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Autore: RedDragon    25/07/2008    3 recensioni
Si trovava lì, in quel luogo indefinibile, ormai privo di ogni suono che non fosse il suo respiro spezzato.
Sola...
Cosa sarebbe accaduto se Xena avesse realmente ucciso Gabrielle mentre sono ad Illusia? La guerriera sarebbe stata capace di accettare la morte della compagna avvenuta per mano sua? Come avrebbe reagito a quella perdita?
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Gabrielle, Xena
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Cap

Cap. 8

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Perdicca non riusciva a credere ai suoi occhi. Il palazzo imperiale era immensamente più grande di quanto non si prospettava dall’esterno, con un numero imprecisato di guardie che si aggiravano tra la folla festante con l’aria truce ed insofferente. Ma, nonostante la presenza di soldati minacciosi e poco propensi a festeggiare, l’aria era allegra e spensierata. Quella festa era vista dai cittadini come una benedizione, un modo per dimenticarsi i problemi e vivere una serata tranquilla. Attendevano le delfinie ancora più impazientemente dei baccanali, visto che la celebrazione del dio dell’ebbrezza non era particolarmente gradita all’imperatrice.

«Come faremo a trovare Gabrielle in questa calca?»

Erodoto lanciò una lunga occhiata alla folla come se potesse osservare attraverso di essa.

Sospirò frustato. «Non lo so. Probabilmente è segregata in qualche prigione… Dovremmo provare ad entrare.»

Il più giovane annuì e si avviò senza avere una meta precisa.

Brancolavano totalmente nel buio, e per di più si trovavano nell’unico luogo in cui non avrebbero mai voluto essere.

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Riuscirono ad entrare senza troppe difficoltà, visto che nessuno era così folle da sfidare l’imperatrice così apertamente tanto da intrufolarsi nel suo palazzo. Ora l’unico problema era non farsi trovare da nessuno, e riuscire ad orientarsi in quel labirinto di corridoi.

«Accidenti!» imprecò Erodoto rendendosi conto che stavano vagando alla cieca. Se andavano avanti così non l’avrebbero mai trovata, anzi sarebbero sicuramente morti nell’impresa.

«Da qualche parte in questo palazzo si trova la mia bambina… ed io non riesco a trovarla!»

Perdicca strinse i pugni fino a far diventare la nocche bianche. Si sentiva così impotente.

Prima che potesse dire qualunque cosa il rumore di passi che si muovevano veloci si diffuse attraverso i corridoi silenziosi.

Una sensazione di gelo opprimente colpì i due uomini in pieno petto, lasciandoli completamente pietrificati nel terrore. Provare a fuggire da quella persona che si avvicinava rapidamente a loro era completamente inutile, con ogni probabilità avrebbero peggiorato la situazione, ma non potevano neppure restare lì inerti ad attendere un destino peggiore della morte.

È la fine…

Nemmeno il tempo di rendersi conto di quel macabro pensiero che la misteriosa figura apparve…

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Gabrielle correva per i corridoi cercando di non perdersi nuovamente.

Tirò un impercettibile sospiro di sollievo quando riconobbe una statua posta al lato del corridoio riuscendosi finalmente ad orientare, ciò nonostante non rallentò la sua andatura.

Non aveva un reale motivo per correre, ma voleva raggiungere la biblioteca il più in fretta possibile.

Aveva provato a mischiarsi alla folla che aveva invaso i giardini del palazzo, ma si era sentita stranamente a disagio e triste. La lontananza dalla famiglia le pesava un po’.

Ma non quando sono con Xena…

Sorrise automaticamente. Il solo pensarla la rallegrava immediatamente. Si sentiva stupida e infantile per questo, ma non poteva farci nulla. E non voleva!

Sono una bambina, una bambina innamorata…

Anche se la guerriera era stata un po’ presa dal suo lavoro in quegl’ultimi giorni, ogni momento libero lo passava con lei, e questo le faceva immensamente piacere.

Era felice, semplicemente felice.

