Storia
partecipante
al contest a turni “1
su 24 ce la fa”
di
ManuFury
Nick
sul forum/ Nick su EFP (segnalare quello che
si vuole avere sul Banner):_Nica89_
Tributo:
Cecelia
Turno:
terzo
Titolo:
Tributo d’altri
Pacchetto (se presente): nessuno
Genere:
slice of life, malinconico
Rating:
giallo
Avvertimenti: missing
moment
Pairing
(se presente):nessuna
Alleanza: Finnick Odair
Note
(facoltative):La prima nota è per quanto riguarda
l’arco temporale
durante il quale si svolgono tutte le storie (anche questa è
collegata alle
precedenti, ma tranquillamente leggibile separatamente): siamo alla
sessantacinquesima edizione degli Hunger Games, Cecelia ha ventidue
anni, da
quattro è mentore, è sposata con Richard e ha
già avuto il primo figlio che ha
circa tre anni (Capitol City non concede maternità ai
vincitori che fanno da
mentore, almeno per me). Per il resto non ho molto da dire, se non per
il
commento di Brian, sono stata molto combattuta se sostituire quel
“Avremmo
potuto prestagliene un po’ della nostra” con la
forma più
corretta “Avremmo potuto prestare loro
…” nel contesto questa seconda frase mi
sembrava troppo formale, soprattutto detta da un ragazzo che
è più preoccupato
di salvarsi la pelle, piuttosto che curare la grammatica.
L’abisso di
attenzioni, invece, riprende la citazione di Edgar Allan Poe usata
nella scorsa
storia “Tornare
a casa”.
Storia corretta rispetto a quella consegnata per il turno
(avevo
sbagliato a scrivere l'edizione sia nelle note che nel testo)
Tributo
d’altri
La
prima volta che
Cecelia vide Finnick Odair fu durante le repliche delle mietiture dei
sessantacinquesimi Hunger Games. Lui aveva appena preso posto sul
palco a
testa alta, nella tipica posa assunta dai tributi favoriti, soltanto
gli occhi
verdemare tradivano tutte le sue emozioni e la sua paura.
La ragazza cercò di rimanere concentrata sulla trasmissione
delle mietiture
successive, ma quell’espressione, così in
contrasto con l’atteggiamento
spavaldo, la colpì più di quanto non volesse
ammettere.
“Non
è lui il tuo tributo” si
ripeteva, mentre osservava la
parata nella quale – indiscutibilmente – Finnick
non era passato inosservato,
anche grazie a un costume decisamente ridotto al minimo che esaltava il
suo
aspetto fisico ancora acerbo, ma già attraente.
«Avete
visto il ragazzo
del 4?» domandò Nahe, l’accompagnatrice
del Distretto 8 durante la cena,
attirando su di sé l’attenzione di tutti i
commensali.
«Difficile non notarlo, con tutta quella pelle in mostra. I
suoi stilisti
avevano forse carenza di stoffa? Avremmo potuto prestagliene un
po’ della
nostra» commentò seccato Brian, strappando un
sorriso al suo mentore e alla sua
compagna di sventura – una ragazza minuta e taciturna
– che sedeva al tavolo
con loro.
Nahe
continuò l’elogio
di Finnick come se niente fosse:
«Tutti stanno parlando di lui, è senza dubbio il
tributo che ogni
accompagnatore vorrebbe avere. Ho sentito la vecchia Mags parlare col
loro
stilista, è un vero peccato che abbia solo quattordici
anni».
«Solo quattordici?» domandò Cecelia,
incapace di trattenersi dopo quella
rivelazione: aveva intuito che il ragazzo fosse giovane, ma non credeva
così
tanto.
«Un vero spreco, non trovi?» confermò
Nahe, allungando il braccio alla volta di
un senza-voce, nell’intento di farsi servire
dell’altro vino, per poi
continuare il suo monologo:
«Sarebbe stato un favorito perfetto, se solo fosse riuscito a
frequentare l’accademia
ancora per qualche anno».
Cecelia
dovette
costringersi a non allontanarsi dal tavolo: come poteva quella donna
parlare
con tanta leggerezza, come se la posta in gioco non fosse la vita
stessa dei
tributi?
