Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Water_wolf    05/05/2014    9 recensioni
ATTENZIONE: seguito della storia "Sangue del Nord".
Il martello di Thor è stato ritrovato, Alex e Astrid sono più uniti ed Einar non è stato ucciso da Sarah. Va tutto a gonfie vele, giusto? Sbagliato.
Alex ha giurato che sarebbe tornato ad aiutare Percy contro Crono, anche a costo di disobbedire agli ordini di suo padre. Quanto stanno rischiando lui e gli altri semidei?
I venti non sono a loro favore, ma loro sono già salpati alla rotta di New York.
«Hai fatto una grande cazzata, ragazzo» sussurrò, scuotendo la testa. || «Allora, capo, che si fa?» chiesi, dando una pacca sulla spalla al mio amico. «Se devi andare all’Hellheim, meglio andarci con stile»
// «Sai cosa?» dissi. «Non ti libererai facilmente di me, figlio di Odino. Ricordatelo bene.» || «Allora ce l’avete fatta!» esultai. Gli mollai un pugno affettuoso contro la spalla. «Da quando tutti questi misteri, Testa d’Alghe?» lo stuzzicai. «Pensavo ti piacesse risolvere enigmi, Sapientona» replicò, scoccandomi un’occhiata di sfida.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Amichevole conversazione padre-figlio
∫ Einar ∫

Passo uno per la nostra morte: fatto.
Ora che c’erano anche i figli di Ares saremmo tutti morti allegramente insieme, da bravi amici sfigati, se quegli idioti degli Dèi non si affrettavano. Peggio ancora: era il tramonto e, appena il sole sarebbe scomparso, Crono sarebbe tornato a farci la festa.
I Party Pony e gli elfi si stavano riorganizzando, ma eravamo allo stremo. Avremmo opposto un ultima disperata resistenza, facendo felice Hell, che non vedeva l’ora di vedere molte budella di semidio sparse sulla strada.
Ad ogni modo, adesso avevamo un problema che, sul momento, era urgente.
«Non potete dire sul serio!» sbottò Clarisse, trapanandomi un orecchio, mentre afferrava Travis per la maglietta arancione, scolorita dai combattimenti e dalla polvere di mostro.
Dopo che Silena si era battuta con coraggio contro il dragone, finendo per lasciarci quasi le pelle, ci eravamo radunati tutti in fretta e furia. Mentre la maggior parte dei capigruppo si era precipitata dai loro fratelli per riorganizzarli, Travis, Finn, Charlie, io, Clarisse, Lars, Sarah, Alex, Astrid, Percy e Annabeth ci eravamo raggruppati intorno al corpo esanime di Silena.
Sarah la stava tenendo in vita con i suoi poteri di figlia di Eir, ma ci aveva avvisato di non poter trattenere la sua anima a lungo. Ormai era praticamente già morta. Solo Beckendorf si rifiutava di lasciarla andare: aveva pregato tutti di fare qualcosa e, alla fine, la ragazza, impietosita, si era avvicinata alla figlia di Afrodite per tenerla in vita.
Poi c’era la proposta di papà. Ed era a questo punto che, dopo appena un minuto, si era alzato un polverone: vale la pena rischiare per tenere in vita una traditrice?
«Lei vi ha venduti» borbottò Finn, ad un certo punto. «Non basta affrontare un drago, per scusarsi.»
«Basta e avanza, invece!» strepitò la figlia di Ares, avvicinandosi a lui, mostrando quanto fossero fisicamente vicini. Sembravano due bisonti pronti a caricarsi.
«Non capite che era manipolata! Pensava di fare del bene, all’inizio! Voleva aiutarci, a modo suo… Si trovava tra due fuochi ed ha agito nel modo migliore che poteva!»
Non avrei mai pensato di sentire la voce di Clarisse incrinarsi o di vederla sul punto di piangere. Doveva tenere molto alla sua amica di Afrodite.
«Anche se fosse vero, vale la pena rischiare?» chiese, ad un certo punto, Travis, indeciso.
Era questo il problema: come comportarsi. Sapevo per esperienza che le spie si trovano in una posizione scomoda. Una parte di me pensava che sarebbe stato misericordioso lasciarla andare.
«Certo che ne vale la pena!» esclamò Beckendorf, stupendo tutti con le sue parole.
