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Autore: Colli58    05/05/2014    11 recensioni
La sua mano cercò il suo ventre e fece scivolare il palmo dolorante sulla sua pelle liscia, alzando la sua camicia. Kate rabbrividì al contatto delle sue mani fredde a causa del ghiaccio ma lo lasciò fare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Martha Rodgers, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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Victoria Gates era irritata dall’accaduto. Non si era aspettata una reazione tanto sanguigna dallo scrittore e avrebbe approfondito la cosa, ma l’aggressione ad un detective del dodicesimo non era tollerabile in ogni caso, torto o non torto.
“La invito ad allontanarsi da questa struttura almeno fino a quando non avrò approfondito la questione con i testimoni.”
Castle strinse i pugni cercando di obbiettare. “Ho solo difeso Beckett, quel bastardo le ha messo le mani addosso!” Sbottò trattenendo la mano dolorante.
Il detective Steve Denver sorrise e guardò Castle con aria di sfida. Era arrivato da poco al distretto come nuovo detective e si era subito distinto per la sua sfacciataggine. Era un ragazzo sui 35 anni, fisico da modello, corpo scolpito e aria di chi poteva fare tutto senza problemi. Come prima cosa aveva messo gli occhi su tutte le belle donne del distretto, concentrandosi su Beckett in modo snervante. Castle aveva sopportato perché Beckett lo aveva snobbato. Non sembrava piacerle lavorare con lui ma lo doveva tollerare in quanto collega.
Le sue attenzioni però stavano diventando morbose e nonostante fosse chiaro al nuovo arrivato che Beckett fosse felicemente sposata, Steve faceva di tutto per provocarla, per lavorare con lei escludendo in alcune operazioni Castle stesso e la cosa lo aveva reso furioso. Beckett gli aveva chiesto di stare calmo, che quella situazione non sarebbe durata. Denver era un bravo detective ma la sua attenzione eccessiva al mondo femminile lo distraeva troppo. Inoltre si presentava sempre mezzo nudo quando poteva sfoggiando la sua forma fisica perfetta, suscitando invidia tra i colleghi. Castle aveva fatto comunella con Esposito nel detestarlo cordialmente mentre l’anima buona di Ryan non si era ancora schierata.
Ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso era caduta quella mattina. Denver si era permesso di allargarsi troppo con Kate toccandole il fondoschiena senza minimo ritegno in un momento di calma nella saletta relax. Lei lo aveva allontanando e gli aveva allungato un sonoro schiaffo ma Castle, che aveva assistito alla scena entrando in quel momento, si era scagliato contro l’uomo assestandogli un bel pugno in viso.
Denver aveva accusato il colpo ma Castle, non abituato a fare a pugni, si era lamentato del dolore alla mano, dando allo sfidante l’occasione di sfotterlo per la sua debolezza. Così Castle non ci aveva visto più e si era buttato a peso su di lui ma stava soccombendo quando Kate era riuscito ad allontanare i due uomini.
Era sconvolta dall’accaduto e la Gates, che li aveva raggiunti sentendo il caos che ne era generato, aveva richiamato i due nel suo ufficio riprendendo Castle per il suo gesto fuori luogo.
Il capitano non aveva assistito all’evento scatenante e quindi la situazione richiedeva un approfondimento. Lo avrebbe fatto con calma così che gli animi andassero a placarsi e, per il bene dello scrittore e della sua sopportazione, Castle doveva allontanarsi.
Castle scosse il capo e fece il broncio, guardò torvo Denver, il quale gli restituì un sorrisino sarcastico e annuì con piacere alle parole della Gates.
“Lei non pensi di essere in una situazione migliore.” Sbottò freddando la sua ilarità.
“Si prende tre giorni di sospensione. Non prima però di aver concluso la stesura dei rapporti che ancora mi deve.” Denver fece una smorfia.
“Non so da che ranch di vaccari proviene lei, ma qui non siamo disposti ad accettare certi apprezzamenti! Di questo ne risponderà, ne stia sicuro.” Aggiunse con un gesto imperioso.
“Ora fuori dai piedi. Tutti e due.” Li intimò di uscire.
Castle uscì dall’ufficio dopo Denver che si voltò verso di lui con un sorriso beffardo. “Fa male mammoletta?”
Fece per replicare ma si trovò di fronte a Beckett. Il suo sguardo accigliato, forse troppo pungente non prometteva nulla di buono. Non riusciva a capire, in fondo che cosa aveva fatto di male? Aveva solo esercitato il suo sacrosanto diritto di difendere la propria moglie.
La Gates chiamò in ufficio Kate che guardò con preoccupazione il marito prima di entrare.
“Kate…”  Mormorò mentre lei entrava nell’ufficio. Lo lasciò solo senza rispondere.
Esposito lo raggiunse alla scrivania di Beckett mentre lui raccoglieva con calma la sua giacca.
“Mi dispiace Castle, ma stai tranquillo, gliela faremo pagare…” Mormorò a bassa voce. Castle strinse la mano e accarezzò le nocche doloranti. “Non sono granché a pugni. Il corso di autodifesa non aiuta a…” si guardò le mani ben curate, “a imparare a fare a pugni.”
Esposito sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. “Fa male?” Chiese guardando la mano leggermente gonfia.
Castle annuì. “Un po’, ma fa più male sapere che quello non ha sentito nulla.”
Esposito osservò l’ultimo arrivato non nascondendo un certo disappunto. “Non so, sai fa tanto il figo ma per me domani avrà un bel livido. L’hai piazzato bene.” Valutò mimando una mossa di box.
Castle osservò l’ufficio della Gates. Kate era in piedi e annuiva gesticolando. Attese ancora ma la vide sedersi sotto lo sguardo torvo del capitano. Sarebbe stata una lunga giornata e avrebbe avuto il suo bel da fare cercando di concepire come potesse la Gates rimproverarlo solo per aver cercato di levare quelle manacce da polipo dal corpo di Kate.
Sbuffò irritato e senza il minimo riserbo nel dimostrarsi arrabbiato.
