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Autore: kiara_star    08/05/2014    5 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap24
L' ultima lacrima



XXIV.





Freyja avrebbe soggiornato nelle stanze regali. Questo era ciò che era stato riferito a Fandral da una delle domestiche, e Sif non sprecò molto tempo a domandarsi della veridicità di quella confidenza: Fandral sapeva essere molto convincente a modo suo.
Attraversò il lungo corridoio in compagnia di Volstagg e dello spadaccino, e giunsero dinnanzi alla porta che era di certo quella che chiudeva le camere riservate alla regina di Vanaheim: alla sua custodia, quattro guardie Vanir che non impiegarono che pochi secondi prima di puntare alle loro gole le armi.
«Non potete stare qui senza permesso di Odino» sentenziò uno dei soldati.
«Non abbiamo intenzione di varcare quella porta. Stiamo solo cercando il nostro compagno» spiegò Fandral con il palmo poggiato sull'elsa del suo fioretto ancora infoderato.
«Chiediamo solo di sapere se si trova ancora in compagnia della regina Freyja» aggiunse Sif, e il soldato la guardò a lungo prima di abbassare l'arma, subito seguito dalle altre guardie.
«Lady Sif e i tre guerrieri, presumo» disse poi scrutandoli con attenzione.
«Al momento due» precisò Volstagg. «E stiamo per appunto cercando il terzo.»
«Lord Hogun è ancora in consiglio con la Regina. Non potete disturbare.»
Sif scambiò uno sguardo con i suoi compagni. Un tacito accordo.
«Bene. Aspetteremo qui che termini il suo incontro» propose.
Il soldato annuì.
«Permesso concesso» disse poi facendo fiorire un sorriso sulle labbra della donna.
«Non era un permesso quello che chiedevamo.»
Anche il Vanr sorrise.
«Le voci sono dunque verità: la prode Lady Sif, tanto coraggiosa quanto incantevole.» I suoi occhi neri si assottigliarono ulteriormente mentre il sorriso di Sif tramontò per lasciare posto un'espressione annoiata.
«Fossi in te darei adito anche a quelle che parlano della sua permalosità, mio buon amico» sospirò Volstagg. «Sono altrettanto vere.»
Fandral rise. «Per non parlare della sua crudeltà...» aggiunse poi facendo ridere anche il compagno.
Sif li guardò con la coda dell'occhio non degnandoli neanche di una risposta.
Uomini... così stupidi.



*



Le guardie non erano ancora giunte. Sigyn aveva trascorso le successive ore ad attendere di vederle aggirarsi per i corridoi e, nel peggiore degli scenari, di varcare la soglia della sua cella.
Non era accaduto. Non ancora.
Enok le aveva parlato ancora della sua casa. Diceva di vederla ogni volta che chiudeva gli occhi, diceva che terminata la sua pena sarebbe tornato dalla sua sposa e avrebbe trascorso il resto della vita a coltivare i campi. Sarebbe tornato ogni sera stanco, con le mani sporche e la schiena a pezzi ma che sua moglie avrebbe reso quel giorno più leggero con un solo sorriso.
Le aveva chiesto cosa avrebbe fatto lei, perché era quel pensiero che avrebbe potuto aiutarla nella prigionia.
Sigyn non gli aveva risposto, Sigyn non conosceva risposte perché non sapeva se la sua prigionia avrebbe mai avuto fine. Se anche fosse uscita da quella cella, Asgard non sarebbe stata più la sua casa.
Neanche Midgard poteva più esserlo, non dopo che aveva tradito la fiducia dei suoi compagni e l'amore di Jane. Aveva tradito la fiducia stessa che Midgard aveva riservato in Thor, quando aveva permesso che Styrkárr venisse in possesso di Mjolnir.
Ora Enok giaceva sul pavimento con gli occhi chiusi, perso in un altro sonno in cui avrebbe visto la sua casa e il sorriso della sua sposa.
Sigyn si passò le dita sulla fronte sentendo lo stomaco brontolare e la gola stringere. Non aveva neanche dell'acqua in quella cella, tanto meno del cibo.
Forse la sua condanna sarebbe stata quella di morire di stenti e di fame.
Quale umiliazione...
Sentì il rumore di stivali giungere da lontano e il cuore palpitò più velocemente.
Si irrigidì con le spalle contro il muro e prese profondi respiri.
I passi si fecero più vicini. Era più di un uomo, forse due, tre. Udì il fruscio delle vesti e il tintinnio metallico delle catene, o erano spade. Non aveva la lucidità necessaria per poter decidere con più sicurezza.
I suoi pensieri furono gelati nel momento in cui una guardia giunse dinnanzi alla sua cella. Le vesti erano quelle scure dei carcerieri, le mani a stringere una grossa chiave.
Si alzò immediatamente in piedi cercando di non far trapelare la sua inquietudine.
Era un guerriero, per le Norne, le sue gambe non avrebbero tremato!
L'uomo la guardò con evidente curiosità e un accenno di sorriso sul viso barbuto mentre infilava la chiave nella grossa serratura.
Sigyn strinse i pugni lungo i fianchi quando l'uomo aprì la cella. Era pronta a usarli se fosse stato necessario.
Ma la guardia non entrò, non le si rivolse neanche più con lo sguardo.
Era diretto a qualcun altro quello sguardo, e quando l'uomo parlò, capì anche chi fosse: «Prego, mia regina.»
A scorgere il viso di sua madre non seppe trattenere una lacrima che scivolò vilmente sulla sua guancia ancora dolente.
«Potete lasciarci.» La sua voce era come al solito decisa ma rassicurante.
La guardia chiuse la cella alle spalle di Frigga e si allontanò. Tre guardie reali, le stesse che li avevano prelevati dalla Terra, si porsero a difesa della cella, celandone la vista a chiunque avesse transitato nel corridoio.
Sigyn sentì il cuore battere così forte da fare male.
Non riuscì neanche a scostarsi dalla parete a cui aveva quasi incollato la schiena.
Fu Frigga a fare ancora un passo, con le mani intrecciate davanti, e la sua bella veste di sera a scivolare su quel pavimento indegno perfino di essere calpestato dai suoi piedi.
«Madre...» sospirò sentendo il freddo soffiare sulla pelle resa umida da quell'unica lacrima.
Frigga non disse nulla.
Si avvicinò ancora. Le poggiò una mano sul viso e asciugò con il pollice quella piccola riga salata.
«Perdonami.» Subito ne cadde un'altra. «Perdonami, madre.»
Quando poi le sorrise dolcemente, Sigyn non riuscì a trattenerle più.
«Ti prego, perdonami.»
Frigga la accolse fra le braccia, e Sigyn lasciò andare tutte quelle che aveva soffocato. Lasciò andare la sua colpa, la sua vergogna, la sua rabbia, la sua incertezza, la sua stessa paura. Lasciò che quel cuore che Loki diceva di amare tanto, rotolasse fra le mani di sua madre e che lì restasse a farsi stringere, così come le sue mani la strinsero forte contro il suo seno, così come le dita scivolarono dolci fra i suoi lunghi capelli.
Se aveva ancora una casa, era fra quelle braccia.





