superbi! Nemmeno quell’idiota di Capaneo era riuscito a farmi arrabbiare così tanto! (Nota dell’autrice: per chi non si ricorda chi è Capaneo, andate a rivedere il canto XIV)
Mentre inveivo mentalmente contro Pistoia, Vanni se ne approfittò per fuggire a gambe levate, o almeno, levate quanto lo permettevano le serpi ancora avvinghiate ai suoi arti. Stavo proprio per lamentarmi del fatto con il mio maestro, che ancora non aveva avuto occasione di aprir bocca, quando sentii un rumore di zoccoli sulla roccia. Spostando lo sguardo vidi, senza neanche stupirmi più di tanto perché ormai avevo visto veramente di tutto, sopraggiungere un centauro. Ma mano a mano che la creatura si avvicinava, notavo che era coperta di serpi, sulla sua groppa, più della Maremma. Dietro la nuca, con gli artigli conficcati nelle sue spalle, stava un piccolo drago con le ali aperte, che ogni tanto starnutiva una fiammella dalle fauci. Ecco, forse devo ammettere che a questo punto un po’ di strizza mi era venuta.
“Dov’è quell’empio!?” Urlò il centauro, imponente e terribile.
A quel punto, il mio maestro ruppe il silenzio: “Dante, costui spesso si lordò le mani di sangue sul colle Aventino, e rubò dalla mandria di Ercole quattro buoi e quattro giovenche. E' per questo che ora si trova qui, nella bolgia dei ladri, a differenza dei suoi fratelli, che abbiamo già incontrato sulla riva del Flegetonte, a guardia degli assassini. Ercole, incazzato nero, lo ammazzò a clavate. E continuò a randellarlo anche quando ormai era morto stecchito.”
“Accidenti, maestro!” era inutile, potevo autoconvincermi del contrario quanto volevo, ma ogni volta che avevo paura Virgilio riusciva a rassicurarmi anche solo parlando di gente che spappola crani altrui. “Quante cose sai! Ma dimmi, come si chiama questo centauro?” Mi ero infatti sorpreso quando Viriglio non aveva cominciato la sua spiegazione dandomi il nome della creatura. Che ci fosse qualcosa sotto?
La mia guida stava cercando di trattenere un ghigno. “Va bene, te lo dico. Ma niente battute. Ti assicuro che quel drago che ha sulle spalle sputa fuoco veramente, e l'ultima cosa che tu vuoi vedere è un centauro imbestialito.”
“Promesso.” Giurai solennemente. In fondo, quale nome poteva avere per fare così ridere?
Sicuramente sarà un gioco di parole complicato, in cui ci saranno chiari riferimenti alla mitologia latina e greca. Il mio maestro non ride di certo per una stupidaggine qualsiasi...
“Si chiama…Caco.”