«Ti ha quasi ucciso!» gli ricordò il figlio di Tyr.
«Ma non voleva. Crono la stava manipolando. La conosco: non mi avrebbe mai ferito. Vi sto chiedendo di rischiare per una persona meritevole…»
Il suo tono era supplichevole e capii quanto profondo fosse il suo legame con Silena. Sospirai. Avrei davvero voluto aiutarli, ma la parte più oscura di me mi diceva di lasciar correre. Cosa che io, in tutta franchezza, non ero in grado di fare.
Silena mi faceva anche un po’ pena. Non potevo negare che lei si era ritrovata tra due fuochi, ma la parte più meschina della mia mente, mi suggeriva maligna che lei aveva sempre avuto una scelta: avrebbe potuto confessare prima.
Ma poi mi chiedevo come avrebbero reagito gli altri, e allora capivo: lei aveva paura di perdere le persone che amava. Un comportamento umano. Un comportamento da mezzosangue.
Sospirai di nuovo e concentrai la mia attenzione su Annabeth, che stava parlando con Lars riguardo alla cura proposta da Loki: non capiva come si potesse rilegare un’anima al proprio corpo se già, ormai, trapassata.
«Si tratta di una pozione. Noi possiamo prepararla, ma c’è un problema. La pozione è un segreto dei figli di Eir. Nessuno, a parte noi, conosce gli ingredienti. Il più importante, però, è il sangue: il sangue di un dio donato di propria spontanea volontà. Per questo è una formula che nessuno utilizza mai. Solo Eir la usò una volta, per riportare in vita un uomo e, comunque, dobbiamo somministrargliela entro il calar del sole, altrimenti la sua anima trapasserà completamente» spiegò il ragazzo, senza scomporsi.
Certo, vallo a chiedere tu il sangue ad un dio. Avevi circa il 2% di possibilità di morire sul colpo. L’altro 98% era che morivi dopo un’infinità di torture che ti venivano inferte dalla divinità in questione per avergli chiesto qualcosa del genere.
Il che ci dava, al massimo, un’oretta e mezzo. Dopodiché, saremo morti tutti, in un modo o nell’altro. Valeva la pena?
Sì, mi dissi.
Non potevamo lasciarci sfuggire un’occasione di evitare una perdita solo perché potevamo evitarcela.
«Accetto» disse Alex, all’improvviso.
Lui era rimasto seduto davanti a Charlie, con Astrid che gli accarezzava la spalla per tutto il tempo, da quando avevamo ricevuto il messaggio di mio padre. Quelle furono le prime parole da quasi due minuti.
«Hai sentito, Loki!?» urlò ai quattro venti. «So che ci sei! Accetto la tua sfida!»
Sapevo che era in ascolto e, nonostante le occhiate scettiche di tutti, mio padre apparì davanti a noi con in sottofondo I’ve Got the Power sparato a tutto volume. Indossava un paio di jeans neri strappati, una maglietta scura aderente ed i lunghi capelli neri legati in una coda di cavallo, che gli dava un’aria effeminata.
«Ah! Sapevo che avresti accettato, Alex! Sei il solito nobile idiota che farebbe di tutto per salvare gli altri. Tu vuoi proteggere tutti, e ti concedo questa possibilità» sghignazzò, squadrandoci tutti ad uno ad uno.
Clarisse e Finn trovarono pace nel loro battibecco: a quanto pare il loro desiderio di ficcare le loro armi giù per la gola di Loki era un incentivo abbastanza forte. Percy strinse l’elsa di Vortice sussurrando uno “stai in guardia” al capo, che annuì.
Astrid strinse i pugni fino a farli diventare più bianchi di quanto già non fossero e Annabeth dilatò le narici, come per prendere una lunga boccata d’aria prima di un’immersione. Solo Lars era impassibile, fermo e guardingo come sempre.
«Allora, Loki, giuro di attenermi al patto. Combattiamo!» dichiarò Alex, sguainando la spada.
Fu allora che mio padre sferrò il suo attacco a sorpresa, trollando tutti in un millisecondo.
«Chi ha parlato di duello di spade?» chiese, serafico, come se stesse parlando del tempo.
«Aspetta. Hai detto un duello. Non puoi tirarti indietro!» strepitò Astrid, pronta a lanciarsi contro il dio, nonostante fosse tale.