Lei era sua moglie, sua e di nessun altro e soprattutto ora non avrebbe permesso all’ultimo stronzetto arrivato al distretto di prendersi la libertà di toccarla. Lei era sua moglie e aspettavano un figlio. Nessuno, per quanto si sforzasse di pensare, oltre parenti ed amici, poteva anche solo sfiorarla.
Sbuffò percependo il suo pensiero come un clamoroso incremento della sua possessività, forse lei glielo avrebbe sottolineato, probabilmente non avrebbe gradito, ma come poteva non difenderla? Esposito scambiò un’occhiata con lo scrittore affranto.
“Senti se vuoi imparare a boxare un po’, posso portarti in un posto…” Iniziò a dire. Castle lo guardò con interesse. “Dici che io…?”
Esposito fece spallucce. “Sei grande e grosso e se impari a tirare bene puoi fare dei bei danni.”
“Ci possiamo andare anche subito?” Chiese Castle guardando la porta del capitano Gates ancora chiusa.
Che si stavano dicendo? La cosa era davvero così grave?
Esposito annuì. “Ti faccio conoscere il proprietario, è un tipo a posto. Ti darà una mano.” Rispose e indicò la porta.
“Dista molto da qui?” Chiese Castle avviandosi lentamente verso il corridoio.
Esposito scosse il capo. “No, un paio di isolati.” Intercettò quindi Ryan e con un gesto inequivocabile indicò all’amico di tenere sott’occhio Denver.
Ryan fece solo un cenno con il capo. Nemmeno a lui era andata giù la situazione, se prima poteva dirsi neutro, ora non più. Castle era un amico e Beckett era come una sorella per loro. Non era quello il modo di coesistere pacificamente, Steve aveva sbagliato clamorosamente. E poi che faccia tosta nell’allungare le mani.
Sperò che Beckett desiderasse vendicarsi almeno quanto lo voleva Esposito e lui non avrebbe interferito, anzi ne sarebbe stato partecipe a costo di farsi dare dei giorni di sospensione.
Nessuno toccava mamma e papà. La vita senza Castle al distretto poi sarebbe tornata ad essere più monotona. Lui era l’uomo del cibo, delle sciocchezze all’ultima moda, delle battutacce ed era anche un fantastico capro espiatorio di tanto in tanto.
Fece l’occhiolino a Esposito mentre lui si allontanava con Castle, anche se non riuscì a capire che cosa stessero tramando quei due. Probabilmente l’avrebbero informato a tempo debito.

“Capitano, Castle ha solo... reagito alla provocazione. Del resto se non lo faceva lui l’avrei fatto io stessa.”
Victoria Gates guardò la sua detective con un ghigno strano.
“Quindi lo avrebbe preso a pugni?”
Beckett annuì. “Assolutamente. Non permetto che qualche stronzetto si creda di poter fare lo spiritoso con me, non deve riprovarci.” Disse con convinzione ed il capitano fece una smorfia.
“Detective, prima di arrivare a tali rimedi forse è il caso di parlare. Di chiarire le cose in modo formale.”
Beckett si agitò. “Di cosa capitano? Quello mi ha toccato il…”
“Lo so, l’ho capito. Ma Castle potrebbe essere accusato di aggressione a pubblico ufficiale.”
“E Denver di molestie sessuali. Non so chi dei due ne uscirebbe bene. Castle è mio marito.” Sottolineò Beckett puntando il dito sulla scrivania. Era così ovvio che Castle aveva solo reagito come un qualsiasi uomo che si rispetti. Era stato anche fin troppo aggressivo per la sua indole, ma stava diventando iperprotettivo, dimenticando forse che lei era in grado di difendersi da sola. E lo avrebbe fatto evirando quello schifoso con un calcio ben assestato nei gioielli di famiglia. Ovviamente non era il caso di dirlo alla Gates quel piccolo dettaglio. Però ora Castle era stato allontanato e le cose si sarebbero complicate come spesso accadeva con lui. Tendeva a drammatizzare, purtroppo, anche le piccole cose.
“Intende fare denuncia contro di lui?” Chiese la Gates.
Beckett sbuffò scuotendo il capo. “Non intendo mettere in difficoltà il distretto. Ma dovrò convincere Castle a non fare un’azione contro di lui e potrebbe non essere facile.”
Il capitano valutò la situazione attentamente. Era una cosa da non far uscire da quelle pareti e una denuncia pubblica sarebbe stata un problema in più oltre a quello comportamentale.
“Di questa cosa le sono grata detective, non vorrei che la disciplinare venisse a far le pulci al mio distretto.”
Beckett sorrise con amarezza. La Gates veniva dagli affari interni, era lì che si era fatta le ossa quindi sapeva come muoversi.
“Lei capisce che io non posso soprassedere a questa cosa comunque, anche se credo nel torto del Detective Denver? La violenza di questo tipo tra colleghi non è ammessa nel mio distretto. Per strada forse, ma sotto i miei occhi non lo posso permettere.” Rispose la donna con un’occhiata feroce. “Il signor Denver avrà ciò che si merita per le sue maniere e stia tranquilla non sarò tenera.”
“Lo spero bene.” Replicò Beckett dura. Sbuffò nervosa.
“Ciò non toglie che fuori da qui…” disse infine appoggiando la schiena alla sedia con un gesto lento e misurato. “Non ho giurisdizione su tutto ovviamente.” Beckett strinse le labbra.
Come donna poliziotto anche la Gates aveva dovuto subire la sua dose di soprusi, a partire dall’accademia. Approva quasi sicuramente una misura, come dire, più ferrea con chi voleva fare lo spiritoso con le colleghe donne e sicuramente avrebbe fatto lei la stessa cosa, ma quella era veramente la porta aperta che le diceva tacitamente di rimetterlo al suo posto?
“Immagino” replicò Kate decisa. “Ma Castle quando potrà rientrare?” Aggiunse con un velo di preoccupazione.
“Appena avrò sistemato la questione con il detective Denver. Comunque lo tenga tranquillo. Non è una decisione definitiva quindi… si prenda solo del tempo.”