ஐஐ





Amora si guardò intorno con aria soddisfatta. Quel piccolo mondo era veramente interessante. Benché i suoi abitanti fossero poco più che fastidiosi e inutili insetti, Midgard era un luogo magnifico, con colori e aromi diversi e invitanti. Anche nella sua miseria era un luogo di una certa bellezza. Non si stupiva che Thor lo avesse sempre amato, ciò che non tollerava era che avesse preso a cuore quegli stupidi terrestri, che avesse preso a cuore una di loro.
Lo guardò con un sorriso mentre il sole caldo si rifletteva sull'oro della sua armatura.
Attorno a loro un'ampia landa di sabbia. Poco distante, una città illuminata da mille fuochi elettrici, visibili nonostante il giorno.
«Dove trovo i cinque cuori che mi hai chiesto?» Le domandò Thor toccando con le dita, coperte dai guanti, l'elsa della sua spada che pendeva al suo fianco sinistro.
Amora ne percorse la lunghezza con lo sguardo prima di portarlo all'orizzonte assolato.
«Saranno loro a trovare te. Non temere» gli rispose incrociando le braccia sul petto. «Dovrai solo attirare la loro attenzione.» Sorrise verso il suo principe.
Thor studiò in silenzio la sua espressione per poi tornare con lo sguardo alla città in lontananza.
«Non sarà un problema» affermò estraendo poi la sua spada. «Quando giungeranno, strapperò i loro cuori con le mie mani.»
«So che lo farai, amore mio» sospirò ancora la donna mentre guardava Thor che si incamminava verso il piccolo centro abitato. «O per lo meno ci proverai...» aggiunse in solitudine mentre aspettava che il suo piano si realizzasse davanti ai suoi occhi.
Piccola serpe, avrai ciò che meriti.
Ancora un sorriso baciò le sue labbra quando si udirono le prime urla.



*



«Non dire cazzate!» brontolò Clint lanciandole contro una manciata di patatine.
Natasha sorrise.
«È solo la verità» ribatté raccogliendone una dalla tastiera del PC e portandola alla bocca. «Ho sentito la Hill dirlo con le mie orecchie.»
Clint sbuffò togliendo i piedi dal tavolo e guardando annoiato i monitor.
«Come può dire che sono gay? Siamo anche stati a letto insieme!»
«Prova a ricordarti come è andata, forse è da lì che è nata la sua convinzione della tua omosessualità.»
Stavolta le arrivò una penna che la colpì dritta alla nuca.
«Fai sesso con me e poi ne riparliamo.»
Si voltò a guardarlo con un ghigno.
«A tuo rischio e pericolo... Lo sai cosa si dice delle vedove nere? Spesso uccidono il maschio dopo l'accoppiamento.»
Clint sorrise.
«Ora capisco perché sei ancora single nonostante quelle tette.»
Natasha non aveva nulla da lanciargli a parte uno sguardo divertito.
Fury aveva acconsentito a dar loro solo il compito di monitorare la situazione, e così avevano trascorso l'intera mattina nella sala monitor a cercare qualcosa che li potesse condurre da Styrkárr o da Amora.
Fino a quel momento era stata una ricerca infruttuosa.
«Dato che stiamo in tema di confidenze, è vera quella storia di te e Ward?» chiese Clint accartocciando la busta di alluminio e lanciandola nel cestino all'angolo della stanza.
«È ancora vivo, giusto? Credo basti come risposta.»
Clint sorrise e sul suo viso lesse la voglia di non abbandonare quella discussione, ma un sibilo risuonò nella sala spezzando quella parentesi di apparente relax.
«Che succede?» mormorò la Vedova Nera cercando la natura di quell'allarme.
Anche Barton si mise al lavoro.
«C'è stato un attacco, a poche miglia da Las Vegas.» La informò recuperando le immagini delle telecamere nella zona.
Si vedeva fumo e fiamme, gente che correva spaventata.
«Un attentato?» chiese Natasha. «Da parte di chi?»
«Lo sapremo presto.»
Clint recuperò altre riprese mentre nella stanza entravano alcuni agenti che riportavano la medesima notizia.
«Agente Romanoff, dobbiamo contattare il direttore?» le chiese uno di loro.
«Prima dobbiamo avere qualcosa da dirgli» rispose e l'uomo annuì.
«Nat... vieni a vedere!» La voce di Clint arrivò debole alle sue orecchie. Lo raggiunse e guardò il monitor.
Schiuse la labbra per lo sconcerto non riuscendo a non far battere con meno forza il suo cuore.
«Non può essere...» sospirò mentre guardava un uomo che veniva gettato a terra. Una lama lo trafisse alla schiena.
L'elsa era impugnata da Thor.



