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Autore: Ibizase80    05/05/2014    2 recensioni
Elizabeth ha sempre vissuto, fin dalla sua infanzia, nel Ducato Stein, vivendo circondata da misteri e sospetti. Ma col suo "attacco del fulmine" entra a far parte dell'associazione di Pandora, per aiutare i suoi membri; riuscirà, col suo genio e intuito, a portare a termine il suo "compito"?
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice:
Ho pensato di aggiungere un secondo capitolo. Già. 
Non potevo rimanere col punto interrogativo...sì, io 
...spero vi piaccia! :)



-Forza, entra.-
 
Avanzo lentamente verso il tavolo.
Pieno di scartoffie. Macchiato d’inchiostro all’ estrema destra. Me lo ricordo bene.
- Buongiorno- dico, con voce appena roca.
Quando il Duca mi chiama nel suo studio privato c’è sempre qualcosa di scomodo. Da eseguire. Per me, ovviamente.
-Grazie per essere venuta subito – fa, alzandosi dalla poltrona – avevo un urgente bisogno di parlarvi.
Come? Con me?
Drizzo le spalle. Un gesto involontario, ma credo necessario. Le mie mani si stringono in un pugno.
Emetto un sospiro.
Uh, bene. Suppongo.
Il Duca rimane in silenzio.
Allungo un occhio sulle carte sopra la scrivania: “ESEGUITO”.
Il timbro esibiva bene quello che indicava: l’andamento dell’ultima missione di cattura delle Chain.
Guardo meglio. Conosco quel foglio.
Alzo appena le punte dei piedi. Eccola.
La mia firma.
La missioni è andata secondo i piani, dunque.
Perfetto.
La perfezione è una delle mie caratteristiche. Amo essere precisa. Amo controllare ogni minimo particolare. Ogni minimo dettaglio. Deve essere al suo posto.
Questa volta è stato un lavoro abbastanza complesso. Ogni Chain ha la sua particolarità, e i suoi punti deboli. E sta a me decifrarli. Solo io, nel Ducato, sono in grado di compiere un lavoro simile. Solamente Elizabeth riesce a vedere la Chain. Nella sua pienezza. E l’unica che riesce a vedere il suo interno. Le sue reazioni, le sue paure, le sue forze…la cosiddetta anima.
Questo non solo con le Chain. Anche con gli esseri umani.
Ma, a differenza degli esseri mostruosi, per me decifrare l’anima di un umano può essere molto più difficile. E confusionario. Prova emozioni contrastanti nello stesso istante, pensa molte cose insieme senza concluderne nessuna…preferisco l’analisi visiva, quella che posso concludere studiando l’aspetto e il comportamento di una persona. Se ha il dito a scatto o no. La forma delle sopracciglia. Qualche tic che passerebbe inosservato a chiunque. Forse è questo l’unico motivo perché, nella mia solitudine, continuo a vivere con delle persone. Per studiarle.
A cosa mi servirebbero, altrimenti?
 
La domestica, molti anni fa, mi disse ero una ragazzina sola. Strana. E in parte crudele.
Fossi stata perspicace, in quella tenera età, credo le avrei riso in faccia.
L’essere crudele è quello che prova piacere nel dolore degli altri. Felicità, vittoria, gloria, ai danni altrui.
Non sono così.
Io non provo semplicemente alcun sentimento.
E’ alquanto semplice la cosa.
Ma la cosa che mi costò tutto questo è un’altra.
 
- Come credo avrete già capito, l’ultima cattura è andata a buon fine.-
Analisi esatta, dunque.
Perfetto.
- Vi ho fatto chiamare per ringraziarvi del vostro operato, ovviamente, e per proporvi un’altra cosa.-
Ringraziare me? Da quanto tempo non accade più una cosa simile?
Accenno un inchino. Non sarò troppo misericordiosa.
- Di cosa si tratta?-
Strano a dirsi, ma sta iniziando a incuriosirmi. Più che altro perché spero ardentemente Rudolph si sia confuso con qualche libro letto recentemente. Solitamente succede.
Che idiota.
- Si tratta di questo.-
Allunga il braccio; la mano callosa tiene una busta.
La prendo con delicatezza, per non dare cattiva impressione. Se prendessi la busta con il tocco deciso a me solito sembrerei poco interessata. Frenetica. E altre regole e studi comportamentali che non mi si addicono. E non posso sotto gli occhi del Duca.
Falsità? Non credo.
- Apritela - mi ordina.
Alzo appena lo sguardo e muovo la testa. I capelli rotolano sulle spalle.
Infilo l’indice destro sotto il lembo della busta, e lo alzo con decisione.
Sfilo dal suo interno il contenuto. Una lettera. Decorata agli angoli. Decori rosati. Assomiglia quasi…quasi…no. Non può essere vero.
Non può.
- Ho deciso di mandarvi, insieme a Rudolph, in rappresentanza.-
Ehm, scusatemi? Non ho capito bene.
Come se fosse ovvio io voglia. La mia volontà non è da trascurare, ne siete cosciente, caro Duca?
Avrei voglia di sospirare. Un sospiro carico di rabbia nascosta.
Ma tanto non servirebbe a nulla.
- Potete avvertire voi Rudolph?-
- Sì, senz’altro. -
- Grazie. Potete andare. –
Mi ha anche ringraziato.Una seconda volta. Cosa che non doveva assolutamente fare. Per la sua incolumità futura.
Faccio un inchino e mi ritrovo fuori dalla porta.
Posso urlare? Solo una parola? O anche altre, volendo.
Ma ne basta una.
“NO”.
 
