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Autore: Ukki    05/05/2014    6 recensioni
Prima fic (verosimilmente non ultima) che scrivo nel fandom | Spoiler per chi non avesse letto Il Canto della Rivolta / Mockingjay
Dal testo:
Ci impiega qualche secondo per rendersi conto di dover formulare una risposta: la donna al suo fianco le rivolge un'occhiata preoccupata. I suoi occhi, nota con un minuscolo spasmo di disgusto, non hanno la pupilla. C'è solo un azzurro uniforme e opaco, pericolosamente inespressivo.
Genere: Dark, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ I mostri nell'armadio ~

Ci sono voci, intorno a lei. Leziose, stucchevoli, come una torta coperta di troppa glassa rosa e fiorellini di zucchero. La sua vista è offuscata, una macchia indistinta di colori innaturalmente vivaci ed effimeri sfavillii. C'è una persona alla sua sinistra, un concentrato di viola, argento e oro. Ha l'odore forte e in qualche modo sgradevole dei fiori macinati, e sta parlando; le sta parlando.
«Come ti senti, cara? Meglio? Hai dato davvero di matto, tesoro. Siamo stati costretti a metterti KO per un po'.» Le parole le rotolano fuori dalle labbra come un boccone amaro risputato nel piatto.
Katniss non dovrebbe avere paura -lo sa che non dovrebbe-, ma non può impedire a un brivido di correrle lungo la schiena. Ci impiega qualche secondo per rendersi conto di dover formulare una risposta: la donna al suo fianco le rivolge un'occhiata preoccupata. I suoi occhi, nota con un minuscolo spasmo di disgusto, non hanno la pupilla. C'è solo un azzurro uniforme e opaco, pericolosamente inespressivo.
Sente le labbra incollate, e quando prova a dire qualcosa le esce solo un rantolo poco convincente. Respira profondamente, preparandosi a un secondo tentativo, ma si rende conto, all'ultimo, che non saprebbe cosa dire. Eppure, razionalmente, avrebbe tante domande da chiedere. Cosa sia successo, ad esempio. Dove sia Peeta. Dove siano i bambini. Il cuore le si riempie di angoscia. Dove sono i bambini?
«Dove sono loro?» Non sa neanche, si accorge con un sussulto, che posto sia quello. Le altre persone, alla periferia del suo campo visivo, rimangono nel più completo silenzio. Le ricordano i disegni scarabocchiati sul muro di un asilo.
La donna accanto a lei inarca le sopracciglia violacee punteggiate di cristalli. Su una, vicino alla tempia, sfavilla un grande piercing a forma di farfalla dorata. «Loro chi, tesoro?» domanda, ma non sembra davvero interessata.
Al contrario, pensa Katniss: ha l'espressione di qualcuno che si ritrova ad affrontare una conversazione prevista e non particolarmente gradita.
«La mia famiglia. Mio marito. I miei bambini.» Adesso parlare è più facile. Forse perché ha davvero qualcosa da dire.
«Oh. Mia cara, non ti ricordi?» Le labbra dipinte della donna assumono una piega studiatamente compassionevole. A Katniss non piace la compassione. E neppure i nomignoli affettuosi. «Non ci sono più.»
È una botta fredda all'altezza dello stomaco; la lascia disorientata e nauseante. Non ti ricordi? Non ci sono più. «Cosa significa? Che vuol dire che non ci sono più?» Si accorge di essere bloccata a un lettino d'ospedale solo quando cerca di alzarsi. Alzarsi per fare cosa, poi, non lo sa bene: forse per prendere a pugni la donna che continua a sorriderle.
«Tesoro, cosa può significare? Sono morti. Negli Hunger Games. Questo i tuoi bambini, almeno. Tuo marito... Bé, lui dev'essersi suicidato. Era un uomo così debole... una condotta riprovevole, la sua.»