*



Bruce non riuscì a non sorridere mentre guardava Steve che cercava di trattenersi dall'afferrare Tony per il collo.
«Neanche un piccolo dettaglio? Niente di sconcio, giusto qualche accenno...» insisteva Stark mentre Steve beveva il suo caffè con invidiabile self control, chissà per quanto ancora. «Andiamo, Rogers! È anche merito mio se ti sei trovato la fidanzata.»
«Stark, se non la pianti con questa storia vedrai un lato di me che, credimi, preferiresti non conoscere.» Fu la replica – minaccia – del capitano, che si alzò poi dalla sedia per abbandonare Tony e la sua curiosità al tavolo.
«Scusalo, Steve. Cerca solo di distrarsi» disse quando il compagno lo affiancò.
Steve prese un respiro e poi sbuffò.
«Potrebbe trovarsi un altro modo per distrarsi al di fuori del farsi gli affari degli altri, e quando dico “degli altri” intendo “miei.”... Brutto pettegolo...»
«Guarda che ti ho sentito!» brontolò Tony dall'altro lato della stanza. «E comunque posso sempre chiedere a Linn. Siamo amici e molto intimi, anche.»
Steve si voltò spazientito.
«Tu provaci solo a dirle qualcosa, Stark!»
«Uh... paura che vengano fuori dettagli imbarazzanti, Cap? Dimensioni o durata?»
«Ok, te la sei cercata adesso!»
Bruce rise ancora mentre Steve si dirigeva furente verso di Tony che a sua volta era balzato in piedi pronto a prendere la porta, ma con un sorriso divertito sul viso.
Erano davvero una banda di strambi personaggi, doveva ammetterlo, e qualche volta l'essere in possesso di un alter ego verde sembrava essere anche la cosa meno strana di tutte.
Alquanto inquietante...
Tony era appena saltato sul tavolo, con Steve sul punto di tirarlo giù con maniere ben poco cortesi, quando Natasha era entrata come una furia dalla porta.
«Preparatevi!» aveva ordinato loro. Sul viso un'espressione dura.
Bruce si era avvicinato stringendo ancora nella mano il suo caffè ormai freddo.
«Prepararci per cosa?» chiese.
Tony era sceso dal tavolo e Steve aveva dimenticato la sua vendetta per prestare tutta la sua attenzione alla compagna.
«Che sta accadendo adesso, Nat?»
«Dobbiamo andare in Nevada. C'è un attacco in corso» comunicò loro. «Clint sta preparando il jet... Bruce, stavolta vieni con noi.»
Un secondo che parve durare un eternità.
Il dottore mandò giù la sua inquietudine mentre si sistemava gli occhiali.
«Per quale motivo?» Fu Tony a chiederlo e Bruce temette la risposta.
«Perché abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile per fermarlo.»
Odiava doverlo fare, odiava doverlo lasciare andare, ma non poteva neanche tirarsi indietro. La vacanza era durata anche troppo.
Annuì soltanto mentre Steve si avvicinava ulteriormente a Natasha con la stessa domanda che stava attraversando la sua testa e di certo anche quella di Tony.
«Per fermare chi?»
Natasha prese un profondo respiro che diceva tanto. Bruce sentì il cuore rallentare e poi riprendere a battere forte. Il contabattiti stava già andando su di giri.
«Thor» rispose Natasha, e probabilmente quello di tutti stava battendo alla stessa folle velocità.





ஐஐ





Indossava ancora quei vestiti terrestri, quei volgari jeans e quella camicia chiara.
Su una seggiola, Loki aveva trovato degli abiti puliti, accuratamente piegati. Li aveva lasciati lì, senza dar loro più di un fugace sguardo.
Da quando Frigga aveva lasciato la sua cella, aveva trascorso il tempo in silenzio, con la mente impegnata a correre tortuosa.
Freyja era lì, il che voleva dire che Vanaheim era pronta a scendere in campo in caso di guerra, benché fosse più probabile che quella guerra vedesse impegnata in prima linea Asgard. In fondo era questo il piano di Styrkárr: attaccare Asgard e farla cadere. Eliminare la famiglia reale e prenderne il controllo, che poi lo facesse in nome di un regno che lo aveva cacciato e di una regina che lo aveva rinnegato, erano questioni che non lo riguardavano, che non riguardavano neanche Odino.
Odino voleva solo liberarsi di quel Vanr e riprendere Mjolnir e, con esso, riprendersi Thor.
E lui l'avrebbe persa ancora una volta.
Si passò una mano sugli occhi respirando a fondo.
No, non era disposto ad accettare quell'eventualità, in nessun caso. Non adesso che l'aveva ritrovata, che le aveva aperto il cuore e che aveva lasciato cadere ogni maschera.
No, non avrebbe perso Sigyn una seconda volta.
Frigga l'avrebbe protetta dalle decisioni folli di Odino, e grazie all'incantesimo che aveva fatto, era al sicuro anche dalle mire dell'Incantatrice.
Era al sicuro, e questo importava.
Doveva solo riflettere e agire senza sbagliare e tutto sarebbe andato per il meglio.
Nessun fallimento, non stavolta. Il prezzo da pagare sarebbe stato troppo alto, troppo alto anche per lui.



*



La guardia entrò con fragore nella sala del trono, frantumando il silenzio che gli aveva fatto compagnia fino a quel momento.
«Mio re!» Il pugno a battere sul petto e il capo chino.
«Parla» comandò Odino e il soldato alzò il volto.
«Heimdall chiede di voi. Dice di raggiungerlo con urgenza.»
Lo congedò con un cenno del capo e aspettò che il giovane abbandonasse la sala prima di lasciare andare un lungo sospiro.