«Oh, ma un duello ci sarà… ma di magia, mia cara» rispose lui, sempre più serafico.
Ci irrigidimmo tutti. Loki era il Dio della Stregoneria. Tra le tante avventure genitrici di mio padre, si racconta come fu proprio lui a partorire la prima strega, dopo aver mangiato un cuore mezzo cotto di donna in un calderone – e continuavo a chiedermi cosa l’avesse spinto a mangiare un cuore di donna, per di più mezzo cotto. Era davvero così alla frutta?
Ad ogni modo, in un duello di magia sarebbe stato avvantaggiato, ma anche Odino era un Dio degli Incanti. Un suo figlio avrebbe potuto tenergli testa.
«Parla, allora! Non tenerci sulle spine» disse Alex, stringendo l’elsa di Excalibur.
Era nervoso e sudava. Si era reso conto di essere cascato in un tranello.
«La gara è questa, ingenuo ragazzo: io sarò ad un raggio di un kilometro da te e tu dovrai trovarmi. Se ci riuscirai, ti darò una goccia del mio sangue. Se no, dovrai unirti all’esercito di Crono ed aiutarci.»
Ci bloccammo tutti, come se il Signore dei Titani ci avesse immobilizzati in una bolla atemporale. Alex aveva giurato e questo l’avrebbe portato a mantenere la parola data. Se avesse perso, si sarebbe schierato contro l’Olimpo. Non sapevo quanti l’avrebbero seguito e, nelle mie elucubrazioni, pensai che, nonostante avessimo legato un po’, con quelli del Campo Mezzosangue, almeno una metà di noi l’avrebbe seguito. Astrid di sicuro.
Ma io no.
Io e i miei fratelli non ci saremmo piegati alle parole di nostro padre, però il pericolo era che lo facesse il nostro miglior combattente.
Avrei voluto uccidere mio padre.
Peccato che era un dio e non potevo.
In quell’istante Astrid, Annabeth e Percy mi strapparono dal fluire dei miei pensieri, prorompendo in una sequela di imprecazioni talmente fitta e intensa che capii a mala pena gli epiteti che Loki stava ricevendo. Ma lui dovette essersene fatto un’idea, perché sorrise e concluse.
«Bene, ci siamo intesi. Che la sfida abbia inizio!» annunciò, trasformandosi in un moscone, per poi, sparire in pochi nanosecondi.
«Non ci credo! Siamo stati fregati! Se gli metto le mani addosso, io…» iniziò Clarisse, cominciando ad elencare tutti i possibili modi per torcere il collo a mio padre.
«Non ha senso preoccuparsi ora. Solo… Dèi, è una sfida impossibile» considerò Annabeth. Riuscivo quasi a vedere gli ingranaggi lavorare nel suo cervello. «Anche contando solo mille metri, ci sono i grattaceli e le fogne. Potrebbe essere ovunque, lì, sotto la forma di un insetto. Potrebbe persino passarci davanti senza che ce ne accorgiamo! Ci ha fregati, non possiamo vincere!»
Alex strinse i denti. «Dobbiamo tentare! Ho giurato di affrontarlo, ma non che sarei stato solo. Se lui vuole manipolare i giuramenti, lo farò anche io. Avremmo più possibilità, se ci dividiamo.»
Capii subito che il suo era unicamente un piano disperato per aumentare le sue poche possibilità, ma era una cosa ovvia che, anche così, avremmo avuto poche speranze.
«Alex, ti prego, ripensaci!» lo supplicò Astrid. Ci fu un intenso gioco di sguardi tra i due, poi la figlia di Hell sospirò.
«D’accordo! Dividiamoci!» decretò Lars, ma subito fermato da Alex.
«Tu rimani qui e prepara la pozione. Appena avrò il sangue, te lo porterò» ordinò il figlio di Odino, cercando di essere fiducioso.
Nonostante qualcuno fosse contrario, nessuno ebbe il coraggio di dirgli in faccia quanto fosse disperato. Ci dividemmo, setacciando ogni singolo vicoletto, ma nulla. Per quasi un ora non smettemmo di cercare, osservando preoccupati il sole che calava. Appena avesse superato l’orizzonte, saremmo stati spacciati.