Come se fosse facile. Castle lontano da lei e dal distretto per giorni era solo per una causa maggiore come scrivere capitoli in arretrato, presentazione di libri e problemi con sua figlia. Ma dopo quanto successo, come avrebbe fatto a far stare a casa Castle anche solo per qualche ora?
“Capitano, Nemmeno questo sarà facile.” Mormorò Beckett abbassando il capo e mordendosi le labbra nervosamente. L’indomani avrebbe avuto la visita in ospedale. La prima visita per sancire in modo definitivo l’arrivo di quel loro primo figlio insieme e Castle non sarebbe rimasto a casa da solo, la sua mente iperbolica e laboriosa avrebbe creato miliardi di situazioni pericolose e avrebbe finito per chiamarla ogni 5 minuti. Del resto l’aveva avvertita: “Dovrai cacciarmi” aveva detto.
Ma lei non voleva cacciarlo né tantomeno che fosse cacciato dal distretto.
“Credo di capire detective, ma forse è per il bene di entrambi.” Rispose con serietà. Beckett la guardò con interesse. Non era del tutto chiaro cosa intendesse, almeno non per lei.
La Gates si protese sulla scrivania e fece scivolare via gli occhiali dal naso.
“Siete una famiglia. Non rimarrete sempre… in due, penso.” Beckett avvampò. Cosa diavolo stava succedendo? Il capitano li aveva osservati così a lungo da pensare che loro…  Annaspò ma cercò di mitigare la sua reazione. Mettersi a negare vigorosamente sarebbe stato troppo ipocrita, soprattutto di fronte al fatto che avevano ben 3 test che le davano ragione. Si limitò ad annuire torcendosi le mani.
“Lei è sempre un detective, un buon detective e credo che se la sappia cavare qualche giorno senza di lui.”
Beckett rise. “E’ lui che non se la sa cavare senza di me.” Replicò con ironia.
La Gates pose la sua attenzione su alcuni documenti appoggiati sulla scrivania, accanto al suo gomito e puntando gli occhiali come se fossero lenti di ingrandimento. “Vedo che domani mattina ha chiesto un permesso per una visita medica.”
Di nuovo Beckett boccheggiò. Non doveva essere sorpresa del suo acume, era la sua abilità più marcata. Ma l’imbarazzo di nuovo la fece ammutolire.
“Mi tenga informata sul suo stato di salute detective. Lo ritengo importante per… tutti qui.” Finì quindi con un sorriso amichevole.
Considerando la discussione chiusa Beckett si alzò e si avvicinò alla porta.
“Mi raccomando… e si prenda cura di suo… marito.” Sibilò quasi impercettibilmente la donna senza alzare gli occhi su di lei. Beckett trattenne un sorriso. Quella donna era un vero demonio.
Abbandonò l’ufficio in cerca di Castle ma di lui nessuna traccia.
“Ryan sai dov’è Castle?” Chiese al collega.
L’irlandese guardava distrattamente la scrivania dove stava ancora seduto Denver, a testa bassa nella fretta di finire i suoi rapporti e sotto gli occhi di mezzo distretto.
“E’ uscito con Espo. Non so dove fossero diretti.” Gli rispose mentre si girava sulla sedia. Notò lo sguardo preoccupato di Kate trasformarsi in qualcosa di più ferino, aggressivo e pericoloso. Vide riaffiorare la Beckett di sempre, quella che era stata prima di conoscere Castle e addolcirsi, ma che c’era ancora sotto la sua nuova postura, frutto della sua ritrovata felicità. Per Denver i minuti erano contati. Ma non era il momento adatto per attuare una vendetta, avrebbero avuto modo di far qualcosa prima di sera, quando la Gates avrebbe lasciato l’ufficio per tornare a casa. Denver aveva una bella collezione di rapporti da finire che magicamente lievitarono quando altri colleghi cominciarono a lasciare fascicoli di lavori fatti in collaborazione sulla sua scrivania. Il detective si lamentò ma i colleghi non gli diedero il permesso di replicare. Oltre ad essere uno stronzo, era anche l’ultimo arrivato ed era giunto il momento di mettere in atto del buon vecchio nonnismo.
Il dodicesimo si era schierato interamente a favore di Beckett. Ryan sorrise. Per quanto fosse strano, la loro unità come gruppo aveva il suo stile di essere e quello di Denver non era nelle loro corde. Del resto un tale idiota poteva pure starsene al 21° o al 26°.  Nessuno al dodicesimo lo avrebbe rimpianto. Forse solo qualche giovane agente che si era sbattuto in qualche anfratto.
Kate si morse le labbra e cercò nella propria giacca il telefono per chiamare Castle. Guardò lo schermo ma non le aveva lasciato alcun messaggio. Provò a chiamarlo però il telefono suonò a vuoto più e più volte.
Cercò quindi Esposito ma con il medesimo risultato.
Strinse gli occhi e si sedette alla propria scrivania. La giacca di lui era scomparsa e quindi non era in zona.
“Esposito non ti ha detto nulla?” Chiese di nuovo preoccupata. Ryan scosse il capo.

Dopo un’ora di tortura si decise ad uscire e provò a cercarlo a casa. Quando arrivò c’era solo Martha, intenta a provare un nuovo pezzo, sorseggiando allegramente il suo bicchiere di vino.
“Cara, che c’è? Ti vedo preoccupata.” Le disse una volta vista entrare e cercare di stanza in stanza con lo sguardo. Kate sorrise nervosamente. “Rick non è tornato?”
La donna negò stupita. “Pensavo fosse con te al distretto.” Fu il turno di Kate per negare. “C’era ma se n’è andato circa un’ora fa. Ma non so dove.” Rispose con serietà.
Martha posò il copione e il bicchiere. “E’ successo qualcosa giusto?” Chiese con dolcezza. Per Martha quei due erano un libro aperto. Litigavano e poi si cercavano come acqua nel deserto. Adorabili testardi e innamorati fino al midollo e le bastava dare un’occhiata alla loro espressione per capire che qualcosa non andava per il verso giusto. Kate sbuffò, cercando di trovare le parole adatte a raccontare quanto successo a sua suocera.
