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Autore: morphological    09/05/2014    5 recensioni
Questa è una storia diversa dalle altre. Parlerà di destini, del fato che tesse la sua tela inesorabile. Una storia per coloro che amano l'amore, è la storia di Sayuri. La Principessa del Destino, di colei che ignara della sua incredibile capacità, dovrà viaggiare tra i ricordi di un passato antico e misterioso per riuscire finalmente a trovare se stessa.
Dovrà fare una scelta.
Nel suo cuore il bene ed il male infuriano perché ognuno di loro la vuole accanto a sé, perché lei può fare tutto e anche di più. Ma la Principessa è una creatura che deve scegliere da sola, perché lei, solo lei può adempiere alla sua missione.
Ma l'amore come sempre ci metterà lo zampino. Non sarà un amore bello e giocoso, sarà un amore scuro e proibito, uno di quelli che trasforma il più innocente desiderio in bramosia. Lei è una creatura della notte, lei è la padrona dei tempi, lei è la Principessa dei Destini e nulla può fermasrla se non lui, l'angelo dal cuore di nero inchiostro.
Il bene e il male si fonderanno, che cosa è giusto e che cosa è sbagliato?
La scelta spetta solo a lei, noi possiamo solo sperare che sia quella giusta.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bekuta/Vector, Nuovo personaggio, Ryoga/Shark
Note: OOC | Avvertimenti: Incest, Spoiler!, Triangolo
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Capitolo 4 – Danza mortale

ĉapitro 4 - Mortiga danco



La notizia che la nuova alunna della 1° C aveva battuto Shark ci mise meno di mezz’ora a fare il giro della scuola. La notizia era sulla bocca di tutti e sarebbe stata uno degli argomenti più in voga, almeno per quella giornata. Ci sarebbero state numerose versioni, ma solo chi era lì avrebbe saputo che cosa era successo davvero. Molti dicevano che Sayuri aveva battuto Reginald con una benda sugli occhi, altri che lo aveva battuto in un solo turno e cose del genere.
Sayuri non credeva che una sfida con Shark le avrebbe dato tutta questa popolarità, ma andò proprio così. Durante i buchi tra le ore molti studenti vennero nella loro aula per conoscerla, anche se lei si defilava sempre, lasciando che altri raccontassero com’era andata, dato che detestava stare sotto i riflettori.
Quando la scuola finì trasse un sospiro di sollievo. Non vedeva l’ora di andare a casa e riposarsi un po’, ma a quanto pareva ce’era qualcuno che aveva idee diverse. Yuma le si parò davanti «Aspetta! Hai duellato con Shark e non con me! Dai duelliamo», Sayuri non sapeva che fare, sinceramente era il suo ultimo desiderio fare un duello con Yuma.
Proprio in quel momento Rei, che aveva un gran tempismo, decise di fare un’epocale caduta.
La ragazza decise che era meglio filarsela, perciò approfittò del momento di distrazione generale per andarsene.
«Ciao!», dopo questo frettoloso saluto s’incamminò velocemente verso casa.
«Scappi alla chetichella?», chiese Angelo con una risatina.
Con quella domanda riuscì ad ottenere un’occhiataccia. «No, in caso non avrei salutato»
«Dai, non fare così! Tu per me esageri», quel mostro prendeva sempre tutto alla leggera.
Sayuri arrivò a casa prima del previsto, perciò decise che quel giorno avrebbe pranzato in maniera decente.  Sapete, è una seccatura cucinare per una persona, perciò Sayuri non cucinava sempre, solo quando ne aveva voglia. Cioè quasi mai.
 
Rei camminava sul marciapiede, pensava ancora al numero 108 e alla sua proprietaria. Si chiedeva come un’umana potesse controllare un Numero tanto forte come quello. Ma una domanda gli ronzava in testa più di altre: chi era davvero Sayuri?
Scoprire la verità sulla nuova arrivata stava diventando un obiettivo fisso. Era certo che nascondesse qualcosa, forse nemmeno lei se ne rendeva conto. Sin dal primo giorno aveva avvertito una strana sensazione standole accanto, quasi una sorta di familiarità, come se la conoscesse da tempo.
