(No) Control
I'm hot, you're cold
You go around like you
know
who I am, but you don't
You've got me on my toes
(Burnin’ up, JB)
La città scompare lentamente, i palazzi
di acciaio e vetro si fanno lontani, sostituiti da costruzioni di legno e
mattoni, campi coltivati e scuderie, l’odore dell’asfalto si perde in quello di
fieno e terra bagnata e la moto acquista velocità nella strada deserta.
Chris si tiene salda a Marcus, trattiene
tra le dita la sua felpa e ne ispira l’odore.
Hanno fatto una piccola sosta ad un bar a metà strada, bevuto un caffe
annacquato e si sono presi un po’ le misure, si sono studiati. Hanno parlato
rimanendo sul vago, stando lontano dalle questioni personali, ascoltato il
timbro di voce e la risata dell’altro, si sono sfiorati le mani con metodica
distrazione e sono ripartiti. La moto di Marcus è grande, robusta, color canna
di fucile, la forma di un proiettile sparato via lontano. I capelli di
Christina sfilano nel vento da sotto il casco, le rimbalzano sulla schiena ed è
già quasi la terza settimana che lui la riaccompagna a casa, dopo le lezioni.
“Ancora non ci credo che sono stato preso
per il culo da una campagnola”, la prende in giro, come sempre, senza
cattiveria.
“Fatti due domande”, gli porge il casco.
Lui lo lascia sulla sella, si fa più vicino, le parla a pochi centimetri dal
viso.
“Non tieni mai la bocca chiusa, tu?”
“Mai”.
Le labbra contro le sue, un contatto
minimo, quasi inesistente. Continua a guardarla negli occhi, le sfiora un
fianco con la mano aperta mentre preme sulla sua bocca con più decisione.
“Grazie per il passaggio.”
“Dovere”, sorride di sbieco, poi monta in
sella. “Ci vediamo domani, Gray”, le fa l’occhiolino
e riparte. Chris recupera le chiavi dalla borsa ed entra in casa. Il calore le
solletica il naso, assieme all’odore di candele e frutta fresca. Si gode il
tepore per un attimo, con gli occhi chiusi, tutto il suo corpo vibra di energia
e poi torna a rilassarsi.
“Dovresti fargli almeno un po’ di
compagnia. E’ la tua macchina che sta aggiustando e scommetto che non lascerà
che tuo padre gli paghi il disturbo”.
Mrs Gray ha le
braccia immerse fino ai gomiti nell’acqua saponata del lavello e un ciuffo di
capelli davanti agli occhi. Chris è seduta sul mobile con le gambe penzoloni: è
una cosa che fa fin da bambina, la guarda lavare i piatti e prova a indovinare
a cosa sta pensando. Le sposta con le dita i capelli dal viso e si spinge con
le braccia giù dalla cassettiera. Recupera due birre dal frigorifero e “odio
quando hai ragione, lo sai?”
“Sempre, allora” e dal suo tono Chris
capisce che sta sorridendo. Fa schioccare la lingua sotto il palato e va in
garage. Non vede nessuno - è sollievo o delusione quella sensazione di calore
alla pancia? - poi una macchia marrone si sposta da dietro il cofano aperto e
una massa di riccioli bruni entra nel suo campo visivo. Nick alza lo sguardo e
stira appena le labbra. “Ciao.”
“Posso?”
“E’ casa tua”, si stinge nelle spalle
lui.
Con un movimento rigido del braccio gli
porge una lattina, dondola da un piede all’altro, poi si siede sulla lavatrice
che il padre dimentica sempre di portare all’isola ecologica.
“E’ messo male?”
“No. Ma la guarnizione del cofano è
difettosa, è entrata un po’ d’acqua e ha fatto qualche danno”.
Lei annuisce e lo guarda chinarsi di
nuovo sul motore. Osserva la linea delle spalle sotto la camicia a quadri rossa
e bianca, i jeans stretti sui muscoli appena accennati delle gambe, la striscia
di stoffa annodata tra i capelli per tenerli dietro e le mani e le braccia
sporche di nero, armeggiare tra le componenti della macchina.
“Università?” le chiede lui da sotto il
portellone di metallo, cercando di fare conversazione. Lei annuisce, poi
ricorda che non può vederla e mormora un si poco convinto. “Tu?”
Il rumore di uno scatto e un tappo che si
svita, “Ho aiutato Frankie con i compiti e tuo padre mi ha chiesto di dare
un’occhiata alla tua macchina”, riavvia un coperchio di gomma tondo e lo lustra
con uno straccio. “E quando ha detto macchina, non pensavo…”, fa cenno col
mento al pick up, vecchio e scrostato, inarcando le sopracciglia.
“La Mercedes la tengo nascosta, sai
com’è” e beve un lungo sorso, tanto per affogare gli altri dieci commenti
sarcastici che le sono venuti in mente.
“Non volevo offenderti”.
“Non l’hai fatto. Non sei il primo a non
amare Bessy. Mia madre ha fatto i salti di gioia quando mi ha lasciato a piedi,
due settimane fa”.
“Bessy è…”
“Si, Bessy è lei”, indicando l’auto,
seccata. Nick si morde la labbra e scuote la testa, tornando ad armeggiare tra
i cilindri di metallo.
“Non ti farai pagare per questo, vero?”
“No”.
“Perché?”
“Perché non sono un meccanico. Ed è un favore”.