ஐஐ





«Quanto manca all'arrivo, Jarvis?»
«Undici minuti, signore
«Facciamo cinque, ok? Massima spinta nei propulsori.»
«Come desidera
Alle sue spalle, il jet dello S.H.I.E.L.D. lo seguiva. A bordo oltre a Cap, Clint, la Romanoff e Bruce, solo una manciata di agenti.
Dalle immagini che stavano giungendo ciò che stava accadendo aveva tutte le caratteristiche per essere classificato sotto la didascalia “massacro”, e nessuno poteva credere che l'autore fosse Thor. Nessuno.
Doveva essere un trucco, un'altra di quelle cazzate magiche asgardiane. C'era anche la bionda con lui, l'ex squilibrata che aveva messo in difficoltà anche Steve.
Era un'illusione, di quelle che usava anche Loki.
Non era di certo Thor quello che stava mettendo a fuoco e fiamme una piccola cittadina del Nevada.
Thor era su Asgard, con Loki, ad affrontare le prediche di Odino.
Era così, doveva essere così.
Fury si sarebbe occupato di evitare che quelle immagini giungessero su una qualsiasi piattaforma, tv, internet stesso. Lo S.H.I.E.L.D. poteva permettersi certi sistemi di controllo, per quanto la cosa fosse inquietante.
Iron Man scorse i fumi salire alti.
Era ormai giunto. Altro che cinque minuti: ne aveva impiegati poco più di tre.
«Stark? Non fare di testa tua. Chiaro?» La raccomandazione di Steve risuonò nel suo casco.
Volò proprio sopra al luogo dell'attacco scorgendo molti civili in fuga, alcuni bloccati fra le lamiere delle auto, altri fra i detriti di qualche edificio prossimo al crollo.
«Ricevuto, Cap. Ma cercate di sbrigarvi.» Li invitò mascherando la sua reale preoccupazione.
La situazione era peggio di quanto avevano immaginato.
«Saremo lì fra cinque minuti.» Lo informò Natasha.
Proprio in quel momento un uomo stava urlando in preda al dolore, con il busto schiacciato sotto il peso di un palo della luce caduto al suolo.
Si diresse immediatamente verso di lui sollevando con facilità il lampione e permettendogli di scivolare via.
«Tutto intero?» chiese e l'uomo annuì mostrando ancora sofferenza. Il viso segnato da lividi e tagli, gli abiti strappati. Soprattutto una comprensibile paura a bruciare nelle sue iridi.
«Trova un riparo. Sta arrivando la cavalleria.» Provò a rassicurarlo, ma l'uomo sgranò gli occhi guardando oltre le spalle della sua Mark e poi iniziò a correre spaventato.
Tony lasciò cadere a terra il lampione e si voltò scorgendo il motivo di quel terrore.
Non poteva essere davvero lui.
«Jarvis, rilevi una qualche energia insolita?» chiese mentre guardava il figuro che pretendeva di essere Thor avanzare a passo lento verso di lui. Fra le mani quella spada barocca che aveva trovato ridicola già dalle immagini. Come se il vero Thor potesse mai maneggiare una spada!
«Nessuna, signore.»
«Attiva gli infrarossi.»
Almeno sarebbe stato facile stabilire che tipo di illusione era. Ma la vista della Mark rilevava valori stranamente nella norma. Era un corpo vivente quello che si faceva sempre più vicino.
Disattivò gli infrarossi e zoomò sul suo viso. I suoi occhi erano gli stessi, i suoi lineamenti, la sua espressione.
No, non puoi fregarmi.
Non era Thor. Non poteva esserlo.
«Jarvis, voglio che fai una comparazione in termini di valori vitali fra quelli rilevati da questo tizio e quelli che abbiamo in archivio di Thor.»
«Procedo subito
Non sei Thor.
La ricerca avrebbe dato esito negativo. Ne era certo.
Eppure si ritrovò ad attivare i propulsori inferiori e sollevarsi dal suolo di una decina di metri.
«Analisi terminata. I dati rilevati risultano compatibili con quelli in archivio.»
«Con quale percentuale?»
«99%, signore
Scosse il capo.
«Non è possibile. Rifai il controllo.»
«Confronto in corso...» Tony guardò l'uomo che era ormai giunto a una manciata di metri da lui, con lo sguardo verso l'alto e un ghigno che non poteva appartenergli sulle labbra. «Analisi terminata. I dati risultano matematicamente compatibili con quelli in archivio. Nessun margine di errore, signore. Vuole che ripeta ancora l'analisi?»
«No, Jarvis...» sospirò.
Non poteva essere Thor...
Non gli restava che confutare le sue teorie sul campo e al diavolo le comparazioni scientifiche.
Atterrò nuovamente al suolo e sollevò il frontalino del casco. L'aria calda gli soffiò sul viso.
«Non sei male come imitazione, ma l'originale di solito ha qualche treccina in più» affermò.
L'uomo di fronte sorrise ancora facendo roteare l'elsa nel palmo.
«Sarai tu il primo.» La voce... Era dannatamente simile a quella di Thor. Era praticamente uguale, ma non poteva essere la sua. «Preparati a darmi il tuo cuore, uomo di metallo.»
Prima che potesse provare un ulteriore dubbio, si ritrovò sotto il suo attacco. La lama scorse veloce sulla sua armatura provocando un profondo squarcio nell'addome.
Si alzò in volo per evitare un secondo attacco.
«Di che diamine è fatta quella spada?!» chiese abbassando il frontalino.
«Materiale sconosciuto.» Udì la voce di Jarvis mentre lo pseudo Thor saltava agilmente sulla carrozzeria di una macchina prendendo uno slancio che quasi lo raggiunse.
Tony attivò nuovamente i propulsori e si allontanò sapendo di essere seguito. Tenne una velocità bassa in modo che per lo meno l'attenzione di quel chidiavolofosse si allontanasse dai civili.
«Ehi, ragazzi, qui la situazione è pessima» comunicò al jet che ormai era prossimo a giungere.
«Che succede, Stark?»
«Succede che questo qui ha la stessa mano pesante di Point Break...» mormorò voltandosi di spalle. «Ma è meno cordiale.»
L'uomo continuava a corrergli dietro. Era lui che voleva: quegli occhi azzurri non sembravano bramare altro che vederlo crepare dolorosamente.
Brutta, brutta sensazione.
«Sei riuscito a capire chi è? O cosa sia?» chiese Natasha attraverso l'auricolare.
«Ho confrontato i suoi valori vitali con quelli di Thor... Per i calcoli di Jarvis si tratta della stessa persona.»
«Ma che significa, Stark? Non può essere Thor!»
Tony scorse la sagoma del jet che si avvicinava sempre più.
«Allora salta giù, Rogers, e guarda con i tuoi occhi.» Un paio di secondi dopo un piccolo puntino lasciò il jet. Tony sospirò. «Non intendevo in senso letterale, Cap.»