Forse una parte di me fu così disperata da mettersi a pregare, o forse me lo immaginai e basta. Sta di fatto che, nonostante non avessi mai creduto al fatto che una risposta dagli Dèi potesse arrivare, non fu così.
Fu un attimo e non mi trovavo più lì.
Ero in uno dei giardini laterali del castello di Asgard. Un melo si innalzava alto e ben curato, al centro. Alla mia destra, un muro che sembrava fatto di mitra, fucili e lance. Era il palazzo di Odino, costruito con le armi dei più valorosi guerrieri del mondo.
Davanti a me, seduto davanti ad una fontana, c’era un dio a me ben noto: Thor, che indossava una tenuta militare da ufficiale ed un elmo alato in testa. I lunghi capelli biondi erano sciolti e si lisciava la barba pensieroso. Il martello a lui tanto caro era appoggiato ai suoi piedi, e ogni tanto ci lanciava un’occhiata, come per assicurarsi che fosse ancora lì.
«Divino Thor» dissi, inchinandomi.
Era uno dei più potenti Dèi di Asgard e anche se uno di quelli che mio padre sopportava di meno, era sempre prudente essere rispettosi.
«Einar Larsen. Avrei preferito Alex, o anche Astrid, oppure mio figlio Sain, ma devo dire che i greci sanno il fatto loro, in quanto a magia. Le loro barriere mi hanno impedito di essere preciso» annunciò, sollevando gli occhi azzurri, color del fulmine, su di me.
«Grazie per la fiducia» borbottai, senza farmi sentire.
«Ad ogni modo, abbiamo un problema: Odino non è ancora convinto. Non lo direbbe mai ad alta voce, ma il sacrificio che mio fratello sta facendo verso i Greci lo ha sorpreso. Vuole aiutarvi, ma il suo orgoglio lo porta a diffidare. Se adesso, però, Alex si portasse dalla parte di Crono, allora perderemo il supporto di Odino. Quindi, devi trovare quella serpe di Loki.»
«Con molto piacere. Ma non abbiamo idea di dove sia» risposi, alzando gli occhi al cielo. Stavo anche perdendo tempo.
«Però noi sì. Heimdallr, con la sua vista, l’ha individuato su una dei grattacieli intorno all’Empire State Building. Dovete andare a sconfiggerlo. Se c’è qualcuno che può sconfiggere un dio, quello è Alex. Dopotutto… ha sconfitto anche me» ammise Thor, osservando una cicatrice che aveva sul braccio.
«Allora le voci sono vere! Nella sua prima impresa, si diceva che Alex ti avesse sconfitto in duello» esclamai, prima che la mia lingua si fermasse. Avrei dovuto stare zitto.
Fortunatamente il dio non sembrò molto furioso. Si limitò a fare spallucce.
«Non lo nego. Alex Dahl è forte. Molti di noi hanno spesso pensato che fosse troppo pericoloso. Ma, per ora, non ci ha dato veri motivi per dubitare di lui. Anche quella volta, tutto si risolse senza perdite particolari. È una risorsa importante, per Asgard. E io apprezzo il valore dei guerrieri come lui. Sono il loro dio protettore, figlio di Loki. Ora va’ e digli dove trovare chi cercate!»
Detto questo, ebbi un’immagine perfetta del luogo dove si trovava mio padre e tornai esattamente dove mi trovavo due secondi prima. Capii che Thor aveva usato qualche incantesimo e mi aveva portato lì per pochi istanti, tanto che Alex, pochi passi davanti a me, non si era neppure accorto della mia assenza.
«Dannazione, dov’è…?» stava borbottando lui, frugando tra la spazzatura, alla ricerca di quell’idiota di mio padre.
«Scusa, Alex, ma ho da fare» dissi.
Non sapevo perché, ma avevo la sensazione che, questa volta, sarei dovuto andare da solo. Anche perché avevo un’idea per costringerlo a rinunciare. Solo che era una questione personale.
Mi misi in cammino, seguendo la visione che il Dio del Tuono mi aveva inviato. E infatti, lo trovai sul tetto di un palazzo non lontano dal luogo dello scontro. Dava una bella visuale sul campo di mezzosangue feriti e la barricata di macchine che avevamo eretto per difenderci. Stava scattando fotografie e chattando sul cellulare. Accanto a lui, Sigyn stava leggendo un libro di cucina.
