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Autore: nian nian    25/07/2008    0 recensioni
Un fantasy un po' diverso dal solito. Una donna per protagonista, una donna fuori dal comune, scontri armati, i disagi della vita all'aperto, tutto condito di situazioni comiche tendenti all'assurdo... Il resto è ancora tutto nella mia testa.
Genere: Azione, Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per ogni evento la sua musica

 

 

Trascorsero un paio di gironi di relax, mentre Reneè si rimetteva in forze e Lan si occupava del campo base, aggirandosi tutto il giorno per il bosco alla ricerca di cibo, con l’intento di fare un po’ di scorta per l’ormai imminente viaggio verso le terre degli elfi. O meglio, erano di relax per il ferito, che si limitava a dormire e a mangiare quello che la ragazza portava dalle sue battute di caccia: non gli era permesso nemmeno di aiutare a preparare la selvaggina e cucinarla.

Non che gli dispiacesse più di tanto poltrire e potersi rimettere in forze, e sicuramente moriva dalla voglia di riuscire a tornare a casa, però era, come dire, imbarazzante farsi accudire da una donna: era lei a cacciare, a fare la guardia di notte, a perlustrare ogni mattina la zona intorno al campo per evitare di avere qualche brutta sorpresa. Lui era relegato al ruolo di malato nullafacente a carico della sua salvatrice. Non gli era permesso nemmeno alzarsi per raccogliere un po’ di rametti.

La mattina del terzo giorno si svegliò per primo, e silenzioso come un’ombra si vestì e sparì nel bosco: era ora di smetterla di fare il bambino e cominciare a fare l’uomo. O elfo.

Finì di allacciarsi in vita la spessa cintura di cuoio a cui era sempre agganciato il fodero del suo amato pugnale, e scivolò nella tenue luce prima dell’alba alla ricerca di una preda. Vagò per una decina di minuti, prima di avvistare un grosso cinghiale a poche decine di metri da lui; la caccia al cinghiale è sempre molto pericolosa, specie se non si ha la forza di scappare più rapidamente possibile, ma gli elfi si sa che hanno una marcia in più. Reneè prese ad avvicinarsi al grosso animale, con movimenti lenti e fluidi come lo scorrere dell’acqua; a pochi metri dalla preda si fermò e chiuse gli occhi, raddrizzando la schiena e le spalle, lasciando uscire tutta la tensione, le mani abbandonate lungo i fianchi, le orecchie ritte in mezzo alle ciocche di capelli. Cominciò a mormorare parole strane, apparentemente confuse, in una melodia cantilenante, poi la sua voce cominciò a crescere di volume, diventando chiara, cristallina, un suono che penetra nel cervello senza passare per le orecchie. Cantò per un paio di minuti, e il grosso cinghiale si avvicinò mansueto, annusandogli le mani.

Repentinamente l’elfo estrasse il pugnale e lo conficcò con precisione in mezzo agli occhi dell’animale, facendolo affondare fino al manico; la vittima non sussultò nemmeno prima di crollare a terra morta.

Reneè si riprese il pugnale e considerò la situazione: come diamine avrebbe fatto a portare la carcassa fino all’accampamento?

Di botto si sedette a gambe incrociate sulle foglie secche, che scricchiolarono, interrompendo il profondo silenzio che era calato sul bosco, e cominciò a vagliare tutte le alternative che gli si presentavano alla mente, quando un leggero tossicchiare lo fece girare.

Lan era appoggiata ad un tronco, e sembrava un po’ stordita, come appena svegliata dalla trance, e lo guardava con un misto di ironia, rispetto e stupore, un coctail piuttosto strano per i suoi lineamenti.

L’elfo arrossì fino alla punta delle orecchie, ora seminascoste dalle ciocche corvine.

- Da...- la voce gli uscì stranamente acuta. – Da quanto sei lì?

- Ti ho seguito da quando ti sei alzato: lo capisco che non ne puoi più di stare fermo, e così ti ho lasciato andare, ma era mio dovere tenerti d’occhio, non ti pare? L’ultima volta che hai cacciato sei svenuto... – rispose Lan, guardandosi con enorme interesse le unghie mangiucchiate.

