Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Night_    09/05/2014    2 recensioni
Takeshi era un guerriero. Un distruttore senza patria e senza scrupoli. Quelle sillabe... quel nome le apparve a dimensioni piccole piccole nella sua testa, fra tantissimi altri scritti più grandi, in modo quasi ingombrante.
Eppure, anche se era così minuscolo, era il primo che i suoi occhi della mente leggevano all'istante – brillava.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Il mondo dei vampiri e dei demoni è un enorme pozza nera, da cui scappare è come arrampicarsi sui rasoi.

Yuki.

 

 

 

 

 

 

 

Capirsi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capisco andarci a parlare, così, per sapere di Yumi, pensava, mentre se ne tornava nella sua classe, ma addirittura farsi a portare a spasso! Sono un'idiota! L'idiota del secolo, per essere più precisi! Come diavolo mi è venuto in mente di andare direttamente da lui, fra l'altro quando tutti potevano vederci, aaaah, detto così sembriamo una coppia, che diavo-!
I suoi pensiero vennero interrotti dal prof. Okamoto che, in piedi davanti alla porta appena socchiusa della classe dell'albina, la stava ora guardando con le sopracciglia lievemente inarcate. Effettivamente, con quell'espressione arrabbiata, le labbra più rosse del solito – grazie al suo mordicchiarle – sarebbe potuta essere benissimo scambiata per un'isterica schizofrenica. E chi lo sa, presto avrebbe potuto vincere l'attestato per la miglior isterica schizofrenica.
Sì, stava delirando.
«Akawa-san? Qualcosa non va?», le chiese con il solito tono educato, di chi non aveva paura di una normalissima e comune studentessa del liceo. Lei alzò i lati delle labbra in un sorriso sorpreso, scuotendo leggermente il capo. «Tutto benissimo, tut--».
Un suono la interruppe. E stavolta, non era un ragazzo che la pedinava.
Un suono molto lontano da lì, più o meno a... trenta? Quaranta metri? Diversamente da Takeshi, questo era stato chiaro e fin troppo evidente, sembrava quasi che questa persona volesse venir scoperta. Chinò leggermente il capo in avanti, portandosi una ciocca dietro l'orecchio.
«Professore, le spiace se prima vado al bagno?», disse, risollevando lo sguardo con un sorriso gentile sulle labbra. L'uomo restò a guardarla un po' interdetto, per poi annuire. «Prego: ma fa' presto, la lezione sta per cominciare».
Lei sforzò l'ennesimo gentile sorriso, per poi voltarsi e andare in direzione dei bagni, tranquilla; non appena sentì la porta della classe richiudersi – segno che lui era entrato –, si girò di scatto verso le scale conducenti al terzo piano.
Non aveva tempo da perdere in stupide lezioni che già conosceva.
Mentre saliva le scale vide andarle incontro tre ragazzi del terzo anno, la camicia messa scomposta, i talloni fuori dalle scarpe.
«Ah, Akawa», ghignò uno. Lei continuò a salire gli scalini con una certa fretta, chiedendosi se il rumore arrivasse da lì o dalla terrazza.
«Ti ignora, eh? Beh, ha ragione», rise il secondo.
«Con Katugawa ci parla però».
«Non ci parlo affatto, idioti». Ops. Aveva rivolto la parola a quei tipi. Male.
«Eppure non sembrava», il primo la guardava con un sopracciglio – tagliato – alzato e l'altro inarcato, come se volesse intendere chissà cosa.
Uh, sembravano una coppia, lo sapeva!
«Non ti piace?», sibilò il terzo. Lei sospirò, stanca di conversare con essere i cui neuroni avevano preferito suicidarsi. «Okay, allora... aprite quelle orecchie: rinchiudetevi in classe. Non uscite, non andate da nessuna parte, state lì. E dite lo stesso a tutti». Detto questo, continuò a salire i tre scalini che la separavano dal pianerottolo.
«Aspetta--». Il primo che aveva parlato le afferrò il polso, cercando di tirarla verso di sé; ma Yuki non aveva davvero il tempo per star lì ad assecondarli quindi, girandosi leggermente di tre quarti, sollevò la gamba destra, che spinse brusca contro il volto del tipo.
«Veloce, veloce», si ripeteva lei, riprendendo a camminare sotto gli occhi terrorizzati e stupiti degli altri due.
Se i suoi calcoli erano esatti, in cinque minuti avrebbe raggiunto la terrazza.
O, almeno, sempre se non avesse incrociato altri idioti.