Martha la prese gentilmente per le spalle e la condusse al bancone della cucina. Versò per lei un copioso calice di vino rosso e glielo pose di fronte, versandone un secondo per sé.
“Tutto ha un aspetto più roseo se è condito da un meraviglioso bordeaux.” Disse sedendo e invitandola a parlare con lo sguardo.
Kate ignorò il calice di vino. Abbassò gli occhi sulle proprie mani. “Oggi Rick ha colpito un collega che si è permesso di toccarmi il fondoschiena.” Disse cercando di essere sintetica. Martha sgranò gli occhi, incuriosita e preoccupata allo stesso tempo. “Che cosa ha fatto?” Chiese.
“Gli ha dato un pugno. La Gates lo ha allontanato dal distretto fino a che la cosa non sarà conclusa.” Spiegò meglio.  Martha assunse un’espressione confusa.
“E che cosa ci sarebbe da concludere tesoro? Gioco di mano, gioco di villano, se al gioco non si è d’accordo a parteciparvi entrambi ovviamente. Ma questo collega è sempre quello di cui parlavate giorni or sono?” Kate annuì. “Ti assicuro che da parte mia non c’è nessuna…” Iniziò a dire ma Martha la fermò alzando la mano cn il suo gesto rituale e vezzoso. “Lo so cara, non intendevo dubitare, ma questo tizio è stato allontanato anche lui?”
“Sì.”
“Beh, è il minimo, spero ci sia un azione più dura nei confronti di questo sfacciato. Richard l’avrà presa male come suo solito. E’ così permaloso…” Martha sembrava voler minimizzare le cose. Conosceva Rick forse con qualche sfumatura in più di quanto lo conosceva lei, sarebbe tornato e avrebbe trovato la soluzione con calma a tutto, ma non vederlo lì, nella loro casa, metteva Kate in ansia. “Era arrabbiato e io… Beh, lui non deve reagire così. Avrei messo a posto da sola quello sbruffone, come è sempre accaduto, ma è stato tutto così repentino che non sono riuscita quasi ad accorgermene e lui se ne stava lì ad azzuffarsi come un ragazzino con quello stronzo.” Commentò espirando.
“Io so difendermi da sola, non mi sarei messa nei guai, ma lui…” sbuffò mordendosi le lebbra e alzando gli occhi su Martha che le sorrise amorevolmente.
“Tesoro, questi non sono guai veri, non per lui almeno, però con te sta diventando molto più protettivo…” replicò facendosi pensierosa. “Una volta avrebbe assistito divertito mentre tu suonavi questo individuo come un tamburo.” Guardò quindi con gli occhi decisi sua nuora e poi aggiunse a bassa voce: “Kate tu stai bene, voglio dire… qualcosa è cambiato… in te in questo periodo?” Ammiccò non volendo fare una domanda diretta e Kate deglutì. Ma per Dio, aveva la frase “sono incinta” incisa sulla fronte? Cosa faceva pensare che lei lo fosse, cosa sapeva Martha? Per quanto ne sapeva lei, Rick non glielo aveva ancora detto, voleva dirlo ai familiari, suo padre compreso, dopo la visita in ospedale.
“Martha, cosa intendi dire?” La donna sorrise. “Intendo una… cosa ben precisa che non è propriamente una malattia. Capisco se tu e Richard non siete ancora pronti a dirlo, ma io saprò tenere il segreto. Kate espirò abbassando le spalle. Annuì lentamente.
Gli occhi di Martha si fecero luminosi e si mise una mano sul petto.
“So che lui sarà sempre accanto a me per proteggermi, ma non voglio che si metta nei guai con il distretto per una cosa come questa. Rischia di essere considerato d’intralcio al mio lavoro e la Gates non accetterà una nuova intemperanza da parte sua.”
Martha annuì, ma sorvolò sul discorso, troppo eccitata dall’aver avuto conferma a quel sospetto.
“Ma tu come stai tesoro, è tutto a posto?” Chiese prendendole la mano con fare materno.
Kate sorrise. Annuì e poi giocherellò con i suoi capelli. “E’ strano. E’ così incredibile.” Disse a bassa voce.
“Ma ti prego, non dirgli che te l’ho detto, ci resterebbe male.”
“Oh, non se ne accorgerà nemmeno, fidati.” Le fece l’occhiolino e strinse di nuovo al sua mano.
Kate ricambiò la stretta gentile. “Come lo hai capito?” Chiese quindi incuriosita.
“Beh, voi due tubavate di più del solito, insomma Richard era molto più prodigo e meno distratto dai videogames…” Kate rise annuendo.
“E poi… le confezioni vuote dei test di gravidanza nei sacchetti della spazzatura.” Ammise candidamente.
Entrambe le donne risero sonoramente, Martha sapeva sempre essere frizzante nelle sue uscite.
“Come indizi non sono male in effetti…” Rispose Kate passandosi una mano sul viso.
Martha bevve un sorso e allungò il bicchiere accennando un brindisi. “Penso che sarà una nuova meravigliosa esperienza per entrambi, cara.”
“Non del tutto per lui…” Commentò Kate.
“Oh, non credere, lo sarà. Non paragonarti mai a quanto è successo nel suo passato Katherine, non sarà minimamente la stessa cosa.” Disse Martha con una convinzione tale che la fece arrossire. Annuì soltanto sorridendo. Ma lui non c’era.
“Dove diavolo è andato?” Disse quindi guardando l’orologio.
Tornò a chiamare il suo numero sotto lo sguardo attento di Martha e finalmente Castle rispose.
“Ehi…” Disse con tono mesto.
“Dove sei? Ti sto cercando da un’ora!” Replicò alzandosi dal bancone e camminando nervosamente per la cucina sotto lo sguardo curioso di Martha.
“Scusa, ero fuori con Esposito. Sto tornando a casa.” Disse quindi in modo atono.
“Stai bene?”
“Sì, non ti preoccupare.” Sembrava dolorante o senza fiato e lei aggiunse velocemente: “Sono a casa anche io. Ti ho cercato qui e…”
“Due minuti e sono da te.” Disse velocemente chiudendo la comunicazione.