«Naturalmente, voi due siete ancora in tempo per accattivarvi
il pubblico»
continuò Nahe, rivolta ai due ragazzi che avrebbero
partecipato ai giochi,
riempiendo il silenzio che era caduto sulla sala da pranzo.
Per
stemperare la
tensione, Daniel propose di spostarsi in soggiorno e vedere le repliche
della
sfilata. Quando lo schermo del televisore si spense automaticamente
alla fine
dello spettacolo, i due tributi furono mandati a letto. Cecelia
esitò per
qualche momento, insicura se confidare a Daniel i propri timori o meno.
Decise
di rimandare: in fondo, Finnick Odair non era un loro tributo e lei
doveva
occuparsi della vita dei due ragazzi del suo distretto.
Eppure,
nei giorni
successivi, la sua empatia verso quel ragazzo – conosciuto
solo attraverso le
parole degli altri – non fece che aumentare. Più
volte cercò di chiarire a se
stessa cosa la spingesse verso di lui: la sua non era infatuazione
– di questo
ne era certa – ma nulla sembrava giustificare tanta tristezza
per le sorti
toccate a Finnick Odair.
Da
parte sua, il
ragazzo aveva davvero giocato tutte le carte possibili per accattivarsi
i
favori del pubblico: se col suo sette durante la sessione di
allenamenti
individuale non aveva brillato, nell’intervista con Caesar
Flickerman aveva
mandato la folla letteralmente in visibilio, grazie al suo sguardo
ammaliante e
un pizzico di sfrontatezza nelle risposte, sempre accompagnate da un
sorrisetto
malizioso che sembrava mandare in estasi quasi l’intero
pubblico femminile, ma –
al contrario di ciò che era successo durante la mietitura
– Finnick fece molta
attenzione a non rivelare troppo di sé, aumentando la
curiosità degli abitanti
di Capitol City nei suoi confronti.
Una
volta tornati ai
loro appartamenti all’interno del centro di addestramento e
congedati i due
tributi, Cecelia rimase sola nella stanza con Daniel, per osservare gli
speciali dedicati a ciascun partecipante. Arrivati al momento del
giovane,
Cecelia sospirò amaramente, nascondendo il volto tra le
ginocchia e passandosi
le mani tra i capelli, ancora acconciati. Accanto a lei, Daniel le
sfiorò la
spalla, come per confortarla.
«Quante
possibilità ha?
– domandò la ragazza, pentendosi e cercando di
rimediare – So che dovrei
preoccuparmi dei nostri ragazzi e, credimi, farò tutto
quello che mi sarà possibile
per riportare a casa uno di loro ma …»
«Ma quel bel faccino ha lasciato il segno» concluse
l’uomo, accennando col capo
al televisore che stava trasmettendo un primo piano di Finnick.
«Non è come credi tu. A casa mi aspettano Richard
e John, non potrei mai ... e
poi ha solo quattordici anni!» cercò
di spiegare Cecelia, inorridendo al
pensiero delle conclusioni alle quali era giunto il suo vecchio
mentore, ma
Daniel fu più lesto:
«Io non credo nulla. Sto solo dicendo che quel ragazzino ha
attirato parecchi
sguardi su di sé».
«L’esatto
opposto di
quello che mi suggeristi tu. Credi che la sua strategia potrebbe
funzionare, o
tutta questa visibilità potrebbe danneggiarlo
nell’arena?»
«Io non mi preoccuperei dell’arena: se davvero
tutti gli sponsor sono pronti a
fare le follie che promettono per tirarlo fuori, deve solo preoccuparsi
di
sciogliere le alleanze al momento giusto. Piuttosto, temo che il piano
di Mags
possa rivoltarsi contro di lui nel caso riuscisse a vincere».
Cecelia
drizzò la
schiena, particolarmente interessata alle teorie del suo mentore.
«Come potrebbero nuocergli le attenzioni di Capitol City, una
volta incoronato
vincitore?» domandò la ragazza, ripensando alla
sua vita – relativamente
normale – degli ultimi quattro anni.
«La
sua vittoria
farebbe scalpore: sarebbe uno tra i vincitori più giovani di
sempre, forse il
più giovane in assoluto. Potrebbe diventare
l’idolo di tutta Panem, motivo in
più per puntare nuovi riflettori su di lui»
spiegò Daniel.