Busso.
- Avanti. -
Spalanco la porta. Anche se in modo stranamente aggraziato. Per il momento che sto passando.
- Ah, sei tu! -
“E chi doveva essere” provo a pensare, mentre lo guardo appoggiare il libro sul bracciolo della sua adorata poltrona.
- Cos’è quella faccia? – prova a dirmi, ridacchiando.
Per favore, non sono in vena. Neanche di pensare in qualche modo alla risposta al tuo sguardo, che non avrei probabilmente formulato.
Allungo il braccio. La busta è acciaccata.
Forse sono così provata che le mie mani, i miei occhi, l’hanno aperta, letta centinaia di volte. Senza che me ne rendessi conto.
Rudolph la preleva dalle mie mani, e la studia esternamente.
Legge l’interno.
 
 
- Un ballo? Ma è fantastico!-
N-non pronunciare quella parola. Quella medesima parola. E’ scritta. L’ho letta. Riletta. Non voglio sentirla ancora. Le mie mani sudano.
F-fantastico? NO, NON LO E’. Non sopporto quella parola. Non voglio sentirla. Non voglio risentirla di nuovo.
Sono stranamente nervosa.
-  Dal tuo ballo non hai mai partecipato a nessun altro, vero?-
Ah, intendi quella cosa fatta uno, due anni fa.
Se lo ritieni divertente, per me non lo è stato. Tutte quelle persone. Quegli sconosciuti.
T-troppi. Erano troppi. Troppi per essere studiati con attenzione, per percepire i loro dettagli. Le loro particolarità. TROPPI.
Tutti a nominarmi. Chiamarmi. “Elizabeth, ormai sei adulta!”
Lo sono sempre stata. Sempre più della gente che mi ha circondato. Tutti questi anni. Non ho bisogno di un ballo per sapere di essere adulta. Non come le ragazze della mia età, che vanno sfoggiando abiti sfarzosi ed eleganti. Che hanno bisogno di essere al centro dell’attenzione per capirlo. Posso farlo benissimo da sola.
- Ci saranno tutti i ducati, stupendo! -
Basta. Questi aggettivi mi danno sui nervi. Non è bello. Non è fantastico. E’…è…
Ho bisogno di sedermi. Mi siedo sulla poltrona opposta a quella di Rudolph. Mentre lui guarda estasiato l’invito, io sono mentalmente nel disordine totale.
Io…non voglio. Non voglio. E’…contro la mia volontà, non possono farlo.
So che lo sto facendo per auto convincermi.
“Elizabeth, è inutile. Non ascolteranno mai la tua volontà.”
Mi sento osservata. Alzo la testa, giusto per intravedere Rudolph. Mi sta guardando.
- Qualcosa non va? -
Scuoto la testa. Devo cacciar via tutti questi pensieri inutili. Alzo lo sguardo.
 
Il sole mi da’ fastidio.
A dire il vero, non mi ero mai accorta oggi ci fosse il sole.
Strofino dolcemente le dita sugli occhi.
-No, non preoccuparti.-
Cosa ho detto? Non preoccuparti? Sul serio? Potevo ampliamente risparmiarmelo.
Abbasso il viso in avanti. Guardo la gonna del mio vestito.
E’ blu cobalto, quello?
- No, è che mi sembra non abbia preso troppo bene questa novità.-
Se ne è reso conto? Sul serio?
Appoggio i gomiti sulla gonna. Chiudo la mano destra in un pugno, e la sinistra a sovrapporla.
Finalmente sospiro.
Un sospiro eterno.
Sento il pavimento cigolare. Dei passi che si muovono verso di me.
Una mano sulla mia testa.
No. Non toccarmi.
Alzo la testa di scatto. Mi alzo improvvisamente.
Drizzo le spalle. Questa volta un movimento più che volontario, anche se inutile.
Giro la testa.
Rudolph mi guarda stupefatto.
Esco dalla stanza senza dire una parola.
Sento uno strappo. Nelle mie orecchie risuona un tuono, anche se fuori c’è il sole.
 
Il mio orgoglio. Chissà se si romperà mai abbastanza.
  
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