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Autore: _Nica89_    10/05/2014    3 recensioni
Le mietiture dei sessantacinquesimi Hunger Games si sono concluse e sul treno uno dei tributi estratti cattura l'attenzione di Cecelia, mentore del Distretto 8. Un ritratto di Finnick, dagli occhi di un giovane mentore di un altro distretto.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cecelia, Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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tributo d'altri

Storia partecipante al contest a turni “1 su 24 ce la fa” di ManuFury

Nick sul forum/ Nick su EFP (segnalare quello che si vuole avere sul Banner):_Nica89_
Tributo: Cecelia
Turno: terzo
Titolo: Tributo d’altri
Pacchetto (se presente): nessuno

Genere: slice of life, malinconico
Rating: giallo
Avvertimenti: missing moment
Pairing (se presente):nessuna
Alleanza: Finnick Odair

Note (facoltative):La prima nota è per quanto riguarda l’arco temporale durante il quale si svolgono tutte le storie (anche questa è collegata alle precedenti, ma tranquillamente leggibile separatamente): siamo alla sessantacinquesima edizione degli Hunger Games, Cecelia ha ventidue anni, da quattro è mentore, è sposata con Richard e ha già avuto il primo figlio che ha circa tre anni (Capitol City non concede maternità ai vincitori che fanno da mentore, almeno per me). Per il resto non ho molto da dire, se non per il commento di Brian, sono stata molto combattuta se sostituire quel “
Avremmo potuto prestagliene un po’ della nostra” con la forma più corretta “Avremmo potuto prestare loro …” nel contesto questa seconda frase mi sembrava troppo formale, soprattutto detta da un ragazzo che è più preoccupato di salvarsi la pelle, piuttosto che curare la grammatica. L’abisso di attenzioni, invece, riprende la citazione di Edgar Allan Poe usata nella scorsa storia “Tornare a casa”. Storia corretta rispetto a quella consegnata per il turno (avevo sbagliato a scrivere l'edizione sia nelle note che nel testo)






Tributo d’altri



La prima volta che Cecelia vide Finnick Odair fu durante le repliche delle mietiture dei sessantacinquesimi Hunger Games. Lui aveva appena preso posto sul palco a testa alta, nella tipica posa assunta dai tributi favoriti, soltanto gli occhi verdemare tradivano tutte le sue emozioni e la sua paura.
La ragazza cercò di rimanere concentrata sulla trasmissione delle mietiture successive, ma quell’espressione, così in contrasto con l’atteggiamento spavaldo, la colpì più di quanto non volesse ammettere.

“Non è lui il tuo tributo” si ripeteva, mentre osservava la parata nella quale – indiscutibilmente – Finnick non era passato inosservato, anche grazie a un costume decisamente ridotto al minimo che esaltava il suo aspetto fisico ancora acerbo, ma già attraente.

«Avete visto il ragazzo del 4?» domandò Nahe, l’accompagnatrice del Distretto 8 durante la cena, attirando su di sé l’attenzione di tutti i commensali.
«Difficile non notarlo, con tutta quella pelle in mostra. I suoi stilisti avevano forse carenza di stoffa? Avremmo potuto prestagliene un po’ della nostra» commentò seccato Brian, strappando un sorriso al suo mentore e alla sua compagna di sventura – una ragazza minuta e taciturna – che sedeva al tavolo con loro.

Nahe continuò l’elogio di Finnick come se niente fosse:
«Tutti stanno parlando di lui, è senza dubbio il tributo che ogni accompagnatore vorrebbe avere. Ho sentito la vecchia Mags parlare col loro stilista, è un vero peccato che abbia solo quattordici anni».
«Solo quattordici?» domandò Cecelia, incapace di trattenersi dopo quella rivelazione: aveva intuito che il ragazzo fosse giovane, ma non credeva così tanto.
«Un vero spreco, non trovi?» confermò Nahe, allungando il braccio alla volta di un senza-voce, nell’intento di farsi servire dell’altro vino, per poi continuare il suo monologo:
«Sarebbe stato un favorito perfetto, se solo fosse riuscito a frequentare l’accademia ancora per qualche anno».