«Popolarità su popolarità»
gli fece eco la giovane donna, che iniziava a intravedere
i lati più oscuri di un’edizione particolarmente
apprezzata.
«Esatto, – continuò Daniel, abbassando
leggermente il tono di voce – chi non
farebbe follie per incontrarlo? Senza considerare il suo debito verso
gli
sponsor che lo hanno sostenuto nell’arena: credi che il loro
aiuto sia così
disinteressato?»
«Un
abisso di
attenzioni al quale sottomettersi» mormorò la
ragazza, sentendosi soffocare
alla sola idea di un futuro simile.
«Per questo non credo che salvargli la vita sia il favore
maggiore che Mags
possa fargli».
Le
parole di Daniel
continuarono a tornarle in mente, sempre più minacciose man
mano che i giochi
procedevano e i paracadute consegnavano ogni tipo di dono al giovane
Finnick.
Il ragazzo, fiutando il pericolo, si staccò dal gruppo dei
favoriti. Fu quello
stesso giorno che gli venne inviato il tridente che – in
breve tempo – lo
condusse alla vittoria.
Cecelia osservava incredula come l’arena stesse trasformando
quel ragazzo,
cancellando da lui ogni traccia di quella fragilità che i
suoi occhi avevano
mostrato durante la mietitura. Mentre osservava lo schermo, ogni
viticcio che
costituiva le reti di Finnick sembrava stringersi attorno alla gola di
lei e
ogni colpo di tridente sferrato alla volta dei suoi avversari era una
ferita
che andava a distruggere l’immagine che si era creata di lui.
Possibile
che si fosse
sbagliata così tanto su quel ragazzo? Ma, in fondo, cosa
aveva veramente visto
e cosa aveva voluto vedere in lui? Era un favorito, lo era sempre
stato: aveva
frequentato un’accademia ideata appositamente per creare
delle macchine da
guerra. Forse, aveva voluto illudersi che un ragazzo di soli
quattordici anni
non potesse essere traviato dalle promesse di onore e gloria. Eppure,
su quel
palco – quasi due settimane prima – lei era sicura
di aver visto qualcosa di
buono in lui, qualcosa di puro, non ancora corrotto dalla
mentalità dei giochi.
Il
colpo di cannone la
riportò alla realtà: il momento del gran finale
era giunto e gli strateghi si
apprestavano a sancire il vincitore dell’edizione.
Per tutta la durata del combattimento, Cecelia strinse tra le mani il
piccolo
pupazzo di pezza che aveva cucito per suo figlio, come se questo
potesse
riportarla nel suo distretto, lontana da quella situazione surreale che
vedeva
Brian e Finnick affrontarsi per la vittoria.
Alla
ragazza non sfuggì
la triste ironia della situazione: ancora una volta la fortuna non era
stata
a suo favore e aveva trasformato lo scontro più temuto in
quello decisivo.
Cecelia era costretta ad assistere impotente al confronto tra i due
ragazzi,
divisa tra il suo ruolo di mentore – che l’avrebbe
voluta a favore di Brian – e
quel desiderio inspiegabile che Finnick riuscisse a sopravvivere, anche
a costo
della vita del suo stesso tributo.
Sorprendentemente
Brian
si rivelò piuttosto abile nel neutralizzare i tentativi del
quattordicenne di
catturarlo nella sua rete, tuttavia la sua corporatura massiccia
iniziò presto
a rallentarlo, finché il tridente di Finnick non
trovò la strada verso la sua
gola.
Cecelia
lasciò cadere
il pupazzo di stoffa, portandosi le mani al volto e cominciò
a singhiozzare, mentre
dal televisore gli squilli delle trombe sancivano la vittoria del
più giovane
vincitore di tutti i tempi.
Le
telecamere si
disinteressarono presto del cadavere che giaceva a terra,
concentrandosi sul
nuovo campione, ancora ansante. Per qualche momento lo sguardo di
Finnick
rimase puntato sul ragazzo morto ai suoi piedi. Se Cecelia avesse
continuato a
fissare lo schermo, sarebbe riuscita a scorgere – nuovamente
– lo sguardo che
tanto l’aveva colpita alla mietitura.