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Autore: Lily Liddell    09/05/2014    2 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
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Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
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Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
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Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
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Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
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Petrichor
2x01 Ritorno al 12
 
La decisione è stata difficile, molto più difficile di quanto mi aspettassi.
Non potevo dire di sì, non subito, non senza consultare i miei nipoti e Plutarch…
La chiamata fatta da Haymitch non si è interrotta nel migliore dei modi; non so cosa sperasse, probabilmente che accettassi immediate, facessi i bagagli e partissi per il Distretto 12, senza nemmeno riflettere.
Non aveva idea che stessi ospitando i figli di mia sorella.
I primi a cui ho chiesto consiglio sono stati proprio loro, ero convinta che mi avrebbero detto di voler restare alla Capitale. Dopo tutto hanno ritrovato vecchi amici e hanno cominciato a rifarsi una vita.
Li ho trovati inspiegabilmente predisposti a trasferirsi, invece.
Lavina è stata impassibile e Anita invece ha semplicemente annuito; solo dopo, quando ho avuto la possibilità di parlare con Alex, mi ha confessato che il motivo per cui non gli dispiaceva troppo allontanarsi da Capitol City è perché ovviamente ogni cosa qui ricorda loro i loro genitori.
Gli ho spiegato che la permanenza al Distretto 12 non sarà per sempre, rimarremo lì finché vorranno.
Restava solo da avvisare Plutarch, nemmeno da lui mi aspettavo una risposta così positiva.
Praticamente mi ha costretta ad organizzare il viaggio il più presto possibile, assicurandomi che avrei potuto continuare a lavorare anche da lì, che il Villaggio dei Vincitori è ancora tecnologicamente più avanzato rispetto al resto del distretto e che quindi non avrei avuto problemi a rimanere in contatto con lui. Che in un modo o in un altro avrebbe continuato a mandarmi i suoi file.
E così, dopo poco più di due settimane dalla telefonata di Haymitch, io, i ragazzi e Pumpkin ci ritroviamo su un treno diretto al Distretto 12, contro ogni mia aspettativa.
Il viaggio è lungo e stancante; ho sognato questo treno così tante volte durante i miei giorni da prigioniera che la notte ho fatto fatica a distinguere quale fosse la realtà e mi sono ritrovata a gridare terrorizzata, finché una hostess non è venuta a rassicurarmi e abbiamo finito per parlare per tutta la notte.
Fra le cose di cui sono grata al nuovo governo, c’è sicuramente l’aver eliminato la figura dei senza-voce.

Il pomeriggio seguente arriviamo in stazione e ad accoglierci c’è solo Peeta.
Siamo ancora sul treno ma stiamo per fermarci e lo vedo in piedi sulla banchina, in attesa.
Sono passati quasi due anni dall’ultima volta che l’ho visto; immagini del nostro ultimo incontro tornano alla mente, la sera delle interviste prima che venissero spediti all’interno dell’arena.
Non ebbi nemmeno l’occasione di salutare i miei bambini. Anche se ora, guardandolo dal finestrino del treno, mi accorgo immediatamente che non è più la stessa persona che ho incontrato l’ultima volta. Ormai è un giovane uomo e questa realizzazione mi riempie il cuore di orgoglio.
Finalmente ci fermiamo e mi assicuro che i ragazzi abbiano preso tutti i loro bagagli e che Lavinia tenga stretta la gabbietta dove Pumpkin sta facendo un mucchio di storie per essere liberato.
Quando scendiamo dal treno mi dirigo immediatamente verso Peeta, chiamandolo a gran voce quando mi rendo conto che non ci ha visti.
Lui si volta verso di noi confuso, mi guarda dritta negli occhi e ho la sensazione che non mi abbia riconosciuta. In quel momento mi rendo conto che Peeta non è l’unico ad essere cambiato nel corso di questi due anni; ha sul volto la stessa espressione che i ragazzi avevano la prima volta che gli ho aperto la porta, quando si sono trasferiti da me.
Improvvisamente sono più nervosa e non so nemmeno bene spiegarmi il motivo, almeno finché l’espressione di Peeta non cambia e da confusa diventa incuriosita. “Effie?” Chiede incerto, senza però trattenere un sorriso mentre si avvicina.
