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Autore: Benio Hanamura    09/05/2014    2 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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  Almeno in apparenza ero riuscita a riacquistare la calma e così tornai nella stanza, portando altre bottiglie di sakè. Non appena le ebbi depositate laddove si potessero prendere all’occorrenza mi guardai di nuovo incontro e la fortuna si dimostrò finalmente dalla mia parte, infatti nessuna delle mie colleghe si trovava in quel momento accanto a lui! E Koji, incontrato nuovamente il mio sguardo mi sorrise e mi fece cenno, come se volesse chiedermi di servirlo in qualche modo, ma col chiaro intento di volermi solo parlare.  Emozionatissima andai da lui senza perdere altro tempo, prima che qualcun’altra potesse precedermi: non era un sogno, era tutto vero: finalmente, dopo tanti anni, lui era lì, di fronte a me! 
   “Sei diventata bellissima, Tsukiko… E ti trovo davvero bene, ne sono felice!”
   “Grazie, anche tu stai benissimo! Ed hai mantenuto la tua promessa…” 
   “Sì, anche se ti ho fatto aspettare un bel po’, scusami!” rise, un po’ imbarazzato “Sai, la vita all’accademia è stata dura, come sarà stata dura per te qui all’okiya, immagino... Ho dovuto impegnarmi molto, anche perché è  tutto più difficile per chi è di umili origini come me! Fra studio ed addestramento ne avevo dalla mattina alla sera ed erano molto severi anche per la corrispondenza e per le licenze, infatti ho rivisto il villaggio solo di recente dopo tanto tempo… Ma alla fine anch’io ce l’ho fatta e sono entrato nell’esercito, così potrò servire il nostro paese, come ho sempre desiderato!” 
   Per tante volte avevo tentato di immaginare come sarebbe stato incontrare di nuovo Koji dopo così tanto tempo, e sempre in modo diverso. Forse anche come di fatto è avvenuto, forse no, ma ormai non importava più. Avevo anche tentato di stabilire cosa dirgli, cosa chiedergli, se farmi raccontare tutto ciò che aveva fatto in quei lunghi anni di lontananza oppure no, perché forse sarebbe stato troppo sfacciato, dato che molto probabilmente ero solo io ad illudermi che la semplice gentilezza nei confronti di colei che doveva considerare ancora una bambina fosse qualcosa di più significativo per lui. Ma ora che il mio grande desiderio di rivederlo si era finalmente avverato avevo dimenticato tutte le idee che mi ero proposta e così mi limitavo ad ascoltarlo quasi in silenzio, come incantata. E lo contemplavo, cercando disperatamente, perché mi avevano spiegato che non stava bene perché mi avrebbe fatto passare per una poco di buono, di non perdermi troppo nella profondità del suo sguardo, concentrandomi invece sul suo sorriso che tanto mi aveva colpita fin da quella notte sotto la neve ormai tanto lontana: era sempre lo stesso, e mi sembrava quasi più bello su quel viso un po’ più magro di quanto ricordassi, forse per la dura vita militare a cui ormai Koji era costretto. Constatai anche quanto le sue spalle, sulle quali quella notte mi aveva trasportata fino a casa e che immediatamente mi avevano trasmesso un gran senso di sicurezza, fossero diventate ancora più larghe e mi chiesi come sarebbe stato essere stretta almeno una volta dalle sue forti braccia… 
  “Lui è il mio migliore amico, Shinobu Ijuin” 