Anche se doveva ammettere che in certe occasioni le dispiaceva essere tenuta fuori dai suoi pensieri, avrebbe voluto essere un’amica di cui fidarsi e con cui sfogarsi prima di tutto, ma evidentemente Xena non doveva essere molto d’accordo, visto che continuava ad estraniarsi nei suoi misteriosi silenzi.

Lei sapeva che c’era qualcosa che la preoccupava, qualcosa che veniva dal suo passato, ma non sapeva esattamente cosa… ma era certa che qualunque cosa fosse stata non le avrebbe fatto tanto piacere.

Era pronta ad affrontare il peso delle sue scelte e a confrontarsi con il suo oscuro passato?

Forse non era ancora pronta per rispondere a quella domanda.

Decise che ci avrebbe pensato quando si sarebbe posto il problema.

Ora era quasi arrivata in biblioteca, le serviva una buona lettura per svagare la mente, ma proprio quando svoltò un angolo la sua marcia fu interrotta da due figure che fissavano nella sua direzione con sguardo terrorizzato.

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«M-ma… c-che cosa…» riuscì solamente a boccheggiare confusa.

«Gabrielle!» la voce di Perdicca rimbalzò commossa sulle pareti possenti.

Erodoto corse ad abbracciare la figlia, versando quasi senza rendersene conto lacrime di gioia.

«Padre…» la fanciulla ricambiò la stretta del genitore con tutta la forza disponibile, per poi allargarla anche a Perdicca.

«Oh quanto mi siete mancati!... Ma che cosa ci fate qui? Come avete fatto ad entrare?» chiese una volta ripresasi da quella inaspettata riunione di famiglia.

«Come che cosa ci facciamo qui? Siamo venuti a salvarti!» rispose sicuro il ragazzo.

«Salvarmi? Oh…»

Gabrielle abbassò lo sguardo colpita da quelle parole, sentendosi in colpa per non aver fatto avere notizie di sé alla sua famiglia.

Era naturale che avessero pensato il peggio e che fossero preoccupati per lei.

«Gabby non ti preoccupare, ora ce ne andremo via da questo posto.»

«Forse… forse è meglio andare a parlare da un’altra parte. Potrebbe vedervi qualcuno…» affermò seria, e senza dare loro il tempo di fare nulla si avviò a passo spedito verso la sua meta originale.

I due uomini si scambiarono uno sguardo perplesso, ma non dissero nulla, in fondo aveva ragione lei, non era sicuro restare a parlare lì.

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Erodoto lanciò un’occhiata circolare alla stanza dove sua figlia li aveva condotti, sorrise vedendo i numerosi rotoli di pergamena riposti sugli scaffali pregiati. Proprio la stanza adatta a Gabrielle!

«Allora, volete spiegarmi che intenzioni avete?»

Perdicca si avvicinò ad un divanetto e si accomodò teso fino allo spasmo. «Non c’è nulla da spiegare. Siamo venuti per riportarti a casa, e penso anche che dovremmo sbrigarci se non vogliamo che qualcuno ci scopra.»

«Non avete idea di cosa state dicendo.» sussurrò abbassando lo sguardo.

«Perché? Non vuoi tornare? Che cosa ti ha fatto quel mostro?» tuonò Erodoto inferocito con quella che avrebbe dovuto essere la sua regina.

«No, a me piacerebbe tornare… mi mancate veramente tantissimo, ma… è complicato.»

«Tesoro, lo sappiamo che sei prigioniera di quell’essere spregevole, è proprio per questo che…»

La voce nervosa di Gabrielle lo interruppe.

«Ora basta! Voi non sapete un bel niente, non la conoscete nemmeno eppure vi permettete di giudicarla!»

Perdicca si accigliò. «Ma che cosa stai dicendo?! È della distruttrice delle nazioni che stiamo parlando! E del fatto che ti tiene prigioniera!»

«Xena non è così!»

Non sopportava che qualcuno giudicasse la persona che aveva scoperto di amare così leggermente.

«Xena? Gabrielle, ma che cosa sta succedendo?»

Erodoto aveva visto uno strano luccichio nello sguardo verde di sua figlia, e sapeva che non avrebbe portato a nulla di buono.