Martha prese il suo bicchiere dal bancone. “Immagino sia di ritorno. Vi lascio soli.” Si avvicinò a Kate e le accarezzò il mento dolcemente con una mano.
“E’ solo preoccupato per te, non essere troppo dura con lui. E’ il suo modo, alcune volte un po’ ossessivo, di dimostrare quanto tiene a te e quanto ti ama.”  Chiarì prima allontanarsi. Kate sorrise. “Lo so Martha. Non ce l’ho con lui, sono preoccupata: era così affranto e arrabbiato allo stesso tempo!”
“Oh, cara. Sarete meravigliosi, come sempre.”
“Ma tu ci controlli?” Chiese all’improvviso Kate e Martha rise. “Vivo in questa casa tesoro, alcune volte vi sento…” Ammiccò e abbandonò la stanza.
Kate si prese un solo sorso del bordeaux che gli era stato versato. Lo gustò sul palato per farlo durare a lungo non volendo berne altro. Lo avrebbe diviso con Rick, sempre che lui non fosse ancora così arrabbiato. Dalle sue parole non lo sembrava, ma non poteva dirlo con certezza.
Dieci minuti dopo le chiavi girarono nella serratura e poi Kate udì un tonfo. Gli erano cadute di mano. Raggiunse la porta e Rick era chino a raccoglierle. “Vieni dai…” Mormorò e lui si rialzo lentamente. Quando fu in piedi Kate notò le mani arrossate e le nocche sbucciate e sanguinanti su entrambe le mani.
“Cosa diavolo hai fatto?” Chiese prendendole tra le sue e Castle emise un gemito. Lo guardò in viso e lui fece un sorriso mesto. “Ho fatto lezione di box.” Disse. Entrarono e Kate lo condusse verso la cucina. Posò le chiavi sul bancone e velocemente si diresse al frigorifero. Castle si sedette al bancone guardando il bicchiere di vino.
“Hai parlato con mia madre?” Chiese mesto mentre Kate rovesciava un po’ di cubetti di ghiaccio in un asciugamani per poi richiuderlo e farci una sacca da ghiaccio improvvisata.
“Sì, mi stava chiedendo cosa fosse successo visto che non siamo rincasati insieme.” Prese con cautela le sue mani doloranti tra le proprie e ci mise su il ghiaccio. Castle mugolò di dolore, ma cercò di trattenersi.
“Mi spieghi cosa ti è saltato in mente?” Le chiese cercando di farlo parlare. Il suo volto corrucciato non voleva schiudersi su di lei, ma seguiva con molto interesse le proprie mani rovinate.
“Castle? Vorrai rispondermi prima di notte?” Disse un po’ scocciata dal suo comportamento.
Castle alzò finalmente gli occhi. “Ho soltanto visto un amico di Javi.” Rispose con riluttanza. Kate mosse delicatamente il ghiaccio da una mano all’altra di lui, facendogli distendere le dita.
“A quale scopo Rick? Non hai bisogno di tutto questo.” Mormorò.
“E devo lasciare che succeda di nuovo? Che ti metta le mani addosso ed io non riesca a fare granché?” Replicò con più rabbia.
Kate sbuffò. “Lo avrei rimesso al suo posto e non ci avrebbe più riprovato. Se mi avessi lasciato sistemare le cose da me non ci sarebbero state complicazioni, ma così ora la Gates ti ha dovuto allontanare.”
“Non voglio che fai a botte con quel tipo.” Disse quindi serio. “Non voglio che fai a botte con nessuno.”
“Perché? Perché sono incinta?” Kate si mise una mano sul fianco.
“Non è una ragione sufficiente?” Rispose lui secco.
“Non sono di vetro Rick, sono incinta, ma non sono fragile. E so proteggermi.” Replicò stizzita.
“Spiegami perché non posso essere io a proteggerti in questo modo?” Aggiunse deluso. “Sembra che non ti importi che quello stronzo allungasse le mani.”
Kate sbuffò. “Mi importava eccome e l’avrei preso a pugni io stessa. Castle non ti biasimo per quello che hai fatto. So che lo fai per me…” Iniziò a dire con più calma.
Castle la guardò tenendo il broncio. “Ma non sono forte e abile abbastanza pare. E poi scusa lui può fare quello impunemente e io non posso pestarlo?” Era ancora fortemente deluso per la reazione della Gates e il suo allontanamento gli bruciava come una sconfitta.
“Sto cercando di dirti che il capitano ha dovuto farlo solo per proforma, che una zuffa tra colleghi viene comunque ripresa su ambo le parti, indipendentemente da chi ha ragione o torto, ma ti assicuro che la Gates ha capito.” Chiarì lei con più dolcezza.
Castle liberò una mano dalle cure di Kate e prese un sorso di vino dal bicchiere ancora mezzo pieno. Sospirò e riportò poi la mano dolorante sotto il ghiaccio.
“Voglio proteggerti, anche e soprattutto da certe situazioni.”
“Sono perfettamente in grado di fare da me. Ancora per un po’, e lo sai…”
Castle espirò forte e poi fece una smorfia mentre Kate puliva le sue nocche con delicatezza.
“Ti sei rovinato le mani, non riuscirai a scrivere per giorni. Ma dove ti ha portato Esposito e poi perché?” Kate scosse il capo incredula dell’accaduto.
“Da un amico, lui mi aiuterà a imparare a…”
“Fare a botte? Credi che è questo che voglio?” Disse lei. Stavolta era arrabbiata. “Credi che sia questo che voglio da te? Che diventi un macho spaccone?” Lui cercò di replicare ma lei non gliene diede il tempo.
“Sai quanti di questi pseudo uomini duri ci sono stati prima di te?” Disse mettendosi una mano nei capelli.
Lui disse di no con la testa. “Molti, tre li hai anche conosciuti. Ma guardati intorno Rick, io ho sposato te!”
Castle la vide stringere la mascella con forza.  “Ho sposato te e sono felice di averlo fatto, ma non voglio che tu diventi uno di quelli. Non voglio che tu faccia una cosa del genere!” Kate stava quasi per scoppiare.