Tipica famiglia felice.
Mi schiarii la gola, per far capire che ero presente.
«Mh?» Mio padre si voltò. «Oh, ciao, saccottino! Mi aspettavo Alex. Come mai non c’è lui?»
«Ha avuto un contrattempo. Ti ho trovato, adesso dammi quello che hai promesso» risposi senza giri di parole.
Mettersi a sproloquiare con mio padre era un pericolo. C’era il rischio di non uscirne.
«Mh? Se non ricordo male non avevo fatto il patto con te, Einar» osservò mio padre, con un ghigno.
Come se fosse così facile, lo conoscevo: dovevo batterlo al suo stesso gioco.
«D’accordo, padre. Non hai fatto il patto con me, ma, se non ricordo male, mi avevi promesso una cosa, un mese fa. Una promessa che non hai mantenuto» rammentai, sentendo un sordo dolore farsi strada nel petto.
Non volevo ricordarlo. Troppa gente aveva rischiato per il mio errore.
«Ah, già. Ti avevo chiesto di rubare il Martello di Thor» disse Loki, quasi avesse letto il mio pensiero. «Sì, sei stato bravo. L’hai consegnato a Kara come ti avevo detto.»
«Appunto» risposi, stringendo i pugni. Non potevo non dimenticare che parte di quella situazione fosse colpa mia. «Ma tu avevi promesso di guarire mia madre.»
«Oh, vero. Devo essermene dimenticato.»
«Guarire? Da cosa? La mia maledizione? Quella puttana se l’è solo meritato! Tu sei mio marito!» scattò, a quel punto, Sigyn rivolta al marito.
«Quella puttana è mia madre! E vorrei farti notare che è stato mio padre, a sedurla!» ringhiai furioso.
Quella dea da strapazzo non si doveva permettere di insultare l’unica cosa che rimaneva della mia famiglia mortale.
«Einar, piccolo caro, ti ricordo che lei è effettivamente una prostituta. E che io non l’ho sedotta, l’ho pagata. Pensa un po’, non valevi nemmeno cento euro» mi schernì mio padre, con il solito sorriso finto.
Mi salì il sangue al cervello, aggiunto ad una malsana idea di strangolarlo seduta stante e, già che c’ero, castrarlo.
«Non siamo qui per discutere di lei» tagliai corto, con le mani che mi tremavano dal desiderio di riempire di cazzotti quel muso spavaldo. «Non hai mantenuto la promessa. Quindi, diciamo che faremo un altro accordo.»
Loki sembrò interessato, tanto che non mi guardò con la solita aria di sufficienza. «Parla. Ti ascolto.»
«Diciamo che ti considererò pari se mi darai ciò che hai promesso ad Alex senza chiedere nulla in cambio. In pratica, dovrai aiutarci. In questo modo, avrai ripagato il tuo debito. Anche gli Dèi devono mantenere le promesse giurate sull’Isola di Foreseti, no?» proposi.
«Interessante» borbottò Loki, pensando. «Potrei anche farlo.»
«Sì, fallo. Almeno non dovrò togliere la maledizione a quella donna» intervenne Sigyn, dando una manata al braccio del marito.
Di regola non mi sarei mai trovato d’accordo con lei, ma in quel momento mi stava aiutando. Inoltre, c’era il fatto che non c’erano garanzie che Loki mantenesse la sua promessa. Se invece mi dava il sangue, doveva farlo subito. Soprattutto se giurava sull’Isola di Foreseti.
«Mmmmmh… d’accordo» concluse, dopo qualche minuto di riflessione. «Tieni! Giuro sull’Isola di Foreseti che questo è il mio sangue e che te l’ho dato volontariamente.»
Detto questo, si mise una mano in tasca e ne estrasse una fialetta contenente un liquido dorato e luminoso: l’Icore Divina.
«Bene. Così anche questo moccioso si potrà togliere dai piedi» bofonchiò la Dea della Fedeltà, squadrandomi con l’aria di tu-sporca-macchia-figlio-di-Loki-che-rovini-la-mia-vita-familiare-muori. Senza rendersi conto che la sola presenza di mio padre tendeva a rovinare qualsiasi famiglia.