No. No. No no no. Katniss si rende conto di essersi messa a urlare solo quando la gola comincia a farle male. Bugiarda. È una bugiarda, quella donna: ha visto ieri la sua famiglia. Ha baciato i suoi bambini sulla fronte, si è addormentata tra le braccia di Peeta. Adesso è qui: e sa che qui è Capitol City. Pensava che non esistesse più, Capitol City.
Anche questo l'ha detto ad alta voce. Lo sa quando gli angoli della bocca dipinta si piegano all'ingiù. «Capitol City è sempre esistita, cara, e sempre esisterà. È il fulcro stesso di Panem. Puoi chiederlo al Presidente.»
Il Presidente Snow? Lui è morto.
«Oh, no che non è morto! Che idea sciocca. Davvero un'idea sciocca, Katniss.»
Le fa male la testa. Snow è morto. Snow deve essere morto. Lo sa. E Capitol City è caduta. Lei era lì, quando è successo. Il pensiero le fa stringere lo stomaco. Ma i suoi bambini sono vivi. Peeta è vivo. E se anche -ingoia un nodo di terrore- quella riguardo ai suoi figli non fosse una bugia, lui non si sarebbe suicidato. Avrebbe continuato a lottare. Li avrebbe vendicati. Ma lo avevamo già fatto una volta. Lei era stata la Ghiandaia Imitatrice.
«È una cosa che dici spesso, sai, quando sei sotto anestetici. Questa bizzarra storiella sulle ghiandaie. È solo una favola per bambini, proibita tra l'altro. La raccontano nei Distretti. Una sciocchezza riguardo a un uccellino che potrebbe rovesciare Capitol City. Non è mai successo.»
Katniss scuote la testa. D'improvviso è stanca di urlare. «Non è vero. È successo. Io ho vinto gli Hunger Games. Sono la Ghiandaia Imitatrice.»
«Tu non sei mai stata agli Hunger Games, Katniss. I tuoi figli sì, per una sfortunata combinazione del destino. Sono stati il maschietto e la femminuccia sorteggiati. Considerato il vostro Distretto di provenienza, a quel punto non potevi aspettarti davvero di non perderli, no? Ma a quanto pare nessuno di voi due ha retto il colpo. Dopo che lui è morto, tu sei impazzita. Per questo sei qui, per arrivare all'esecuzione come una persona corretta.»
L'odore è più forte, adesso, soffocante. L'ha già sentito, ricorda a un tratto: è lo stesso fetore di Snow. È da quando l'ha incontrato per la prima volta che ha il suo tanfo incollato alle narici. È così concentrata a cercare di respirare che si accorge in ritardo che la donna ha finito di parlare e si sta aspettando una reazione da lei. Suo malgrado, la accontenta prontamente.
«Esecuzione?»
Apparentemente soddisfatta dal suo sgomento, lei annuisce gravemente. «Oh, sì. Tu sei una criminale, Katniss. Hai ucciso tua sorella. So che eri distrutta dal dolore, ma-»
«Io non ho mai fatto del male a Prim.» La voce le trema, e sa che sta per spezzarsi. «Lei è morta perché...» Non può continuare. Nessuno di loro merita di saperlo. La vista le si sta sfocando di nuovo, ma non è per colpa dei farmaci.
«Perché tu l'hai uccisa. Dopo la morte di tuo marito, lei è venuta a controllare come stavi, e tu l'hai aggredita. Mi dispiace così tanto.»
Inaspettatamente, ciò che la ferisce di più è l'ipocrisia che avverte nella sua voce. Le mani le formicolano, ansiose di stringersi intorno alla sua gola e stringere, stringere forte, e desidera di non essere legata.
«In questo periodo hai seguito un programma di correzione studiato appositamente per te, ma non ha sortito gli effetti desiderati. Continui ad avere amnesie e attacchi isterici. Ieri hai quasi strangolato un'infermiera. Per questo non ci lasci altra scelta che condurti così davanti al Presidente.»