Lui si alzò e la raggiunse dall’altro lato del bancone. La strinse ma lei si divincolò.
“Piccola, mi dispiace.” Disse contrito.
“So che vuoi proteggermi, ne sono più che certa. Me l’hai promesso al nostro matrimonio e so che farai di tutto per mantenere quella promessa, ma non è così che voglio che tu la mantenga!” Prese le sue mani e le alzò. Castle strinse gli occhi per il dolore.
Ma il suo dolore peggiore era quello di sentirsi un po’ inadeguato, incapace di difenderla.
Lei lo guardò, scrutando nei suoi pensieri.
“Raramente bastano i pugni per ciò che affrontiamo, ed io non voglio che tu sia diverso da quello che sei ora. Voglio avere accanto quell’uomo che mi ha salvata già una volta e mi ha portato fin qui… dandomi un futuro, una famiglia e… un bambino in arrivo. E’ una forza diversa la tua…” Mormorò cercando di fargli capire l’importanza di quel suo cuore grande e generoso. Lui ascoltò senza interrompere, annuendo con il capo.
“Ma soprattutto voglio che l’arrivo di questo bambino non cambi ciò che siamo. Non smetterò di essere una detective Rick, come non voglio che tu smetta di scrivere, di essere l’uomo dolce e fantasioso di cui mi sono innamorata. Lui o lei, sarà un valore aggiunto nella nostra vita.” Continuò trovando calma nel contatto con le mani di lui.
Castle deglutì. Era così forte e decisa e lui si sentiva così debole in certi momenti e lui restava sgomento di fronte al fatto che lei amasse in lui proprio quelle cose che sembravano renderlo debole e indifeso.
Il suo discorso andava ben oltre l’evento di quella mattina, andava a sfociare in quello che era il loro equilibrio come coppia. Quello che erano e sarebbero diventati, dove lei era evidentemente la più forte tra i due, ma insieme potevano diventare molti di più della somma dei singoli. Loro erano una coppia strana, ma funziona. Lo dimostrava la loro unione e il loro confronto continuo, niente sembrava stabile, tutto era in movimento.
La loro relazione cresceva, si plasmava attorno alle loro unicità, con Kate che imparava a vivere in modo più leggero e lui stesso che ogni giorno imparava da lei l’importanza di essere vivi e capaci di combattere per i propri ideali. Lei che aveva rischiato di perderla così tante volte la vita, aveva imparato grazie a lui a viverla nel modo migliore.
“Mi domando se ti merito…”  Un sorriso debole apparve sul suo volto.
Lei lo prese in giro fingendo di pensare alla risposta e lui sbuffò.
Kate si lasciò infine abbracciare.
“Lo detesto. Sai, verbalmente non mi batterebbe mai, se fosse stata solo una cosa a parole… Però lui ti ha messo le mani addosso nonostante sappia di noi, se n’è fregato. Si comporta come se io non esistessi e non l’ho potuto sopportare.” Sospirò. 
Denver aveva fatto di tutto per provocare Castle con il suo atteggiamento, senza ritegno sotto gli occhi di tutti. Castle aveva ragione: non aveva avuto nessun riguardo nel considerare di fare pesanti avances ad una donna sposata proprio di fronte al suo uomo. Era un esibizionista e Kate sperò ardentemente che la Gates decidesse di rispedirlo al ventiseiesimo distretto da cui era venuto.
“Intendi denunciarlo?” Chiese quindi e Castle la strinse con più forza, dondolando sui piedi.
“Dovresti farlo tu, ma se lo ritieni necessario. Non voglio crearti altri guai.” Mormorò piano tenendo il mento appoggiato alla sua testa. “Ma se solo prova a denunciarmi per percosse, scateno una guerra mai vista prima.” Aggiunse con un velo di rabbia.
“Sssshhhh” mormorò Kate cercando di tranquillizzarlo. “Non lo farà.”
“Ma se il suo obbiettivo fosse stato proprio quello di farsi aggredire da me?” Chiese Castle dubbioso. A questo non aveva pensato prima, ma la cosa era più che plausibile.
Kate si allontanò da lui per guardarlo in viso. “Non è una cosa da escludere Rick. Comunque il distretto è dalla tua parte, non ce la farà. In ogni caso…”
“Facciamo ricerche sui suoi precedenti?” Aggiunse Rick e lei annuì con un sorriso.
Kate lo condusse al divano dove lo aiutò a togliersi la giacca o l’appoggiò allo schienale. Prese le sue mani di nuovo, cercando di distendere le dita una a una.
“Non sembrano rotte.” Mormorò sfiorandole con attenzione. Castle fece una smorfia mentre lei muoveva lentamente il mignolo della mano destra.
“Hai messo i guantoni?” Chiese quindi alzando gli occhi sui di lui. Era un po’ affaticato, e il suo sguardo mogio era irresistibile.
“No, solo delle fasciature.” Rispose cercando di richiudere le mani a pugno ma senza riuscirvi. Kate accarezzò la mano tra le sue e si avvicinò per poi baciarlo lentamente. Rimasero in silenzio alcuni minuti. Fronte contro fronte ad occhi chiusi, giocarono con il loro naso, con le labbra e poi Kate tornò a fissarlo.
“Quanto tempo sei stato ad allenarti?” Chiese curiosa vedendolo molto provato.
“Venti minuti.” Rispose lui. “E non ridere ti prego, non mandare in frantumi quel che resta del mio povero ego di maschio alfa di questa casa.”
Kate scoppiò a ridere. “Maschio alfa? Sei il solo uomo…” Commentò alzandosi e prendendo la sua giacca.
“Questo non significa che io non lo sia.” Sbottò lui imbronciato.
“Siamo la tua famiglia Rick. Ti amiamo, ognuna a modo proprio.” Mormorò divertita. “E non perché sei il maschio alfa, ma perché sei un adorabile cucciolone.” Gli disse e Castle fece una smorfia guardando il soffitto, in un moto che nascondeva un sorrisino compiaciuto.
