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Autore: Nadie    10/05/2014    2 recensioni
Vorrei parlarti di statica.
Io non ci ho mai capito nulla a scuola, ma il poco che so è che la statica studia delle dannate condizioni necessarie affinché un corpo mantenga il suo equilibrio anche dopo essere stato sconvolto da forze esterne.
Ecco, io e te siamo un esperimento di statica miseramente fallito.

[Ben e Prudence]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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Finito


Il fumo, il fumo.
Ha un buon odore, il fumo.
Ha un buon sapore, il fumo.
È un buon amico, il fumo.
Lui si fuma la sua sigaretta e non lascia uscire di bocca il fumo, vuole tenerselo dentro, perché forse il fumo riempirà il vuoto che sente nel petto.
O forse il fumo lo ucciderà.
Alza le spalle.
Tira un vento bastardo su Dublino e il mare gli urla nella testa.
Ma i suoi pensieri urlano più forte.
Vorrebbe poter entrare nella sua stessa testa, prendere ogni pensiero, strattonarlo rudemente e urlargli di star zitto, che ha già altro a cui pensare e non gli va proprio di starlo ad ascoltare.
Il fumo, il fumo.
Si rigira la sigaretta tra le dita e pensa che loro due, lui e la sigaretta, sono simili, entrambi pieni di fumo.
Ma lui è più fortunato.
È stato più fortunato.
Ha incontrato una sirena con gli occhi verdi di nome Prudence, che si è presa tutto il suo fumo e lui pensava, ecco, io e te siamo perfetti, tu sei l’aria e io sono il fumo e qualcuno, non so chi e non so perché, ci ha creati così, aria e fumo, e dobbiamo stare uniti.
Prudence, l’aria, ha abbracciato il fumo e lo ha tenuto con lei per un po’, ma poi è successo qualcosa, si è rotto qualcosa e allora l’aria ha lasciato cadere il fumo e se n’è andata.
Fumo è finito.                        
Finito.
Una notte, mentre fuori pioveva su Dublino, lui aveva fatto l’amore con Prudence, lei poi aveva poggiato il capo sulla sua spalla e si era lasciata accarezzare, lui toccava la sua pelle, la stringeva e sentiva le loro costole combaciare perfettamente.
Aveva sorriso, aveva pensato che loro due, lui e Prudence, fumo e aria, non erano un caso, che c’era di più dietro di loro, che si aspettavano da prima.
Poi lei gli aveva detto che tutto finiva e che, prima o poi, sarebbero finiti anche loro due.
No, non finiremo mai, pensò.
Ma adesso, adesso mentre guarda le onde davanti ai suoi occhi, mentre inspira il fumo della sua sigaretta, mentre sa che accanto a lui non c’è nessuno, capisce che si sbagliava.
Sono finiti anche loro due.
Finiti.
La fine.
Cos’è la fine?
Immagina una spessa linea nera sospesa in una dimensione più in su, una linea che respira le vite, assorbe le storie e poi scende dalla sua dimensione e fa finire qualcosa.
La fine.
Una linea spessa nera.
Lui e Prudence, l’aria e il fumo, la metropolitana di Dublino, il mare, l’acqua, la pioggia, la notte, l’amore(se esiste), un cielo grigio, sabbia sporca, una canzone francese dentro un autobus un po’ scassato, un bacio sotto un albero, ‘Wonderwall’ degli Oasis, la pelle, la carne e le ossa.
Finito tutto.
È arrivata una linea spessa e nera che ha fatto finire tutto.
Possibile? Possibile che sia bastata una linea di merda per combinare un casino simile?
Prudence, ma cosa c’era che non andava tra noi due?
Vorrebbe tanto chiederglielo, perché è stata Prudence a far arrivare la linea.
Prudence aveva fatto l’amore con lui la sera prima, poi si erano addormentati entrambi e lui quando si era svegliato si era ritrovato solo nel letto, con una stupida lettera a fianco.
L’aveva scritta Prudence.
Diceva che si sentiva in colpa perché lui voleva buttare via l’occasione di diventare finalmente un attore per lei, diceva che le era successo qualcosa e non poteva dirglielo, diceva che erano finiti.
Finiti.
Finito.
L’aria ha lasciato cadere il fumo ed è tutto finito.
Lui adesso non andrà a cercarla e non le chiederà spiegazioni perché ha capito che non ne avrà, che non potrà fare nulla per sistemare le cose, che lui non ha nessun potere in confronto alla fine, che non saprebbe cosa dire a quella sirena con gli occhi verdi.
Immagina Prudence uscire dall’acqua e venirgli incontro a piedi scalzi, sedersi di fronte a lui e dirgli di parlarle.
Di cosa le parlerebbe?
Prudence, vorrei parlarti di statica. Io non ci ho mai capito nulla a scuola ma il poco che so è che la statica studia delle dannate condizioni necessarie affinché un corpo mantenga il suo equilibrio anche dopo essere stato sconvolto da forze esterne.
Ecco, io e te siamo un esperimento di statica miseramente fallito.
Le parlerebbe di questo, le direbbe questo, le direbbe che lui è un dannato corpo che ha perso il suo equilibrio dentro a due occhi verdi ed ora non sa cosa diavolo fare.
Cosa diavolo faccio?
Ma come si è permessa, come si è permessa l’aria di lasciar cadere il fumo?
Guarda ancora la sua sigaretta, poi si alza in piedi e si avvicina alla riva.
Cammina, mette un piede davanti all’altro e sente il gelo entrargli dentro, l’acqua andare a sbattere distratta contro i suoi polpacci, l’acqua attraversarlo, l’acqua riempirlo.
Lascia cadere in acqua la sigaretta e la guarda spegnersi, la guarda morire, guarda il fumo sparire mangiato dall’acqua.
L’acqua.
Cosa c’è dentro l’acqua?
La prima volta che Prudence lo aveva portato su quella spiaggia lui le aveva detto che pensava che tutto e tutti, una volta morti, finissero nell’acqua.
Anime, coscienze, sentimenti, rimpianti, sogni realizzati e infranti, respiri regolari, malattie mortali, problemi risolti e irrisolti, storie, amori, pensieri, dolori.
Tutto muore.
Tutto finisce nell’acqua.
Anche lui.
Anche Prudence.
Anche loro.
Ora acqua ha mangiato aria e fumo, lui fissa la sua sigaretta spenta e pensa, guarda, Prudence, alla fine avevo ragione, guarda, Prudence, siamo finiti anche noi nell’acqua, tutto finisce nell’acqua.
Le onde portano via la sua sigaretta, la sua storia morta e lui la guarda scivolare via.
Siamo finiti .
È finito.
L’acqua lo ha finito.
 
 
 
 
 
 
 
  
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