“Sarò in debito con te di un favore”, si
lamenta.
“Non necessariamente”
Chris sbuffa e lo guarda imbronciata,
facendo dondolare le gambe.
“Dove abitavate prima di trasferirvi?”
Lui impiega qualche minuto per
rispondere, “California”.
“Cosa? E’ perché siete venuti qui?”
Nick sospira, poi si volta a guardarla.
“Che vuoi dire?”
“Bhe, insomma,
c’è una bella differenza, no?”
Lui guarda in alto e un po’ ci pensa, a
tutto quello che hanno lasciato a Los Angeles. Decisamente la California non è
il Texas. “Si, sono su due binari paralleli. Ma io sono nato qui, in Texas”
“Davvero?”
“Si. Mi passi la chiave inglese?”
Chris fa mente locale tra i pomeriggi
passati con Mr Gray a
montare e smontare le rotelle alla sua bici e a quelle delle sorelle, per
ricordarsi com’è fatta. Viene giù dalla lavatrice e si avvicina per
porgergliela, poi rimane li, in piedi accanto a Nick. Sente l’odore del grasso,
di ferro, del sudore del ragazzo e del suo profumo naturale. Dolce.
“Dove?”
“Dallas”
“Ma Dallas non vale!”
Nick riporta gli occhi su di lei,
“perché?”
“Perché è la nona città d’America, ecco
perché! Io parlo di paesini come questo, di stivali continuamente incrostati di
fango, gente che rutta a tavola e tutta questa campagna, persone semplici,
cavalli col panciotto e i nomi di attori da soap opera latina…”, il ragazzo la
guarda gesticolare elencando tutte le cose del Texas che “non hai mai visto
perché sei di Dallas, di Dallas!” e nel mezzo del suo discorso, cosi,
improvvisamente, ride. Chris si ferma immediatamente, abbassa le braccia e lo
osserva sconcertata, perché non era nemmeno sicura che lui sapesse farlo. Nick
ha una bella risata, lieve, per niente rumorosa, contenuta proprio come lui e
breve, decisamente troppo breve, tre secondi netti, un sorriso a voce alta.
Beh, alla faccia di tutti i giornalisti che mi hanno dato del musone antiquato,
pensa lui, abbastanza sorpreso da se stesso.
“… Linda”
“Come?” le chiede, tornando a prestare
attenzione.
“Dicevo, ora ho capito perché vai tanto
d’accordo con Linda”
“E’
di Dallas anche lei?”, domanda confuso.
“No, ma scommetto che anche tu, come lei,
non hai mai montato un cavallo né fatto a gara a mangiare l’anguria con le mani
legate dietro la schiena”, si poggia col fianco alla portiera dell’auto. “Avete
un’aria cosi… sofisticata.”
“Da come lo dici non sembra un
complimento”.
Lei alza le spalle. Per un attimo la
figura di Marcus si sovrappone a quella di Nick, le spalle ampie, la pelle
abbronzata, il cerchietto di metallo che si sposta in base all’espressione del
viso, la risata ruvida, l’odore di tabacco che ancora sente sulla bocca. Poi
torna a Nick, il viso tranquillo, i ricci spettinati, il colorito chiaro del
viso e l’odore di poco prima, sudore e sapone. Marcus e la velocità, la sua
moto enorme e i discorsi di politica, l’aria da guerriero contro il mondo e
Nick e le sue dita lunghe, la voce bassa e l’aria di chi sa esattamente qual è
il suo posto. C’è qualcosa, un’incrinatura, un vetro rotto, una gessetto che
stride sulla lavagna e quell’immagine le fa male in un punto indefinito dello
stomaco. E non sa perché.
“Devo andare. Grazie per il pick up”
“Sono piacevolmente sorpreso. Non pensavo
di rivederti cosi presto”. Le accarezza i capelli, le sfiora con le dita le
spalle nude e il braccio, arriva fino alla mano e prova ad aprirle il pugno.
Sorride, “sempre a provocare, eh?” e lei stringe più forte le dita.
“Perché fai resistenza?”. La guarda oltre
il buio della stanza, cerca l’altra mano tra le lenzuola e se le porta entrambe
sul petto, avvolgendole nelle sue.
“Finché rimane chiuso qualcuno continuerà
a tentare e ritentare. Ma se lo apro e scoprono che è vuoto, il gioco finisce”.
Marcus chiude gli occhi e ispira
profondamente.
“Capisco che vuoi dire”, le bacia la
tempia, il mento e la bocca. “Chris”, il collo, il seno e la pancia.
eeeee… è circa un mese che non aggiorno e il
capitolo era già scritto, vabbè. Cosa abbiamo qui?
Marcus, di
nuovo Marcus (sono alla ricerca di un presta volto, immaginatevelo come più vi
piace, per il momento). Non lasciatevi depistare dagli ultimi righi, lui non è
un principe azzurro ma nemmeno il cattivo di turno, cosi come Chris non è una
poco di buono. Ha vent’anni e ha sperimentato, autoimponendoselo in parte, solo
questo tipo d’amore, breve, fatto d’istinto e per niente stabile o convenzionale.
Senza contare che, nonostante il poco tempo, lei e Marcus sono amici e
continueranno ad esserlo (eh, piccolo spoiler).
E poi c’è
Nick che rideeee! E niente, come sempre vi lascio i
miei contatti e aspetto i vostri pareri.
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