“Aspetta lì che prendo del disinfettante e qualche cerotto.” Disse muovendosi verso la loro camera da letto. Una volta entrata appoggiò la sua giacca sul letto e da una tasca interna scivolò fuori un foglio piegato in quattro. Lo raccolse e lo lesse: era lo stesso volantino che lei aveva preso al distretto. Si morse le labbra e fece per rimettere il foglio al proprio posto, ma poi ci ripensò.
Corse in bagno, prese il necessario per medicare le mani del suo uomo e uscì lentamente con quel foglio in mano. Si avvicinò al divano e lo diede a Castle che la guardò con stupore.
“Ti è caduto dalla tasca della giacca Rocky…” Disse con un sorriso dolce.
“Ah…”
Lei versò del disinfettante su una garza e poi prese a medicare la sua mano mentre Castle rilesse il documento e poi rivolse a Kate uno guardo indagatore. “L’ho preso giorni fa. La Gates lo aveva appeso in bacheca…” Iniziò a dire. Quel silenzio di Kate era difficile da interpretare se lei non lo guadava in viso. Poteva essere semplicemente pensierosa, oppure stava trovando il modo di dirgli che non doveva intromettersi nella sua carriera? No, forse Kate era solo dubbiosa sul da farsi.
“Scusa, so che non devo fare delle scelte per te, né tantomeno farti pressioni, ma è…”
“Interessante.” Finì lei. Si alzò lentamente e andò a prendere la propria borsa, estraendone lo stesso volantino. Lo mostrò a lui sorridendo.
“L’hai visto anche tu allora!” Esclamò sorpreso mentre il suo cuore si alleggeriva di un dubbio, quello di aver sbagliato a voler intromettersi nelle scelte sulla sua carriera.
“Credo che possa essere un buon momento per studiare e ambire ad un passaggio di grado.” Disse muovendosi lentamente nel soggiorno. “So che non potrò inseguire assassini nel mio futuro stato, quindi… perché no!” Disse tornando da lui che si era alzato andandole incontro. La prese per i fianchi e se la tirò vicina. La sua mano cercò il suo ventre e fece scivolare il palmo dolorante sulla sua pelle liscia, alzando la sua camicia. Kate rabbrividì al contatto delle sue mani fredde a causa del ghiaccio ma lo lasciò fare.
La baciò sorridendo, la baciò sempre più rapito da lei, dai suoi modi. Lo teneva sulle spine ma alla fine dei giochi erano solo loro due e tutto il resto non entrava nella loro sfera, contavano solo l’una per l’altro.
“Per il momento però rimarrò al distretto e adempirò ai miei compiti…” Gli comunicò con decisione. Rick sapeva di non potersi opporre. “Se tu farai il bravo la Gates non ha problemi a farti rientrare a breve.”
Castle annuì. “Anche perché voglio starti vicino.” Replicò convinto.
Lei prese ad accarezzare la mano di lui sul proprio ventre.
“Capisci perché non voglio che tu possa diventare quel tipo d’uomo?” Lo guardò mentre si perdeva nei pensieri di lei e di un loro piccolo. Lui scosse il capo, assorto.
“Voglio le tue mani morbide che accarezzano il mio pancione, quando sarò io a diventare una sorta di Moby Dick voglio il tuo torace a cui appoggiarmi, il tuo essere morbido e avvolgente. Voglio che il tuo abbraccio sia la culla del nostro bambino e la mia quando sarò stanca e affaticata.” Lui chiuse gli occhi. La strinse delicatamente andando ad accarezzarle la schiena e a baciarle il capo.
“Mi piaci così come sei. Non desidero che tu cambi di una virgola…”
Lui fece un ghigno. “Ma la palestra e la piscina?” Lei si morse il labbro.
“Tenerti in forma è una cosa, diventare un picchiatore è tutt’altro. E non mi interessa se sei morbido sul girovita e non hai la tartaruga scolpita, mi piace di più quello che sei qui dentro.” Toccò con una mano la sua testa e poi andò al suo cuore. “E’ la forza di cui ho bisogno.”
Castle la baciò sul naso.
“Sarò felicissimo di fare tutto quello che desideri, di coccolarti e massaggiarti le gambe e la schiena. Uscire per comprarti del cibo assurdo a ore improbabili perché hai le voglie…” Lei sorrise annuendo.
“Ne avrò bisogno!”
“Ti stai documentando Beckett?” Chiese divertito.
“Faccio ricerche in internet, e poi domani è il gran giorno…”
“Come potrei scordarlo? Vedremo il nostro piccolo, che sarà grande quanto un fagiolino!” Replicò Castle entusiasta. Cercò di accarezzarle in viso ma il dolore alla mano tornò ad essere dominante.
“Ora lascia che ti metta qualche cerotto sulle nocche, e tienici del ghiaccio. Io devo tornare al distretto e finire il lavoro. Ma sarò di ritorno quanto prima.” Spiegò sorridendo come ad un bambino.
“Torni presto?” Chiese Castle un po’ titubante. Non era dell’idea di saperla tardare al distretto con quel tipo intorno.
“Sì. Ordina d’asporto visto che non puoi cucinare.”
“Pizza?” Valutò visibilmente più eccitato. Il cibo lo rendeva sempre allegro.
“Andata!” Rispose lei.
Gli mise i cerotti alle nocche più rovinate e poi gli diede un bacio.
Si alzò dal divano con lui che l’aiutò a riprendere le propri cose.
Kate pensò al discorso avuto con sua madre e si sentì in colpa a nascondergli la verità. Così si voltò verso di lui e partì con una richiesta. “Senti prima di uscire devo dirti una cosa ma non arrabbiarti.”
“E’ così grave?”
“Tua madre sa del mio stato. L’ha capito da sola.” Disse con timore. Lui sgranò gli occhi indicando con una mano la direzione in cui si trovava la stanza di sua madre. “Mamma sa della gravidanza?”
Kate annuì. “Ha visto le scatole dei test… così ha fatto…”
“Due più due.” Finì lui.
“Mi dispiace, so che volevi farle una sorpresa, ma ti assicuro che aveva già capito.”