Per un attimo non so bene cosa fare, come salutarlo. Ancora una volta la situazione mi sembra irreale. Le mie incertezze vengono spazzate via dallo stesso Peeta, che dopo aver preso i miei bagagli e averli poggiati per terra, mi abbraccia calorosamente.
“Scusami, non ti avevo riconosciuta.” Mi dice senza smettere di sorridere mentre mi lascia andare e io gli faccio cenno di non preoccuparsi.
A quel punto, prima di procedere, faccio le presentazioni. Lavinia, come al solito, si dimostra la più espansiva e non si pone alcun problema a salutare Peeta con un abbraccio. Anita e Alex invece sono più riservati, intimiditi quasi, e si limitano ad una stretta di mano e ad un sorriso un po’ imbarazzato.
Non posso non pensare a come, poco più di tre anni fa, come ogni anno da che hanno memoria, i miei nipoti guardavano i giochi facendo il tifo per i miei tributi.
Come tutti avevano preso in simpatia Katniss in particolar modo, ricordo il modo in cui Anita aveva cominciato a portare i capelli e come Alex invece aveva cominciato a prendere lezioni di tiro con l’arco e a come non facessero altro che parlare di loro due per tutto il giorno.
Fortunatamente, in queste ultime settimane non hanno fatto menzione alla cosa nemmeno una volta. Ho il sospetto che abbia a che fare con quello che gli viene raccontato a scuola, nozioni sulla ribellione e in particolar modo sugli ultimi tre vincitori del Distretto 12.
La cosa, però, ad essere sincera mi rasserena.
C’incamminiamo verso il Villaggio dei Vincitori, Peeta mi racconta come stanno andando le cose al distretto e mi rendo conto che la situazione non è troppo diversa dalla Capitale.
Ci sono cantieri ovunque, le persone vanno avanti cercando di mettersi il passato alle spalle, pensando soprattutto al futuro.
Con i soldi che arrivano dalla Capitale, comunque, le famiglie del Distretto 12 sono molto più agiate; almeno ora c’è la certezza che nessuno più morirà di fame per mancanza di viveri.
Attraversando le strade semidistrutte che separano la stazione dal Villaggio dei Vincitori, non riesco a non notare gli sguardi incuriositi degli uomini che stanno lavorando per rimettere in piedi il distretto.
Quanto ci vorrà prima che mi riconoscano? Quanto prima che insisteranno per rispedirmi da dove sono venuta?
Prima di prendere la decisione finale ci ho riflettuto e non poco… ma sono giunta alla conclusione che qui, o alla Capitale non avrebbe fatto poi tanta differenza, quegli sguardi mi avrebbero seguita ovunque, per un motivo o per un altro.
Arrivati alle porte del Villaggio dei Vincitori, con mia grande sorpresa, mi rendo conto che non è cambiato affatto dall’ultima volta che l’ho visto. Per qualche ragione non è stato colpito dai bombardamenti.
Peeta avanza, seguito dai ragazzi e io non mi rendo conto di essere rimasta indietro. Il mio sguardo passa di casa in casa, la maggior parte delle luci sono accese. Sono abitate…
Quando mi rendo conto di essere rimasta indietro affretto il passo per raggiungerli nuovamente, cercando di ignorare il senso d’ansia e incertezza che riprende a crescere nel mio petto.
Peeta continua a camminare, passiamo davanti alla casa di Katniss e noto che le luci sono spente.
“Katniss è a caccia. Ha ripreso da un po’, l’aiuta a rilassarsi.” Spiega lui, senza che io abbia avuto nemmeno il tempo di fare domande.
Sorrido automaticamente perché mi fa veramente piacere sapere che si stia riprendendo.
Quando siamo davanti alla casa di Peeta, non troppo in lontananza arriva alle mie orecchie un suono strano, lo starnazzare di qualche animale selvatico.
Dirigo la testa verso l’origine del rumore e improvvisamente anche Pumpkin sembra incredibilmente interessato. “Cosa-?” Comincio a chiedere, stranita.
Peeta si avvia verso la porta di casa sua, rispondendo con noncuranza. “Sono le oche di Haymitch.”
