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Autore: Bluemuse_    05/05/2014    3 recensioni
Hope è ormai abituata a vivere da sola nella villetta in cui, una volta, abitavano anche i suoi genitori. Cosa succederà quando Nicolas, ragazzo conoscente di sua zia, si presenterà come suo nuovo coinquilino? Un passato simile, un destino comune. Tra ostilità, avventure e (naturalmente!) un'immancabile storia d'amore, ecco la mia prima storiella che spero vi coinvolga fino alla fine.
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Dal capitolo 13:
"Eravamo molto vicini, costretti dalla poca lunghezza delle sue cuffiette bianche, e i nostri respiri si condensavano all'unisono creando nuvolette leggere. Mi girai ad osservare il suo profilo. In quel momento aveva la testa rivolta verso il cielo ad ammirare i fiocchi neve. Doveva piacerle veramente tanto. Abbozzai un sorriso e lei distolse lo sguardo per posarlo su di me. I suoi occhi in quel momento erano semplicemente stupendi, risaltati dal bianco che ci circondava. Mi persi per qualche istante ad osservare i suoi boccoli rossi e la bocca screpolata per il freddo e, in quel momento, pensai che era davvero bellissima."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Cap 1
POV:HOPE
Finalmente le lezioni erano finite, stavo salendo sull’infernale mezzo di trasporto quando Chiara mi fermò, trattenendomi per un braccio.                                                   -Ehi Chiara,piano, così mi stritoli!-                                                                                          
 -Scusa, ma dato che ti conosco sono venuta a ricordarti che questo pomeriggio dobbiamo andare a prendere il vestito per la festa di natale- Oh cavolo, me n’ero completamente dimenticata! – Te lo eri scordato, vero?- alzò un sopracciglio, per poi alzare gli occhi al cielo. Mi conosceva troppo bene.
– Me lo ricordavo benissimo invece!- le feci una linguaccia e salii in fretta sull’autobus, mentre sentivo Chiara che mi urlava un “ma a chi la dai a bere!”. All’orario prestabilito ci incontrammo nel centro della città, girando vari negozi per trovare un abito adatto all’occasione. Fu solo verso sera che ci imbattemmo nel posto giusto: un vecchio magazzino in svendita grande come un capannone. Entrammo, ritrovandoci in un’unica grande sala addobbata con mobili in legno dall’apparenza antica, rischiarati dalla luce di due enormi lampadari vecchio stile, e tanti, tantissimi espositori di vestiti di ogni lunghezza,materiale e colore. Cercammo entrambe con cura l’abito che più ci si addiceva. Chiara lo trovò quasi subito: non troppo corto, di un bel rosso acceso che risaltava i suoi capelli nero pece. Per il mio ci volle più tempo, ma quando addocchiai una stoffa verde corsi subito nel camerino per provarmelo.
-Wow, Hope. Sono senza parole, questo vestito ti sta da dio!- mi guardai allo specchio, soddisfatta: era leggerissimo, di un verde smeraldo abbastanza scuro, con sottili spalline e una scollatura a cuore. Feci un rapido giro su me stessa, facendolo svolazzare al di sotto della cucitura dorata a ghirigori che lo stringeva in petto. Poi si riposò dolcemente poco sopra le ginocchia. Chiara mi scostò una ciocca rossa da davanti il viso, che ricadde a metà schiena, così da notare qualcosa di scuro.                       – Cos’hai sulla spalla? Sembra una macchiolina…-                                                              
 - Ma dove?-                                                                                                                                 
 - Qui, dietro la spalla sinistra. Sembra una voglia a forma di semicerchio!- Mi girai rapidamente verso lo specchio. Ero sicura di non averla mai avuta.                              -Magari non l’hai mai vista perché non c’era. Forse ti è venuta da poco-                      
- E’ impossibile, Chiara. Una voglia si ha dalla nascita, non ti spunta da un giorno all’altro!-                                                                                                                   -Beh allora chiedi a tuo padre no? E’ un medico, di sicuro sa cos’è- Sospirai, poco convinta. Quella cosa non era molto grande ma scurissima, troppo per essere una semplice voglia e aveva la forma perfetta di semicerchio se non per una gobbetta nella parte inferiore. Pagammo i vestiti e ci dividemmo per andare alle rispettive case.

POV:NICOLAS
Era da un po’ ormai che ero arrivato in questa nuova città e già mi ispirava un senso di tranquillità, senza sfociare però nella noia. Domani mattina mi sarei trasferito in quella casa e all’idea ero un tantino nervoso. Decisi di uscire a fare una passeggiata e prendere un po’ d’aria fresca, anche se erano quasi le otto di sera. Uscii dall’albergo e imboccai la prima strada che mi capitò, senza badare a dove stessi andando.