   Quel suo brusco cambiamento di argomento mi fece tempestivamente tornare alla realtà, proprio quando, troppo persa nelle mie sempre più inspiegabili fantasticherie, iniziavo a perdere il filo del suo racconto fino ad allora incentrato sulla sua vita all’accademia e la difficoltà della carriera militare. Subito mi voltai verso il ragazzo che gli sedeva accanto e che prima non avevo assolutamente notato, gli rivolsi un inchino e lo salutai, e lui ricambiò con gentilezza. Generalmente quando i militari, nostri più affezionati clienti, vengono a trovarci in gruppo non è possibile instaurare una tranquilla conversazione con uno solo di loro: sfiancati dai lunghi turni di guardia e dalle loro esercitazioni quotidiane quando arrivano all’okiya  vogliono innanzitutto scaricare tutta la loro tensione e la loro stanchezza, bevendo, scherzando in gruppo e cantando chiassosamente anche durante le nostre esibizioni; in ogni caso nessuno di loro, come nessun cliente del resto, avrebbe mai dovuto in qualunque modo essere trascurato, messo da parte come io avevo appena fatto: se mi avesse visto Kikyo-san, o persino la più permissiva okasan, sarei stata rimproverata per aver trasgredito una delle regole fondamentali di comportamento di una brava geisha, anche perché sarebbe stato lo stesso cliente messo da parte a reclamare, ed i militari erano anche particolarmente inclini a pretendere da chiunque il massimo rispetto! Ma Shinobu non era così, era diverso, e si vedeva che non lo era soltanto per la sua età, di qualche anno più giovane di quella di Koji, ma proprio perché era garbato e paziente di natura. Se n’era rimasto in silenzio, a sorseggiare piano la sua tazza di thè, aspettando semplicemente che fosse Koji a ricordarsi di lui, e non si era mostrato minimamente offeso con me, una geisha che aveva commesso un errore tanto eclatante e grave anche da parte di una semplice maiko. 
  “Sono stata molto scortese, vi prego di perdonarmi, Shinobu-san! E’ che Koji proviene dal mio stesso villaggio, non lo vedevo da tanto tempo e così…” 
  “Chiamami Shinobu” mi rispose lui “Koji mi ha parlato molto di te, del coraggio con cui hai deciso di sacrificarti per aiutare la tua famiglia. Ed anche lui è una persona straordinaria, non so come avrei fatto senza il suo aiuto: come puoi capire fin troppo bene non sono giapponese purosangue, e questo non depone a mio favore né con i nostri superiori né con i compagni, ma fin dal giorno in cui sono arrivato in accademia lui mi ha sempre difeso, e grazie a ciò non ho mai avuto grossi problemi con nessuno!”
  Effettivamente il fatto che non l’avessi notato era ancora più incredibile per via dell’ aspetto di Shinobu, che non sembrava certo un giapponese: aveva lineamenti diversi, più delicati, una carnagione più chiara, tendenzialmente rosea. E soprattutto aveva quei capelli biondi, che spiccavano maggiormente in quanto lui non portava la tipica pettinatura militare, ma a dispetto dei regolamenti li teneva un po’ più lunghi, così che arrivavano quasi a sfiorargli le spalle.
  “Una volta ho provato a tagliarli come volevano i superiori durante una vacanza, ma mi sono visto talmente orrendo allo specchio che decisi subito di non uscire più dalla mia stanza finché non fossero ricresciuti, e perciò sono arrivato a ritardare il mio rientro in accademia fingendomi malato, non volevo assolutamente che qualcuno mi vedesse conciato in quel modo, nemmeno i miei nonni: così fingevo anche con loro, e permettevo solo alla mia fedele governante Kisaragi di entrare, anche perché dovevo pur mangiare e così lei accettò di portarmi in gran segreto i pasti mattina e sera!” mi raccontò in un’altra occasione lui stesso, ridendo di cuore della sciocca ed infantile vanità che aveva dimostrato. 
