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Autore: Shannonwriter    10/05/2014    0 recensioni
La mia è una specie di rivisitazione della storia di Alice In Wonderland in chiave moderna che però non segue necessariamente gli avvenimenti narrati nei libri o nel cartone. Alice ha diciassette anni e vive a New York. Apparentemente ha tutto quello che le serve, è stata ammessa alla Juilliard e potrebbe diventare una grande pianista un giorno, allora perché non è contenta? L'unico a stare sempre dalla sua parte è Hartley, il suo migliore amico. è buffo, uno spirito libero e un giorno si presenta con un cilindro in testa che, sostiene, potrebbe aiutarla perché è magico. Ma sarà vero? E c'è qualcosa di più di una semplice amicizia tra Alice e Hartley? Scopritelo leggendo (è la mia prima originale, omg!).
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Note: è un capitolo flashback, fa molto Once Upon A Time ma dovevo farlo per poter raccontare la storia di Jeff come si deve. Spero non lo troviate troppo lungo, l'ho diviso in tre parti per renderlo più scorrevole. Almeno questa settimana sono riuscita a pubblicare ben due capitoli, sono fiera di me! LOL! Fatemi sapere che ne pensate, alla prossima! :)


 25.1 – Il Professore
Era un'altra bellissima giornata, il sole entrava dalla finestra e una leggera brezza rinfrescava la stanza dove Jeff era chiuso da due ore. Teneva in mano quel pezzo di legno grande quanto una mela e lo attaccava con lo scalpello cercando di dargli una forma guardabile da tempo ormai ma senza un risultato. Doveva produrre una statuina somigliante a un nanetto ma tutto quello che era riuscito a ottenere era uno sgorbio deforme. Lasciò cadere sul tavolo scalpello e pezzo di legno e sbuffò. Perché doveva intraprendere il lavoro di famiglia se non era in grado di scolpire? Lo stesso valeva per i mobili, gli venivano irrimediabilmente storti, ruvidi, in una parola brutti. Ma suo padre e sua madre avevano tanto insistito, sostenendo che Jeff non era veramente in grado di fare nient'altro e che quindi doveva quanto meno rendersi utile in casa. E fu così che passò la maggior parte della sua giovinezza a intagliare brutte statuine, risistemate poi dalla sorella maggiore che manteneva il segreto. Nel frattempo Jeff sognava. Fantasticava guardando oltre il vetro della finestra di viaggiare, si questo era quello che voleva fare, viaggiare in un luogo diverso da Wonderlad dove i paesaggi erano differenti, dove i colori non erano così intensi e la pioggia cadeva giù anche per ore e ore invece che per pochi minuti come lì da lui. I Fiori necessitavano di poca acqua, tanto sole ma soprattutto chiacchiere mentre una volta aveva letto che in alcuni luoghi i fiori bevevano tanto e non parlavano per niente! Erano solo belli. Fuori da Wonderland forse avrebbe trovato la sua vocazione, forse avrebbe trovato la persona per lui...Da tempo non aveva una ragazza e si sentiva un po' solo anche se non l'avrebbe mai ammesso con la sua famiglia. Perché lì le donne erano tutte così uguali l'una all'altra, così interessate alle frivolezze e a poco altro?
Quel pomeriggio suo padre entrò nella stanza dove lavorava e guardò la statuina con disapprovazione. “Che ti succede oggi, figliolo?”
 “Niente, ero solo distratto. La sistemo subito” falso, avrebbe chiamato la sorella, ecco cosa avrebbe fatto. Santa ragazza.
 “Lascia stare, ho un altro compito da farti fare. Consegna questo pacco all'indirizzo indicato sopra la scatola. Vai” gli ordinò.