Gabrielle aveva iniziato a torturarsi le mani, osservando le decorazioni del tappeto che stava calpestando e sperando di riuscire a trovare le parole per spiegare tutta quella situazione.

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Avanti Gabrielle, pensa! Pensa!

Allora qui ci vuole calma e diplomazia, e una buona dose di parole in libertà.

In fondo se non puoi convincerli, confondili!

Mio padre mi ucciderà, e a Perdicca verrà un colpo!

Per gli dèi in che guai sono finita!

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«Allora?» provò a spronarla dolcemente il suo promesso.

«Vedete la situazione è un po’ più complessa di quanto pensiate…»

«Complessa? Spiegati, per Giove!»

Erodoto non era mai stato un uomo paziente, e Gabrielle riusciva sempre a portarlo al limite, ma adesso stava esagerando. E stava facendo perdere minuti preziosi alla loro fuga.

Ma Gabrielle non ebbe il tempo di dire nulla perché le porte della sala si spalancarono con un tonfo sordo.

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Xena continuava a fissare la pergamena, senza però guardarla realmente. Il suo sguardo era perso in ricordi lontani e dolorosi.

Lao Ma…

Quanto doveva a quella donna? Forse molto più di quello che credeva.

Il suo mentore, la sua guida, la sua amica…

L’unica che ha veramente cercato di capirmi e di aiutarmi…

Ma le lusinghe del dio della guerra erano state molto più convincenti, rispetto a quelle della sovrana del Celeste Impero, e cedere era stato estremamente facile.

Ancora troppo avida e arida dentro per riuscire a comprendere fino in fondo il suo messaggio.

Ma ora, ora c’era lei e un piccolo spiraglio si era aperto, e finalmente poteva sentire il calore che penetrava da esso.

Eppure nonostante questo aveva ordinato ai suoi generali di tenere pronte le legioni per la partenza. Perché lei sarebbe stata per sempre il flagello dei popoli, e anche se non era intenzionata ad attaccare Lao Ma e il suo regno, non poteva certo mostrarsi debole.

E Gabrielle volente o nolente era una debolezza. La sua unica debolezza.

Se qualcuno avesse scoperto i sentimenti che provava per la giovane prigioniera ne avrebbe certamente approfittato, specialmente nel periodo del viaggio in Cina, dove non avrebbe potuto proteggerla personalmente. Portarla con sé sarebbe stato ugualmente troppo pericoloso.

E l’ultima cosa che voleva era metterla in pericolo.

Ma al tempo stesso Gabrielle era la sua forza, e il solo pensiero di separarsi da lei le provocava delle fitte al cuore che le mozzavano il respiro.

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Lasciala andare…

Lei non è adatta a questa vita. Le farai solo del male!

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Xena scosse violentemente la testa per scacciare quella vocina insolente che in quegli ultimi giorni non voleva proprio abbandonarla. La stava facendo impazzire.

«Im-imperatrice…»

La voce insicura di Leila la ridestò dai suoi pensieri.

«Cosa c’è?» sbottò brusca, facendo indietreggiare la giovane schiava di un passo.

«Volevo solo avvertirvi che Gabrielle è in biblioteca… con degli uomini.»

Un sopracciglio sottile si sollevò, mentre una strana rabbia opprimente mista a tristezza iniziava a scalpitare nel suo petto.

«Uomini?» chiese provando a simulare una voce disinteressata.

«Sì. Non mi sembra di averli mai visti a palazzo.» aggiunse, era molto soddisfatta della reazione della guerriera, ma si guardò bene dal mostrarlo.

Si alzò di scatto e si avviò a passo spedito lungo il corridoi quasi travolgendo Leila, dimenticandosi completamente della sua presenza.

Ora tutto quello che voleva era arrivare in biblioteca e chiedere spiegazioni a Gabrielle, non prima di aver dato una bella lezione a quegli sciocchi che avevano osato avvicinarsi di più di dieci passi alla sua Gabrielle.

Schioccò le dita e immediatamente i due uomini posti ai lati della porta la seguirono.

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Perdicca ed Erodoto sbiancarono di colpo appena la figura maestosa e sicuramente furiosa comparve con alle spalle due soldati che subito li circondarono con le spade sguainate.