Ridicolo.
Si guardò intorno, notando che non c’era nessuno in strada. Perfetto. Ci mise pochi attimi per concentrarsi, poi le ali gli esplosero sulla schiena. Quel giorno non aveva tempo da perdere. Si alzò in volo in modo tale che nessun passante potesse vederlo. Si diresse verso la periferia di Hartland, verso una casa un po’ speciale. Lui e gli altri Bariani avevano bisogno di un quartier generale per stare sulla terra e quella catapecchia era perfetta. Anche se chiamarla catapecchia era davvero insultarla. Aveva sei stanze da letto e un salone immenso. Anche se lui odiava tutto di quel pianeta, non gli ispirava per niente. Era come se gli evocasse qualcosa di molto, ma molto doloroso accaduto in passato.
Senza che se ne fosse minimamente accorto era già giunto a destinazione. Si diresse verso terra,scendendo in picchiata e fermandosi prima di impattare col suolo e finire esattamente sopra ad un ragazzo dagli occhi verdi e la carnagione abbastanza scura.
«Piantala, mi stavi per ammazzare!», una vocetta stridula, segno che il ragazzo accanto a lui s’era preso un bello spavento.
«Tanto cosa cambierebbe?», a quella domanda pronunciata solo per fargli perdere le staffe, il ragazzo non poté non rispondere, «Voglio proprio vedere che mi fai!»
«Calma, calma Pugile, in fondo non ti ho centrato avrei potuto farlo benissimo, prendilo come un onore che ti ho concesso Arito»
L’altro storse la bocca. «Ma fammi il favore, ma quale onore! Piuttosto: hai scoperto qualcosa?»
Vector si fece pensieroso, «A parte che Shark si è fatto battere dalla mia nuova compagna di classe  e che questa ragazzina possiede un Numero oltre il cento? No, nulla», non perdeva mai il tono sarcastico.
«Che cosa?!», urlò Arito.
«Piantala di urlare, la tua voce si sente fino ad Hartland», s’intromise qualcun altro. «Sai qualcosa su di lei?»
«Ma guarda chi c’è, ciao Mizael», disse Vector, preparandosi mentalmente all’idea di tormentare il ragazzo appena apparso.
Vector squadrò Mizael, era la prima volta che aveva l’ ”onore” di rimirarlo nella sua forma terrestre. Sinceramente ne avrebbe fatto volentieri a meno. Veramente non avrebbe voluto vederlo in generale, ma quello era un desiderio che non si sarebbe mai avverato. Che peccato.
«E io che cosa dovrei sapere? Mica posso starle incollato», strano ma vero, per la prima volta aveva detto qualcosa di normale. Decisamente sospetto.
Mizael alzò un sopracciglio, scettico. «Davvero? E io che credevo non ti facessi scrupoli a fare una cosa del genere», in effetti torto non ne aveva.
«La mia priorità è Tsukumo, non una ragazzina venuta dal nulla che non sembra avere niente di speciale», l’Imperatore cominciava ad infastidirsi.
«Niente di speciale a parte un Numero fuori dal comune. È un’incognita, potrebbe rappresentare una minaccia»
A parlare era stato un ragazzo dai capelli e gli occhi grigi. Presumibilmente Durbe.
Vector sbuffò, non gli piaceva tre contro uno, e soprattutto odiava ammettere di avere torto. «Mi lasciate da solo a scuola?», chiese con finta voce d’angioletto per cambiare argomento.
«Non sei solo, c’è Gilag». A quanto pareva Arito voleva vendicarsi per il tentato barianicidio. 
L’altro fece una smorfia e ritirò le ali. In fondo non dovevano dare nell’occhio. E un ragazzino con le ali non aiutava.
«No, verremo anche noi», il tono che aveva usato Durbe non ammetteva repliche.
«Non ti fidi?», provocare, Vector non sapeva fare altro.
«Chi mai sarebbe così pazzo da farlo?». Mizael non avrebbe mai smesso di rispondergli per le rime, non poteva farne a meno.