 

 

 

***

 

 

 

Che strano.
Non ha l'aria di un luogo infestato, pensava, sconcertata di aver – forse – errato.
Tutta presa com'era, poco fa, dai suoi ragionamenti su Takeshi e su ciò che era successo, aveva tratto conclusioni affrettate. Capitava a tutti, giusto? Di sbagliare perché ci si concentrava su... un ragazzo. Rendendosene conto, aggrottò la fronte bianca come la neve, turbata – per non dire infastidita: beh, era storia passata. Scrollò le spalle, per poi ruotarle.
Il professore le aveva detto di far presto e per fortuna, non era passato poi così tanto tempo.
Forse.
Cinque minuti.
«Beh~‎... », cantilenò, stiracchiandosi avvolta nell'aria fresca della primavera.
Primavera... da quando mi sono trasferita qui, ad inizio Aprile, sembra passato un secolo... , pensava, mentre guardava il cielo limpido. Alzò le spalle, per poi avviarsi alla porta.
Meglio tornare in classe, si disse, altrimenti il prof. Okamoto si sarebbe arrabbiato.
«Tick tock».
Yuki si fermò – ad un metro dalla porta.
«Her life is over, Princess». Qualcosa di freddo e appuntito prese a camminare sul suo collo, graffiandolo con facilità. Yuki non si muoveva, se voleva vivere.
Il sangue cominciò a pompare più velocemente al cuore, i pugni si chiusero.
«Chi sei?», disse in un sussurro freddo, senza staccare gli occhi dalla porta in acciaio. La persona alle sue spalle ghignò, una risatina rauca e gutturale, quasi fossero due entità a ridere.
«Non è importante... a nessuno è mai importato... », quella persona avvicinò tutte e due le mani – dagli artigli neri come l'ebano, lunghi, irreali – al collo dell'albina. «Se lei morirà... importerà a qualcuno!». Il suo grido squarciò il silenzio fino a poco prima rilassante della scuola, immersa nelle lezioni – cosa... ? Solo dal suono della sua voce, lei aveva percepito tutti i suoi sentimenti, il suo penoso stato d'animo.
Era questo che provava quell'essere alle sue spalle, con le unghie che desideravano soltanto strapparle la pelle bianca?
Mentre se lo chiedeva, i grandi occhi sbarrati, lui lo fece davvero – facendola irrigidire e strizzare le palpebre. Alzò le braccia per afferrargli le mani e cominciò a indietreggiare, andando a scontrare la schiena contro il petto di quella persona.
«Levati dai piedi!», urlò furiosa, sollevandolo di peso e lanciandolo contro la porta di ferro. Poi si portò una mano al collo, nel vano tentativo di fermare il sangue che cadeva sull'uniforme e a terra.
«Per favore», disse con un sorrisetto sarcastico. L'uomo – era un uomo? I capelli erano alquanto lunghi ma la corporatura era troppo massiccia – si rialzò da terra con semplicità, come nulla fosse.
«Non posso», mormorò, basso, profondo. «Non posso. Non posso! Non posso!». Prese a correre, con furia, per accorciare quella piccola distanza.
«Mentecatto, non correre cos--», lei si spostò si lato, rapida, riuscendo ad evitarlo e... a vederlo mentre continuava a correre, fino a finire dall'altra parte della ringhiera.
«Oh, diamine», imprecò lei mentre raggiungeva quel punto. Si sporse oltre, lasciando che i filamenti argentei librassero nel vento. «Oh, ma porca--». Sentì degli urli sgomenti che automaticamente risposero alla peggiore situazione possibile: qualcuno aveva visto cadere il tizio.
«Bene, molto bene, molto... ah, avrò bisogno di uno piscologo», si portò una mano alla fronte, leggermente accaldata, allontanandosi dalla ringhiera. Intanto, per sua fortuna, il corpo si era dissolto in polvere – ciò che accadeva alla morte di un... ah, era un demone.
Questo spiegava perché era così disperato.
E deglutì, preoccupata.
Era un demone.

 

 

 

***

 

 

 