Xena si avvicinò a Gabrielle che la fissava con uno sguardo dispiaciuto che le fece mancare un battito.

«Che cosa sta succedendo qui?» chiese con voce tagliente.

La bionda deglutì a vuoto più volte. La situazione era decisamente precipitata. «Io…»

Fu interrotta da due dita che si posarono sulle sue labbra. «Mi spiegherai dopo. Portateli via!»

«Cosa? No, aspetta. C’è un equivoco…»

«Ho detto che mi spiegherai dopo!»

Xena la fulminò con lo sguardo e Gabrielle capì che per il momento era meglio tacere, non voleva rischiare di peggiorare le cose facendola innervosire ancora di più.

I due uomini lanciarono un ultimo sguardo alla fanciulla e si lasciarono trascinare via senza emettere un solo fiato, troppo spaventati e confusi.

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«Allora?»

Al sicuro da occhi e orecchie indiscrete nelle sue stanze Xena tentava di far parlare Gabrielle, che si era chiusa in un mutismo pesante ed estremamente irritante da quando aveva dato l’ordine di portare quei due sconosciuti nelle segrete. La fanciulla si ostinava a fissare il pavimento in piedi davanti a lei, non osando muovere un solo muscolo, con lo sguardo scurito da una stana rabbia mista a timore.

Quando si decise a parlare la sua voce uscì stentata e balbettante. «Quegli uomini… sono mio padre e un mio amico d’infanzia. Erano preoccupati per me, e così hanno pensato di farmi… evadere…»

«Evadere?» era sinceramente confusa, e la cosa che più le era poco chiara era l’imbarazzo di Gabrielle.

L’altra annuì appena e sollevò il suo sguardo verde scintillante fino ad incontrare quello cristallino della guerriera.

Per un secondo dimenticò quello che stava dicendo, abbandonandosi completamente in quel mare profondissimo e misterioso, del quale, ormai ne era certa, non poteva più fare a meno.

Scosse la testa per allontanare quel piacevole torpore e continuò.

«Sai Xena, non è che tu sia conosciuta come la persona più cordiale del mondo…» Xena arricciò le labbra infastidita, ma Gabrielle non le badò. «Loro non potevano sapere che… cioè… sì insomma, che noi…»

Gabrielle si odiò. Ma possibile che ancora non riusciva a dirlo?

Devo solo dire che mi sono completamente, perdutamente, innamorata di lei…

Oh dèi!

Xena rise, stranamente, e la sua risata coinvolse anche Gabrielle che accennò un sorriso luminoso e pieno d’imbarazzo.

«Sei proprio incredibile… Dai, vieni qui.»

Le tese una mano che venne prontamente afferrata dalla fanciulla.

Gabrielle si accoccolò sul divanetto accanto a Xena. La testa poggiata mollemente sulle sue spalle, mentre la guerriera le carezzava delicatamente i capelli che scivolavano morbidi e setosi tra le sue dita rese ruvide dalle battaglie, e il braccio, in un movimento che fece rilassare entrambe.

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Era così naturalmente appagante stare abbracciate così.

Senza maschere. Quando erano insieme potevano mostrare il loro vero volto, consapevoli entrambe di essere al sicuro.

Xena adorava quei momenti, quando il silenzio è rotto solo dal loro respiro regolare, o ancora leggermente affannoso, dipende dai casi, e poteva sentire il battito di Gabrielle sotto le dita che la sfioravano leggermente, come per accertarsi che quel corpo morbido premuto contro il suo fosse reale e non uno di quei sogni in cui si perdeva sempre più spesso.

Inutile dire che mai con nessuno si era comportata in modo così affettuoso e sdolcinato, tanto che lei stessa se ne sorprendeva, ma ormai era chiaro anche a lei che per Gabrielle avrebbe fatto qualunque cosa. Provava per lei sentimenti che andavano oltre il mero piacere fisico, e quindi doveva avere di più.

Le sue attenzioni, il suo rispetto, il suo corpo compreso di cuore pulsante, ma soprattutto doveva avere il suo amore. Sempre.