Per un momento rimase perplesso, senza parole, incapace di concepire quello che gli era successo: aveva una guardia del corpo? Di certo funzionale, con i suoi due metri d’altezza fatti di muscoli possenti e riflessi pronti. Però erano due metri di guardia del corpo femmina. Qualcosa continuava a non andargli a genio.

Per un momento sentì la rabbia ribollirgli dentro: come osava quell’emerita sconosciuta trattarlo in quel modo? Ma lo sapeva con chi aveva a che fare?

A quest’ultima domanda si rispose da solo con un divertito no, visto che non le aveva mai detto niente (e meno male), e alla prima rispose il suo stomaco con un’ondata di nausea che lo fece piegare in avanti.

Lan alzò gli occhi al cielo, come a sottolineare il fatto, ma non si mosse e attese che l’altro si raddrizzasse da solo, quasi a rispettare il suo malessere. In effetti, Reneè si riprese quasi subito, e si alzò a fronteggiarla, non proprio faccia a faccia, più viso a pancia, ma almeno la visuale non lo distraeva eccessivamente come se i suoi occhi si fossero trovato pochi centimetri più su... ma che accidenti stava pensando??

Probabilmente aveva avuto intenzione di dirle qualcosa di caustico, ironico, ma se n’era dimenticato, così si limitò a dire – Porti tu il pranzo al campo?

Senza attendere la risposta si avviò verso la radura, che a momenti avrebbe cominciato a chiamare casa, e borbottò qualcosa a proposito dell’ “uso improprio di un prezioso pugnale da battaglia per sbudellare una stupida bestiaccia”. Il rossore non era ancora scomparso dal suo viso.

Lan alzò nuovamente gli occhi al cielo, prese la carcassa sotto un braccio e seguì il mini-cacciatore che si trovava per compagno di avventure.

 

Il giorno dopo erano finalmente pronti per intraprendere il lungo viaggio che li avrebbe condotti nelle terre degli Elfi, nelle sterminate selve del Nord; impacchettarono i loro pochi averi (anche quelli di Reneè finirono nello zaino della sua guida nonostante le sue cavalleresche proteste) e cominciarono la marcia.

Sapevano già che il viaggio sarebbe stato lungo e faticoso, sia per la mancanza di mezzi di trasporto a loro disposizione, sia per le condizioni fisiche ancora un po’ precarie dell’elfo, ma non potevano permettersi di rimandare ancora la partenza.

Era da poco passata l’alba, il cielo era grigio e freddo, e nell’aria ristagnava ancora l’umidità della notte; il terreno scivolava a causa di tutte le foglie ormai marce, ma non si prospettava poi una brutta giornata, anche se probabilmente la sera sarebbero arrivate le piogge.

Le ore trascorsero pigre, mentre i due avanzavano nella boscaglia, fermandosi di tanto in tanto per permettere a Reneè di prendere fiato, mentre Lan si preoccupava di controllare i dintorni, andare in avanscoperta o procurare cibo.

Al tramonto erano ormai al confine tra il bosco e le campagne coltivate della gente del centro, un popolo di contadini, piuttosto pacifico ma molto sospettoso nei confronti degli stranieri; la diffidenza era l’eredità lasciata da troppi anni di razzie e dominazioni dai paesi vicini. Le nuvole si stavano ammassando nel cielo, e non promettevano niente di buono, così i due viaggiatori continuarono a passo spedito verso un piccolo gruppo di case che vedevano ormai poco distante. Entrambi erano silenziosi e scuri in viso, e la cosa era più evidente man mano che si avvicinavano al villaggio, mentre i tuoni cominciavano a farsi sentire in lontananza.

Lan sembrava immersa nei suoi pensieri, e non dovevano essere cose piacevoli vista la sua espressione, mentre l’elfo continuava a guardarsi in torno, guardingo, teso come una corda di violino, come se si aspettasse qualcosa di spiacevole da un momento all’altro.

