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Autore: AngyHufflepluffLewis    07/05/2014    2 recensioni
Katniss e Peeta stanno andando a casa di Finnick e Annie, nel distretto 4. Lei ha appena partorito e, Finnick vuole condividere con gli innamorati sventurati la felicità del momento. Finnick non è morto(è un modo per autoconvincermi che non è mai successo niente di simile), e vive in una piccola casetta di fronte al mare insieme a Annie e al nascituro. Katniss è afflitta da un problema però, che riguarda proprio i bambini e che la farà riflettere su una decisione importante che potrebbe cambiarla del tutto. Una decisione già stata presa da Katniss, che si ritrova a pensare se sia veramente giusta o no, per lei e soprattutto per Peeta.
Questo é solo l'inizio della storia. Dato che ha avuto abbastanza "profitto" scriverla, ho deciso di non fermarmi solo a pochi capitoli, ma di continuarla.
P.s: Ho dovuto cambiare il rating, ma non é niente di scandaloso :)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Katniss POV
Mi girava forte la testa e sentivo come se la luce fosse molto più accecante del solito. Ero sveglia giá da un’po’, ma non riuscivo ad aprire gli occhi. Erano entrambi come incollati per volere di una forza superiore. Forse il mio subconscio mi diceva di non aprire per avvertirmi di qualcosa. Magari per dirmi “No! Non ti piacerà quello che vedrai! Meglio restare addormentati per sempre che affrontare la realtà”. Ero così stanca di lottare, che mi sono lasciata trasportare dal mio cervello e sono rimasta in una specie di fase di dormiveglia. Avevo fatto strani sogni mentre ero in coma: Peeta vestito da ghiandaia imitatrice; Rue e Prim che correvano in un prato pieno di rose bianche impregnate di sangue; Finnick invecchiato che rideva con un Elias ormai adulto; Annie e Johanna che facevano gara di rutti; una bambina tra le mie braccia che sorrideva e un bambino che mi correva intorno. Queste fantasie erano intervallate da attimi di buio totale o di luce abbagliante. I miei pensieri da sveglia (più o meno) erano per la maggior parte la paura di non trovare nessuno nella mia stanza ad aspettarmi. Nessuno a cui importasse un povero diavolo steso su un letto di ospedale. Però, per fortuna, quel pensiero fu subito sostituito dalla consapevolezza che almeno Peeta fosse lì. La sua mano calda e forte mi stringeva, anche se sentivo che stava dormendomi vicino dai suoi respiri profondi e regolari. La sua stretta però non aveva fatto ceduto nemmeno per un secondo, ed era rimasta salda a me, come se non volesse proprio lasciarmi andare. “Mi dispiace Annie, ma tu lui non lo avrai” mi dissi convinta. Un impeto di coraggio mi aveva quindi attraversato il corpo dopo quella affermazione, dandomi una carica elettrica su tutte le braccia e le gambe. Da lì cominciai a voler percepire il mondo circostante, per continuare a viverlo e per non sprofondare nella cecità completa. Dato, quindi, che i miei occhi non volevano proprio aprirsi, feci la mossa più logica, ossia attenuare di più gli altri sensi. Era già un  traguardo aver percepito la mano soave di Peeta, così cominciai a tastare le lenzuola ruvide del mio letto, per avere un riferimento. Poi feci respiri profondi e, per fortuna, sentii ancora il profumo piccante della salsedine pizzicarmi leggermente il naso, il ché voleva chiaramente dire che ero ancora nel distretto 4. L’udito si azionò quasi immediatamente quando la voce familiare di Johanna era rimbombata nelle pareti a mo’ di eco. Stesso sarcasmo, umore nero ed estrema sincerità, che vedendo la mia condizione, non poteva altro che farmi sorridere. Mi resi conto però che le mie labbra si erano appiccicate tra loro, e che non potevo quasi muoverle. Potevo fare un sforzo e staccarle ma, decisi di rimandare per dopo.                                                                                                                                                              
Johanna mi aveva difeso. La stessa Johanna che fino a pochi anni fa mi aveva esplicitamente detto che se sarebbe stato necessario mi avrebbe ucciso, mi ha difeso come una tigre infuriata. Gratitudine. L’unica cosa che potevo provare era quella per ciò che aveva detto.                                                                                             Poi fu tutto un susseguirsi di voci impazzite che discutevano come bambini piccoli: Peeta aveva una strana nota piccata e arrabbiata nella voce, Johanna faceva domande inopportune, Finnick la assecondava facendo dichiarazioni intime sul “meraviglioso” rapporto che aveva con Annie e lei rimproverava tutti quanti come una madre snervata. Tutte cose normali in fondo.                                                                                                             
Il sollievo maggiore per me però fu l’ascoltare un Peeta geloso ed una Annie che affermava con convinzione che il loro abbraccio era puramente amichevole. Mi sentii una stupida, e anche colpevole di tutto il casino che si era creato. Sono la solita egoista che pensa solo a se stessa.                                                                               Ed Elias? Sua madre era occupata con una sciocca come me, chi si sará occupato di lui nel frattempo?                                                                                             E Finnick? Lui che sperava di passare una tranquilla vacanza tra amici e famiglia, come si sará sentito vendendo che ormai io l’avevo rovinata?                                                               
E Johanna? Magari non era nei suoi programmi venire qui al distretto 4, magari voleva restare al distretto 7 con qualcun altro invece di vedere me stesa su uno stupido letto di ospedale per un altrettanto stupido atto di gelosia. Era stato tutto creato da me, come al solito. Dovevo rimediare, dovevo scusarmi per quello che avevo causato. Così aprii gli occhi e mi sforzai di parlare per fermare la discussione. 