“Oche?” Haymitch, che non è in grado di badare nemmeno a se stesso, ha deciso di prendere degli animali da compagnia? La cosa mi sembra piuttosto impossibile, ma decido di tenere quel pensiero per me.
Peeta annuisce, restando fermo all’entrata e cominciando a cercare qualcosa, probabilmente le chiavi. “Sì, sono arrivate diversi mesi fa. Il Dottor Aurelius ha detto che gli avrebbe fatto bene prendersene cura.” Spiega, aggiungendo poi con una risata: “Fortunatamente le oche sono in grado di badare a loro stesse…”
Torno a guardare verso la casa di Haymitch, tre abitazioni più avanti, le tende sono tirate come al solito e non vedo luci. Potrebbe essere uscito, ma più probabilmente è solo troppo ubriaco per accenderle. Non vedo recinti con oche, quindi forse sono sul retro. “Stanno mai zitte?” Chiedo avvicinandomi a Lavinia e prendendo il trasportino di Pumpkin, cercando di farlo calmare.
Lo starnazzare di quegli animali lo sta facendo innervosire e non poco, spero solo che non continueranno così anche tutta la notte.
Peeta si stringe nelle spalle. “A volte sì, non spesso, però. Alla fine vi abituerete.” Cerca di consolarci, poi trova le chiavi e apre la porta di casa sua, facendoci cenno di entrare.
I ragazzi ubbidiscono subito, io invece resto ferma a guardarlo, decisamente confusa. “Quando ha chiamato Haymitch ha detto che si era liberata una casa…”
Aveva mentito solo per farmi venire?
Peeta per un attimo sembra in difficoltà, quasi in imbarazzo. “Haymitch non te l’ha detto?” Si gratta la testa e poi indica con un cenno di capo la casa di fronte. “Mi sono trasferito da Katniss circa un mese fa.”
“Oh.” È l’unica cosa che riesco a dire, perché la notizia mi ha preso completamente alla sprovvista. Ma dal momento che non è educato rimanere imbambolati dopo aver ricevuto un’informazione del genere, aggiungo subito: “Sono veramente molto felice per voi.” E anche se forse non sembra, lo sono sul serio, perché Peeta e Katniss meritano davvero di essere felici dopo tutto quello che è successo.

La prima settimana non è facile, e le cose sembrano voler andare sempre peggio.
Non sono mai stata così tanto tempo al Distretto 12, e nonostante la qualità di vita sia migliorata notevolmente, non è ancora minimamente paragonabile allo stile di vita che offre Capitol City.
Ci ho messo un pomeriggio intero per capire come far funzionare la doccia e a colazione per poco Alex non faceva esplodere la cucina a gas, abituato ai fornelli elettrici presenti nel mio appartamento.
L’elettricità e la linea del telefono, anche se raramente, smettono di funzionare. Peeta dice che è colpa dei continui lavori che stanno facendo e la cosa influisce negativamente sul mio lavoro. Plutarch cerca di mandarmi ogni mattina il lavoro da svolgere tramite email; fino ad ora su sette giorni, due giorni ho dovuto mancare la consegna. Quando sono riuscita a mettermi in contatto con lui per spiegargli la situazione, mi ha detto che non c’era alcun problema e che la cosa importante per ora è che io stia bene.
L’ idea che il mio aiuto non gli fosse in verità mai servito, continua a ronzarmi nella testa, ma ho altre cose a cui pensare ora, quindi non me ne sono fatta un grande problema.
Peeta passa ogni giorno per sapere come ce la caviamo, è sempre molto gentile e disponibile. Senza di lui probabilmente le cose andrebbero molto peggio.
Katniss non è mai passata a salutare, ma sotto consiglio di Peeta, sono stata io a fare una visita a loro.
È stato divertente vedere come neanche lei mi abbia riconosciuta all’inizio, ma dopo qualche attimo di imbarazzo, le cose sono andate piuttosto lisce. Katniss non è mai stata molto espansiva, ma anche lei si è dimostrata gentile nei miei confronti.
Entrambe non eravamo pienamente noi stesse al nostro ultimo incontro ed entrambe abbiamo notato come per tutte e due le cose siano cambiate radicalmente da quel momento.
