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Autore: HollyMaster    09/05/2014    1 recensioni
Perchè Mags è sottovalutata.
1. Il gioco continua: "Volevano allenare i loro figli perché vincessero e tornassero a casa, impazziti ma vivi. E io avrei fatto lo stesso."
2. La rosa del caduto: "Il corpo deforme di un Tributo in un campo di rose bianche."
3. E' un gioco di strategia: "[...] era necessario. Era strategia."
4. Presa all'amo dai ricordi: "Era così che mi calmavo."
5. L'Elenco Bianco: "Tutti ancora ragazzini, per questo il colore bianco, perché sono puri e innocenti."
6. L'Ibrido che in me: "-Vuoi diventare tu il mostro dal quale scappa?-"
7. Un’intervista con la coscienza: "-Non dire nulla. Io credo in te.-"
8. Il silenzio del cannone: "La nube si avvicina. Ne vengo immersa."
Storie scritte per il contest a turni indetto da ManuFury "1 su 24 ce la fa!" sul forum di EFP
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nick: HollyMaster

Tributo: Mags

Turno: Terzo

Titolo Storia: E’ un gioco di strategia

Genere: Introspettivo

Raiting: Giallo

Avvertimenti: Non sono presenti

Note: Mags parla per la prima volta con Brutus e quest’incontro le cambierà la vita dandole una nuova visione dei giochi, una concezione che non credeva possibile.

La storia è scritta in prima persona.

 

 

 

La sfilata era sempre stata la mia parte preferita. Sebbene tutti sapessero cosa li aspettava, l’orrore che li attendeva, era l’unico momento in cui non si pensava solamente alla morte.

Era in quel momento che iniziava la strategia.

Avevo capito ormai da tempo che il modo migliore per vincere gli Hunger Games non era la forza, ma l’avere un piano.

Questa mia teoria così solida e salda era stata totalmente distrutta l’anno precedente, dalla vincita di Brutus. Era il ragazzo più massiccio che avessi mai visto, un armadio di muscoli, che si erano mossi all’unisono ad una velocità inverosimile nell’arena.

Avevo pensato che fosse uno di quelli senza cervello che, per qualche combinazione fortunata, era riuscito a salvarsi solo grazie all’aiuto della sua forza sovrumana. Ma quando lo avevo visto lì, davanti a me, a urlare contro il povero stilista del suo Tributo, avevo capito che avevo totalmente sbagliato su di lui.

Lo aveva bloccato al muro con il braccio che premeva forte su quel collo bianco di fondotinta.

Corsi verso di loro: -Brutus, lascialo stare, per favore.-

In fondo lo capivo bene. Obbligavano noi mentori a lavorare con degli individui provenienti da Capitol City, che non avevano mai conosciuto la miseria, il dolore o la morte. Era difficile averci a che fare, ma era necessario.

Era strategia.

Con un bel vestito il Tributo sarebbe stato amato dal pubblico e avrebbe trovato molti più sponsor.

Era una tattica studiata e c’era solo un possibile motivo per cui il ragazzone poteva avercela con uno stilista: sapeva giocare.

Brutus si bloccò lasciando libero di respirare il povero collaboratore e mi rivolse uno sguardo indagatore, aggrottando le sopracciglia.

-Chi sei tu?- Magari era strategico, ma la gentilezza era sicuramente da eliminare dalla lista delle sue caratteristiche.

-Mags, dal Distretto 4.- Mi limitai a rispondere mentre lui faceva un passo verso di me e dietro di lui lo stilista si affrettava ad uscire di scena massaggiandosi il collo color porcellana.

-Sei ancora qui a fare il mentore? Non dovresti essere, non so, in pensione?- Chiese lui piegando leggermente la testa di lato.

Mi appuntai mentalmente che invadente ed indiscreto erano sicuramente altre due sue importanti caratteristiche da aggiungere alla lista che ormai ad ogni frase mi dava modo di arricchire.

-Non voglio che qualcun altro debba fare i conti con tutto questo…- Risposi sinceramente.