Cecelia dovette costringersi a non allontanarsi dal tavolo: come poteva quella donna parlare con tanta leggerezza, come se la posta in gioco non fosse la vita stessa dei tributi?
«Naturalmente, voi due siete ancora in tempo per accattivarvi il pubblico» continuò Nahe, rivolta ai due ragazzi che avrebbero partecipato ai giochi, riempiendo il silenzio che era caduto sulla sala da pranzo.

Per stemperare la tensione, Daniel propose di spostarsi in soggiorno e vedere le repliche della sfilata. Quando lo schermo del televisore si spense automaticamente alla fine dello spettacolo, i due tributi furono mandati a letto. Cecelia esitò per qualche momento, insicura se confidare a Daniel i propri timori o meno. Decise di rimandare: in fondo, Finnick Odair non era un loro tributo e lei doveva occuparsi della vita dei due ragazzi del suo distretto.

Eppure, nei giorni successivi, la sua empatia verso quel ragazzo – conosciuto solo attraverso le parole degli altri – non fece che aumentare. Più volte cercò di chiarire a se stessa cosa la spingesse verso di lui: la sua non era infatuazione – di questo ne era certa – ma nulla sembrava giustificare tanta tristezza per le sorti toccate a Finnick Odair.

Da parte sua, il ragazzo aveva davvero giocato tutte le carte possibili per accattivarsi i favori del pubblico: se col suo sette durante la sessione di allenamenti individuale non aveva brillato, nell’intervista con Caesar Flickerman aveva mandato la folla letteralmente in visibilio, grazie al suo sguardo ammaliante e un pizzico di sfrontatezza nelle risposte, sempre accompagnate da un sorrisetto malizioso che sembrava mandare in estasi quasi l’intero pubblico femminile, ma – al contrario di ciò che era successo durante la mietitura – Finnick fece molta attenzione a non rivelare troppo di sé, aumentando la curiosità degli abitanti di Capitol City nei suoi confronti.

Una volta tornati ai loro appartamenti all’interno del centro di addestramento e congedati i due tributi, Cecelia rimase sola nella stanza con Daniel, per osservare gli speciali dedicati a ciascun partecipante. Arrivati al momento del giovane, Cecelia sospirò amaramente, nascondendo il volto tra le ginocchia e passandosi le mani tra i capelli, ancora acconciati. Accanto a lei, Daniel le sfiorò la spalla, come per confortarla.

«Quante possibilità ha? – domandò la ragazza, pentendosi e cercando di rimediare – So che dovrei preoccuparmi dei nostri ragazzi e, credimi, farò tutto quello che mi sarà possibile per riportare a casa uno di loro ma …»
«Ma quel bel faccino ha lasciato il segno» concluse l’uomo, accennando col capo al televisore che stava trasmettendo un primo piano di Finnick.
«Non è come credi tu. A casa mi aspettano Richard e John, non potrei mai ... e poi ha solo quattordici anni!» cercò di spiegare Cecelia, inorridendo al pensiero delle conclusioni alle quali era giunto il suo vecchio mentore, ma Daniel fu più lesto:
«Io non credo nulla. Sto solo dicendo che quel ragazzino ha attirato parecchi sguardi su di sé».

«L’esatto opposto di quello che mi suggeristi tu. Credi che la sua strategia potrebbe funzionare, o tutta questa visibilità potrebbe danneggiarlo nell’arena?»
«Io non mi preoccuperei dell’arena: se davvero tutti gli sponsor sono pronti a fare le follie che promettono per tirarlo fuori, deve solo preoccuparsi di sciogliere le alleanze al momento giusto. Piuttosto, temo che il piano di Mags possa rivoltarsi contro di lui nel caso riuscisse a vincere».

Cecelia drizzò la schiena, particolarmente interessata alle teorie del suo mentore.
«Come potrebbero nuocergli le attenzioni di Capitol City, una volta incoronato vincitore?» domandò la ragazza, ripensando alla sua vita – relativamente normale – degli ultimi quattro anni.

