CAPITOLO
22
-Vista la tua
scarsa dote nel mantenere l’alcool ho
pensato di lasciarti dormire. La colazione… la colazione,
scusami ma non ho
fatto in tempo a preparare un misero pasto. La cucina è
tutta tua. H. xx.-
Bene. La
comunicazione scritta su tanto di foglio attirò la mia
attenzione solo dopo che
il mio forte mal di testa fosse passato. Che più di un mal
di testa pareva una
noce di cocco che osava colpirmi ripetutamente. Non avrei mai
più bevuto così
tanto. Quelle sostanze trasformavano il momento in qui le si bevevano
immensamente spensierato. Credi di stare in un mondo tutto tuo,
è il risveglio
che ti riporta alla realtà.
Scesi di
sotto, sbuffando. Avevo una gran fame e per un momento dovevo mettere
da parte
il mal di testa per la sbronza e sfamare i miei istinti. Mi ci vollero
non
pochi minuti a trovare tutto l’occorrente per preparare delle
frittelle.
Comprensibile se ci si trovava davanti ad un immenso numero di
ripostigli, non
che fosse così grande la cucina ma era ben fornita. La
cucina di ultima
generazione faceva sì che tu cucinassi il prima possibile.
Posizionai la
frittella sul fornello ed essa aspettava solo che il calore trapelasse
dalla
padella.
Mentre
invece preparavo il caffè i miei pensieri avevano un solo
nome: Giada. Non la
sentivo, né vedevo da quasi un mese, ed era piuttosto
strano. Forse avevo
sbagliato a non farmi viva in questi giorni ma nella maggior parte dei
casi era
lei che osava chiamarmi, organizzando una delle solite uscite.
Ero uscita
da poco lasciando anche io un biglietto ad Harry. Certo che io ero
abituata al
clima della città, così come tutti i Londinesi lo
erano, e sentire i numerosi
turisti lamentarsi rabbiosamente della pioggia improvvisa
era… divertente.
Avevo preso appuntamento con la mia Jade in un quartiere a me
sconosciuto.
Con lo
sguardo fisso sul display del mio cellulare, rammentai la zona di casa
Horan.
-Brixton.-
depositando il dispositivo nella borsa alzai il capo ritrovandomi lo
sguardo
interrogativo dell’autista. Ero a conoscenza che fosse uno
dei quartieri
malfamati di Londra, centro multietnico abitato da asiatici e indiani.
-Sicura?-
chiese voltandosi puntando i suoi occhi castani sulla mia figura,
strizzandoli.
Annuii prontamente. Cosa ci facesse Giada lì, non ne avevo
la minima idea.
Insomma, la capitale offre un enorme quantità di
appartamenti adatti a tutte le
esigenze.
-Ecco a lei,
ragazza.- fermando l’automobile si girò verso i
sedili posteriori, ancorandosi
invece al sedile accanto alla sua postazione. –Faccia
attenzione.- disse quasi
con tono paterno. Sorrisi annuendo e sporgendomi un po’,
lasciai la somma di
denaro sul cruscotto di pelle. Scesi dall’auto trovandomi
davanti un’esplosione
di colori e tutto d’un tratto dimenticai le recensioni che
avevo letto tramite
computer, nel caso sarei dovuta venire a piedi. Non avevo nulla da
temere!
-Appena sei
qui, fammi uno squillo.- mentre camminavo, cercando di individuare la
strada
giusta, inciampai in una piccola buca sul marciapiede. Molto bene. Dopo
aver
fatto di tutto per non cadere, riacquistai l’equilibrio e
avvisai Giada del mio
arrivo.
Prima che
potessi pigiare il tastino Invia, fin troppo piccolo per i miei gusti,
delle
braccia si impossessarono della mia vita, bloccandomi per qualche
istante il
flusso d’aria. Girandomi con cautela e con un leggero
tremolio, mi trovai
davanti due occhioni neri incorniciati da un sorriso a trentadue denti.
Ripresi
a respirare non appena riconobbi il faccino della mia amica.
L’abbracciai d’istinto
respirando il suo odore che tanto desideravo risentire.
-Conviene
entrare, fa un po’ freddo.- disse Giada guardandosi attorno.
Capisco che il
clima non era coerente con se stesso, insomma cinque minuti
c’è il sole e
cinque minuti dopo invece ti ritrovi con dieci maglioni e con tanto di
pantofole imbottite, però era metà estate e
l’aria freschetta era da un certo
punto di vista, piacevole. Del sole si erano perse le tracce
già da qualche
ora, colpa delle solite nuvole portatrici di pioggerellina.
Percorremmo
un piccolo tratto di strada e mi trovai davanti una piccola casa. Giada
aprì il
cancelletto mentre io osservavo il piccolo giardinetto che circondava
l’abitazione. Un urlo attirò la mia attenzione.