Certo, sia per me che per lei, così come per Peeta e per tanti altri le cose sono ancora molto lontane dall’essere normali.
Ho visto Haymitch solo una volta ed è stato quasi per sbaglio.
Pumpkin era scappato e l’ho rincorso fino al cancello delle oche di Haymitch, prima che potesse entrare e farsi del male, o fare del male a loro, per quanto possa importarmi di quelle bestiacce.
Ho imparato nel peggiore dei modi, che se sono fastidiose durante il giorno, sono ancora più tremende durante la notte, quando l’unico suono udibile è il loro starnazzare nervoso.
Comunque, il caso ha voluto che proprio in quel momento Haymitch stava dando loro da mangiare; al contrario dei ragazzi lui, ovviamente, mi ha riconosciuta. Non ci siamo detti molto, a dire la verità.
Saluti di circostanza da parte mia, per evitare di restare in silenzio, ma non c’è stata alcuna risposta dall’altra parte.
In quell’occasione Haymitch non si è risparmiato dal dirmi di tenere lontano quel sacco di pulci dalle sue oche.
Ho preferito non rispondere alla provocazione e me ne sono tornata dritta a casa con Pumpkin.
Quando ho raccontato l’accaduto a Peeta mi ha detto che è un buon segno, e quando non ho capito a cosa si riferisse, mi ha detto che Haymitch dà da mangiare alle oche solo quando non è ubriaco o è di buon umore, quindi, qualsiasi fosse la ragione per la quale si trovava in cortile, era comunque un buon segno.
Peeta mi ha anche confessato che quel giorno, quando Haymitch mi ha chiamata, non era stata del tutto una sua idea. Anzi, l’idea era stata principalmente di Peeta, ma mi ha anche detto che Haymitch ci ha messo pochissimo a farsi convincere a chiamarmi.
Quando gli ho chiesto per quale motivo avesse voluto far chiamare Haymitch invece di chiamare lui stesso, mi ha risposto solo con una scrollata di spalle.
La notizia del mio arrivo si è sparsa in fretta, come immaginavo, e gli abitanti del distretto hanno reagito esattamente come avevo previsto. Occhiate, sussurri alle mie spalle. Qualcuno ha tentato di avvicinarsi ma qualcun altro è sempre intervenuto prima che potesse succedere qualcosa.
Non tutti, ho notato, hanno reagito male al mio arrivo. Alcuni, soprattutto amici di Katniss, Peeta ed Haymitch, hanno accettato di buon grado la mia presenza, senza lamentarsi.
Sono comunque preoccupata per i ragazzi. A breve cominceranno a frequentare la scuola e temo che qualcuno lì possa prendersela con loro perché imparentati con me.
Loro stanno vivendo piuttosto bene il cambiamento, se non contiamo qualche piccolo incidente domestico.
Li vedo più spensierati e distratti del solito, essendo abituati all’aria carica di smog della Capitale, l’aria pura del distretto ha avuto un bell’effetto su di loro.

Arriva la notte del settimo giorno passato al Distretto 12, domani Peeta ha promesso che avrebbe portato Lavinia alla panetteria, perché lei ha insistito tanto per andare a vedere come decora le torte.
Come ogni notte vado a controllare che i ragazzi stiano bene.
Mi fermo prima alla stanza di Lavinia, lei sta già dormendo. Pumpkin è acciambellato accanto a lei; sorrido tranquilla e mi prendo qualche secondo per imprimere quell’immagine pacifica nella mia mente, poi mi allontano, senza spegnere la luce.
Anche Anita sta già dormendo e dal momento che ha il sonno molto più leggero rispetto alla sorella, non mi soffermo più di tanto alla sua porta.
Alex è ancora sveglio, è seduto sul letto e sta leggendo un libro che gli ho portato oggi.
Quando si accorge della mia presenza solleva lo sguardo su di me. “Tutto bene?”
Sorrido alla sua domanda, perché dovrei essere io quella che lo chiede, ma annuisco e poi mi avvicino al suo letto. Nonostante le sue proteste, gli poggio un bacio sulla fronte e mi allontano ridacchiando. “Buonanotte.”