*



Qualsiasi cosa stesse accadendo non gli piaceva. Basta magie, basta incantesimi. Steve era stanco di tutte quelle assurdità aliene.
Atterrò a terra sollevando un alone di polvere e si mise in piedi impugnando saldamente lo scudo con il braccio sinistro.
Iron Man stava volando nella sua direzione. Prese a correre per andargli contro.
Le strade erano vuote ma da dietro alle finestre delle abitazioni scorse volti spaventati. Buona parte della popolazione era riuscita a mettersi in salvo chiudendosi nelle case. Quando Nat e Clint sarebbero atterrati avrebbero aiutato il resto a trovare un luogo dove rifugiarsi. Fury stava mandando anche una squadra in supporto dalla divisione S.H.I.E.L.D. de Las Vegas.
«Sta venendo verso di te. Venti secondi allo scontro, Cap. Cerca di frenare i talloni.» Lo informò Tony.
Steve corse più velocemente finché la sua attenzione passò dalla sagoma rossa di Iron Man a quella d'oro che si stagliava di fronte.
Rallentò il passo sempre più fino ad arrestarsi, quando anche l'uomo si fermò. Una spada nella mano, un lungo mantello bianco alle spalle. Il viso del suo vecchio amico.
Schiuse le labbra.
«Thor?»
Era lui?
Non era possibile. Thor era nel corpo di Sigyn, e Sigyn era su Asgard adesso.
Che Loki avesse trovato il modo di farlo tornare quello di prima?
E allora perché si stava comportando in quel modo?
«Raccomanda l'anima al tuo Dio, mortale» enunciò con voce roca l'uomo che aveva a tutti gli effetti la fisicità e la voce del suo compagno di squadra. La lama puntata verso di lui. «Sto per prendere la tua vita.»
«Cosa?-»
L'attacco fu fulmineo. Steve parò il fendente con lo scudo e poi lo spinse via.
«Chi sei?» chiese con un ringhio, osservando furioso il suo avversario.
L'uomo sorrise.
«Sono la falce nera che sta per cadere sulla tua testa.»
Ancora un attacco, ancora una difesa sofferta.
Aveva lottato tante volte con Thor, per allenarsi, per testare i suoi limiti, per mettersi alla prova, certo, ma conosceva la sua forza e il suo stie di combattimento, e doveva ammettere che chiunque fosse questa persona, somigliava a Thor non solo nella fisionomia.
Fu per questo che non gli fu facile attaccare, fu per questo che Steve si limitò a parare i suoi attacchi, impossibilitato a portarne a segno uno.
«Chi diavolo sei davvero?» chiese con affanno quando giunse l'ennesimo fendente che fischiò ancora sul vibranio del suo scudo. Un salto per evitarne un altro, un balzo indietro per impedire all'affondo di raggiungere la sua coscia. «Non sei Thor!» sentenziò ancora stringendo la fibbia di cuoio dello scudo.
L'uomo sorrise nuovamente con il sole a riflettersi accecante sulla sua armatura e con una strana espressione sul viso.
«Smettila di parlare, capitano, e mettilo a terra» suggerì Clint mentre il jet sorvolava rumorosamente la zona.
No, c'era qualcosa che non andava: quel tizio non poteva essere certamente Thor, perché Thor non avrebbe attaccato degli innocenti senza motivo e non avrebbe attaccato loro, soprattutto. Eppure più guardava il suo viso, più Steve si convinceva di avere davanti quello del suo amico.
«Thor?» lo chiamò abbassando momentaneamente la difesa.
«Che stai combinando, Rogers?!» lo rimproverò Stark, ma Steve decise di fare di testa sua.
«Thor, sono io, sono Steve» disse con fermezza. «Mi riconosci?»
L'uomo rise senza rispondere e guardò la sua spada con un ghigno sadico.
«Smettila con queste cazzate, Steve. Non è Thor. Fallo fuori e basta!»
«Clint ha ragione, capitano. Non fidarti dei tuoi occhi, c'è di mezzo Amora. Non dimenticarti che la chiamano Incantatrice. Ci sarà un motivo...»
Ma la voce di Natasha non riuscì a farlo desistere.
«Thor, siamo noi -»
«Non ha nessun valore per me. Chiunque tu sia. Devo solo strapparti il cuore dal petto e consegnarlo alla mia signora. E ora smettila di infastidirmi con le tue parole, lurido mortale.»
Steve serrò la mascella sospirando. Al suo fianco atterrò Iron Man.
«Credo sia sotto qualche sortilegio» disse verso la sua maschera di metallo.
«Sei convinto che sia lui?» gli chiese Tony mentre Thor si avvicinava con passo deciso.
Annuì.
«Amora l'avrà fatto tornare come prima e gli avrà cancellato la memoria... anche quella storia di Sigyn, forse.»
Iron man si voltò a guardarlo.
«Teoria un po' romanzata. Al giorno d'oggi nessuno fa più i lavaggi del cervello alla gente...» Il braccio puntato verso di lui. Steve gli bloccò il polso.
«Non possiamo colpirlo, Stark!» gli ordinò.
«Steve, guardati intorno! Anche se fosse come dici tu, dobbiamo impedirgli di continuare questa carneficina, e inoltre è chiaro che quello svitato vuole farci fuori. Perciò prima che colpisca lui, lo faremo noi.»
Quando partì il colpo, Thor lo evitò facilmente ed evitò anche i successivi.
«Lo tengo impegnato per un po'...» affermò poi Tony. Steve provò nuovamente a fermarlo ma senza successo.
Iron man colpì ripetutamente l'avversario che però si fece scudo con la sua lama che pareva essere di un materiale simile al vibranio, in quanto non fu scalfita da nessun laser che Tony gli lanciò contro.
Steve assistette impotente allo scontro fra i due quando sentì il tonfo che seguì l'arrivo di Occhio di Falco, gli occhiali neri sul naso e l'arco nelle mani.
«Nat sta setacciando il perimetro alla ricerca di quella strega» comunicò.
Steve seguì il profilo del suo viso.
«Credi anche tu che sia un'illusione?» chiese brandendo lo scudo.
«Non lo so, ma nel dubbio cerchiamo di metterlo comunque al tappeto, senza ferirlo troppo» rispose Clint tendendo la sua arma. «Può andare come piano, capitano?»
Captain America prese un profondo respiro e poi annuì.
«Possiamo provare.»
E il dardo partì.