Il sole era ormai calato dietro l’orizzonte frastagliato dalle basse colline quando finalmente si fermarono davanti alla massiccia porta di legno di una costruzione, l’unica che assomigliasse almeno vagamente ad una locanda. Non c’era nessuno per le strade, ma i due non se ne stupirono, visto che proprio in quel momento la pioggia prese a scrosciare.

Reneè si riparò sotto la tettoia della casa, lanciando occhiate furtive a destra e a manca, mentre la sua compagna rimaneva sotto la pioggia, imbambolata, come pietrificata. L’elfo stava già aprendo la porta quando se ne accorse; il rumore della pioggia era assordante, per cui rinunciò a chiederle spiegazioni, la afferrò per un braccio e cercò di convincerla ad entrare, visto che di certo non aveva la forza di ‘trascinarla’.

Una volta dentro la piccola stanza, il silenzio calò come melassa: lento e inesorabile, palpabile, e maledettamente appiccicoso. Sembrava che anche le persone si muovessero al rallentatore, come attraverso la melassa, appunto, più che altro perché nessuno si muoveva.

Il povero elfo si trovò a metà strada tra i due fuochi, ovvero tra Lan e il proprietario della locanda, che si fissavano, si fissavano in silenzio, attraverso la melassa. Dopo qualche momento, che però era parso lungo grossomodo come tutto il triassico, Reneè si staccò dal braccio della ragazza, avanzò verso l’uomo e si schiarì la voce per richiamare la sua attenzione.

Dopo un po’, molto lentamente, l’interessato spostò (e abbassò) lo sguardo sull’elfo, anche se manteneva un’espressione a metà strada tra terrorizzato, furioso e spiazzato.

- Salve buonuomo, siamo due viandanti senza un tetto sotto cui trascorrere la notte, e vista l’attuale situazione meteorologica, le saremmo infinitamente grati se le fosse possibile affittarci una delle sue stanze.

Aveva mantenuto un tono di voce molto basso, caldo, e aveva parlato in fretta, tanto che l’altro aveva a malapena intuito che voleva una stanza.

- No.

- Come sarebbe a dire no?! – Reneè era spiazzato di fronte alla risposta dell’uomo. O meglio, omino. In effetti, era un vecchio basso e gobbo, tanto da guardare addirittura l’elfo dal basso in alto (non parliamo di come vedeva Lan), con pochi capelli candidi in cima ad una testa perfettamente tonda.

- Ho detto no. E ora fuori. – Il vecchietto lanciò un’ultima rapida occhiata alla ragazza, poi cominciò a sospingere Reneè verso la porta, mentre questo continuava a protestare. Di colpo cadde il silenzio, un silenzio innaturale, poi l’elfo cominciò a cantare, dapprima a bassa voce, poco più che un sussurro, poi il suono crebbe d’intensità, riempiendo la stanza come fosse stato solido. E tornò il silenzio.

Il vecchietto sbatteva le palpebre, intontito, ma si diresse verso la stanza sul retro e ne tornò con una grossa chiave, poi si avviò verso le scale, senza guardarsi indietro né spiccicare parola.

Reneè si affrettò a seguirlo, prendendo dolcemente per un gomito la ragazza, che sembrava molto confusa e inebetita.

L’elfo gestì la situazione da solo, come se non ci fosse nessuno in grado di comunicare con lui, e appena poté chiuse a chiave la pesante porta della stanza che gli era stata assegnata, poi si appoggiò con le spalle alla porta e scivolò lentamente verso il basso fino a sedersi sul duro pavimento.

Lan era seduta sul letto al centro della camera, e si massaggiava la fronte come se avesse un brutto mal di testa.

- Ma che accidenti hai fatto?



Allora, finalmente ce l'ho fatta a postare il nuovo capitolo, un po' più lungo degli altri...spero che l'attesa sia valsa la pena!
Leggete e recensite, al più presto posterò il prossimo episodio, che è già in fase di lavorazione.
  
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