Jeff prese il pacco e si avviò per portarlo al destinatario. Era più che lieto di uscire da lì e prendere una boccata d'aria. Quando arrivò al luogo indicato vide una piccola casetta coperta di muschio sul tetto e di rampicanti su tutta la facciata anteriore. La porta era di legno vecchissimo ma sembrava resistente. Bussò. Niente. Bussò ancora. Stavolta la porta si aprì. Un uomo sulla cinquantina, coi capelli brizzolati e la faccia simpatica fece capolino con la testa e prese il pacco. “Proprio quello che stavo aspettando” disse. “Grazie, ragazzo. Quanto ti devo?”
 “Ehm, 5 monete signore”
L'uomo posò il pacco a terra e andò a cercare il portafogli in casa. Così facendo aprì un po' di più la porta e Jeff riuscì a vedere meglio dentro. Era incredibilmente buio, l'unica finestra che intravedeva era mezza chiusa e faceva filtrare la luce attraverso le persiane quasi del tutto abbassate. Ma la cosa che lo colpì di più fu il disordine, vero e proprio caos. Libri su libri, fogli, fascicoli, penne, righelli e oggetti di ogni tipo sparsi ovunque tra ragnatele e angoli impolverati. Chi era quest'uomo?
Ritornò alla porta coi soldi in mano. “Ecco le tue cinque monete”
Jeff le prese e le mise in tasca. “Posso chiederle che cosa c'è nel pacco?”
Non l'aveva chiesto a suo padre perchè non gli interessava ma ora si.
L'uomo sorrise. “Sei curioso? Non l'hai fatto tu quello che c'è dentro?” disse dando un colpetto sulla scatola.
 “Temo di no, non sono un gran che come scultore né come falegname. Quello bravo è mio padre” spiegò un po' imbarazzato.
 “E fai lo stesso questo lavoro?”
 “Già”
L'uomo si fece pensieroso. “Un gran peccato. Non dovresti fare qualcosa se non ti piace.”
 “Non lo dica a me! Ma sono incastrato.” rispose Jeff frustrato.
L'uomo lo guardò bene. “Mmm, qual'è  invece il tuo desiderio, se si può sapere?”
Jeff ci pensò su. “Direi andarmene da qui. Lo so, lo so, nessuno lascia Wonderland ma...se solo potessi! è uno stupido sogno” si sfogò. Perchè gli riusciva così facile parlare con quello sconosciuto?
 “Sei davvero bizzarro, ragazzo. Da che sono su questa terra non ho mai incontrato nessuno che fosse stanco di Wonderland. Tutti la adorano. E tu osi desiderare di andartene?”
 “Gliel'ho detto, è solo un sogno, una fantasticheria.”
L'uomo ridacchiò e gli mise una mano sulla spalla. “Penso che diventeremo grandi amici noi due”
E così fu. Quel pomeriggio Jeff passò del tempo a casa dell'uomo e scoprì che dentro alla scatola di cartone c'era semplicemente un'altra scatola, di legno ovviamente, intarsiata e lavorata finemente dalle abili mani del padre. La vera scoperta in ogni caso fu che cosa ci voleva fare con la scatola: esperimenti. L'uomo passava le giornate a fare esperimenti con la scienza e la magia (la poca che riusciva ad ottenere da oggetti magici e altre fonti presenti a Wonderland) allo scopo di creare un portale che conducesse fuori dal loro mondo. La cosa doveva rimanere segreta poiché andarsene era considerato impossibile da anni ormai ma anche illegale, nel caso in cui fosse saltato fuori un modo per farlo. Jeff prese a chiamare l'uomo 'Professore' anche se la cosa faceva un po' ridere il diretto interessato, e ad andare a trovarlo sempre più spesso per assisterlo nei suoi tentativi. La scatola si era rivelata un buco nell'acqua e ne seguirono moli altri fino a che un giorno ci riuscirono. Uscirono dalla polverosa casa portandosi una pozione magica preparata dopo giorni e giorni di accurata elaborazione e posizionatisi all'inizio del bosco vicino, la gettarono a terra. Aspettarono pochi secondi, speranzosi, emozionati, e infine la terra iniziò a smuoversi e una porta luminosa si alzò diritta. I due amici la guardarono meravigliati, soddisfatti del risultato dei loro sforzi. Il Professore avvertì Jeff che molto probabilmente il portale non sarebbe stato in grado di trasportare più di una persona alla volta e che quindi sarebbe dovuto andare per primo. Jeff era titubante, infondo per quanto fosse curioso di cosa ci fosse dall'altra parte ne aveva anche timore, ma il Professore gli assicurò che anche lui aveva un interesse nell'attraversare e che l'avrebbe seguito subito dopo. Jeff si fidò e passò attraverso il portale lasciandosi alle spalle il mondo che aveva sempre conosciuto. Un tonfo per terra lo catapultò nel luogo sconosciuto. Sentiva l'erba sotto le sue dita ma soprattutto iniziava a percepire delle goccioline bagnargli la testa. Si mise seduto e si ritrovò in mezzo a un vasto campo d'erba. La pioggia ora cadeva sempre di più e Jeff sorrise. Ce l'aveva fatta.