«La sua vittoria farebbe scalpore: sarebbe uno tra i vincitori più giovani di sempre, forse il più giovane in assoluto. Potrebbe diventare l’idolo di tutta Panem, motivo in più per puntare nuovi riflettori su di lui» spiegò Daniel.
«Popolarità su popolarità» gli fece eco la giovane donna, che iniziava a intravedere i lati più oscuri di un’edizione particolarmente apprezzata.
«Esatto, – continuò Daniel, abbassando leggermente il tono di voce – chi non farebbe follie per incontrarlo? Senza considerare il suo debito verso gli sponsor che lo hanno sostenuto nell’arena: credi che il loro aiuto sia così disinteressato?»

«Un abisso di attenzioni al quale sottomettersi» mormorò la ragazza, sentendosi soffocare alla sola idea di un futuro simile.
«Per questo non credo che salvargli la vita sia il favore maggiore che Mags possa fargli».

Le parole di Daniel continuarono a tornarle in mente, sempre più minacciose man mano che i giochi procedevano e i paracadute consegnavano ogni tipo di dono al giovane Finnick. Il ragazzo, fiutando il pericolo, si staccò dal gruppo dei favoriti. Fu quello stesso giorno che gli venne inviato il tridente che – in breve tempo – lo condusse alla vittoria.
Cecelia osservava incredula come l’arena stesse trasformando quel ragazzo, cancellando da lui ogni traccia di quella fragilità che i suoi occhi avevano mostrato durante la mietitura. Mentre osservava lo schermo, ogni viticcio che costituiva le reti di Finnick sembrava stringersi attorno alla gola di lei e ogni colpo di tridente sferrato alla volta dei suoi avversari era una ferita che andava a distruggere l’immagine che si era creata di lui.

Possibile che si fosse sbagliata così tanto su quel ragazzo? Ma, in fondo, cosa aveva veramente visto e cosa aveva voluto vedere in lui? Era un favorito, lo era sempre stato: aveva frequentato un’accademia ideata appositamente per creare delle macchine da guerra. Forse, aveva voluto illudersi che un ragazzo di soli quattordici anni non potesse essere traviato dalle promesse di onore e gloria. Eppure, su quel palco – quasi due settimane prima – lei era sicura di aver visto qualcosa di buono in lui, qualcosa di puro, non ancora corrotto dalla mentalità dei giochi.

Il colpo di cannone la riportò alla realtà: il momento del gran finale era giunto e gli strateghi si apprestavano a sancire il vincitore dell’edizione.
Per tutta la durata del combattimento, Cecelia strinse tra le mani il piccolo pupazzo di pezza che aveva cucito per suo figlio, come se questo potesse riportarla nel suo distretto, lontana da quella situazione surreale che vedeva Brian e Finnick affrontarsi per la vittoria.

Alla ragazza non sfuggì la triste ironia della situazione: ancora una volta la fortuna non era stata a suo favore e aveva trasformato lo scontro più temuto in quello decisivo. Cecelia era costretta ad assistere impotente al confronto tra i due ragazzi, divisa tra il suo ruolo di mentore – che l’avrebbe voluta a favore di Brian – e quel desiderio inspiegabile che Finnick riuscisse a sopravvivere, anche a costo della vita del suo stesso tributo.

Sorprendentemente Brian si rivelò piuttosto abile nel neutralizzare i tentativi del quattordicenne di catturarlo nella sua rete, tuttavia la sua corporatura massiccia iniziò presto a rallentarlo, finché il tridente di Finnick non trovò la strada verso la sua gola.

Cecelia lasciò cadere il pupazzo di stoffa, portandosi le mani al volto e cominciò a singhiozzare, mentre dal televisore gli squilli delle trombe sancivano la vittoria del più giovane vincitore di tutti i tempi.

Le telecamere si disinteressarono presto del cadavere che giaceva a terra, concentrandosi sul nuovo campione, ancora ansante. Per qualche momento lo sguardo di Finnick rimase puntato sul ragazzo morto ai suoi piedi. Se Cecelia avesse continuato a fissare lo schermo, sarebbe riuscita a scorgere – nuovamente – lo sguardo che tanto l’aveva colpita alla mietitura.

  
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