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Autore: coldcoffee    10/05/2014    5 recensioni
– Tratto dalla storia –
«Harry!» esclamai mentre salivo in macchina. «Piantala, per piacere. Niall si è beccato un fottuto proiettile per me. Forse sarei morta, capisci? So che non ti piace molto, ma mi ha salvato la vita. Ed è sempre stato gentile con la sottoscritta, anche al liceo. Quindi lo voglio nella mia vita. Non pretendo che ti vada a genio, ma dovete smetterla di litigare per me! Anche perché non so nemmeno chi cazzo sono, tra un po'. Questa storia della memoria è frustrante. Vorrei tanto capirci qualcosa, porca troia. E, tanto per la cronaca, anche lui avrà la sua occasione.»
«Nemmeno per me è piacevole. Lo sai quanto ci sto male? Il colpo che mi hai fatto prendere quando ho trovato la tua fottuta lettera, eh? Ero distrutto! Te ne sei andata così come sei entrata nella mia vita, per caso. Poi sono venuto in quel quartiere schifoso, sono stato scortato dalla polizia, ho preso a pugni tuo padre per cosa? Niente. Non ricordi niente. Come cazzo faccio io? Dimmelo, perché non ci arrivo. Cathe, io ti amo.»
Non gli diedi il tempo di dire altro.
Scesi dall'auto subito e corsi via.
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Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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*CATHE'S POV*

Aprii gli occhi: la sveglia segnava le 5:32 e io non avevo dormito per niente.
Mi sentivo in colpa... e molto male. Ovviamente i dolori premestruali dovevano arrivare sempre nel momento meno adatto, giusto? Ah, fisico del cazzo.
Comunque, mi trascinai giù dal letto e rimasi seduta in terra con gli occhi fissi sulla parete, persi nel nulla. Tutto ciò finché non sentii vibrare l'iPhone a causa di una notifica del sistema e vidi che avevo un messaggio nella segreteria.

Lo ascoltai. Era Harry.
Sbuffai e lanciai il telefono sul letto. Che diavolo voleva ancora da me? Non ci stavamo entrambi troppo male? Non era meglio lasciar perdere?
Sbuffai di nuovo e ripresi il cellulare.
Decisi di rispondergli via sms.

“Sono abbastanza incazzata, sai? Pare che non riusciamo a stare insieme senza farci del male a vicenda. Non sarebbe meglio ignorarci e basta? No, eh? Evidentemente è impossibile. Ma non ho intenzione di tirare avanti ancora questa storia. 
Cos'è che devo vedere? Se vuoi puoi venire da me verso le 3, ok? Così ne parliamo. Per l'ennesima volta.”

Inviai e mi sentii svenire. Ero una stronza mostruosa. Quel ragazzo non aveva fatto altro che stare dietro a me per tutto il tempo. Faceva tutto ciò che poteva per aiutarmi e mi amava. Me l'aveva detto chiaro e tondo. Soffriva anche più di me ed io ero solo in grado di dirgli cattiverie. Ero irrecuperabile.

“Mi... spiace. È che sono in conflitto con me stessa. È probabile che una parte di me ti odi e che una ti ami. Non so ancora quale scegliere. A dopo.”

Oh, sempre peggio. Lo illudevo e basta, o illudevo me stessa? Che ansia.
Mi alzai e mi vestii. Fuori c'era un tempaccio, nonostante la bella stagione, quindi misi una paio di jeans e una felpa. Non molto originale, ma efficace.
Dopo avere sprecato vario tempo in cose inutili, tipo riordinare la futura stanza di Drew (già in ordine) e fare zapping tra i canali sul divano, vidi che era un'ora decente e decisi di andare da Niall a riportargli la felpa pulita e anche a fare un saluto alla mia amica. Poi mi sentivo sola e con un buco nel petto.

* * *

L'ospedale puzzava di varichina e plastica igienizzata, come al solito. Solo che mi veniva voglia di vomitare e la sola vista di una brioche mi avrebbe dato il colpo di grazia. Cercai di pensare ad altro. Pareti verdoline ovunque, dottori dai camici bianchi dappertutto, macchinette per il caffè e malati. Non è che ci fosse molta scelta.

Ma i miei pensieri furono interrotti da una voce familiare.

«Catherine! Sei venuta a trovarmi?» Sentii dire allegramente da Niall, mentre mi salutava.

«Eh sì. Ho pensato di... riportarti la tua tuta lavata. E, certo, di venire a sentire come stavi.» Risposi, porgendogli il sacchetto con l'indumento.

