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Autore: Nadie    06/05/2014    2 recensioni
Vorrei parlarti di statica.
Io non ci ho mai capito nulla a scuola, ma il poco che so è che la statica studia delle dannate condizioni necessarie affinché un corpo mantenga il suo equilibrio anche dopo essere stato sconvolto da forze esterne.
Ecco, io e te siamo un esperimento di statica miseramente fallito.

[Ben e Prudence]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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Il Difetto



Il sapore della sigaretta gli riempie la bocca.
Si avvicina piano al letto e studia con attenzione il corpo di Prudence, adagiato tra le sue lenzuola.
È girata e lui riesce a vedere solo le sue scapole, così evidenti anche sotto la pelle chiara.
Sulla scapola destra ci sono cinque nei vicini.
Lui allunga una mano e li percorre con il pollice, sembrano formare una sorta di L al contrario, un po’ storta.
Sente nel petto una sensazione così nuova e così inspiegabile mentre la tocca.
Si sente pieno, pieno come un campo di fiori.
E si sente infinito, infinito come l’acqua.
Ma non gli basta.
Lui vuole di più, vuole molto di più.
Vuole che le mani di Prudence siano le sue, e vuole toccare il mondo attorno a sé con quelle mani.
Vuole abbracciarsi, accarezzare il proprio viso con quelle mani.
Tenersi stretto, con quelle mani.
Portarsi lontano, con quelle mani.
E le sue labbra.
Brama le sue labbra in modo indicibile.
Vuole tenerle sempre con sé, e baciarle quando e come gli pare. E vederle sorridere, sorridere sempre
E gli occhi. Vuole anche i suoi occhi verdi e profondi.
Vuole vedere quanto è piccolo l’universo con quegli occhi verdi, vuole guardare il mondo, guardare quanto è finito il mondo che lo circonda, perché lui è più grande, con gli occhi verdi di Prudence lui è molto più grande e più infinito del mondo.
E vuole portarli ad Amsterdam, quegli occhi verdi.
Vuole portarli ad Amsterdam, riempirli di immagini di mulini e campi di fiori e poi ridarglieli.
Ecco, tieni i tuoi occhi verdi, li ho portati ad Amsterdam e li ho riempiti, ed ora te li restituisco e tu vedrai ciò che io ho visto con i tuoi occhi verdi.
Ecco, gli piacerebbe dirle così.
Ma ciò che desidera, ciò che vuole più di ogni altra cosa, sono i suoi ricordi.
Vorrebbe estrarli dalla sua mente ed analizzarli, uno per uno.
Vuole sapere tutto, tutto di lei, e vuole portarle via il Difetto, così lo chiama.
Il Difetto.
Il dolore.
Lui vuole portarle via tutti i ricordi pieni del Difetto e dargliene altri, vuole catturare ogni attimo felice e incastrarlo con cura nella sua testa, vuole prendere un pezzo del sole, un pezzo del mare e qualche fiore e iniettarle tutto dentro. 
E lui, lui vuole tutti i suoi ricordi pieni del Difetto, sì, lui vuole il Difetto di lei, se lo vuole prendere tutto e non lasciarle più nulla.
Vuole soffrire tutto ciò che lei ha sofferto, vuole piangere ogni lacrima che lei ha pianto.
Vuole il dolore, tutto il suo dolore.
Prudence si gira piano, ora lui può vedere il suo viso e i suoi occhi verdi, che si aprono a poco poco, debolmente.
«Ben..» chiama piano e lui continua a fissarla, continua a studiare i suoi occhi verdi con quelle sfumature scure che gli portano via ogni parola.
Sono così pieni di tristezza, quegli occhi verdi.
Il Difetto sta cercando di portarli via tutta la luce.
Spegne la sigaretta nel posacenere sul comodino, le si avvicina e la stringe forte.
Pelle contro pelle.
Poggia il naso sulla sua spalla e inspira il suo odore, avido, avido di lei.
E intanto la sente conficcare le unghie nella sua schiena, e lo capisce.
Capisce quant’è fragile, quella ragazza.
Riesce a sentire quanto il Difetto l’abbia svuotata, lacerata.
Ti riempirò io. Ti porterò lontano, in un posto dove è sempre notte e non ci sono strade, ma solo campi di fiori, e resteremo sdraiati su un parto verdissimo a guardare il cielo vuoto, immaginando che ci siano dentro milioni di stelle. E sarai felice, lo giuro, sarai così felice che ti dimenticherai come ci si sente ad essere tristi.
Vorrebbe dirle anche questo, ma si limita a stringerla forte tra le sue braccia e a sentire le sue unghie che si conficcano disperate nella sua carne.
«Rimani stanotte, vero?» chiede lei, e ha più il suono di una supplica che di una domanda.
«Rimango tutta la vita, Prudence» risponde e annuisce, annuisce sicuro, convinto, perché infatti lui sarebbe rimasto, sempre, sempre per lei, lui non l’avrebbe mai lasciata, mai.
Ci avrebbe pensato lei, un giorno, a tagliare i fili sottili e fragili che legavano le loro due esistenze.
Ci avrebbe pensato lei, un giorno, a non rimanere.
Ma lui, lui no.
Lui sarebbe rimasto, anche dopo.
Sarebbe rimasto.
 
 
 
 
 
BOO!
Dai che la smetto, la smetto!
Allora... allora.... allora niente, ecco, non ho molto da dire tranne che questa è la primissima missing moments ed anche la prossima sarà una missing, nada, spero vi sia piaciuta, per il resto ci risentiamo Sabato(visto che ho smesso con i miei ignobili ritardi?)
Grazie bella gente,
C.

 
 
 
 
 
 
 
  
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