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Autore: xingchan    09/05/2014    6 recensioni
“Uno dei più grandi astrofisici del mondo, Jeremy Garrad, un uomo dai capelli oramai brizzolati e con enormi occhiali da vista dalla montatura scura sul naso, dopo l’accaduto, attraverso un semplice telescopio, rivelò un corpo celeste di proporzioni mastodontiche della stessa traiettoria dei piccoli meteoriti, che nel frattempo si avvicinavano a gran velocità.
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“Avanti pigrone, alzati!”
Dall’altra parte del mondo, precisamente nel distretto di Nerima, Tokyo, Ranma Saotome stava tentando disperatamente di coprire le sue orecchie servendosi del cuscino del suo futon, in modo da attutire le urla di Akane Tendo, che troneggiava su di lui con un’arcigna espressione di disgusto e collera disegnata sul visino, le gambe divaricate (a guisa di lottatore di sumo, come non mancava di evidenziare il ragazzo con il codino) e le mani sui fianchi.”
Genere: Avventura, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Texas, Houston – 6 Maggio 1991

 

Il sole stava lentamente calando.

All’osservatorio NASA situato laggiù, un gruppo di studiosi e militari aveva letteralmente mandato in subbuglio l’intera sede. Un’improvvisa pioggia di meteoriti aveva appena distrutto un shuttle, uccidendo l’intero equipaggio e danneggiando seriamente il satellite in prossimità dell’atmosfera del pianeta Terra.

Uno dei più grandi astrofisici del mondo, Jeremy Garrad, un uomo dai capelli oramai brizzolati e con enormi occhiali da vista dalla montatura scura sul naso, dopo l’accaduto, attraverso un semplice telescopio, rivelò un corpo celeste di proporzioni mastodontiche della stessa traiettoria dei piccoli meteoriti, che nel frattempo si avvicinavano a gran velocità.

“Professor Brockley, venga a vedere!” esclamò Garrad senza distogliere lo sguardo atterrito dallo schermo circolare del rivelatore elettronico. Barnaby Brockley, un esperto in comunicazioni radio castano e dall’aspetto piuttosto giovane si precipitò verso Jeremy, mentre il colonnello Andrew Eartha, incuriosito dal nervosismo con cui i due sussurravano fra loro si avvicinò, esigendo di metterlo al corrente della situazione reale. Era un uomo inflessibile, che si arrabbiava molto facilmente, e che solo raramente dimostrava di avere una natura umana come gli altri.

“Colonnello! C’è un asteroide molto, molto più grande che si muove verso il pianeta Terra, signore!”

C’era paura negli occhi di Garrad, osservò Eartha. Sapeva che lo scienziato aveva parlato in modo semplice per evitargli incomprensioni imbarazzanti, ma lo disse come se avesse voluto attenuare il peso della paura della morte che sembrava aleggiare sulle loro teste.

Ebbe paura anche lui. Eppure la sua mente era convinta che non sarebbe mai riuscito a comprendere la gravità della situazione finché la fine del mondo non si fosse presentata dinanzi ai suoi occhi cerulei.

“Siete riusciti a mettervi in contatto con lo shuttle?” domandò poi il colonnello rivoltosi a Brockley.

“No, sono tutti morti.”

Un silenzio di tomba calò sui presenti. La tensione, mista al dolore della perdita dei ragazzi, si stava facendo sempre più insostenibile. Sicuramente non era dovuta solamente alla loro dipartita, ma anche alla consapevolezza che nell’arco di  pochissimo tempo la Terra come la conoscevano loro sarebbe andata in frantumi, cancellando per sempre umanità, animali e vegetazione.

Ogni piccolo barlume di speranza sembrava vana contro una catastrofe di quelle proporzioni.

I tre uomini, dopo aver gettato affranti lo sguardo a terra, si osservarono, ognuno in cerca di consolazione da poter leggere negli occhi degli altri.

“Cosa possiamo fare?”

La risposta a quella domanda arrivò esitante, ma senza alternative.

“Niente, signore.”

La maschera contrita e abbandonata a se stessa del colonnello fece ora spazio ad una severa ed incollerita. Persino il suo respiro divenne più ansante per la furia che stava crescendo dentro di lui.

NIENTE, SIGNORE?” tuonò Eartha, afferrando con violenza Brockley per il bavero del camice bianco. “È solo questo che sai dire? Sei un cazzo di scienziato, no? Allora prova a far funzionare quel dannato cervello!”

Per la veemenza, Barnaby strizzò le palpebre prendendo a piangere convulsamente, mentre l’altro, paonazzo in volto e con numerose vene che gli pulsavano sulle tempie, lo strattonava ad intervalli regolari per ricevere una qualsivoglia replica, soprattutto per farlo smettere di singhiozzare.