«Grazie, è gentile da parte tua. Vuoi fare un giro? Cioè, in camera mia c'è quella tizia che rompe le scatole.»

«Beh, perché no? Avrei proposto di uscire, ma sta diluviando e non mi sembra una buona idea, sinceramente, quindi non so, saliamo di qualche piano e vediamo dove andiamo a finire.»

* * *


«...e così sei scappata dalla macchina senza dirgli niente? Oh, non ti nascondo che ne sono un po' contento.» Concluse, ridacchiando.


Abbassai la testa, pensando che forse Harry aveva ragione. Niall era davvero simpatico, un buon amico, un ragazzo d'oro, ma non sentivo niente nei suoi confronti.
E poi avevo rispettato la promessa: mi ero fatta raccontare la versione della storia da entrambi. Almeno non avevo rimorsi di quel tipo.

«Mmh. Mi sento male se ci ripenso. Sono troppo impulsiva. Non se lo meritava.»

«Il mio punto di vista non è questo. Secondo me deve lasciarti i tuoi spazi e smetterla di starti appiccicato come un mollusco su uno scoglio.»

«Niall... ora è meglio che vada da Drew. Scusami. Verrò a trovarti lunedì, magari, eh? Comunque hai detto che mercoledì te ne torni a casa, quindi mi auguro che ci sentiremo fuori da questo postaccio, no?»

«Lo spero anch'io. Alla prossima, allora.» Disse, facendomi un cenno con la mano mentre mi allontanavo.

Ripresi l'ascensore e scesi fino al piano dove era ricoverata la mia amica, che se ne stava distesa sul letto con le cuffie nelle orecchie.
La scossi lievemente per un braccio e lei si girò sorridente verso di me.
Sembrava stare davvero molto meglio.

«Drew, hai davvero una bella cera. Stai molto meglio, vero? Le medicine funzionano?»

«Sì, ora sto quasi benissimo. Non vedo l'ora di andarmene da qui, sai? Voglio riniziare da capo una vita più bella. E anche se non potrei, muoio dalla voglia di venire a quella festa per ricordarmi come ci si diverte. Qua è una noia mortale, ma dimmi di te. Qualche novità con quei due?» Domandò curiosa.

«A dire la verità ho capito che Niall è solo un buon amico, questo non potrà mai cambiare. Adesso sono certa che non è lui la persona adatta a me in quel senso...»

«Ma è fantastico. Allora è Harry sicuro. Dai retta a me.» Concluse lei per me.


*HARRY'S POV*
 

Quella mattina mi svegliai con un mal di testa allucinante e la gola secca.

Probabilmente erano le undici e mezzo passate, ma non riuscivo ad alzarmi.

Colpa della sbronza, ovviamente. Mi sentivo anche peggio dato che l'effetto dell'alcool era finito e tutti i miei problemi erano tornati a galla.
Tanto ormai l'avevo capito: non mi sarei dato pace finché non fossimo tornati insieme, anche se avessi dovuto rifare tutto da capo, dal primo bacio in poi. Io volevo lei, punto.
Mi feci una doccia, mi lavai i denti per togliermi il sapore schifoso di drink mischiati e poi scoprii che il mio telefono era completamente morto. Grande, così non avrei neanche potuto vedere se lei mi aveva risposto. Ma quanto potevo essere idiota?
Scossi il capo, con disappunto. Cosa avrei dovuto fare? Aspettare o presentarmi davanti a casa sua e senza farla parlare “sbatterla al muro e baciarla” come aveva detto Zayn? Beh, morivo dalla voglia di farlo. Ma se poi lei mi avesse mandato a fanculo? O tirato uno schiaffo? O detto che non mi avrebbe mai più voluto vedere?
Ah, che roba. Mi stavo davvero rincretinendo dentro.

Presi un bicchieri di latte mi buttai sul divano in mutande, noncurante del freddo.
Non me ne importava un accidente. Accesi il computer e girovagai un po' sul web, guardando le notifiche qua e là. Risposi ad un paio di mail dove confermavo che sarei tornato a lavoro regolarmente il lunedì successivo, ovvero fra tre giorni.
Incredibile, era già giovedì. Il tempo mi passava velocissimo e avevo la percezione alterata. Infatti, l'orologio segnava già l'una e mezzo.