POV:HOPE
Arrivai davanti al cancello che conduceva alla piccola villetta. Oltrepassata quella massiccia struttura in ferro nero, si entrava in un grande giardino, attraversato da un sentierino di erba secca e sassi che si diramava in tre direzioni diverse. La prima, quella sulla sinistra, terminava dopo poco, dove c’era una piccola fontana di marmo bianco circondata da siepi e roseti. In quella stagione tuttavia l’acqua cristallina che di solito sgorgava da due fori era ghiacciata, creando una lastra simile a vetro,e le siepi erano prive di quei meravigliosi fiori che spuntavano in primavera. Un’altra diramazione portava invece sulla destra, inoltrandosi in una fitta vegetazione che in pochi sapevano nascondere un luogo tranquillo e pacifico, dove spesso mi rifugiavo per riflettere o riposarmi. Imboccai la strada centrale, che portava alla casa vera e propria. Non era grandissima, aveva solo tre stanze oltre che alla cucina,il bagno e il salotto. Aprii la porta di legno scuro ed entrai nell’atrio; come al solito ad attendermi non c’era nessuno se non il buio riecheggiante della villa deserta. Andai in cucina, lasciando il sacchetto con il vestito sul tavolo e sedendomi su una delle quattro sedie che gli erano accostate. Lo sguardo mi cadde su una foto incorniciata posta su un ripiano, di fianco a un vaso di fiori. I soggetti erano una bella ragazza dalla capigliatura ingarbugliata abbracciata ad un ragazzo castano con in mano un piccolo fagottino. Era una foto dei miei genitori sedici anni prima. Guardai con nostalgia quella giovane che sorrideva a trentadue denti. Come va,mamma? Un po’ di anni fa mia mamma mi era stata strappata da una malattia, non lasciandole via di scampo. Dopo quella disgrazia, mio padre si era chiuso in una tristezza e disperazione da cui non era più riuscito a uscire e che l’aveva costretto a buttarsi a capofitto nel lavoro, per cercare qualche distrazione, con l’unico risultato di non essere mai a casa e all’estero per quasi tutto l’anno. Ne ero contenta, per il poco tempo che ci vedevamo io e lui litigavamo soltanto. Lui mi gettava addosso tutto il suo rancore e io mi difendevo come potevo, arrivando a odiare quell’uomo troppo debole per reagire. Anche in questo momento non c’era, si trovava in Ungheria e non sapevo quando-e se- sarebbe tornato. Aprii il frigorifero, avevo talmente tanta fame che avrei mangiato anche le gambe del tavolo, ma naturalmente…vuoto! Imprecai. Ma perché ogni volta deve succedere così? Controllai l’ora sul telefono e notai che si avvicinava alla chiusura del supermercato. Cavolo, mi devo sbrigare se non voglio stare a digiuno. Salii velocemente le scale che portavano al piano di sopra e quindi alle camere, presi dei soldi da un barattolo in vetro ben nascosto e mi preparai a uscire. Da dove veniva quel denaro? Semplice, dall’ immensa fortuna che mia zia mi aveva lasciato per continuare a vivere, tra cui c’era anche quella casa. Uscii con il freddo che mi gelava le ossa e mi intorpidiva le dita; la sera era buia e un solo spicchio di luna illuminava il cielo. Entrata nel supermercato presi giusto il necessario per la cena-non avrei fatto in tempo altrimenti-e mi misi in coda alla cassa. Giusto il necessario aveva comunque occupato due sacchetti, che tenni in una mano sola mentre con l’altra rovistavo nella borsa per cercare le chiavi. Ma dove diavolo si sono cacciate? Mannaggia a quest- non feci in tempo a finire il mio pensiero che andai a sbattere contro qualcosa che mi fece cadere per terra, rovesciando il contenuto di un sacchetto. Alzai la testa per vedere cosa si fosse messo tra i piedi e rimasi di sasso. Davanti a me c’era un ragazzo che mi guardava preoccupato tendendomi la mano per aiutarmi. Ringraziai il buio che nascondeva il mio volto rosso come il sedere di un babbuino (sì, tendo a fare paragoni strani) e afferrai la sua mano per alzarmi.                                                      – Tutto bene? Vuoi che ti aiuti a tirare su le cose?-                                                            
 - N-no, grazie ce la faccio- raccolsi le ultime due mozzarelle – Scusami, ero distratta e…-
-Non fa niente, piuttosto ti sei fatta male?-
-No, è stata solo una piccola caduta! Ora devo andare, ciao!- scappai via come una pazza sclerata mentre il cuore cercava di uscirmi dal petto. Dio, si può essere così idiota, Hope? Mai che guardi dove vai! Bene ora ci si metteva pure la mia coscienza. Mangiai in fretta, andando subito a letto con ancora il ricordo confuso del ragazzo in mente.
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ANGOLO AUTRICE
Ok, lo so che speravate in qualche cataclisma universale che mi impedisse di aggiornare la storia, ma le vostre preghiere per il momento non sono state esaudite.
E quindi eccomi qui, con questo nuovo capitolo.
Come già detto mi interessano i vostri suggerimenti o commenti riguardo ai capitoli quindi:FATEVI AVANTI, NON ABBIATE PAURA!
Io vi saluto di nuovo e spero che abbiate la pazienza di leggere ancora <3

 
  
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