«Grazie dell’aiuto» ringraziai, afferrando la fialetta e soppesandola.
Aveva giurato, quindi era vero, ma possibile che mio padre fosse così arrendevole? Meglio non sprecare l’occasione.
Quando, però, mi avviai verso la porta, mi resi conto che le cose non stavano così: infatti quella non si apriva.
«Sai, Einar… Ho detto che ti avrei dato il sangue, non che non ti avrei ucciso» mi rammentò papà, avvicinandosi dietro di me.
Fortuna che l’addestramento a Campo Nord fosse così duro, perché, altrimenti, non sarei stato in grado di trasformare la mia sigaretta elettronica in spada e deviare l’affondo diretto ad un punto inesatto all’altezza della mia vita.
«Dovevo immaginarlo» borbottai, mettendomi in posizione. Non che mi aspettassi di batterlo, ma magari sarei riuscito a scappare. «Sembra che tu ti sia preparato ad uccidermi. Perché?»
«Be’, avrei preferito Alex. Lui è troppo pericoloso. Uccidendolo mi sarei tolto una spina nel fianco al mio piano, ma mi accontenterò di te. Dopotutto, sei molto fedele a lui» spiegò, muovendo la sua spada avanti e indietro.
«Cosa c’entra lui con Crono?» Se fossi riuscito a fargli dire qualcosa, forse, sarei riuscito, anche a dare una mano ai Mezzosangue.
«Crono? Lui è solo uno stupido. Verrà sconfitto prima di domani mattina. Lo so. Odino arriverà e lo schiaccerà, così come Tifone» disse, con un ghigno.
Ecco, questo era strano. Dovevo saperne di più.
«Allora perché aiutarlo nell’attacco? Perché hai chiesto ad Hell di richiamare la sua Compagnia di Eroi Caduti?» chiesi, cercando di allungare un po’ la conversazione.
Intanto il sole si faceva sempre più vicino all’orizzonte. Insomma, un paesaggio romantico per uccidere tuo figlio con stile.
«Per eliminare quanti più mezzosangue possibile, ovvio. Siete dei vermi, ma dei vermi pericolosi. Ora, se vuoi scusarmi…»
«Aspetta!» lo bloccò Sigyn.
Per un attimo mi parve di vedere una scintilla di compassione, nei suoi occhi. Ma dovevo essermelo immaginato.
«Non sarebbe giusto. Dopotutto, hai promesso di dare il tuo sangue per curarla. Se lo uccidi sarebbe come infrangere la promessa.»
Fu, forse, la prima volta che parteggiai per quella santarellina maltrattata, ma, ovviamente, quante possibilità avevo di spuntarla? Vi rispondo subito: meno di zero.
«Anche se morisse, gli altri lo troveranno e potranno avere il mio sangue. Ma, per gli Dèi, ho deciso. Ho già detto troppo. Ora, figlio mio, preparati ad unirti agli Einherjar. Sigyn, va’ via, per favore. Voglio evitare di mostrarti l’indegno spettacolo» rispose, con calma mortale. Una serietà che non gli apparteneva.
Per un attimo sperai che la Dea della Fedeltà mi aiutasse, anche se mi odiava, ma subito smentì le mie speranze, quando scosse la testa e disse: «Molto bene. Uccidilo pure.”
E, con quelle parole, sparì, insieme alla mia speranza di salvezza.
«Ultime parole, piccolo mio?» chiese, facendo roteare una spada in semplice Acciaio Asgardiano.
«Sì» risposi, preparando la mia arma. «Non ti risparmiare.»

Tendenzialmente, mio padre è noto per molte cose: si racconta che abbia creato la rete, partorito un cavallo ad otto zampe, fatto nascere un serpente gigante, un lupo ed una donna che per metà è un cadavere, oltre che per i suoi innumerevoli inganni e tranelli.
Ma non pensavo proprio che fosse uno spadaccino così abile.
Certo, me lo sarei dovuto aspettare. Aveva uno stile molto diverso dagli altri guerrieri Asgardiani. Era rapido, veloce e, soprattutto, astuto. Mentre combatteva, non la smetteva di parlare. Avrei voluto imbavagliarlo, ma non avevo tempo. Ogni sua parola era oro colato e mi distraeva, impedendomi di mettere a segno un solo colpo.