ஐஐ





Gli aveva chiesto perdono ancora e poi ancora. Anche quando le lacrime si erano arrestate, anche quando il suo viso ferito era tornato asciutto, Sigyn aveva continuato a chiederle perdono, con il ginocchio a terra e le labbra premute contro il dorso delle sue mani.
Ma Frigga l'aveva fatta alzare, le aveva sorriso ancora e le aveva chiesto come stesse. E Sigyn avrebbe voluto piangere ancora.
«Sto bene. Starò bene» rispose con un sorriso sincero perché adesso che poteva averla di fronte stava davvero bene. Poi il sorriso sfumò mentre stringeva forte le sue mani. «Ma non dovresti essere qui, madre. Padre ha proibito che mi fosse fatta visita» ricordò senza nascondere il dolore per quella verità.
Ma Frigga scosse il capo.
«Odino ha revocato quell'ordine per me e mi ha concesso di porgerti visita... di porgerla ad entrambi.»
Il suo cuore tornò a battere forte, la gola già arsa, si asciugò ulteriormente.
«Sei stata da Loki?» chiese con un sospiro. Il sorriso di sua madre non andò via mentre annuiva.
«Sta bene» rispose a quella domanda senza che Sigyn la pronunziasse.
Un calore forte si irradiò nel suo petto e un pallido sorriso piegò anche le sue labbra ferite.
«Grazie per essere venuta... davvero, grazie.»
Frigga non aggiunse nulla e le accarezzò il viso con la mano e poi le sfiorò la ferita ancora fresca sulla bocca.
«Ti fa male?» chiese e Sigyn scosse il capo. Poi però provò la stessa sensazione che aveva avvertito quella prima volta nella camera di Stark e successivamente accanto a quel letto d'ospedale. Quando Frigga allontanò la mano, Sigyn si passò le dita sulle labbra e sulla guancia che aveva bruciato fino a poco prima.
Non c'era più alcuna ferita.
Il seiðr di sua madre era luminoso e caldo quanto quello di Loki.
Lasciò andare un profondo respiro e abbassò il capo.
«Non dovevi. Padre ha avuto ragione a colpirmi.»
«E io ne ho nel volerti curare, bambino mio.» Nel sentirsi chiamare così riavvertì una fitta al cuore, una miscela di dolcezza e di amaro, un incontro fra la gratitudine e la colpa.
Guardò a lungo gli occhi azzurri e profondi di sua madre sentendo quasi di non meritare il suo sguardo materno.
«Madre, quando hai inviato Linn da me, affinché mi portasse la tua lettera... tu sapevi?» La domanda volò nell'aria per qualche secondo. Frigga non aveva più sorrisi ma il suo sguardo non aveva smesso di essere comprensivo.
«No» rispose soltanto e Sigyn percepì la vergogna vestirla nuovamente. Abbassò il capo e chiuse le palpebre.
«Non credo esistano parole per dirti quanto vorrei non averti ferito così.» La gola sussultò nel buio del suo sguardo. «Se potessi tornare indietro io-»
«Ascolta.» La sua mano le fece risollevare il viso e Sigyn riaprì gli occhi guardando quelli di Frigga. «Se anche tu e Loki avete commesso un reato per le leggi di Asgard, nessun crimine è stato commesso davanti al mio cuore. Mentirei se dicessi che questa scoperta non abbia turbato i miei pensieri, ma mai il mio affetto si è posto domande. Mai...»
Sigyn strinse i denti e mandò giù un nuovo pianto. Lasciò gli occhi asciutti e le labbra chiuse per non supplicare a sua madre ancora un perdono che aveva compresa non voleva sentirsi chiedere.
«Tu sei e resterai sempre mio figlio così come lo sarà Loki, per quanto il suo animo fragile possa portarlo distante dalla via più giusta. Posso recriminarti tante cose, Thor, perché avrei voluto che tu ti fidassi di me e non temessi il mio giudizio, ma non posso recriminare l'amore che hai sempre nutrito per tuo fratello. L'hai sempre amato più di tutti, forse più di me.»
«Madre-»
«No, ascoltami, per favore.» Frigga la obbligò al silenzio mentre mille batticuori stavano imperversando nel petto di Sigyn, mentre mille lacrime stavano nuotando silenti negli occhi della regina. «Asgard potrà ritenerlo illegittimo, ma come madre non posso che gioire nel vedervi uniti, di qualsiasi affetto il vostro cuore possa saziarsi. Fosse anche quello ritenuto più inaccettabile, ma mai sarà sbagliato. Non per me.»
Sigyn si bagnò le labbra respirando a fondo, sentendo il petto fare male per come forte tuonava quel cuore.
«È vero, io ho sempre amato Loki anche se ha sbagliato, anche se ha commesso tante azioni scellerate, ho sempre avuto solo affetto per lui ma...» Deglutì e scosse il capo. «Loki non ama Thor, non quanto ama Sigyn.» Sorrise tristemente. «Forse è questo il mio vero crimine: avergli regalato quest'illusione.»
«Sigyn non è un'illusione, Thor. È una parte di te e questo Loki lo sa ed è il motivo per cui l'ha lasciata entrare nel suo cuore.»
Si sentì arrossire e riabbassò lo sguardo.
«Perdonami, non dovrei neanche affrontare un discorso tanto disdicevole in tua presenza, madre.»
Frigga sorrise.
«Ti sei presentato ubriaco e sporco di fango a una delle sedute del consiglio presiedute da tuo padre... quello è stato disdicevole, non confidarmi i tuoi timori, Thor.»
Lasciò andare una piccola risata ricordando quel giorno.
«Padre minacciò di diseredarmi» sospirò. «Forse si sta pentendo di non averlo fatto sul serio» aggiunse con un sorriso che però celava tanta sofferenza. Frigga lo capì.
«Da lui non avrai mai comprensione né accettazione, ma con il tempo capirà» affermò sua madre e Sigyn annuì con il capo.
«Vorrei poterlo credere, davvero vorrei...» Ma in realtà temeva che il disprezzo e l'accusa non abbandonasse mai più il suo sguardo e il suo cuore. Anche quando la rabbia fosse sfumata, la patina di delusione sarebbe sempre rimasta, e non c'era niente che potesse fare per lavarla via.
«L'orgoglio di tuo padre è resistente come le radici di Yggdrasill, ma la sua sofferenza ti dimostra che il suo cuore è quello di un uomo come gli altri. Imparerà ad ascoltarlo. Imparerà.»
Le parole di Frigga erano miele, dolce e caldo, e capaci di togliere almeno un po' quell'amarezza che riempiva i suoi pensieri.
«Grazie» le disse ancora con un sorriso.
«Basta con la gratitudine, va bene?» le sorrise e le fece un cenno con il capo.
Sigyn le restituì quel cenno d'intesa così come le restituì quel sorriso.
«Ora, perché non mi racconti le vicissitudini che hanno reso il mio bambino la giovane che vedo davanti a me?»
A quella domanda avvertì il viso accaldarsi di nuovo ma doveva mettere da parte l'imbarazzo del principe e a lasciare andare la sincerità del figlio. Sua madre lo meritava.
Le raccontò della maledizione, del sigillo, le raccontò di come si era sentita a disagio a recitare il ruolo della “fanciulla” e di come Loki si era divertito a prenderla in giro.
Non le disse nulla che avrebbe potuto offenderla, non le disse della passione che era nata senza che se ne rendessero conto e di come si erano perduti in essa. Ma Frigga non aveva bisogno di parole, dolce e profonda come sempre, colse ogni sfumatura.
Poi i ricordi belli e spensierati scivolarono al rimembrare quell'ultima notte, al ricordo delle parole di Loki, al ricordo del viso di Hela.
Era un dolore che non aveva condiviso con nessun altro a parte lui, perché nessuno poteva comprendere, nessuno poteva perdonare.
Ma sua madre era lì e la guardava con tenerezza, le stringeva le mani e sorrideva, e Sigyn aveva bisogno che la guardasse con più tenerezza, che la stringesse più forte, che le sorridesse portando via le lacrime che sarebbero scese quando le avrebbe detto di quel figlio mai nato.
«Madre, c'è ancora qualcosa che vorrei che tu sapessi» ammise con un fiato debole cercando nel cuore la forza di tramutare i pensieri in parole.
Frigga annuì e non le mostrò fretta, ascoltò il suo silenzio e la sua incertezza, il dolore e la difficoltà di socchiudere le labbra.
Poi d'improvviso, fu un dolore lancinante. Un gemito salì dalla gola di Sigyn mentre si portava la mano alla spalla sinistra.
«Cosa succede, tesoro?» Udì la preoccupazione di sua madre.
La spalla continuò a far male, come fosse attraversata da un tizzone ardente.
«Io...» Sigyn allontanò la mano e scoprì il palmo sporco di sangue. «Io non lo so.»





