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Autore: Kalsifer    25/07/2008    2 recensioni
Un amore stroncato. Due anime divise. Un bambino che li unisce. Riuscirà Tom a ritrovare la sua Andy? Riuscirà a comprendere il vero motivo per cui se ne è andata? ed Eric saprà che Andy è sua madre?? E soprattutto, il loro amore tornerà a bruciare con l'intensità di mille fuochi??
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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*Remember me*


Tom sale le scale, va infondo al corridoio ed entra nella sua camera, il caos regna nella grande stanza, vestiti sparpagliati qua e là, mutande sopra il lampadario e letto disfatto, evidente segno di un’altra notte di sesso passata dal ragazzo per dimenticare, con un braccio fa cadere a terra tutto ciò che è presente sulla scrivania e poggia il piccolo Eric su di essa… “e ora dove ti metto?” pensa, apre un cassetto della cassettiera, lo sgombera dai vestiti e poggia dentro il bambino dormiente “ per stasera dovrebbe andare, domani compriamo la culla”, gli dona un bacio, si spoglia e si corica.
Il sonno tarda ad arrivare, la ferita è ancora aperta nel suo cuore, quella ferita che riporta quel nome, ANDY marchiato a fuoco, solo pochi mesi che non la vede, senza sentire la sua voce, le sue carezze, i suoi baci…
Gli ritorna in mente il giorno in cui la incontrò…

Tom camminava senza una meta per la città, guardava il paesaggio, gli mancava stare un po’ da solo a godersi la natura, era in un parco, si stava avvicinando ad un ponte per passarci sotto quando una ragazza gli sbatte contro, in pieno petto, la guarda in volto, le lacrime scendono copiose dal suo volto, si attacca alla sua felpa grigia e sussurra in tono disperato “ ti prego aiutami”. Guarda verso il ponte e vede due uomini di cui non si era accorto che gridano “ehy bella troia vieni qui!”
T:” non ti preoccupare vieni con me” le sussurra, la prende per mano e si allontanano da quei due che continuano a gridare… vanno al centro del parco e si siedono in una panchina sotto i raggi caldi del sole.
Si ricorda di come iniziarono a parlare, della sua timidezza, le sue gote chiare che spesso diventavano rosse per l’imbarazzo, dei suoi occhi neri quasi quanto la pece che roteavano frenetici scappando dai suoi, di quei capelli anchessi neri che si muovevano ribelli sulle sue spalle, di quei ciuffi che le tormentavano la faccia coprendole quasi un occhio.
Ricorda di come gli parlava presa quando qualcosa le piaceva oppure di come il suo tono si incupiva quando parlava di cose che le facevano male o ancora di come ascoltava attenta ogni parola che lui pronunciava.
Ricorda di come, su quella stessa panchina, gli raccontò la sua storia, una storia dolorosa. Con le lacrime sul viso, le mani tremanti quanto la voce gli disse dell’incendio di casa sua il giorno dopo il suo sedicesimo compleanno quando lei era da un’amica a dormire. Incendio in cui i suoi genitori persero la vita.
Gli raccontò della polizia che si avvicinò a lei e, senza un minimo di pietà, le fecero le condoglianze e le dissero che ora doveva andare in orfanotrofio.
Gli raccontò di come scappò da quella casa che tanto l’aveva fatta soffrire, da quei poliziotti che volevano rinchiuderla con solo uno zaino con dentro quelle poche cose che aveva dall’amica il giorno prima e 30 euro nel portafogli.
Gli raccontò di come le sue amiche non vollero più vederla perché era scappata ed era andata contro la legge. Gli raccontò di come si sentì tradita da quelle persone che credeva amiche.
Gli raccontò di come viveva ormai da un anno, nascondendosi per non farsi riconoscere, di come elemosinava per comprarsi un pezzo di pane, di come cercava disperatamente qualche lavoretto per un po’ di soldi e di come li spendesse per comprare delle batterie per il suo mp3 unico e fedele amico che l’accompagnava nel dolore.
Gli raccontò di come dormiva sotto i ponti, durante le giornate di pioggia con solo una leggere coperta, di come si lavava nei bagni pubblici, di come ogni tanto rubacchiava in qualche supermercato per non morire di fame e di come si scontrava con gente come quella di prima finendo puntualmente violentata.
Gli raccontò tutto questo piangendo, confidandosi con lui,
lui che nemmeno conosceva ma che la faceva stare bene,
lui che le sembrava l’unica persona buona sulla terra perché l’aveva salvata da un’altra violenza,
lui che l’aveva accolta tra le sue braccia quando ne aveva bisogno,
lui che aveva ascoltato ogni singola parola che aveva pronunciato e sempre lui che era rimasto lì con lei nonostante la crudele verità.
Tom continua a ricordare di come, dopo aver ascoltato quella storia, l’abbia abbracciata, l’abbia stretta forte a se sussurrandole dolci e leggeri “non preoccuparti ora ci sono io” nelle orecchio mentre le accarezzava i capelli.
Ricorda di come lei si aggrappò nuovamente alla sua felpa stringendolo forte e continuando a piangere.
Ricorda di come lei lo guardò negli occhi con un po’ di speranza, speranza che lei aveva perduto ma che forse stava ritrovando in una persona sconosciuta, non perché la conoscesse ma semplicemente perché lui c’era…
Ricorda di come la prese per mano e la portò a casa sua, le fece fare una doccia e la face coricare nel suo letto per farla riposare, senza parlare, solamente guardandosi e capendosi.
Ricorda di come, prima di addormentarsi, lei le sussurrò “remember me” come se quello dovesse essere l’ultimo loro incontro…
  
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