La scena andò avanti per qualche secondo ancora, finché un altro rappresentante della NASA avanzò verso di loro per dividerli. Theobold Ralston, il pilota di shuttle con più missioni spaziali alle spalle di tutti; e uno dei pochi che ancora conservava un animo disinteressato ed estremamente paterno all’interno di quel dipartimento. Aveva un vago accento tedesco, che testimoniava la sua permanenza in Germania dalla prima infanzia fino alla fine dell’adolescenza.

“Su, forza! Finiamola con le scenate!” disse, prendendo con docilità l’avambraccio del colonnello affinché mollasse la presa sul collega. “Litigare non serve a nulla. Per ora urge la massima calma, se vogliamo trovare un modo per salvarci.”

In sintonia solo in parte con la proposta di Ralston, Andrew Eartha lasciò andare Brockley, il quale si aggrappò al tavolo di fronte agli schermi di rivelazione di segnali elettromagnetici con un’evidente faccia rasserenata, sebbene si potesse ancora scrutare l’ombra soffocante della fine imminente.

“Il mio team dice che abbiamo solo diciotto giorni prima che… l’asteroide si schianti sul nostro pianeta.” sostenne Garrad seriamente, ritornando da pochi metri più in là, dove era seduta un’intera squadra di studiosi. “A mio parere,” osò dire poi “si potrebbe spaccarlo dall’interno con una bomba, così da ridurlo in due corpi celesti minori che seguiranno una traiettoria differente da quella attuale. C’è la possibilità che sfiorino l’atmosfera terrestre, ma oltre questa non ho la più pallida idea di cosa potremmo fare…”

“Non c’è la possibilità che si riduca a più frammenti?”

“Sì, ma secondo le leggi della fisica dovrebbero comunque sorvolare la Terra senza causare danni.”

“Non si potrebbe bombardarlo dal di fuori?” domandò il colonnello Eartha, impaziente di agire di testa propria.

“Non servirebbe a niente. Attaccando la superficie non si farà altro che sprecare  tempo prezioso. Solo un’implosione sarebbe efficace.”

“Ma per realizzare un’impresa del genere si dovrebbe atterrare proprio sull’asteroide!” protestò un altro.

“Sì!”

“E si dovrebbe scavare finché non si raggiunge il centro!”

“LO SO!” gridò esasperato Garrad. “Ma qualcuno deve farlo! Qualcuno che riesca in poco tempo a farsi strada nella ferrite inscalfibile dell’asteroide.”

Proprio in quel momento, un ragazzo entrò trafelato, annunciando che alcuni degli asteroidi più piccoli avevano colpito alcune città degli Stati Uniti e dell’Europa. Una notizia che fece sgranare gli occhi anche al capitano in fondo che fino a quel momento non aveva fatto altro che riderci su.

“Ma come possiamo attuare tutto ciò? Non abbiamo i mezzi per una simile eventualità.”

“Già,” concordò Ralston “dobbiamo trovare alcune persone nel mondo forti abbastanza da poter creare questo tunnel per posizionare la bomba, un piccolo gruppo che sia capace di fare miracoli.”

Tacquero. Alcuni scossero la testa con rassegnazione, altri cominciarono a mormorare qualcosa, forse delle preghiere. L’atmosfera cupa che permeava l’osservatorio era così palpabile che molti si meravigliarono di non aver ancora assistito a sintomi di follia.

“Abbiamo poche ore per trovarli, portarli qui e addestrarli per mandarli nello spazio. Iniziate le ricerche, e non fatene parola con nessuno.”

 

***

 

Tokyo, Nerima – 7 Maggio 1991

 

“Avanti pigrone, alzati!”

Dall’altra parte del mondo, precisamente nel distretto di Nerima, Tokyo, Ranma Saotome stava tentando disperatamente di coprire le sue orecchie servendosi del cuscino del suo futon, in modo da attutire le urla di Akane Tendo, che troneggiava su di lui con un’arcigna espressione di disgusto e collera disegnata sul visino, le gambe divaricate (a guisa di lottatore di sumo, come non mancava di evidenziare il ragazzo con il codino) e le mani sui fianchi.

“Lasciami dormire, Akane…” si lamentò il giovane con il codino, raggomitolandosi sempre di più sotto le coperte tanto da ridurre la sua sagoma ad una massa rotondeggiante e leggermente informe. Indispettita più dai suoi atteggiamenti che dall’orologio che quella mattina sembrava correre come un matto, non ci pensò due volte a scostargli le coperte con violenza, lasciandolo completamente in balìa dell’arietta fresca di primavera che filtrava dalla fessura della finestra semichiusa.