ஐஐ





Tony vide l'espressione irritata attraversare il viso di Thor quando Barton lo colpì con una freccia. Era riuscito a centrare una delle zone non protette da quella inguardabile armatura, poco sopra l'ascella sinistra, ma sembrava non aver causato danni importanti a parte l'irritazione in quel vichingo asgardiano.
Thor afferrò la freccia e la strappò via con un ringhio prima di voltarsi a guardare nella direzione da cui era giunto l'attacco.
Era una buona occasione.
«Mai distrarsi, riccioli d'oro» sentenziò attaccandolo in quella distrazione con una scarica di energia che proruppe dai palmi della sua Mark.
Thor non riuscì a schivarla né a pararla, e fu colpito in pieno.
Quando il fumo si diradò però, per l'ennesima volta c'era solo rabbia sul suo viso. Nessuna sofferenza, nessuna ferita meritevole di nota.
«È un osso duro» sospirò fra sé Tony, volando in direzione di Steve e Clint. «Ho un piano» affermò poi.
«Anche io,» rispose Cap. «Rimandarti a casa!» sentì mormorarlo con voce infastidita attraverso il suo casco.
«Non gli ho fatto nulla, Rogers. Anzi, quello lì sembra non accusare niente.» Nel frattempo Thor li stava raggiungendo.
«Quale sarebbe il piano, Stark?» chiese ancora Steve.
«Tenerlo occupato e lasciare che Falco lo colpisca con uno dei sonniferi superpotenti di Bruce. Quello che ha abbattuto Loki potrebbe bastare.»
«Può funzionare» sospirò il capitano.
«C'è solo un problema,» li informò Natasha. «Non li abbiamo con noi.»
A quella notizia Tony gemette in disapprovazione.
«Avete un jet di quella portata e non avete un cassetto libero per due fiale di narcotico?!» li rimproverò. Intanto Thor li aveva raggiunti e aveva deciso di attaccare nuovamente Steve. Clint provò a colpirlo con un'altra scarica di frecce ma stavolta per qualche strana ragione, quella dannata spada aveva iniziato a emettere scintille quasi fosse incandescente, e tutti i dardi erano esplosi prima di giungere a segno.
Steve provò a difendersi con il suo scudo ma Thor non parve volerglielo permettere.
Tony dovette rivedere il suo piano.
«Io torno alla Tower a prendere un paio di sonniferi. Ci impiegherò di certo meno tempo. Voi cercate di impedirgli di ammazzarvi. Chiaro?»
Aumentò la propulsione fino a raggiungere l'altezza del veicolo in volo.
«D'accordo» disse Natasha.
«Sbrigati però» aggiunse Clint mentre cercava di lanciare per l'ennesima volta una freccia. La spada la tagliò di netto ma Steve riuscì a rifilargli un calciò nello stomaco.
«Farò il prima possibile.»
L'ultima cosa che Tony vide fu Thor che si portava una mano all'addome e che scagliava poi Steve lontano venti metri con un colpo di spada.
Sospirò all'interno del suo casco.
«Jarvis, massima potenza!»
«Agli ordini, signore





ஐஐ





Frigga si ritrovò a dover sorreggere fra le braccia il suo corpo quando la giovane donna si accasciò sofferente contro di lei.
«Che sta succedendo?» chiese nuovamente mentre la udiva tossire. Dalle sue labbra fuoriusciva qualche goccia di sangue. La spalla non smetteva di sanguinare senza apparente motivazione e il dolore le stava piegando il bel viso.
«Madre...» le udì gemere. «Cosa mi succede?»
Frigga le passò una mano sulla fronte e provò a sentire cosa stesse accadendo al suo corpo.
Lo avvertì subito: il flusso di un forte potere che riverberava nelle sue vene.
Era un incantesimo di quale natura non sapeva dirlo, di certo qualcosa che la stava uccidendo.
«Andrà tutto bene...» le rassicurò. Poi si volse verso le guardie e ordinò loro di aprire la cella immediatamente. «Conducetela nella camera della guarigione! Adesso!»
La guardie aprirono la cella ma non mostrarono intenzione di raccogliere quel corpo sofferente dalle sue braccia.
«È un ordine, soldati!» comandò ancora, ma benché incapaci di parlare, il loro dissenso era visibile sul loro viso. Frigga si sentì pervadere dalla rabbia. «Osate disobbedire a un diretto comando della vostra regina? Volete che faccia porre le vostre teste di traditori su una picca?» Le sue urla richiamarono il carceriere che raggiunse la cella con passi svelti.
«Cosa sta succedendo?»
«Questa donna sta male e necessita di immediate cure. Conducetela nelle camere della guarigione all'istante. È un ordine della tua regina.» Si rivolse allora al carceriere che però, benché mostrò un certo spavento per la situazione, non seguì nessuno dei suoi comandi.
«Non posso, mia regina. Non mi è concesso far uscire nessuno dei prigionieri dalle segrete, quale ne sia la ragione.»
«Sigyn? Che ti sta succedendo?» Frigga udì un uomo parlare, un uomo alle spalle dei soldati: era il prigioniero costretto nella cella di fronte. «Stupidi soldati, aiutatela!» inveì contro di loro ma il carceriere fece schiantare la sua mazza di acciaio contro le sbarre provocando un suono terribile.
«Sta zitto, cane!» lo rimproverò.
«Sei tu il cane se lasci che questa ragazza soffra in quella maniera!»
«Enok...» Era la sua voce, debole e fiacca.
Frigga la sostenne contro il proprio corpo sentendo il sangue macchiare anche le sue vesti.
«Non parlare, tesoro.» La rassicurò ancora sentendo però il timore crescere a ogni respiro. «Guardie, vi prego, conducetela nella stanza della guarigione e poi sarete liberi di andare dal vostro re e riportare ciò che è accaduto» affermò umile come non avrebbe mai dovuto. «Riportate pure il tradimento che vi ho ordinato di compiere e nessun torto vi sarà fatto. Ma lasciate che questa ragazza soffra ancora e subirete una punizione senza eguali.»
Le guardie si consultarono con lo sguardo mentre il carceriere non mostrò alcuna intenzione di intervenire.
Ci fu ancora un gemito, ancora un sussulto nel corpo che Frigga stringeva, mentre nuove ferite fiorivano dal nulla sul suo viso e sugli arti.
Qualsiasi cosa stesse accadendo non c'era più tempo. Infuse del seiðr per cercare di guarirla ma l'incantesimo che fluiva nelle sue vene sembrava respingere ogni tentativo di sanarla.
«Questo corpo... sta morendo...?» Si sentì chiedere debolmente.
Il suo cuore sussultò. Non poteva vedere i suoi occhi, celati con forza dalle palpebre.
«No, non stai morendo. Non morirai» disse con sicurezza benché avesse terrore di ciò che invece poteva seguire.
Poi d'un tratto una delle guardie si avvicinò e si inginocchiò al suo fianco, raccogliendo quel corpo ferito fra le braccia.
Un cenno del capo che Frigga ricambiò prima di rimettersi in piedi a sua volta.
«Facciamo presto» ordinò quando la guardia, seguita dalle altre due, prese il passo per uscire dalle segrete.