Vector si fece pensieroso. «Si fidano di me Tsukumo, l’Astrale, i loro amichetti e Sayuri», non appena pronunciò l’ultima parola si rese conto che aveva chiamato la ragazza per nome senza un motivo preciso, l’aveva fatto d’impulso, senza riflettere.
Quel nome gli sembrava familiare. Durbe aveva come la sensazione di averlo già sentito, anche se non avrebbe mai saputo dire dove. Era strano, eppure aveva un’ottima memoria.
Giglio. Un nome eccentrico. Mizael aveva visto quei fiori una volta sola e subito gli erano parsi degni di nota. Era l’unica cosa su quel pianeta che non disprezzava con tutto sé stesso. Gli evocavano qualcosa, guardandoli aveva sentito come una sensazione di deja-vu. Un ricordo che non ne voleva sapere di tornare a galla. Come lui, anche ad Arito sembrava familiare quel nome. Decise però di ignorare la sensazione che aveva, in fondo era solo lo spettro di un’idea... nulla di importante.
O così i Bariani credevano.
 
Sayuri dormiva, Angelo la guardava e non sfuggiva al suo occhio vigile che ogni tanto la ragazza si agitava nel sonno. Chissà cosa sognava...
 
Sayuri era in un prato verdissimo. Il cielo sopra di lei era di un azzurro terso costellato da qualche piccola nuvoletta solitaria. Era sdraiata e tra le mani aveva un libro: “Vita e morte di Barian”. Non l’aveva mai visto ed era in una lingua a lei sconosciuta.
«Cosa leggi?», chiese qualcuno alle sue spalle.
«Un libro che ho trovato, tu invece che fai?», disse voltandosi e guardando il ragazzo negli occhi.
«Mi alleno, scherma», disse lui con nonchalance, sapeva che lei adorava scherma.
«Mi insegni?», gli chiese con gli occhi che brillavano.
Il ragazzo non seppe come reagire, non si aspettava una domanda del genere. «ecco, non so... », rispose titubante.
«Ti prego!», lo supplicò lei facendo gli occhi da cucciolo.
«E va bene!», non riusciva a resistere quando la guardava così, era troppo bella.
 
Quella mattina la sveglia fu traumatica.
Per una volta non si era svegliata per colpa di uno dei suoi incubi, perciò era ancora un po’ intontita. Il sogno di quella notte fu strano, pieno di nomi francesi e figure complesse di scherma. Non capiva, non aveva mai studiato scherma quindi non avrebbe dovuto conoscere quelle mosse.
Si preparò in fretta, inveendo contro chiunque avesse inventato la scuola. Quel giorno non si curò nemmeno di legare i capelli e lasciò i ciuffi azzurri liberi di muoversi.
Stava per uscire di casa quando vide che sul comodino c’era una lettera. Senza esitazioni la aprì e con sua grande sorpresa si ritrovò a guardare dei caratteri sconosciuti. Un’altra lingua.
La prese e se la infilò dentro lo zaino, voleva osservarla meglio e non ce la faceva ad aspettare fino al pomeriggio quando sarebbe arrivata a casa.
Uscì dalla casa in orario perfetto e durante il tragitto incontrò Tori e Katy. Quelle due erano molto strane: prima non si guardavano e poi chiacchieravano assieme come due buone amiche. La prima cosa accadeva solo quando Yuma era nelle vicinanze. Solo allora il suo cervello fece il collegamento. Entrambe erano... innamorate di Yuma. A Sayuri venne da ridere. Certo, quel ragazzo era simpatico, ma era parecchio tonto a volte.
Decise di far finta di non saperlo, anche se era chiaro a tutti i loro amici che era così.