Compaiono mani sulle sue braccia: la tengono ferma mentre le cinghie che la bloccavano vengono slacciate, e la trascinano attraverso un corridoio impossibilmente lungo. I muri sono costellati di ritratti. Anche nella penombra, Katniss non può non riconoscerli. E non può evitare un'ondata di nausea e di lacrime -non le lascerà scendere, comunque. Finnick. Boggs. Prim. Con la vernice rossa (non vuole prendere in considerazione la possibilità che sia sangue) su ogni immagine è tracciata una grande X. Procedendo, altri volti le sorridono, tutti dolorosamente familiari. La pittura fresca gocciola sulla moquette. Annie. Johanna. I suoi bambini. Peeta. Quando, in fondo al corridoio, incontrano una porta, lei è quasi sorpresa. Sopra l'architrave è appeso un grande stendardo con il simbolo della Ghiandaia Imitatrice. È squarciato, i lembi inzuppati di quella che si ostina a credere sia vernice.
Si chiede perché le facciano vedere questo, dopo il teatrino del manicomio, ma non ha davvero bisogno di rispondersi: confondere e sbriciolare le menti altrui è sempre stato nello stile di Capitol City. Il loro gioco preferito.
La piazza in cui sbucano è affollata: gremita di persone accomodate su alte gradinate, troppo nuove per essere lì da sempre. In realtà, tutto sembra appena ricostruito. In mezzo allo spiazzo, accomodato pomposamente su un trono, sta un ometto coi capelli bianchi. La portano davanti a lui, e Katniss incrocia il suo sguardo. Le stesse fattezze del rettile. La stessa puzza di sangue e fiori. Ma non è Snow.
Quando le ombre anonime che l'hanno portata fin qui le lasciano le braccia, lei sa cosa fare. Le tre dita della mano sinistra sono familiari contro le sue labbra, come se l'impronta digitale fosse rimasta stampata lì per tutto quel tempo. Non le sfugge il brivido che scuote la folla silenziosa.
Il Presidente non si scompone. Le sorride, scoprendo denti affilati da carnivoro. Fa un cenno elegante con la mano, ed è una pioggia di fuoco diretta su di lei. La Ragazza di Fuoco.
Katniss se ne accorge con spaventosa, sconcertante chiarezza: gli Hunger Games non sono mai finiti. Ed è allora che apre le ali.

Quando si sveglia, Peeta è vicino a lei. Dove si aspetta che sia. Inquadra i due capini ricciuti affondati nel suo guanciale, e per la prima volta è contenta che i bambini li abbiano raggiunti nel lettone -ci è voluto così tanto per convincerli che i mostri dei loro incubi non si nascondono nell'armadio della loro cameretta.
«Ti senti bene?» le chiede lui. La sua voce è dolce, come al solito.
«Ho fatto un incubo.» Non parlano mai dei loro sogni, perché entrambi li conoscono fin troppo bene.
La mano di Peeta si stringe con delicatezza sulla sua. Anche quando non sta cucinando, il profumo dei dolci e del pane fresco lo circondano come una seconda pelle. «Adesso va tutto bene.»
E Katniss è felice di sapere che è vero.

Angolo dell'autrice:
Hi ~
Innanzitutto, grazie per essere arrivati fin qui: spero che la fic, per quanto prolissa, vi sia piaciuta. Come ho scritto nell'introduzione, è la prima che pubblico su questo fandom, e... diciamo che non leggo i libri da un po', quindi mi scuso se qualche particolare va contro la trama originale.
Piccola nota: la parte in corsivo è un'aggiunta. Inizialmente pensavo di lasciare il Bad Ending implicito ma neanche tanto, poi però ho pensato: “La Collins ha già fatto una strage: chi sono io per impugnare la falce contro quei pochi sopravvissuti?”
Di nuovo, spero che l'abbiate apprezzata; vi sarei gratissima se lasciaste una recensione (siate pure spietati) ~
Cium
Ukki
  
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