ஐஐ





Natasha guardò dal jet lo scontro che vedeva impegnati i suoi compagni. Clint stava provando ad attaccarlo, come di natura, dalla distanza ma era difficile colpirlo; riuscì a sfiorarlo e a lasciargli solo qualche ferita lieve, mentre Steve ingaggiò un corpo a corpo che però era palesemente sbilanciato dal momento che il capitano mostrava evidente difficoltà a lottare contro di lui.
«Steve finirà con il farsi uccidere...» mormorò con un sospiro.
Al suo fianco Bruce, in silenzio, osservava la stessa scena. Era agitato, si vedeva con facilità, eppure nei suoi occhi Natasha lesse la volontà di fare qualcosa, anche se l'unica cosa che poteva fare era forse quella che odiava di più.
«Dobbiamo aspettare Tony. Sarà qui a momenti» disse il dottor Banner, ma c'era molta poca certezza nella sua voce.
Natasha lo guardò e prese un profondo respiro.
«Bruce?» lo chiamò. Lui si voltò a guardarla e capì.
Un sospiro abbandonò le sue labbra mentre si toglieva gli occhiali dal naso.
«Non voglio fargli del male... Se Steve avesse ragione e fosse realmente Thor, io-»
«Non gli farai del male. Lui non gliene farà.»
«Non ne sarei così sicuro» brontolò ancora Bruce.
«Ok, se fosse realmente Thor vuol dire che oltre alla sua forza ha anche la sua straordinaria capacità di guarigione, no?» Provò a convincerlo con un sorriso. «L'hai detto tu: Tony sarà qui a breve.» Guardò nuovamente attraverso il finestrino Steve che si faceva malmenare da Thor e Clint che stava salendo su una grossa cisterna d'acqua. «Devi solo giocare un po' con lui.»
Bruce ingoiò un altro sospiro e poggiò gli occhiali sulla console di volo.
«Almeno siamo nel deserto» mormorò iniziando a sbottonarsi la camicia. Natasha annuì con un cenno del capo e aprì il portellone.
«Metterò al sicuro tutti i civili. Non temere.» Lo rassicurò.
Bruce lasciò la camicia su un sedile e si avvicinò all'apertura.
Il vento violento sferzò i suoi capelli mentre un riflesso verde gli attraversò le iridi.
Un ultimo sguardo di intesa e poi saltò giù.
«Ragazzi, sta arrivando il quarterback» comunicò la Vedova attraverso l'auricolare.
Qualche attimo dopo un ruggito salì alto fino al jet.



*



Steve udì il fragore dei passi di Hulk come quello di una mandria di bufali.
Balzò indietro giusto il tempo necessario per evitare la sua carica. L'amico verde colpì in pieno Thor che fu scaraventato a decine di metri di distanza finendo con il colpire e frantumare un muro di un palazzo per fortuna vuoto.
«Capitano a terra» disse il gigante con il cuore di Bruce.
Steve tossì e si mise in piedi.
«Sto bene, Hulk. Non preoccuparti» affermò guardando il polverone di detriti in cui era affondato Thor.
«Hulk aiuta amico capitano.»
Steve sorrise e annuì.
«Sì, lo so, ma anche Thor è amico di Hulk, ricordi? Non devi fargli male.»
Hulk aggrottò la fronte con un'espressione contrariata.
«Thor colpito capitano. Hulk colpito Thor. Hulk più forte di Thor. Hulk più forte di tutti!»
«Su questo non ci piove» mormorò sistemandosi al braccio lo scudo. Il jet era volato in direzione del centro abitato, dal momento che lo scontro si era spostato nella zona meno popolata.
Era un bene.
Nel frattempo dalle macerie si alzò la figura di Thor e del suo mantello non più candido come prima.
Ma che diavolo stava succedendo?
Già quella faccenda di Sigyn e di Loki lo aveva destabilizzato, adesso ci si metteva un'altra assurdità come quella!
E dov'era Amora?
Dalle immagini era chiaro ci fosse anche lei eppure non l'avevano vista da nessuna parte. Natasha non era riuscita a rilevare la sua presenza in nessun luogo nelle vicinanze.
Doveva trovarla, doveva mettere fine a quella storia una volta per tutte.
«Orrido mostro! Ti abbatterò come si conviene a creature della tua specie!» Si udì la minaccia di Thor che li stava raggiungendo con la sua spada in pugno. Sul viso un paio di tagli, sulle labbra una smorfia rabbiosa.
Hulk ruggì ancora al fianco di Steve.
«Thor dice brutte cose a Hulk! Hulk arrabbiato con Thor!» Si batté poi forte i pugni sul petto ruggendo ancora. «Hulk spacca!»
«Aspetta-»
Non riuscì a fermarlo che il gigante si avventò con furia contro Thor che riuscì però a balzare sul fianco destro ed evitare così la sua carica. Lo colpì quindi alle spalle con un fendente facendolo urlare ancora più furiosamente.
«Hulk molto molto arrabbiato!» La grossa mano verde afferrò il taglio della spada e lanciò per l'ennesima volta Thor via, stavolta però lo raggiunse prima che potesse alzarsi.
Steve aveva visto Thor e Hulk lottare tante volte, perché Thor amava combattere con una creatura straordinaria come Hulk, e Hulk si divertiva a “giocare” con Thor.
Era questa la quotidianità. Era stata questa la loro strana e rassicurante routine.
Adesso era diverso, adesso c'era cattiveria nelle azioni di Thor, adesso non c'era nessun gioco.
Steve temette davvero che fossero giunti a un punto di non ritorno.











***












NdA.
Ops... Qui qualcosa non va, vero?
Speriamo nessuno si faccia troppo male, anche se...

Come di prassi, spero abbiate gradito. Perdonate se sono una sega nelle scene d'azione, ma non sono proprio il mio genere prediletto ^///^
Però amo leggerle e mi auguro almeno di non aver scritto un obbrobrio eccessivo.

Per qualsiasi domanda o dubbio o correzione, sono sempre qui ^^
Ce la faranno i nostri a tenere a bada dark!Thor?
Tony giungerà in tempo o si fermerà a mangiare uno shawarma per strada?
Frigga riuscirà a capire cosa sta accadendo a Sigyn prima che sia troppo tardi?
Ma, soprattutto, adesso chi glielo dice a Loki???
...
Al prossimo appuntamento dove vedremo come andrà a finire questo avvincente(?) scontro fra Titani.

(e dopo questo imbarazzante teatrino mi dileguo >///>)
Kiss kiss Chiara
  
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