Quando arrivarono nel piazzale della scuola c’erano molti ragazzi radunati in un punto. Le tre si avvicnarono per capire cosa destasse tanto scalpore e la prima cosa che videro furono tre ragazzi. Uno dai capelli grigio e gli occhi del medesimo colore che aveva tutta l’aria da secchione, questo anche grazie agli occhiali rettangolari che portava. Uno invece aveva il fisico atletico, con i muscoli degli avambracci ben delineati, aveva gli occhi verdini e la carnagione molto scura. L’ultimo era un ragazzo molto bello, con un incredibile paio di occhi azzurro ghiaccio che emanavano freddezza e dei capelli biondo oro lunghissimi. Tutti e tre avevano un’espressione seria in volto.
Si allontanarono, a nessuna di loro interessavano quei tipi.
Sayuri invece cercò nel piazzale una persona ben precisa, che individuò accanto all’inseparabile Yuma, aveva un’aria così assorta che sembrava quasi tagliato fuori dal mondo circostante. Astral era sempre pensieroso, quasi come se dentro di lui stesse avvenendo una battaglia interiore. Si diresse verso di loro, ma proprio in quell’istante suonò la campanella, sempre al momento meno opportuno. Si avviarono tutti in classe. Quando arrivarono il professor Kay disse loro che non avevano bisogno di sedersi perché quel giorno avrebbero avuto una lezione molto particolare.
«Oggi i titolari della squadra di scherma di Hartland sono venuti a faci visita e a proporci una lezione prova»
L’entusiasmo degli studenti era palpabile, e nessuno aveva mai fatto scherma ed erano tutti molto curiosi.
Scesero nella palestra dove trovarono davanti a loro una ragazza con una tuta da ginnastica e un fischietto di metallo. Accanto a lei c’era un stand con tante tute color argento e un mucchio di fioretti.
«Buongiorno ragazzi, mettetevi le tute e cominciamo subito», disse lei con un sorriso.
Gli studenti si diressero verso gli spogliatoi e qualche minuto dopo portavano tutti quelle strane divise.
La ragazza si presentò e disse di chiamarsi Serena. Spiegò le mosse base della scherma. Sembravano piuttosto facili, ma Sayuri era certa che non fosse così. Serena si muoveva leggiadra sulla pedana, era bravissima.
«Allora signor Kay», disse quando finì di spiegare. «Ho bisogno di due ragazzi»
L’insegnante parve pensarci un attimo. «Facciamo i due nuovi arrivati, Sayuri e Rei»
I due interpellati si guardarono negli occhi, la stessa confusione nello sguardo.
«Venite», li incoraggiò Serena mentre porgeva loro due maschere per proteggere il viso. I due le presero e le indossarono. Si misero l’uno davanti all’altra .
Sayuri non sapeva che fare, anche se la ragazza le aveva mostrato le mosse principali non aveva idea di come metterle in pratica.
Dato che indossando la maschera nessuno poteva scorgere il suo viso, Rei si concesse un sorrisetto. Si sarebbe divertito un po’ con quella ragazzina.
«En garde!», disse Serena fischiando.
I due ragazzi cominciarono a muoversi in circolo, studiandosi a vicenda.
Il primo ad attaccare fu Rei . fece un affondo in avanti, colpendo la ragazza alla spalla, ottenendo così il primo punto.
«Touché», disse Serena, compiaciuta.
Ripresero. Sayuri sapeva che non sarebbe mai riuscita a sopraffarlo. Lo capiva dal modo in cui teneva in mano il fioretto, come se fosse un estensione de suo braccio, dal modo in cui si muoveva. Era certa che lui sapesse già farlo, non si è bravi così tanto la prima volta. O forse era lei troppo scarsa.
Decise che avrebbe  dovuto dare il massimo, non poteva farsi battere, proprio no. Mirò alla spalla del l’avversario, ma nel farlo lasciò il fianco sinistro scoperto. L’altro ne approfittò: scartò di lato e la colpì sul fianco.
«Manca solo un punto», annunciò il ragazzo trionfante. Probabilmente si stava già pregustando la vittoria.
Fu allora che, mentre i due tornavano in posizione, lei sentì dentro di sé un istinto che non sapeva di avere che le suggeriva di lasciare a lui la prima mossa. Decise istintivamente di seguirlo. Tanto che aveva da perdere?
