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Autore: Bluemuse_    05/05/2014    1 recensioni
Hope è ormai abituata a vivere da sola nella villetta in cui, una volta, abitavano anche i suoi genitori. Cosa succederà quando Nicolas, ragazzo conoscente di sua zia, si presenterà come suo nuovo coinquilino? Un passato simile, un destino comune. Tra ostilità, avventure e (naturalmente!) un'immancabile storia d'amore, ecco la mia prima storiella che spero vi coinvolga fino alla fine.
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Dal capitolo 13:
"Eravamo molto vicini, costretti dalla poca lunghezza delle sue cuffiette bianche, e i nostri respiri si condensavano all'unisono creando nuvolette leggere. Mi girai ad osservare il suo profilo. In quel momento aveva la testa rivolta verso il cielo ad ammirare i fiocchi neve. Doveva piacerle veramente tanto. Abbozzai un sorriso e lei distolse lo sguardo per posarlo su di me. I suoi occhi in quel momento erano semplicemente stupendi, risaltati dal bianco che ci circondava. Mi persi per qualche istante ad osservare i suoi boccoli rossi e la bocca screpolata per il freddo e, in quel momento, pensai che era davvero bellissima."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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TOGETHER WE’RE INVINCIBLE
Prologo
POV:HOPE
Avanzai un passo, poi un altro. Mi fermai e guardai attentamente davanti a me, in lontananza, alla ricerca di una macchia arancione passare veloce. Affrettai la camminata e finalmente arrivai a destinazione. Lasciai cadere la borsa sul marciapiede e mi strinsi nel cappotto leggero. Troppo leggero per questa stagione fredda e triste, mi aveva detto qualcuno un po’ di tempo fa. Diamine, quando imparerò a dare retta agli altri? L’aria gelata del mattino mi penetrava attraverso i vestiti facendomi battere i denti, il respiro mi si condensava in nuvolette di vapore che aleggiavano davanti ai miei occhi per qualche secondo per poi scomparire. Guardai distrattamente l’orologio appeso sopra la mia testa: erano le sette e quarantanove e il mio caffè non aveva ancora fatto effetto. Due fari dall’altra parte della strada mi accecarono e riconobbi il mio pullman. In orario come sempre, pensai ironica. Appena entrai, una folata di aria calda mi spazzò via tutto il freddo che avevo accumulato, facendomi sentire subito meglio. Vidi in lontananza una mia compagna di classe che mi salutò sbracciandosi. Accennai un segno con la testa, la mia mente era già altrove. Ero immersa nel mio fantastico mondo personale, la cui colonna portante era la musica che dalle cuffie mi fluiva nel cervello, riempiendolo di note colorate e leggere capaci di prenderti in mano il cuore e stritolartelo in una dolce agonia. Uh, da quando faccio questi pensieri profondi? Comunque la realtà mi richiamava sempre troppo presto, come in quel momento. Ero arrivata alla mia fermata: la scuola. Vi prego portatemi via da qui. Appena scesi dal mio solito mezzo arancione, il freddo mi riacciuffò con violenza. Attraversai di corsa il parcheggio davanti al grosso edificio giallo, passai la doppia porta d’ingresso e finalmente- se così si può dire- mi ritrovai nel noto atrio con l’albero di natale in un angolo e il profumo di brioches calde che arrivava dal bar. Mi sbrigai a salire le scale fino al terzo piano, perdendo quasi un polmone; alla prima ora avevo la Campana, la prof di matematica e dio solo sa quanto quella donna possa odiarmi.                         – Ancora in ritardo, signorina Claretti?- chiese la vecchia megera con aria stizzita. Prima o poi le sarebbe venuto un infarto, ne ero sicura.                     – Non è colpa mia, il pullman ha ritardato!- Fortunatamente mi lasciò stare, continuando con l’appello, anche se sapevo già che avrebbe trovato il modo per farmela pagare. Mi sedetti velocemente di fianco a Chiara, che mi lanciò un’occhiata come a dire: pronta per un’altra giornata sfiancante? a cui risposi sbuffando e scuotendo la testa. Ma chi me lo fa fare di venire a scuola? Ah già, è obbligatorio.
POV: NICOLAS
Arrivai al gate e controllai l’ora: era l’una in punto, avevo ancora una mezzoretta prima di partire. Mi cercai un posto libero dove sedermi e riguardai per la centesima volta il biglietto aereo. Destinazione: Milano Linate, da cui poi avrei dovuto prendere un autobus per arrivare a Monza. Guardai fuori dalle grandi vetrate, il sole di Tarragona spiccava alto nel cielo e riscaldava persino l’interno dell’aeroporto. Probabilmente era l’ultima volta che avrei visto la mia città natale, ma oltre alla malinconia per la partenza provavo anche una certa curiosità nei confronti della terra di mio padre, che fino ad allora non avevo mai visitato. Estrassi una foto sgualcita dalla tasca dei pantaloni che ritraeva una ragazza sorridente che fissava dritto nell’obiettivo. Non potei fare a meno di pensare alla signora Claretti, che tanto si era presa cura di me in quest’ultimo mese, accogliendomi in casa sua e offrendomi un posto dove stare. Ma non potevo rimanere con lei in eterno, così mi diede un indirizzo e una foto, assicurandomi che mi sarei trovato più che bene con sua nipote. L’altoparlante annunciò l’apertura del gate. È ora di partire. Dopo un respiro profondo, varcai la porta.
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ANGOLO AUTRICE:
Allooora, spero ci siano delle anime pie che leggeranno questa storia e, nel caso questo miracolo si avverasse, vi prego RIEMPITEMI DI INSULTI.
No, non sono masochista. Voglio solo migliorarmi e quindi tutte le critiche sono ben accette (naturalmente anche i commenti positivi)
Per ora vi saluto (si avete capito bene, dovrete subirvi degli altri capitoli, chiedo scusa in anticipo)
Ciao ciao <3
  
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