Sei il mio sempre, Gabrielle.

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Ti tradirà… e ti ucciderà.

No…!

Lo farà, così come hanno fatto tutti… come ha fatto Cesare…

No! Lei non lo farà!

Ti userà solo per i suoi scopi. Lei non prova niente per te, nessuno può provare qualcosa per un essere senza cuore…

NO!

Stare insieme porterà solo alla tua rovina… soffrirete entrambe!

No, io non lo permetterò!

Non puoi farci niente. È il tuo destino…

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«Li lascerai andare?»

La voce di Gabrielle la distolse dai suoi pensieri facendola sussultare.

Ma che cosa mi sta succedendo?

«Sì, penso proprio che lo farò.» borbottò in risposta, non troppo convinta. «Ma farò in modo che nessuno lo sappia.»

«Non vuoi proprio far vedere agli altri la persona meravigliosa che sei?» mormorò la bionda cercando di scrutarle il viso nel disperato tentativo di capire che cosa pensasse.

Xena storse la bocca. «Non posso mostrarmi debole. Se libero loro dovrò concedere la stessa grazia a tutti, e non posso permettere che gli altri pensino che mi stia ammorbidendo fino a questo punto.»

«Allora ti sto ammorbidendo?» soffiò divertita, baciandole lievemente il collo.

La guerriera gemette piano, ma si riprese quasi subito. «Non mi stai ammorbidendo…»

Le sue parole erano così spudoratamente false che non poté sperare neppure per un secondo che Gabrielle ci cascasse. Ed infatti la sentì sorridere contro la sua pelle, per poi riprendere a torturare un punto sensibile dietro l’orecchio.

«Questo è tutto da vedere mia regina…»

Xena gemette nuovamente, più forte, facendo capire a Gabrielle di aver vinto quella piccola battaglia verbale.

«Sei una peste…» soffiò piano la guerriera attirandola verso le sue labbra impazienti.

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Un crepitio e uno scintillio azzurrognolo annunciarono la comparsa del dio della guerra in quella fetida e umida caverna.

Ares arricciò il naso disgustato da quel posto. Lui, il grande dio della guerra, costretto ad abbassarsi a simili nefandezze per colpa di una puttanella che giocava a fare la brava samaritana!

Ma per lei ne vale la pena…

Cercò con lo sguardo la persona che era venuto a trovare, trovandola accucciata in un angolo intenta a fissare la lama lucida di un pugnale.

«Come mai non hai ancora fatto nulla?»

Callisto non sollevò neppure lo sguardo troppo concentrata sull’arma. «Non è ancora tempo.»

«Presto Xena partirà per il Celeste Impero per stringere un patto di alleanza con Lao Ma, se devi agire devi farlo subito! Altrimenti io…»

«Tu cosa?» sollevò lo sguardo fissando quello del dio scurito dall’ira. «Hai coinvolto le parche. Perchè?»

Ares sbuffò infastidito da tutta quella curiosità, del tutto fuori luogo in quel momento.

«La questione non ti riguarda.»

La donna si sollevò in tutta la sua fiera altezza, un sorriso le incorniciò le labbra sottili. «Ti stai giocando tutte le tue carte… vuoi che Xena allontani spontaneamente la sua nuova amante per poi farla uccidere da me. Ma in questo modo non soffrirà come io vorrei che soffrisse.»

«Hai ragione… soffrirà molto di più. I sensi di colpa per non essere riuscita a proteggerla la faranno impazzire di dolore, e a quel punto ritornerà la mia guerriera sanguinaria!»

«Ma che essere spregevole…» mormorò divertita e compiaciuta dal piano del dio iniziando ad accarezzargli il torace scolpito. «Vuoi giocare con i suoi sensi di colpa, con i suoi sentimenti più umani ritorcendoglieli contro fino a stapparle l’anima!»

Ares sorrise compiaciuto sentendo il fiato caldo e umido della guerriera a pochi centimetri dalla sua pelle, e le sue dita sottili che disegnavano arabeschi immaginari e contorti.

Contorti… proprio come lei…

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Continua…

  
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