Anzi, non riuscivo a combattere.
«Arrenditi!»
Non ascoltarlo! Concentrati.
«Inutile resistere. Stai solo posticipando l’inevitabile.»
Non ascoltarlo! Sta solo cercando di distrarti!
«Perché resistere? Morirai presto.»
Ha ragione… Potrei… no! Devo resistere!
Alla fine, però, la sua lingua ingannatrice fu più forte di me. Era come se mille miei fratelli mi stessero distraendo, concentrandosi tutti insieme. Credetemi quando vi dico che tre di noi bastano a sopprimere la volontà di un uomo completamente. Su di me fu come se fossero molti di più. La voce di mio padre si infiltrava nella mia difesa mentale, inibendo i miei pensieri e miei sensi.
Alla fine, bastò un solo, piccolo movimento sbagliato e la lama mi scivolò dalle mani e mio padre mosse velocemente la lama, ferendomi alla gamba destra, strappandomi un grido di dolore e facendomi crollare in ginocchio.
«Visto? Non mi sono risparmiato.»
Non risposi. In qualche modo, mi sentivo sollevato: avevo fatto il massimo per aiutare, anche se, alla fine, avevo fallito. Si dice che prima che la morte arrivi si vede tutta la propria vita davanti. Mi sarebbe piaciuto tornare a casa, da mia madre, per proteggerla, prima che dai mostri, dagli uomini. Ironico.
Avrei dovuto pensare a me stesso, ma io no. La mia famiglia era più importante.
E mio padre non ne faceva parte.
Osservai mio padre che mi puntava la lama lanciandogli un ultimo sguardo di sfida.
«Muori» ghignò, alzando la spada, pronto a finirmi.
Ci sono modi peggiori che morire per mano di un dio. Anche se è tuo padre.
Ma la mia sorpresa fu incredibile quando un clangore metallico sostituì la sensazione dell’acciaio nella carne.
«Alex» esclamai, riconoscendo il volto, ormai sfregiato, del mio comandante.
«Einar, la prossima volta che scappi o rubi un martello a Thor, potresti informarmi?» domandò con pungente sarcasmo, mentre faceva forza con Excalibur, spingendo indietro Loki.
«Guarda chi si vede. Figlio di Odino, sei venuto a morire con il tuo amico?» chiese il dio con un ghigno.
«Ti sbagli, Loki. Sono venuto solo per salvare Einar, tutto qui. Nessuno può permettersi di toccare i miei amici!» replicò, spingendomi indietro.
In passato mi aveva più volte chiamato “amico”, ma credevo fosse una sorta di scherzo o una battuta per aiutarmi. Eppure in quel momento, però, mi resi conto che lui mi considerava davvero tale.
«Un amico? Mio figlio ha rubato il Martello di Thor, un mese fa, ha voltato le spalle al Campo Nord e a causa sua sei quasi morto» lo canzonò Loki.
Stavo per rispondergli per le rime, ma Alex fu più rapido di me: «Vi ho ascoltati. So perché l’ha fatto. Cercava di aiutare i suoi cari, e lo capisco. Probabilmente, in una situazione simile, avrei fatto lo stesso. Puoi dire che i tuoi figli sono simili a te, ma ti sbagli: io li conosco. Einar è un mio amico fidato e, come tutti i miei amici e tutti i ragazzi del Campo, per me, sono la mia famiglia. Miei fratelli e compagni d’armi. Nulla di ciò che dirai mi farà cambiare idea.»
Loki sembrò quasi sorpreso, ma non si lasciò sorprendere. «Quindi, vuoi aiutarli fino in fondo? Molto bene. Lascerò che sia Crono a distruggervi. Anche perché non posso trattenermi» disse, alzando lo sguardo verso il sole, pericolosamente vicino all’orizzonte. «Non posso mica sparire troppo dal campo di quell’imbecille.»
Quando sparì, lasciai uno sospiro di sollievo.
«Grazie, comandante» sussurrai, osservando il mio sangue che scorreva sul cemento del tetto. «Ho la fialetta, prendila e vai. Non hai molto tempo.»
«Non dirlo nemmeno. Io non ti lascio certo qui» ribatté subito, avvicinandosi.