25.2 - capelli rossi
Il Professore non arrivò mai. Jeff lo aspettò a lungo quel giorno ma non lo vide comparire. Ritornò in quel campo tutti i giorni per una settimana ma ogni volta se ne andava solo. A quanto pareva il luogo dove si trovava si chiamava 'Irlanda' e per lui era davvero peculiare. Certo, come a Wonderland c'erano grandi distese di prati ma i colori non erano così vibranti come là; i fiori erano davvero muti come aveva letto sui libri e c'era addirittura chi li coglieva per venderli! A casa, un atto del genere avrebbe costituito un omicidio e la Regina avrebbe fatto decapitare il responsabile senza nemmeno un processo. E pioveva, spesso anche, e molti degli abitanti ne erano infastiditi il più delle volte ma per Jeff non era mai abbastanza. Trovava la pioggia affascinante. La cosa più buffa era l'accento delle persone. Per lui ne esisteva uno solo e a volte non riusciva a capire bene cosa gli veniva detto. Non tutto era rose e fiori per lui però; non aveva messo in conto alcuni dettagli, come ad esempio i soldi. Le Monete della Regina non valevano nulla in quel mondo e inizialmente si vide costretto a dormire per strada o sugli alberi. Doveva trovare un lavoro e guadagnare i soldi che gli servivano per vivere lì per un po', il tempo di schiarirsi le idee e capire se valeva la pena di tornare indietro o meno. Aveva lasciato una lettera ai genitori spiegando loro perché se n'era andato e sperava che lo avrebbero capito e che la Regina non avrebbe scoperto della sua fuga.
Il lavoro che riuscì a trovare fu quello di barista in un pub. Le prime due sere non andarono granchè bene, era un disastro con i drink, non ne conosceva nessuno, e dovette abituarsi anche al nuovo sistema monetario. La terza sera tutto cambiò. Alcune volte al pub avevano una cantante e nel momento in cui iniziò il suo canto Jeff rimase come paralizzato. Neanche a dirlo, gli cadde il bicchiere che stava asciugando dalle mani e si frantumò per terra. Non gli importava, alzò lo sguardo per vedere a chi appartenesse quella voce. Quando la vide la situazione non migliorò. Rimase immobile ad ascoltarla e ad ammirare la sua bellezza. Mai nella vita aveva visto una ragazza come quella; i suoi capelli rossi erano luminosi e fluenti, ricadevano a onde sulle sue spalle. Gli occhi nocciola trasmettevano tutte le cose che cantava e le sue labbra formavano un sorriso ogni qualvolta che la canzone si faceva più lieta, più positiva. Cantava di libertà, di amore o meglio della ricerca di esso. Ad ogni parola Jeff rimaneva sempre più affascinato. La pioggia non era più la sua cosa preferita del mondo nuovo.