Mi allontano prima che possa rispondere, ma la sua voce arriva alle mie spalle, un po’ assonnata. “’Notte…”
Torno in camera mia e prima di infilarmi sotto le coperte vado alla finestra, scosto le tendine e faccio correre lo sguardo sulle strade del villaggio. La maggior parte delle luci sono spente.
C’è una luce accesa al secondo piano della casa di Haymitch, credo sia la camera da letto ma non ci metterei la mano sul fuoco.
La casa di Katniss e Peeta è completamente al buio, invece. Provo ad aprire la finestra per far entrare dentro un po’ d’aria estiva, ma immediatamente sento lo starnazzare delle oche e con un brivido dietro la schiena mi affretto a richiuderla.
Mi metto a letto e prima di chiudere gli occhi appunto mentalmente che dovrò chiamare la mia dottoressa al più presto, perché l’ultima volta che l’ho sentita è stato più di una settimana fa e mi aveva fatto promettere che saremmo rimaste in contatto telefonico.
A svegliarmi è la voce di Alex che ripete il mio nome e poi mi scuote le spalle.
Mi sveglio intontita e confusa, finché non riprendo del tutto conoscenza e noto l’orrore negli occhi di mio nipote.
Spaventata mi tiro su e gli prendo una mano. “Che succede?”
Lui approfitta di quel contatto per trascinarmi fuori dal letto in tutta fretta. “Il fuoco!” Dice e poi comincia a tirarmi verso la porta.
Lo lascio fare, ma allo stesso tempo cerco di tranquillizzarlo, sapendo quante volte ha fatto e rifatto lo stesso sogno. Il fuoco è il suo incubo più ricorrente. “Va tutto bene Alex, era solo un sogno.” Gli dico, ma quando si volta verso di me, la paura non è sparita.
“No! No, non è un sogno!” Grida e mentre imbocchiamo il corridoio quasi inciampo su Pumpkin che corre terrorizzato verso la mia camera da letto. “Il fuoco. È vero, guarda!” Continua a ripetere e mi lascia la mano, per cominciare a correre sul pianerottolo.
Anita esce dalla sua stanza stropicciandosi gli occhi e lanciando a me e al fratello uno sguardo confuso. “Che succede?” Chiede con fare assonnato.
Alex non le risponde, si limita a raggiungere le scale e io lo seguo.
Solo in quel momento un odore acido e penetrante s’infiltra nelle mie narici, costringendomi a tapparmi naso e bocca con il braccio.
Confusa scendo i primi scalini, volto la testa in direzione del salotto e vedo un denso fumo nero che scivola sul pavimento e riempie la stanza. In un attimo avvolge le scale e i miei occhi cominciano a lacrimare. Non posso fare a meno di tossire.
La puzza di bruciato è insopportabile, assottiglio gli occhi il più possibile per cercare di vedere da dove proviene il fumo, ma il sonno, la confusione e ora anche la paura, rendono i miei ragionamenti incoerenti e sconnessi.
È l’urlo agghiacciante di Lavinia che riesce a farmi concentrare, mi volto immediatamente verso di lei che adesso è in braccio alla sorella. Sta indicando qualcosa oltre il corrimano. Prendo a guardare nella direzione opposta al salotto ed è in quel momento che le vedo: fiamme scarlatte alte almeno due metri che stanno inghiottendo tutto, e che si avvicinano pericolosamente alle scale.

 
A/N: E alla settimana schifosa appena passata se ne è aggiunta un’altra ancora più schifosa, scusate se non ho aggiornato prima, ma veramente...
Comunque! A distanza di una settimana riesco ad aggiornare! :)
Che mi dite? Secondo voi come è divampato l’incendio? Ho lasciato qualche indizio molto velato all’interno del capitolo! ;)
Spero che vi sia piaciuto, e che il mio umore nero non si rifletta troppo sulla mia storia. Non ho molto da aggiungere per ora, so come continuare ancora per qualche capitolo quindi spero di risentirvi presto!
Scusate per la pessima copertina all’inizio, ma ormai penso sia chiaro che le mie doti con Photoshop non sono proprio il massimo… XD
Grazie per aver letto, se vi va lasciate un commento.
Alla prossima,
 

x Lily
   
 
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