-Tranquilla,
sono i miei amici. Amano divertirsi.- sorrisi timidamente, facendomi
mille
filmini mentali riguardo a come mi sarei dovuta comportare in presenza
di
persone a me sconosciute. Conoscendomi molto bene Giada mi
accarezzò la spalla
facendomi superare la soglia di casa. Un’aria mista
all’odore di sigarette e
fragola, forse di un tipo d’alcool, rendeva
l’atmosfera tipica di un night
club. Feci pochi passi trovandomi davanti al salotto, quasi pieno, e
Giada
sbucandomi di dietro mi presentò a tutti, anche se una
persona la conoscevo
già.
-Piacere di
rivederti.- disse Luke avvicinandosi a me posando la bottiglia di birra
che
avvolgeva nella mano, sul tavolino di legno.
-Roby,
raggiungimi in cucina.- disse la mia ciufola alzando il tono di voce
indicando
il luogo alla sua destra. Con permesso di Luke la raggiunsi
velocemente.
Facendomi segno di sedermi sulla sedia di fronte al tavolo, lei
aprì uno scomparto
quasi sfogliando ogni straccio che le si presentava davanti. Prendendo
uno
scatolino si avvicinò silenziosamente come se stesse facendo
qualcosa di
illegale. Si appoggiò coi gomiti sulla lastra di legno e
aprì la scatolina.
Avrei urlato
se solo Giada non mi avesse messo la sua mano sulla mia bocca.
Cominciai a
farmi aria con entrambe le mani. Dire che ero diventata rossa era
minimizzare
di tanto la mia situazione attuale.
-Aspetta…
te, devi darlo a… lui?- chiesi sorpresa.
-No no,
l’ho
scoperto io. Per sbaglio.- l’abbracciai pensando alla nuova
coppia, ora
ufficiale che sarebbe stata Niall e la mia ciufola. Solo dopo qualche
secondo,
che aspettavo una sua risposta, un suo abbraccio mi allontanai.
-Ehm,
perché
mi abbracci?- guardandola con faccia ovvia risposi: –Per te.
Sono così felice.
E poi… wo, quell’anello è perfetto.-
dissi scrutando nei minimi particolari il
diamante.
-Non
è per
me.- rispose con tono dispiaciuto, ed io appoggiando il mento sulla mia
mano la
guardavo, aspettando il verdetto finale.
-Prima ho
guardato bene all’interno dello scatolo e ho trovato un
bigliettino.- disse
estraendo dal cofanetto un fogliettino rosato. Me lo porse. Vi era
inciso un
nome con una calligrafia molto graziosa. Fatta al computer, pensai.
Alzai il
capo osservando la figura della mia migliore amica a braccia conserte.
-Cosa vuol
dire?- pochi pensieri inondarono la mia mente ma, ciò che
prevedevo non si
sarebbe mai potuto verificare. Non in così poco tempo.
-Non ne ho
idea.- disse scrollando le spalle. –Ma devi stare tranquilla.
Non è per te,
almeno spero.- concluse chiudendo il cofanetto riavvolgendolo con il
nastrino
viola, facendo un fiocchetto. Una volta riposto nel cassetto fece cenno
di
tornare nel salotto.
-Spero che
una birra ti sia bastata.- disse Giada facendomi
l’occhiolino, sorridendo. –Più
che bene.- risposi ricambiando il sorriso, ritornando al mio posto.
-Che ne dite
ragazzi, giochiamo a poker?- propose un ragazzo ricciolino. Esultando
all’udire
quella parola, balzai in piedi.
-Io gioco.
Che voi lo vogliate o no.- dissi impuntandomi. Luke mi guardava fiero,
con un
sorriso a metà bocca. Cominciai a togliere tutto dal tavolo
accompagnata dalla
mia amica e, sotto indicazione di Giada, estrassi una tovaglia rigida
verde,
tipica dei giochi da tavolo. Una volta coperto completamente il tavolo,
tutti
si avvicinarono con le proprie sedie prendendo la postazione di gioco.
Niall
invece, cominciò a distribuire le fiches. Presi del denaro
dalla tasca e
posizionandolo a sinistra, poggiai i miei gomiti sul tavolo, ora verde.
-Aspettate.
Vado a prendere…- Luke non terminò la frase,
scomparendo dalla mia vista. Ora
era in cucina e solo Dio, adesso sapeva cosa avevo nella mia pancia.
Riassumendo la mia postazione guardai di sottecchi la ragazza davanti a
me,
Giada, la quale ricambiò il mio sguardò
spaventato. Abbassai lo sguardo
prendendo le fiches, portandomele quanto il più vicino
possibile. Ancora con il
fiato. Non restava altro che attendere.