“…non mi fa ridere, maestro.”
Virgilio mi guardò come se gli avessi appena detto che l’Eneide faceva schifo.
“Come no?! Ma andiamo! Pensa a tutti i giochi di parole che ci puoi fare sopra! ‘Caco duro’, ‘Caco qui?’ poi chissà a firmare le lettere… ‘Con amore, Caco’… beh, ripensandoci, ora capisco perché è rimasto single.” Mi affrettai a tappargli la bocca. Involontariamente aveva alzato esponenzialmente la voce, fino ad essere udibile persino per il centauro, che si era voltato con un’espressione omicida negli occhi iniettati di sangue.
Non riuscii a trattenermi: “Hai fatto una grandissima cacata.” sussurrai.
Non sentendo più pronunciare il suo nome, Caco continuò a parlottare fra sé, fino a passare oltre.
Tirai un sospiro di sollievo e scostai la mano da dove l’avevo lasciata premuta. Sentivo ancora sul palmo il contatto delle sue labbra …
Ah no! Stop! Torna indietro, Dante, concentrati. Non è della bava di Virgilio che ti devi occupare ora.
Stavo per rimproverare il mio maestro, ma venni nuovamente interrotto dall’arrivo di tre anime, delle quali ci accorgemmo solo quando gridarono: “Chi siete voi?”
“Ne parliamo dopo.” Avvertii il mio maestro, il quale aveva ripreso a ridacchiare.
Riportando la nostra (mia) attenzione alle anime, mi accorsi di non conoscerle.
Uno di loro chiese ai compagni. “Dov’è Cianfa?”
Il nome sembrava tipico fiorentino, quindi mi posi l' indice sulle labbra per fare segno alla mia guida di tacere e di ascoltare.
Mei cari diciassette virgola cinque lettori, se adesso non riuscite a credere a ciò che sto per raccontarvi, non stupitevene troppo, perché anche io, tuttora, a stento ci credo. Mentre tenevo lo sguardo fisso su di loro, ecco che un serpente con sei piedi (non sto scherzando, cari lettori, aveva sei piedi!) si lanciò davanti ad un dannato e si avvinghiò a lui. Coi piedi di mezzo gli si attaccò al ventre e con quelli anteriori gli afferrò le braccia. Pareva una mossa di karate complicata.
Poi gli addentò una guancia e l’altra; stese i piedi posteriori sulle cosce e mise in mezzo a esse la coda e la tese di nuovo dietro su per le reni. Nemmeno l’edera si abbarbicava tanto a un albero come quell’orribile bestia avvinse le sue membra e quelle del dannato.
Poi si compenetrarono, come se fossero stati di calda cera, e mescolarono il loro colore, né l’uno né l’altro appariva più quello di prima. Avete presente quando si mescolano il bianco e il nero e ne esce fuori il grigio, che non è né bianco né nero? La stessa cosa.
Le altre due anime gridarono: “Oh, Agnello, come ti trasformi! Non sei ancora due ma neppure più uno.”
In effetti sembrava come se la fusione di Dragon Ball fosse andata a finire male.
Le due teste della creatura erano divenute già una sola, quando ci apparvero due sembianze fuse in un solo volto, in cui si erano persi gli aspetti originari dei due esseri. Dai quattro arti si formarono le due braccia; le cosce con le gambe e il ventre e il tronco diventarono membra che non furono mai viste. Il loro aspetto originario si era cancellato; l’immagine deformata sembrava l’uno e l’altro essere e nessuno in particolare; e così se ne andò con lento passo.
Subito dopo un’altra serpe, stavolta nera e più piccola, ma ancora più veloce, si diresse verso i ventri delle altre due anime e colpì uno dei due all’ombelico; che poi cadde giù, disteso dinanzi a lui.
Colui che era stato trafitto lo guardò, ma non disse nulla; anzi, coi piedi immobilizzati sbadigliava, quasi fosse in preda alla febbre o al sonno. I due si guardarono ed entrambi stavano emettendo fumo denso: l’uno dalla ferita, l’altro dalla la bocca, e il fumo si mescolava.
Taccia Lucano, che narrava delle sorti di Sabello e di Nasidio, e che taccia anche Ovidio riguardo a Cadmo e ad Aretusa. Nessuno di questi autori, tanto famosi per le loro metamorfosi, ne aveva mai descritta una incrociata! Ed ora tenetevi forti, cari lettori, perché sarò io il primo a farlo!
Le due trasformazioni si corrisposero l’una all’altra : il serpente biforcò la coda e il dannato ferito saldò insieme i due piedi. Le gambe si unirono tra loro in un' unica coda, mentre la coda biforcuta del serpente si modellava progressivamente trasformandosi in un paio di gambe ( Nota di I.: in fondo al maaaaaar...in fondo al maaaaaaaaaaar....). La sua pelle diveniva molle, mentre quell’altra dura.
Vidi le braccia dell’uomo ritirarsi dentro le ascelle con un sonoro "pop", e i due piedi del rettile, che erano corti, allungarsi quanto quelle s’accorciavano. Poi i piedi posteriori, attorcigliati insieme, diventarono il membro virile che l’uomo nasconde, e quell’infelice aveva visto il suo povero ginigillo dividersi in due e trasformarsi nel paio di piedi che il rettile aveva perduto . Mentre il fumo ricopriva l’uno e l’altro di un nuovo colore, e faceva crescere il pelo sull’uno e lo toglieva dall’altro, l’uno si alzò e l’altro cadde a terra, senza distogliere per questo gli occhi malvagi, sotto i quali ciascuno cambiava volto.
Quello che era in piedi, ritirò il muso verso le tempie, e dalla materia sovrabbondante che lì si radunò si formarono le orecchie sulle guance che ne erano prive; ciò che di quell’eccesso di materia non si ritrasse e rimase, formò il naso sulla faccia e ingrossò le labbra quanto fu necessario. Quello che giaceva a terra, rese il muso aguzzo e ritrasse le orecchie dentro la testa come fa la lumaca con le sue corna; e la lingua, che prima era unta e adatta a parlare, si divise, mentre la lingua biforcuta si unì nell’altro; e il fumo cessò.
L’anima che si era trasformata in un animale, sibilando, fuggì dalla bolgia e l’altra, parlando, sputò dietro di lui. Poi gli voltò le spalle che si erano formate da poco e si rivolse all’altro dannato. “Voglio che Buoso corra carponi per questo sentiero, come ho fatto io.”
Fu così che vidi i dannati della settima bolgia mutare e scambiarsi l’identità. Se non avete capito nulla di quello che ho scritto, date la colpa alla straordinarietà dell’accaduto, per favore, e non a me che ne sono stato un semplice spettatore basito. O al massimo, datela a Brunetto; io gliel’avevo detto che non la volevo la sua coca cola con la cannuccia corta colorata alle due di notte! Accidenti a lui e ai suoi riti d’iniziazione ‘Perché ormai sei un uomo Dante’ sì, certo, grazie mille, Brunetto…
Ma, badate bene, non ero ancora così scioccato da non riconoscere Puccio Sciancato, l’unica anima a non essersi trasformata, e Francesco Cavalcanti.


Ecco a voi un'altra fanart da parte di LovelyAndy! :D
https://m.facebook.com/448336835267444/photos/pb.448336835267444.-2207520000.1399401244./495232763911184/?type=1&source=54
  
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