«Aspetta», disse Takeshi lentamente, come un bambino alle prese con le prime parole. «Ripetiamo: sei stata attaccata da un demone. No, aspetta. Non ho capito. Un demone? … eh?».
Yuki che solitamente evitava il contatto con i suoi capelli, si portò le mani proprio fra di essi, disperata quasi quanto quel demone.
Se non di più.
«Se parliamo tutti e due giapponese penso che invece tu abbia capito», sospirò.
Adesso che si erano seduti sul tettuccio dell'entrata al terrazzo, Yuki si sentiva terribilmente sfinita, prosciugata da tutte le sue forze. Sembrava quasi che il sangue preso da Yumi fosse finito in quel breve ma intenso scontro. Sarebbe volentieri tornata a casa – beh, volentieri... – per lasciare che il lato vampirico, o meglio quello pigro, prendesse il sopravvento e la mettesse a dormire per un decennio circa.
«Ah», fece asciutto lui. «Allora ho capito. Potevi dirmelo prima!».
Lei aggrottò la fronte.
«E ora... cosa farai?», le chiese mentre si sdraiava a braccia conserte a mò di cuscino, dietro la testa mora. Guardò la schiena ricoperta da luce argentata, sorridendo flebile.
«Adesso aspetto gli Addetti» ennesimo sospiro.
«I cosa?».
«Sì, forse non parliamo davvero la stessa lingua».
Il tempo di girarsi a guardare quell'idiota che un suono sottile preannunciò l'arrivo di due persone. Era sempre così. Non capiva da dov'è che venisse quel suono e non le importava granché, ma era sinistro!
«Hmmm», cantilenò, molto simile al rumore delle fusa di un micio, guardando i due vampiri. Un uomo e una donna, ovviamente, tutti e due estremamente belli. «Katugawa, gli Addetti. Addetti, Katugawa».
«Akawa, non abbiamo tempo», disse la donna, mentre lei scendeva con un piccolo salto dal tettuccio, poi seguita da Takeshi – che continuava a chiedersi se avesse sbagliato scuola quella mattina. Beh, scuola esatta o no, non studiava tanto quindi...
«Vediamo», l'albina si portò l'indice alle labbra, alzando gli occhi. «forse era demone di livello D, non ho potuto controllare. Volete la descrizione fisica?».
Takeshi guardò Yuki nello stesso modo in cui si guarda un alieno. Chi diavolo era quella ragazza così gentile e amabile? Scosse la testa, rabbrividendo.
«E' gradito», rispose l'Addetta.
«Capelli lunghi fino alle spalle», e segnò con la mano sotto la sua spalla. «leggermente ondulati, occhi neri – ovviamente – unghie nere e lunghe, pelle più sul grigio. Alto – penso – un metro e ottanta, spalle larghe e gambe lunghe quanto un autostrada».
Takeshi lanciò un'occhiata ad entrambi; l'uomo stava scrivendo su una scheda, tipo quelle negli ospedali, con aria seria e inflessibile; la donna sembrava più propensa al sorriso che ora mostrava alla mezzosangue, anche se era privo di gentilezza.
Tutti e due indossavano delle divise a pezzo unico, color verde-acqua e un cappello con la visiera che copriva per metà gli occhi rispettivamente nocciola e verdi.
La donna si aggiustò un ciuffo biondo che sporgeva da sotto il cappello. «Direi che se evitassi di avere altri scontri, in futuro, ci renderesti la vita molto più semplice».
L'albina storse la labbra sottili in una smorfia rassegnata. «Dillo a loro!», e indicò oltre la ringhiera.
Una forte macchia rossa si distingueva su tutto quel verde, nell'atrio-giardino. L'uomo si mise sottobraccio la scheda, girandosi per dirigersi verso la ringhiera che saltò con facilità, senza un misero saluto.
«Odioso», sibilò tra i denti Yuki. «Quando ti strapperò le corde vocali ti verrà voglia di salutare».
La donna tossì come ad intimarla a zittirsi, ricevendo un'occhiata riluttante. «Forza Akawa, se ti impegni a non combattere a caso, quel tizio non lo vedrai più».
La ragazza alzò gli angoli della bocca in un piccolo sorriso sinceramente felice, guardando Takeshi che, intanto, faceva ancora fatica a riprendersi dallo... shock. E non era tanto il fatto che esistessero davvero demoni e vampiri, quanto più i sorrisi gentili, le movenze stranamente femminili, i grazie.
Da quando lei ringraziava? O sorrideva! Scrollò le spalle, esausto ma curioso.
Yuki Akawa, quale puzzle complicato. Quanti pezzi ancora gli mancavano per completare l'opera d'arte, quanto ancora doveva scavare e scoprirlaprima di trovare gli artefatti del suo essere?
«Katugawa?». La sua voce lo fece riscuotere con un sussulto. I due vampiri erano andati, probabilmente già da un po'.
«Smettila di chiamarmi così», borbottò l'umano. «Sono Takeshi, io».
Lei batté le palpebre confusa, poi rise.
Oddio, pensò lui, da quand'è che ha scoperto la risata?
«Ascoltami, Takeshi», calcò il nome del ragazzo come se fosse una formula magica, sogghignando. «Ormai hai visto molte cose appartenenti a... questa parte. Quindi penso sia arrivato il momento di svelarti tutto il resto. Cosa ne pensi?».
«... è una domanda retorica, Yuki».
«Lo so». 










NOTA DELL'AUTRICE:
Non lo so manco io come abbia fatto a postare il 7°-- considerando che il mio pc portatile dove avevo questo e molti altri capitoli era deceduto... possiamo dire di essere alquanto culati! *V* *tossisce* 
Okay, finalmente entriamo un po' più nel vivo dell'azione (?), cominciamo a conoscere alcuni dettagli del mondo vampirico edemoniaco e blablabla, sappiate che mi son divertita mentre lo scrivevo, quindi divertitevi anche voi (?). 



By Night, ovviamente, con affetto. ♥  
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Night_