E ora sono qui, a vedere Peeta immobilizzato e dagli occhi spalancati, osservarmi come se fossi un angelo venuto a dirgli che è incinto del messia (?). Ci fu un doveroso silenzio prima che…                                                                                                                           
-Katniss! Finalmente! Ormai speravo che fossi morta!- mi dice sorridendo Johanna. In questi momenti adoro il suo modo spontaneo di rompere il ghiaccio. Peeta allora si risveglia come da un sonno momentaneo e preme le sue labbra carnose sulle mie più e più volte, intervallando sorrisi increduli a sussurrati “ti amo”. Finnick esulta e prende in braccio Annie, baciandola con trasporto. All’improvviso arrivano il dottore e un infermiere giovane, accorsi sicuramente per il trambusto che avevamo creato. Il dottore sorride a trentadue denti, battendo le mani sulla cartellina medica a mo’ di bongo e l’infermiere viene occupato da Johanna che lo bacia violentemente prendendolo per la cravatta sopra il grembiule candido. La scena si sta facendo così buffa che ormai fermarsi a pensare è impossibile per tutti.                                   Quando alla fine Finnick posa  a terra Annie rossa in viso, Johanna lascia il povero infermiere dall’espressione sorpresa e Peeta smette di baciarmi come per assicurarsi che non fosse tutto un sogno, finalmente il dottore può parlare, avvicinandosi al mio letto.             
-Come ti senti Katniss?- mi domanda.                                                                                                   
-Imbambolata- rispondo io. La mia voce è incredibilmente roca, quasi come modificata. Solo dopo alcuni colpi di tosse riesco ad acquisire un tono decente.                                                    
-È normale, bambolina. Adesso è meglio lasciarti riposare, dopo due giorni sarai di nuovo in sesto, tranquilla- mi rassicura raggiante.                                                     Io guardo Peeta. Lui guarda me. Ci sorridiamo come degli idioti e dopo che il dottore se ne va, ci baciamo un’altra volta con più passione.                                                                          
Finnick ci guarda sorridendo ed Annie lo abbraccia, questa volta più dolcemente.                                   
-Ragazzi…vorrei scusarmi con tutti voi…sono stata una stupida a scappare così, davvero… mi dispiace- dico io, abbassando lo sguardo.                                               -Stai scherzando? Gesù, stare con Peeta ti sta influenzando troppo. Mi spieghi a cosa serve essere così gentili? Bah…non lo capirò mai. Non scusarti, non ne hai il diritto. È stato tutto un equivoco, può succedere d’accordo- mi dice Johanna. Rido mestamente, anche se so che qualunque cosa faranno, non mi fará stare meno in pena con me stessa. -Tranquilla Katniss, non c’è niente di che scusarsi. Riposati ok?- dice Finnick. Dopo avermi salutata, se ne va con Johanna per mostrargli una camera dove stare. Annie se ne va un poco dopo, dandomi un bacio sulla testa e sussurrandomi dolcemente:                                                                      
-È con Peeta che devi parlare. Buon riposo-                                                                                         
E così restiamo soli, io e lui. Decido di cominciare a parlare ignorando il dolore lancinante alla testa.                                                                                                   -Sono stata una stupida, io…-                                                                                    
-No, no affatto. Sono stato io lo stupido che ha frainteso tutto. Ho pensato che la discussione ti avesse dato la certezza, e che ti avesse fatto cambiare idea su…su di noi. E quando ti ho visto abbracciato con Finnick, bé sono uscito di senno. Sono io che devo scusarmi, non tu- mi interrompe rapidamente.                                           -Non cambierei per nulla al mondo il nostro rapporto. Non cambierei mai te, per nessun motivo. Starei delirando non credi! E poi anche io devo scusarmi, con te e anche con Annie per aver sospettato di lei. Giá, sono stata anche io una stupida. In quanto alla discussione, lì si che posso addossarti le colpe- dico io.                                                              
-E perché?- domanda lui, stranito.                                                                                                       
-Perché per la prima volta tu non mi hai capito. Hai subito pensato il peggio di me-.                                              
-Cosa avrei dovuto capire? Hai detto esplicitamente che non volevi bambini!-.                                               
-E invece no-.                                                                                                                                            
-No?-. Non sta capendo più niente, e devo dire che mi da una certa sensazione piacevole vederlo così confuso.                                                                                                                                 
-No, ho detto che mi innervosiscono perché non saprei cosa fare se mi ritrovassi una creatura così fragile tra le braccia. Non ho mai detto che non ne voglio uno Peeta, anzi, più ci penso e più mi convinco che dovremmo provare- dico convinta. La sua espressione è un misto tra il sorpreso e l’eccitato.                                                     -E quindi?-.                                                                                                                                                   
-E quindi facciamolo- affermo.                                                                                                                                      
-Facciamolo!-.                                                                                                                                                   
-Facciamolo!-.                                                                                                                         
Restiamo per un’po’ a guardarci con un certo luccichio negli occhi finché non mi bacia di nuovo freneticamente. Dopo si mette a ballare e a saltare come un pazzoide, urlando che mi ama a squarciagola. Vedendolo così felice mi viene solo da pensare che ho fatto la scelta più giusta.
  
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