Per tutta la serata non trovò il coraggio di parlarle ma a un certo punto mentre serviva da bere ai clienti fu proprio lei a comparirgli davanti. Gli si fermò il respiro, la gola si chiuse. Perchè doveva avere quelle strane reazioni proprio con lei? Non gli era mai capitato prima! La ragazza sorrise e chiese un altro drink che lui non conosceva ma lei fu così gentile da spiegargli come prepararlo. Dopo la fine del turno anche lei se ne stava andando e i due si ritrovarono fuori dal pub mentre lei aspettava il taxi che aveva chiamato. Iniziarono a chiacchierare e Jeff ce la mise tutta per essere naturale. Si presentarono. Il nome della ragazza era Iris Greenfield, un nome perfetto, le stava a pennello. Nel suo mondo c'erano molti Fiori con quel nome ma nessuno l'aveva mai portato bene come lei. Gli chiese se fosse americano a giudicare da quell'accento diverso dal suo e lui rispose di sì non sapendo ancora quale alibi usare. Si sarebbe informato poi su cosa volesse dire essere un 'americano'. Iris rimase sconvolta quando le disse che dormiva dove capitava da quando era arrivato e gli offrì subito una sistemazione provvisoria. Lo invitò a casa sua e senza dirlo ai suoi genitori gli preparò una stanza nella depandance. Iris era decisamente benestante e finchè quella parte della casa rimaneva inutilizzata nessuno si sarebbe accorto di lui. Jeff la ringraziò di cuore. Restò da Iris per un mese prima di avere il suo primo stipendio e trovare un appartamento e durante quel tempo i due impararono a conoscersi. Avevano così tanto in comune. Anche i genitori di Iris volevano avviarla alla loro stessa carriera, quella di avvocati, mentre lei non nutriva il minimo interesse per la legge, bensì per il canto. Si era appena laureata e stava facendo uno stage presso uno studio legale ma era solo per far piacere ai suoi. Solo così lasciavano che coltivasse la sua passione suonando al pub qualche sera a settimana. Nonostante fosse adulta i suoi non volevano accettarlo. Jeff capiva benissimo. Man mano che i giorni passavano i due si facevano più vicini sino a che, inevitabilmente si accorsero di essersi innamorati. Jeff aveva finalmente scoperto che cos'era l'amore di cui cantava Iris, quello che narravano i vecchi libri che leggeva e nascondeva sotto il letto. Iris non era finta, né vanitosa, nè frivola come molte delle ragazze di Wonderland. Era semplicemente sé stessa. Ben presto decisero di sposarsi. Era una grossa decisione, una pazzia a sentire i genitori di lei, ma era giusto. Lo sentivano nei loro cuori, sapevano già dal momento in cui si erano parlati per la prima volta che non c'era un'altra persona nel mondo che potesse capirli come loro due si capivano. Perchè aspettare? Purtroppo la madre e il padre di Iris continuavano ad opporsi e quindi i due innamorati non videro altra soluzione se non quella di celebrare le nozze in segreto. Fu una cosa semplice ma ciò che contava era che da quel momento l'uno avrebbe contato sull'altra. Erano giovani ed avevano una vita davanti. Insieme.

25.3 - Imprevisto
Non potevano rimanere in Irlanda. Per quanto entrambi la adorassero, per loro lì non c'erano possibilità. In più la prospettiva di iniziare una nuova vita lontano dai pregiudizi e dalla negatività li allettava troppo per non inseguirla.
Prima di andarsene Jeff tornò un'ultima volta al grande prato dove era atterrato. Avrebbe mai rivisto il Professore un giorno? Avrebbe mai avuto modo di ringraziarlo per quello che aveva fatto per lui? Non sarebbe mai tornato a casa, ora lo sapeva. Se n'era andato per trovare sé stesso e aveva trovato Iris. Era più di quanto sperasse e il resto sarebbe venuto da sé. Sussurrò un grazie nel vento e desiderò di poter ripagare quell'uomo prima o poi.