Ancora più alta fu la mia sorpresa, quando mi afferrò e mi aiutò a sollevarmi, usando le sue spalle per sorreggermi, stando, però, attento a non peggiorare le mie condizioni.
«Che stai facendo? Ti sto rallentando! Abbiamo solo mezz’ora per consegnare questa fialetta» gli feci notare, mentre scendevo le scale zoppicando.
Ogni gradino era una fitta di dolore, ma poteva andarmi molto peggio.
«Senti, Einar. So che l’hai fatto per la tua famiglia e credo che l’avrei fatto anche io, al posto tuo. La verità? Io ho sempre vissuto al Campo e, per quel che mi riguarda, ho avuto, tutto sommato, una buona vita, per un mezzosangue. Per me, che ho avuto solo metà di una famiglia, il Campo Nord è la mia famiglia. Tu, Astrid, Lars, Nora. Tutti voi. Ed io non lascio i miei famigliari in pericolo.»
«Ma ti ho tradito. Ho mentito per salvare mia mamma…  E poi, Loki non ha nemmeno tenuto fede alla parola data» risposi con un filo di voce, mentre una fitta di rimorso mi trafiggeva il cuore. Più dolorosa di qualsiasi ferita.
«Einar, hai agito al meglio, nei tuoi panni. Probabilmente io non avrei avuto né il coraggio né la volontà di fare ciò che hai fatto tu. Hai rischiato molto per la tua famiglia. Questo, per me, ti rende un eroe migliore di me» disse, affaticato, mentre raggiungevamo il pian terreno, e da lì, la piazza davanti all’Empire State Building.
Non parlai molto, anzi, forse fu una delle prime volte che non parlai proprio.
Lars preparò la pozione e la somministrò a Silena, sotto lo sguardo preoccupato di tutti. Ammetto che mi sarei aspettato qualcosa di meglio: tipo il corpo della ragazza che veniva avvolto dalla luce. Invece non successe nulla di particolare. Il figlio di Eir si limitò ad annuire.
«Dovrebbe essere salva» disse, piano. «Ma avrà bisogno di un po’ di tempo per riprendersi.»
«Posso confermare: non è in pericolo di vita» aggiunse Astrid, osservandola.
«Grazie, Alex, e anche tu Einar» ci ringraziò Beckendorf, sollevando la sua ragazza ancora incosciente. «Avete rischiato parecchio.»
«Come se non rischiassimo sempre parecchio. Non preoccuparti, amico. Non lasciamo indietro nessuno» rispose il figlio di Odino.
Percy e Annabeth sembravano preoccupati, ma erano anche sollevati dal fatto che una loro amica non fosse morta. Almeno questo potevo concederglielo.
«Alex» disse il figlio di Poseidone. «Noi andiamo un attimo sull’Olimpo. Abbiamo da fare.»
«D’accordo» annuì lui, guardando verso la schiera di mostri. «Solo fate in fretta. Potremmo aver bisogno di aiuto.»
Già. Stavamo per ricominciare. Ma almeno eravamo tutti insieme.
 

koala's corner.
Prima di tutto, facciamo un appunto: quando Thor racconta ad Einar di una sconfitta con Alex. Fa parte di un prequel che non abbiamo ancora scritto.
So don't worry se non vi ritrovate.
Secondo: gli Einherjar sono i Morti Glorioso, i caduti che vengono portati nel Valhalla al cospetto di Odino. Comunque sono piuttosto dispiaciuto che ci siano state così poche recensioni la scorsa volta.
Io no, ho dovuto scrivere pochissimo! Sì sì, certamente, I agree, sì sì. Perché questo capitolo è meraviglioso? Sì, vabbè, abbiamo salvato Silena, ma è sorpassabile -3-
Come avete visto in questo capitolo siamo riusciti a mostrarvi le corde più sensibili e più profonde dell'animo di Einar, corde che il padre Loki sa suonare molto bene. anche se poi viene una musica di merda
Soooo, ora avete tutto il diritto e il dovere di amare Einar Larsen.
Manca poco alla fine di questa storia - massimo due o tre capitoli. Tenteremo di fare una rush finale, ma sarà da vedere, considerando gli impegni scolastici e universitari. Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e vogliate dircelo con una recensione!

Soon on VdN: POV Annabeth. Sfogherò la mia voglia di sangue muahahahah (?)

 
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Water_wolf