“No! Non ti lascio dormire! Stamattina abbiamo la verifica di Biologia, e non voglio assolutamente far tardi! Quindi” lo minacciò la ragazza “o ti alzi subito o andrai a scuola senza di me, prendendoti un bel voto approssimativo, come tuo solito!”

Era un tono che non ammetteva repliche, quello, che lo faceva sentire troppo alle strette. Anche se era una consuetudine che Akane gli parlasse in quel modo, quella mattina Ranma credeva di avere già di per sé la luna storta.

Aveva sognato cose spiacevoli, riguardanti la sua maledizione. Aveva sognato di provare una bottiglia di Nannichuan dopo l’altra, ottenendo comunque risultati differenti. Si trasformava in qualsiasi essere vivente, dal più grosso al più piccolo, senza riuscire a tornare uomo. Superfluo dire che si era svegliato di soprassalto, madido di sudore e con una gran voglia di fare a botte con suo padre per fargliela pagare un’ennesima volta di averlo trascinato a Jusenkyo qualche tempo addietro. Sfortunatamente, la preda dei suoi istinti omicidi lo aveva preceduto alzandosi prima del previsto forse per avventarsi sulle pietanze mattutine di Kasumi. Sicuramente per mangiarsi anche la sua, di colazione.

Ma non era finita qui. Il giorno prima aveva combattuto contro un'instancabile Ryoga da casa fino a decine di isolati più avanti, gli stessi che portano alle vie commerciali della città (ed infatti ci stavano quasi arrivando), finendo come sempre in una fontana stracolma di acqua fredda.

Akane aveva preso le difese del porco, convinta com’era che fosse Ranma il bruto che aveva iniziato a malmenarlo, e si era rintanata con lui in camera da letto, dove chissà cosa aveva visto il suino del corpo della sua fidanzata.

Meno male che quella scema patentata non l’aveva portato con sé fino alla stanza che condivideva con il padre. Non lo vedeva nei paraggi, infatti. Almeno il buonsenso di andarsene subito l’ha avuto, il maiale.

Pensando a tutto questo, non poté fare a meno di vomitare tutta la sua frustrazione sulla persona che le stava davanti. Poco importava se era Akane, Nabiki, Kasumi, Happosai o quei due ubriaconi organizza-matrimoni-al-più-insignificante-momento-opportuno che non erano altro.

Si sollevò dalla sua posizione prona, voltando lo sguardo verso di lei ed osservandola con furia. “Va’ pure da sola, stupida! Con la forza erculea che ti ritrovi non hai mica bisogno di una guardia del corpo!”

Era un insulto come un altro a dire il vero, ma detto con così tanta foga da far sobbalzare dallo stupore una già accigliata Akane. La sensazione di rabbioso caldo che fluiva velocemente nelle vene della ragazza salì a livelli vertiginosi, facendole ribollire il sangue come poche volte le era capitato. Lì per lì non riuscì nemmeno a formulare un’offesa di rimando, tanto era infuriata, e l’occhiataccia di fuoco del ragazzo con il codino che continuava a persistere imperturbabile sulla sua faccia da schiaffi non era di grande aiuto, tutt’altro. Improvvisamente si rese conto di essere arrivata sull’orlo delle lacrime, ma non lasciò loro il tempo di scorrere via. Sferrò un calcio non troppo forte sul fianco di Ranma, ascoltandolo soltanto gemere per la sua soddisfazione personale e voltandosi per correre in direzione del Furinkan.

 

***

 

Era già passata la prima ora, e Ranma non ancora si era fatto vivo a scuola. Ukyo era sul punto di domandare ad Akane cosa gli fosse successo, ma qualcosa, una forza repulsiva sembrava volerla fermare.

Si vedeva da lontano che Akane non era dell’umore adatto per chiacchierare. Era entrata in classe salutando le sue amiche borbottando, per poco non sfondava la gabbia toracica del povero Kuno pronto ad importunarla come da copione e sedendosi senza degnare di uno sguardo Gosunkugi, rimasto pietrificato dal suo atteggiamento eccessivamente scontroso al fianco del suo banco.

Durante la lezione di giapponese antico non andò meglio. La cuoca la sorprese almeno sette volte ad asciugarsi furtivamente il viso con un fazzoletto tenuto per intero nella mano chiusa a pugno, molto probabilmente per non dare al professore l’occasione di riprenderla ed accorgersi che qualcosa non andava.