L'arrivo in America non fu molto diverso da quello in Irlanda ma almeno questa volta non era solo e soprattutto aveva un po' di contante per prenotare una camera d'albergo. New York aveva la fama di essere ricca di possibilità e la coppia di neo sposi, armati di grandi speranze, si mise alla ricerca di un posto dove stare. Iris si era fatta convincere a registrare dei demo e li avevano distribuiti a tutte le case discografiche possibili e immaginabili. Finalmente la ricerca giunse al termine quando entrambi rimasero incantati davanti a un edificio con la scritta 'VENDESI' sulla vetrina. Al piano di sopra c'era un appartamento mentre di sotto c'era lo spazio per un locale, un bar magari. Si erano conosciuti in un pub e sembrava giusto aprire un bar insieme. Affittarono tutto con i soldi rimasti ad Iris sul suo vecchio conto e con quelli messi da parte da Jeff e incredibilmente tutto filò liscio. Certo, sistemarlo fu un po' faticoso ma anche divertente perché ci avevano pensato insieme. Lo chiamarono 'Wondercafè' in ricordo di quella che una volta Jeff chiamava casa e in riferimento a tutte le cose meravigliose che gli erano capitate nel mondo nuovo. Jeff decise di non vendere drink alcolici, non li aveva mai saputi fare in fin dei conti, ma solo tè, caffè e bibite simili. Era uno dei pochi punti in comune con il suo luogo di provenienza e lui adorava il tè.
Una bella mattina, proprio dopo la fine di un acquazzone, Jeff scese a prendere la posta e con sua grande sorpresa trovò una lettera da una casa discografica. Il suo cuore prese a battere forte; qualcuno aveva risposto, ci erano voluti tre mesi ma era successo! Corse di sopra stringendo la lettera in mano, impaziente di farla vedere alla moglie ma quando aprì la porta tutto il suo entusiasmo svanì. Iris era stesa per terra incosciente. Lasciò cadere la busta e si buttò a terra per farla rinvenire. La portò all'ospedale e una serie di esami evidenziarono un'agghiacciante verità: Iris era malata. Il nome della malattia era impronunciabile per Jeff ma anche in caso contrario non sarebbe stato facile per lui accettarne l'esistenza. Era grave, molto grave e servivano dei trattamenti fin da subito per arrestare la malattia. Iris era spaventata e Jeff, dentro di sé, forse di più. Si rese conto che con i guadagni del bar non sarebbe mai stato in grado di pagare le cure e nel frattempo i genitori di Iris chiamavano di continuo chiedendo disperati che ritornasse a casa, dove avrebbero pensato a tutto loro. Lei però non voleva, si era fatta testarda perché sapeva che in ogni caso non avrebbero mai accolto Jeff come uno di famiglia e che avrebbero tentato di allontanarlo. Jeff iniziava a sentirsi inadeguato. La convinzione che i suoceri avessero ragione si era insinuata nella sua mente sempre di più. Stando con lui, Iris stava perdendo tempo prezioso mentre in Irlanda i suoi genitori avrebbero pagato i trattamenti, non importava il costo. Diventò freddo. La accompagnava dal medico, faceva tutto ciò che ci si aspettava da lui ma non era più la persona di prima. Stava cercando di allontanarla. Una sera il problema culminò in una lite furibonda durante la quale volarono parole pesanti e Jeff finì col mettere in mano a Iris un biglietto di sola andata per l'Irlanda. Le disse che non sarebbe mai stato in grado di vivere con sé stesso se le avesse precluso la possibilità di guarire. Iris pianse tutte le sue lacrime ma realizzò che il marito era irremovibile. Prese il biglietto aereo tra le mani tremanti e guardando Jeff negli occhi gli rivolse le ultime parole prima di andarsene: “Non è finita finché non è finita”
 
   
 
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