  In un primo momento la presenza di quel “terzo incomodo” mi aveva disturbata, soprattutto perché comunque avessi immaginato il nostro sospirato incontro avevo sempre dato per scontato che Koji si sarebbe presentato da solo, magari dicendo che mi aveva cercata tanto e che era lì esclusivamente per vedere me (pretendendo troppo, lo sapevo bene!); ma fin da quando si rivolse a me con tanta gentilezza e semplicità Shinobu mi ispirò una grande simpatia e fui felicissima di poter diventare sua amica. D’altra parte dovevo mettermelo in testa una volta per tutte, era solo amicizia ciò che Koji provava per me e che mi aveva dimostrato fin troppo ricordandosi sempre di me  e venendomi a trovare proprio come mi aveva promesso! Certo, almeno per lui doveva essere così, lo si capiva anche dal modo in cui trascorremmo il resto di quella serata, piacevolmente ed in allegria ma senza che nulla potesse suscitarmi aspettative migliori per noi due nel futuro, ma non era lo stesso per me: ne ero sempre più consapevole, quando sempre più spesso, da quando l’avevo finalmente rivisto, mi ritrovavo a sognare Koji o a pensare a lui anche in pieno giorno, talvolta anche mentre Kikyo-san mi parlava, suscitando il suo disappunto!
  Stavo inevitabilmente cambiando, nell’atteggiamento e nel carattere, ed era sempre più difficile nasconderlo dimostrandomi imperturbabile da brava geisha, infatti mentre Miyuki aveva notato in me qualcosa di strano ma non riusciva bene a comprendere cosa potesse essere, fu Kiyoko a mettermi un giorno alle strette:
  “Sei cambiata, Kichiji, e se non starai più attenta anche Kikyo-san e la okasan lo noteranno! Mio padre mi ha raccomandato di badare un po’ a te e di proteggerti, ma la verità è che anche la okasan è sempre buona e gentile solo finché spera di poter guadagnare qualcosa grazie a te: se in qualche modo tu dovessi deluderla troppo dubito che potrei riuscire ad intercedere per te, nonostante la lunga amicizia che la lega a mio padre… Sì, perché non sono così ingenua come sembra, mi sono accorta che quella sera è successo qualcosa, era evidente, per come ti sei riservata totalmente al sottotenente Yamamoto ed a Shinobu Ijuin! Se ricordo bene Koji-san fa parte della famiglia Yamamoto del nostro villaggio…”
    Sussultai nel constatare che era davvero più sveglia di quanto immaginassi, dato che aveva capito tutto. Oppure erano la sua età e la sua sempre maggiore esperienza a contribuire a quella sua perspicacia, o più semplicemente il fatto che anche lei era una donna innamorata… Anche se lei era molto fortunata, perché si trattava di un amore ricambiato, che pur se non ufficializzato in un matrimonio aveva anche ottenuto l’approvazione, anzi l’incoraggiamento, della okasan: cosa avrebbero pensato lei e Kikyo-san del mio amore per Koji? Arrossendo violentemente mi voltai per sfuggire il suo sguardo che mi aveva appena penetrato l’anima e ripensai ad una delle ultime lezioni impartitemi da Kikyo-san, poco prima che diventassi una geisha a tutti gli effetti, una lezione così semplice ed essenziale da non poter essere equivocata: una geisha non è libera di scegliere chi amare, nemmeno nel caso in cui questo amore fosse contraccambiato. Il mio lungo ed imbarazzato silenzio valse più di mille risposte affermative.
  “Ti prego, stai attenta a ciò che fai, Tsuki-chan” mi disse dolcemente mia cugina, prendendomi le mani fra le sue e richiamandomi col mio vero nome, come qualche volta ancora faceva solo quando era certa che fossimo del tutto sole “Anche se qui dobbiamo spesso soffocare i nostri veri sentimenti e sottostare a regole a volte troppo rigide in fondo veniamo trattate bene, abbiamo la garanzia di una vita più che dignitosa ed in più abbiamo la consolante consapevolezza di aver aiutato le nostre famiglie lontane, perciò non rischiare di compromettere tutto… E’ vero, nella carriera siamo rivali, ma tu sarai sempre sangue del mio sangue. Ti voglio bene, e non voglio che tu soffra in futuro più di quanto tu abbia già sofferto finora!” 
  Ne fui certa, in quell’ambiente tanto falso, tanto artificioso quanto attraente e suggestivo, Sakura era sincera, mi aveva parlato col cuore. Commossa annuii e mi lasciai accogliere dall’abbraccio che mi offriva.
  
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