Non era il caso disturbarla, si disse la giovane Kuonji. Se magari l’avesse vista in condizioni migliori nell’arco di quella giornata, forse si sarebbe fatta avanti per chiedere di Ranma.

I suoi propositi non ebbero buon esito, però. Nel bel mezzo delle spiegazioni del professor Yamashita,  l’altoparlante situato in tutte le aule dell’istituto si attivò, troncando la voce del professore di netto e facendo rimbombare quella fastidiosa al tempo stesso squillante del preside Koccho Kuno.

“Ladies and gentlemen! Pay attention, please!”

Alcuni studenti saltarono sulla sedia per lo spavento; altri cominciavano a pensare ci fosse in cantiere un altro tentative di tagliare i capelli a zero; ed alcuni credettero che la causa dell’intervento del preside fosse dovuto all’assenza del codinato. Solo un numero esiguo di ragazzi presero ad ascoltare con attenzione fin dall’inizio cosa aveva da dire.

“I need urgentemente della presenza di Miss Akane Tendo e di Miss Ukyo Kuonji. Sono richiesti also Tatewaki Kuno, Ranma Saotome  e Miss Nabiki Tendo, here in presidenza. Hurry, guys!”

Nella sua voce c’era una strana nota inquieta e confusa. Niente a che vedere con la sua irritante e gioviale parlantina sciolta.

Akane e Ukyo si osservarono per un istante pensando entrambe che avrebbero dovuto giustificarsi per Ranma, per poi alzarsi con moderazione ed avviarsi insieme verso la presidenza. Incontrarono la mezzana Tendo ed il kendonista, ora più tranquillo e con l’ordinaria divisa scolastica.

“Sai perché il preside ci ha convocati?” chiese Nabiki affiancandosi alla sorella.

“No,” rispose quella “ma sicuramente sarà una delle sue trovate idiote. Senza offesa, Kuno…” proseguì rivoltasi al ragazzo dietro di lei.

“Non so perché,” disse Ukyo fermando sul nascere la replica di Tatewaki “ma mi puzza.”

Poco prima di arrivare a destinazione, videro un trafelato Ranma correre con un toast stretto fra le labbra, con la cartella che volava per i movimenti troppo bruschi.

Quando lo vide, Akane mancò di un battito. Non credeva di incontrarlo nuovamente così presto, e non era pronta ad affrontarlo ancora una volta: non ancora. Ancor meno era intenzionata a farsi vedere sul punto di piangere. Troppe volte l’aveva umiliata, sia in pubblico che in privato, perciò il suo orgoglio le imponeva di nascondere il lato più debole di se stessa, per fargli capire che lei era la tostissima Akane Tendo, forte, tenace e invulnerabile.

Riuscì per un soffio a deviare il suo sguardo carico di astio verso le scarpe di Nabiki, sentendosi addosso quello blu cobalto del fidanzato, probabilmente ancora furibondo. La scena fece sì che gli altri si cucissero la bocca di loro spontanea volontà, chi per paura, chi per senso di inadeguatezza.

La tensione creatasi non sfuggì a nessuno; nemmeno a Nabiki, che prese Akane per un braccio e la trascinò con sé, riservando a Ranma soltanto una smorfia torva e risentita. La più piccola si lasciò pilotare come una bambola priva di forze, sebbene negli occhi nocciola ardesse una spavalderia tutta nuova e prorompente.

Ranma dovette lottare selvaggiamente con se stesso per non arrendersi alla voglia di riappacificarsi, ma nell’istante in cui si decise a far crescere la sua superbia a dismisura, udì una voce cinguettante che per poco non gli sfondava i timpani.

“Oh, Ranma! Sei arrivato!” esclamò la cuoca, affrettandosi a piazzarsi fra lui e la piccola Tendo che si stava allontanando. Gli spiegò dove erano diretti, siccome il ragazzo le aveva fatto una faccia interrogativa, e che lui doveva andare con loro.

“Ma che ho fatto?” si lamentò, bloccandosi davanti a Tatewaki che, inbufalito anche più di lui prima, gli chiedeva gentilmente cosa avesse fatto alla dolcissima ed eterea Akane Tendo per farla cadere in quella oscura depressione. “Va bene, per ora ti concedo tregua. La curiosità che nutro verso ciò che deve dirci mio padre mi corrode l’animo.” si giustificò con tono solenne. Ma abbandonò il suo metodo di espressione teatrale per puntare l’indice contro Ranma e dire: “Ma non finisce qui, sappilo!”

“Ehi, siamo arrivati...” Acidamente, Nabiki li avvertì silenziosamente di tacere, un ordine che venne eseguito da tutti. Aprì la porta lentamente, ma non appena scrutò dei capelli color lavanda smossi dal vento che proveniva dalla finestra, Nabiki la spalancò, sgranando gli occhi.