Castle sorrise. “Che cosa ti ha detto?”
“Era emozionata. Ha detto che sarà una nuova esperienza per entrambi e mi ha chiesto se stavo bene.”
“Soltanto?” Castle era stupito. Sua madre non aveva fatto miliardi di domande? Un cenno di assenso da parte di lei lo fece sorridere.
“Forse Martha…” iniziò a dire.
“Ti adora piccola. Andrà pazza dei nostri figli, ed ha anche un’età più consona per essere una nonna, ora non lo potrà negare!” La strinse a sé ridendo. Avrebbe fatto una chiacchierata con sua madre, ma Kate doveva tornare al distretto.
“Stai in campana.” Gli disse mentre lei scivolava via dal suo abbraccio per prendere la porta e uscire con un fantastico sorriso sulle labbra.

Quando Kate aveva parcheggiato l’auto fuori il distretto, aveva visto la Gates uscire. Quindi salì velocemente e una volta entrata nel suo ufficio, trovò i suoi due angeli custodi a tenere d’occhio il detective Denver.
“Ha giusto quasi finito l’ultimo rapporto.” Lo informò Ryan.
Lei li raggiunse e lo osservò con aria di sfida. Abbandonò la giacca leggera sulla sedia e si infilò un paio di manette nella tasca posteriore dei jeans. Avanzò versò la scrivania del collega e si fermò davanti a lui con aria di sfida. Lui alzò gli occhi facendo scivolare lo sguardo lascivo su tutto il suo corpo.
Lei gli fece cenno di seguirla e andò verso l’archivio. Denver, si alzò baldanzoso e la seguì. Ryan guardò Esposito e gli indicò di prendere il rotolo di nastro che aveva sul tavolo. L’ispanico lo raccolse ed insieme si diressero a passi lenti verso la stessa direzione dei colleghi. Kate stava per impacchettare un regalo.
Quando Kate fu nella saletta dell’archivio attese che Denver la raggiungesse. Aveva le mani in tasca e uno sguardo assassino, ma lui parve non accorgersi della sua ira, vedeva solo il corpo flessuoso e sexy di lei.
“Quindi hai deciso di portare a casa la mammoletta per divertirti con me?” Disse lui avvicinandosi e cercando di metterle le mani sui fianchi. Lei lo lasciò avvicinare e poi lo colpì secco al basso ventre con affondo di ginocchio. Denver urlò abbassandosi e tenendo entrambe le mani sui suoi gioielli doloranti. Kate afferrò quindi un suo braccio e lo ritorse, facendo girare l’uomo su sé stesso, diede quindi un colpo secco all’interno delle sue ginocchia e lo fece crollare dolorante sulla sedia poco distante. Gli tenne bloccati i polsi e lo ammanettò alla sedia.
Quando si rialzò il ghigno in viso a Denver era sparito ed era apparso sul viso di Kate.
Esposito gli lanciò il nastro adesivo e lei gli bloccò le gambe alla sedia, senza che l’uomo avesse nemmeno il tempo di reagire. Fece più e più giri di nastro e poi di rialzò. Si appoggiò ai braccioli della sedia e si avvicinò al suo viso.
“Prova a rimettermi le mani addosso e non sarai più capace di usarle per il resto della tua vita. Tocca Castle ancora una volta e ti sparo così lontano che andrai a dirigere il traffico in un paesino sperduto del Nord Dakota. Fai denuncia e io ti denuncio per molestie e… ho abbastanza denaro da farti molto molto male. Sono stata chiara?” Disse con voce bassa, sensuale e letale.
Ryan e Esposito si scambiarono un pugno di intesa.
“Rifallo!” Disse lui per nulla intimidito, ma la voce era rotta dal dolore ed era visibilmente irato per lo smacco.
Kate gli mise il nastro sulla bocca, facendo un paio di giri e, rialzandosi, diede un colpo con il piede alle ginocchia dell’uomo facendo la scivolare la sedia all’indietro sulle rotelle, la quale andò a finire la sua corsa dentro lo sgabuzzino dei faldoni vuoti.
“Vediamo se domani hai ancora voglia di scherzare.” Disse indietreggiando per poi allontanarsi in direzione di Ryan ed Esposito. Loro si avvicinarono e con calma chiusero la luce.
“Era da tanto che non lo facevamo, mi mancava.” Esposito sembrava divertito.
“Non si toccano mamma e papà…” Disse Ryan ammonendo Denver con un sorriso sornione.
“Hai risvegliato la vecchia Beckett, adesso sono fatti tuoi.” Aggiunse Esposito e lentamente chiuse la porta e girò la chiave. La tolse dalla toppa e poi se la mie in tasca.
“Ops! Domani la riporto.” Disse camminando verso l’uscita dell’archivio raggiungendo poi le proprie scrivanie. Tutti e tre si guardarono intorno a saggiare la lealtà dei colleghi, ottennero occhiate e gesti di apprezzamento.
Così Kate riprese la sua giacca e si mosse verso l’uscita. Si rivolse ad Esposito con un’occhiata feroce.
“Fai buona guardia, di a Earl di liberarlo per… le 5 ok?” Esposito annuì.
“E tieni Rick lontano da quelle palestre da strada. Ha fatto a pugni senza guantoni così ha le mani distrutte e non potrà scrivere per giorni…”
Esposito annuì. “Aveva l’aria di aver bisogno d’aiuto.” Replicò.
Kate si mosse i capelli. “Lo so, ma non così. Non così…”
Ryan guardò entrambi confuso. Poi disse a Kate: “te ne vai di già?”
“Mi aspetta… una pizza gigante e… le coccole di un morbido cuscino umano.” I suoi occhi divertiti e l’atteggiamento sbarazzino non avevano ancora cancellato del tutto la sua aria indomita. Salutò con una mano e si diresse a passo lesto verso l’ascensore.


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Sono sostenitrice dei metodi morbidi, tipo Kung Fu panda, ho uno stile mobido...
E mi piace pure Rick morbido.
Sto rinchiusa da una settimana e sono un po' sfasata. Oggi è un burrascoso Castle monday!!

  
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