Avevo sempre preferito continuare io in quel “lavoro”, chiamarla tortura sarebbe stato più corretto, perché non avrei mai sopportato che quelli che ero riuscita a salvare dovessero sopportare la morte ancora, ogni anno, senza sosta.

-Beh, non stai facendo un buon lavoro. L’anno scorso ho ucciso il tuo Tributo.- Mi ricordò con disprezzo lui.

Quelle parole si fermarono sul mio petto come un macigno.

Una verità che non avevo mai voluto ascoltare. Non volevo che chi riusciva a salvarsi dovesse vivere ancora quell’orrore, ma per molti non c’era nessuna salvezza, per molti, troppi, l’arena rimaneva l’ultima loro visione prima del buio totale.

E se avesse davvero avuto ragione, se fosse stata colpa mia?

Alcuni avevano davvero una buona forma fisica e una valida intelligenza. Eppure erano tutti caduti in quell’arena.

Forse ero io che non sapevo allenarli al meglio, forse se ci fosse stato qualcun altro gli ultimi sarebbero stati ancora in vita, trasformati per sempre, ma vivi. I volti di quei ragazzi mi passarono davanti, devastati dalla morte, con il sangue che scorreva nelle ferite che decoravano le loro facce rese ripugnanti dalle piaghe aperte. Mi pareva di sentire l’odore nauseante del sangue, di sentirlo appiccicoso tra le dita.

Cercai di non pensarci, di dare ragione alla parte di me che aveva sempre creduto di fare del bene ai vincitori, se così potevano essere definiti.

Tentai di trovare qualcosa di sbagliato in lui, era più facile.

-Non serve che tu faccia così. So che, nel momento stesso in cui hai ucciso l’ultimo Tributo rimasto, hai capito che tutto questo non ti avrebbe portato nessuna gloria, nessun onore.- Dovevo combattere quella piccola traccia di dubbio che ormai aveva insinuato nel mio cuore e che secondo dopo secondo si stava allargando a macchia d’olio, sarebbe arrivato ad infettarlo completamente.

Non potevo dubitare di ciò che avevo fatto in tutti quegli anni.

-Non voglio la gloria.- Sorrise tetro scossando leggermente la testa.

-Ero volontario, sapevo a cosa andavo incontro. E mi è piaciuto ucciderli, tanto.- Mi aveva semplicemente lasciato senza parole.

Non avevo mai preso in considerazione che a qualcuno potesse veramente attirare l’idea di mettere fine alla vita di uno sconosciuto.

Non poteva essere vero.

La mia mente ingenuamente non poteva comprendere una rivelazione come quella.

-Come riesci a dormire la notte, con tutti i loro volti, le urla? Con quegl’incubi?- Gli chiesi rivolgendogli uno sguardo di disgusto, quello che non ero nemmeno riuscita a lanciare al Presidente Snow quando mi aveva incoronata vincitrice.

-Non ho mai detto che non li ho.- Allora forse era umano.

-Ma il fatto è che io vedo le loro facce, i loro volti, perché tu non li hai preparati abbastanza bene.- O forse no.

 

 

L’anno dopo decisi di ritirarmi.

Le sue parole mi avevano distrutta facendo ricadere la colpa che avevo sempre dato a Capitol City e a Snow sulle mie spalle, troppo fragili per riuscire a sostenere quel peso. Il peso di tutta quella morte, di quei cadaveri e delle lacrime che i famigliari avevano versato.

Le alleanze tra i Distretti che avevo creato e cercato di mantenere solide si sgretolavano ogni anno di più e le macerie non facevano altro che rafforzare la coalizione che oramai contava solamente il primo e il secondo Distretto tra i suoi adepti.

Erano divenute le due zone più temute, era praticamente certo che i vincitori sarebbero stati fra di loro, tra i “favoriti”, coloro che si cibavano del denaro degli sponsor di Capitol City, lasciando agli altri Distretti delle misere briciole.

Da quell’anno nessuno, nel Distretto 4, vinse più, tranne due Tributi salvati dalla fortuna.

Lo capii solo troppo tardi, ma ora posso vederlo chiaramente: Brutus era la persona che aveva compreso meglio di tutti il significato della parola “strategia”.

   
 
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