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Autore: FrecciaJones    07/05/2014    0 recensioni
Parole e pensieri che prendono forma. "Niente di personale" riprende ironicamente sentimenti e passioni molto "personali" ma astratti e trasportati in un racconto, questo racconto. Spero vi piaccia. commentate e ditemi che non sono la sola :)
Genere: Romantico, Satirico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Avevo passato la mattinata dall’estetista, aspettato quieta il mio turno dal parrucchiere, e provato tre volte due vestiti diversi per poi scegliere di indossarne un altro, riempiendo così la mia giornata, forse, semplicemente, per non pensare a quello che stava succedendo.
Nonostante ciò, però, non mi restava che una cosa da fare :  accendere il motore della macchina e andare in Chiesa.
Ero così nervosa da non avere il coraggio di girare la chiave e mettere in moto, manco dovessi essere io quella a sposarsi.
Per un attimo l’idea di accendere e andare via, lontano (ovunque), stava avendo la meglio, ma, alla fine, non feci altro che guidare intorno all’isolato , per ben due volte,  per poi ritornare al punto di partenza.  Andai a comprare delle patatine al formaggio, che non mangiai, consapevole del fatto che  non solo mi avrebbero rovinato il trucco e sporcato il vestito, ma, prima di ogni altra cosa,  avrebbero fatto del mio alito un insetticida per umani . Insomma mi sforzai e tentai di non affogare i dispiaceri nel “più gusto” per evitare di peggiorare le cose, il mio aspetto e la mia autostima … essendo già abbastanza patetica in quel momento.
            “Toc – toc”
Era mia madre che bussava al finestrino dell’auto.
            “ Che c’è?” domandai irritata .
Lei non rispose, non disse una parola, e si allontanò.
Mia madre mi conosceva fin troppo bene per lasciare spazio a delle parole, inutili e banali, in quel momento.
Sapeva.
Aveva visto me quel giorno e il giorno in cui avevo ricevuto l’invito di partecipazione. Ci aveva visti insieme e aveva visto il modo in cui lo guardavo.
Sapeva che quello non era un semplice matrimonio di un amico, era una disfatta, una guerra fredda, un massacro dal quale sarei uscita come perdente.
E se in tutte le storie c’è sempre un valoroso guerriero, in questa lotta l’eroe non certamente io. Ero il vigliacco, quello che scappa durante una battaglia, che si nasconde dietro un sasso in attesa che tutto finisca, Paride che manda a combattere Ettore al suo posto, ecco chi ero.
Ero così immersa nei miei pensieri che non sentivo il telefono squillare. Lo sentii solo dopo che partì la seconda chiamata.
Era lui.
            “Pronto?”
            “Dove sei finita?” ma non mi diede  il tempo di rispondere e  “Ho bisogno di te” aggiunge a bassa voce .
Si stava sposando, era in chiesa e stava aspettando un’altra donna davanti l’altare, non poteva far sentire quello che mi diceva, doveva parlare sottovoce. Tutto quello che ci riguardava era sempre stato detto sottovoce o, spesso, non era mai stato nemmeno detto.  Noi eravamo un sentimento a bassa voce che non aveva mai preso forma, in parole e gesti.
Mi domandai se veramente ero pronta per affrontare quel giorno, anche se sapevo già  la risposta : non lo ero . Non avrei mai potuto sopportarlo, sarebbe stata un’autodistruzione.  Eppure
            “Arrivo subito” dissi.
Come sempre avevo scelto lui a me, ma, amiche mie, quella sarebbe stata l’ultima volta.
Non potevo scappare da lui, non ci sarei mai riuscita, allora decisi di correre verso me stessa e per farlo dovevo salutarlo per sempre,  dovevo guardarlo negli occhi e metterlo davanti alla verità, la mia verità.  


  
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