Nella presidenza c’erano anche Shan Pu, Kodachi e Ryoga in fila davanti al preside comodo sulla sua poltrona e con l’ukulele sulle ginocchia. Erano tutti seri. La Rosa Nera si contorceva le mani sottili e si lisciava nervosamente la gonna della divisa: non era mai stata chiamata da suo padre nel Furinkan, se c’era una cosa che il papà doveva dire doveva essere estremamente importante; Shan Pu, con ancora addosso il grembiule del Nekohanten, aveva ancora una consegna da fare tra le mani, ammiccando non appena si rese conto di essere nella stessa stanza con il suo “futuro marito”. Ryoga non smetteva un secondo di tamburellare le dita sul braccio incrociato all’altro, destando l’interesse di Akane.

Il volto rugoso di Koccho Kuno si illuminò alla vista dei ragazzi, ma l’estasi che si era impadronita di lui si trasformò in un piagnisteo istericamente vile e balbettante.

“Good guys. Ci siete tutti, now! Pensavo non sareste venuti!”

“La pianti con queste sciorinate!” inveì Ranma, in posizione di difesa. “Se cerca di tagliarci i capelli a tutti, beh, si sbaglia di grosso!”

“No, Saotome. Non vi ho chiamati for this...”

“E allora…?”

“Complimenti, boys and girls!” esclamò, perdendosi in un’ilarità in contrasto con la preoccupazione dei giovani davanti a lui. “Siete stati scelti per fare un giro intorno the world!”

“La... parola?” chiese stranito il giovane Saotome.

Ryoga lo osservò con occhi canzonatori, esultando per la figuraccia del suo rivale.

“Scemo, world vuol dire mondo!” lo corresse con un ghigno compiaciuto, incrociando le braccia e sfidandolo mostrando i canini.

“Non è questo il punto, maiale! Qualcuno vuol dirci che succede?”

Stava perdendo la pazienza, sempre se non l’avesse già mandata in vacanza. Ranma non ne poteva più. Prima l’incubo, poi Akane; adesso ci si metteva quel pazzoide del preside che, con chissà quale nuova diavoleria, voleva farli partecipare ad una cosa per la quale esitava a fornire le dovute spiegazioni... Forse il mondo stava impazzendo, o forse era lui che sarebbe finito al manicomio quanto prima.

“The National Aeronautics and Space Administration also known as NASA has selected you for a mission in the space, which...”

“Parli in giapponese!” lo interruppe Ranma. “Non ci capisco niente!”

“La NASA vi ha reclutato per svolgere una missione nello spazio. Non so di che natura sia, ma hanno inviato una lettera here, dicendo che verranno a prendervi fra un giorno esatto e di farvi trovare davanti ai cancelli scolastici con le vostre cose!”

Il preside li guardò ad uno ad uno, tentando di trovare un accenno a proseguire. Non ne ebbe. Ciascuno di loro si stava chiedendo come mai la NASA aveva bisogno del loro aiuto per una missione spaziale. Loro non erano astronauti; erano semplici studenti, anche se abili esperti di arti marziali. Cosa dovevano fare? Combattere nello spazio?

“È uno scherzo, non è vero?” intervenne Nabiki per la prima volta.

 

 

 

 

NDA

Salve! :D

Ecco che torno ad ammorbare questo fandom! xD

Dunque, innanzitutto grazie per essere arrivati fin qui leggendo questa piccola ingrata idea spuntata fuori solo ora, e che spero recensiate. Vi avviso fin da ora che gli aggiornamenti saranno discontinui, perché per me iniziare una ff multicapitolo proprio in questo momento (con un’altra in sospeso, per giunta) è un azzardo di proporzioni colossali, che sia breve oppure no.

In secondo luogo, non darò niente per scontato. Coloro che conoscono il film (lo spero, perché è un capolavoro! *^*) non sono avvantaggiati circa alcune questioni salienti.

Per chi non lo conosce, o non l’ha mai visto, assicuro loro la visione appena possono perché è una meraviglia cinematografica degna di esser nominata in qualunque Top 5 di qualunque classifica, e lo si apprezza anche se non si ama particolarmente il genere catastrofico (testato dermatologicamente su mia nonna, davvero, non scherzo!).

I personaggi già esistenti appartengono a Rumiko Takahashi, mentre i personaggi della Nasa sono inventati da me, seguendo comunque le direttive generali del film. Perciò, non è né una AU, né un crossover, ma soltanto una sorta di movieverse.

Grazie per l’attenzione.

Passo e chiudo. :)

 

   
 
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