Il ragazzo non si fece attendere, certo di avere la vittoria in pugno, si sbilanciò in avanti. Sayuri non perse tempo, fece un giro su sé stessa e schivò l’attacco. Lui non fece in tempo a girarsi che la ragazza aveva appoggiato la punta della sua lama sulla sua schiena.
«Impara a non sottovalutarmi», gli disse. Rei fece un sorrisetto. Chiunque l’avesse visto in viso in quel momento non l’avrebbe riconosciuto, tranne i bariani naturalmente. Nei suoi occhi c’era lo stesso sguardo che avrebbe avuto una tigre che gioca con la preda. Il problema era che Sayuri non era da meno.
I due ragazzi non sentivano più nulla se non i loro respiri affannosi e i loro cuori  che battevano all’unisono.
Cominciarono a scambiarsi una serie di colpi rapidissimi, erano tanto veloci che a stento riconoscevi l’uno dall’altro.
Se lei cercava di colpirlo alle spalle, Rei scartava di lato, preparando un colpo alla schiena che Sayuri schivava abbassandosi.
Sayuri cercò di eseguire una delle complesse figure che aveva visto nei suoi sogni e con suo immenso stupore funzionò.
La ragazza ottenne così il secondo punto.
 Da quel momento entrambi cercarono di prevalere sull’altro, ma con scarsi risultati. Compivano movimenti complessi e allo stesso tempo aggraziati. Sembrava quasi una danza, un ballo che sapeva di morte e che aveva un magnetismo irresistibile. Tutti i presenti non riuscivano a distogliere lo sguardo, perfino Serena, che li osservava incantata.
Con una seri di movimenti veloci che nessuno riuscì a mettere bene a fuoco, Rei e Sayuri si ritrovarono di fronte, le spade di entrambi contro la gola dell’avversario. Se quello fosse stato un vero duello entrambi sarebbero stati mori stecchiti.
I due ragazzi erano vicinissimi. I loro petti so sollevavano allo stesso ritmo.
Abbassarono i fioretti e si tolsero le maschere. Occhi viola in occhi azzurri, nessuno dei due aveva assolutamente intenzione di interrompere il contatto visivo.
Subito scrosciò un applauso.
Sayuri aveva le guance arrossate e un sorriso sulle labbra; Rei aveva acquistato la solita espressione che utilizzava quando era con Yuma e i suoi amichetti, non avrebbe mai rischiato di farsi saltare la copertura. Entrambi sentivano qualcosa dentro, un antico richiamo che li spingeva ad abbracciarsi. Ma dato che non aveva alcun senso tennero le distanze. Lei allungò il braccio verso di lui. «Sei stato bravissimo»
«Grazie», lui allungò il braccio e nell’esatto momento in cui le loro dita si sfiorarono sentì una scossa. Una potente scossa elettrica che dalla mano si espandeva fino al resto del corpo. Sayuri fu pervasa da una sorta di eccitazione e sentì uno strano peso formarsi nel basso ventre. Le loro mani si intrecciarono e nessuno dei due sembrava voler far cessare il contatto.
Sayuri avvertì una violentissima fitta alla testa, si sentì come se qualcosa volesse trapanarle il cervello. Avvertì un bruciore alla spalla destra. In quella spalla aveva una voglia molto bizzarra, ma non le era mai successo che le facesse male.
Lasciò il ragazzo e si sedette sul pavimento per riprendere fiato. Sentiva una specie di borbottio indistinto, era come se qualcuno le stesse cercando di dire qualcosa. Si concentrò sul singolare suono e quello che sentì la lasciò senza fiato:
è stato solo un sogno, non c’è nulla di cui preoccuparsi, lo sai che sarò sempre qui al tuo fianco sorellina.
                                           





Angolo Autrice
Allora... sto pubblicando prima perché domenica e domani avrò ospiti e non mi sembra carino mettere storie in presenza di altri....
eccoci qua... Sayuri continua a fare sogni strani e i Bariani sembrano collegati a questa ragazzina.... che cos'altro accadrà?
recensite vi prego! sono troppo curiosa di sapere che ne pensate!
ciaoo!!!
  
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