Scaldai della roba surgelata che avevo nel frigo e mi appuntai mentalmente di andare a fare la spesa, perchè non c'era rimasto quasi più niente in cucina.

Mangiai quello che avrebbe dovuto essere pesce, credo, e un pomodoro non del tutto maturo. Un pranzo schifoso, ma che potevo farci? Ero depresso.
Sparecchiai e infilai tutto a casaccio dentro al lavabo. Erano finite pure le pasticche per la lavastoviglie.
Così, verso le due e un quarto, notai che il telefono era di nuovo al 100% e vidi i messaggi. Inutile dire che sorrisi solo leggendo il suo nome sul display.

Una parte di me ti odia e una ti ama, aveva detto. Io puntavo sulla seconda.
 

Ovviamente mi resi presentabile e nel giro di mezz'ora ero già davanti a casa sua, con un mazzo di fiori in mano, la lettera in tasca e il cuore a mille.

Ingoiai la paura e suonai il campanello. Insomma, ero pur sempre Harry Styles.

«Oh, Harry, eccoti. Entra pure.» Mi disse, con un leggero sorriso sulle labbra.


«Wow, hai dato una bella sistemata. Adesso è ancora più carino di prima.» Sentenziai, complimentandomi. «Forse dovresti darmi una mano a riordinare anche casa mia.»

Ridemmo entrambi.

«Dio, sono per me? Che belli, grazie. Lo apprezzo molto, è sempre un tocco di classe.» Aggiunse poi lei, notando i fiori.

«Prego, non c'è di che. Modestamente con queste cose ci so fare.»

Mi riservò un'occhiataccia e poi li prese, adagiandoli lentamente dentro ad una brocca azzurrina riempita con un po' d'acqua. Assurdo che fosse tremendamente bella anche mentre faceva una così semplice azione. Era adorabile.
Ci sedemmo entrambi sul divano e le porsi la sua lettera, con la speranza che le tornasse in mente qualcosa.

* * *

«Wow. Davvero. Wow. Ora ricordo. Il momento in cui me ne sono andata, ce l'ho presente. Merda, ora mi torna in mente anche che strazio è stato.»

Feci un lungo respiro.
«Sono così contento di sentirtelo dire. Vedi che non mi sono inventato tutto? Che in effetti non sono uno stronzo totale? Che la cosa era reciproca?»

Abbassò lo sguardo e si morsicò il labbro superiore.
«Lo so, adesso.»

Io deglutii a fatica e trasalii quando udii un tuono terribilmente vicino a noi.
«E quindi? Che cazzo facciamo? Che cazzo vuoi fare?» Dissi infine.

Lei si sistemò una ciocca di capelli dietro all'orecchio sinistro e strinse con forza il foglio che aveva in mano.
«La verità? Non ne ho idea. Perché sento come se la cosa fosse sforzata e non naturale. Non capisco come mai. È come se lo volessimo ma non fosse spontaneo. E questa cosa non mi piace per nulla.»

«Oh, per piacere. Hai detto una grandissima cazzata. Le cose accadono perchè noi vogliamo che accadano. Non certo per uno strano scherzo del destino. E non sto parlando di come una persona entra all'improvviso nella tua vita e la sconvolge, no, no. Parlo di quello che ci sembra giusto e sbagliato e di quello che abbiamo bisogno. In alcuni casi bisogna mettere da parte il cervello perché Catherine, porca troia, l'amore è irrazionale, capisci?

Non è normale che in una settimana ci siamo conosciuti, baciati, fidanzati, abbiamo fatto sesso e poi hai perso la memoria. Non è normale, ripeto. Ma non l'abbiamo scelto, è successo. Ed è successo perchè noi lo volevamo, almeno la prima parte. Quindi vaffanculo, ho capito. Non mi vuoi. È finita, giusto? Tutto è andato a farsi fottere? Tutto? Noi?»

Scossi violentemente il capo. Poi la guardai dritta negli occhi, cercando di trasmetterle tutto ciò che provavo in quello sguardo. Rabbia. Dolore. Amore. Passione. Tristezza. Amarezza. Consapevolezza. Malinconia.
Avevo capito tutto, ormai. Non c'era niente da fare. Quel coglione di suo padre me l'aveva portata via. Ero a pezzi. Lei non mi voleva.

«Hai ragione, sai? È meglio che non ci vediamo più, così smettiamo di farci del male a vicenda, eh? La lettera tienitela pure. Tanto non significa nulla, giusto?
Non siamo spontanei, quindi a che serve passare del tempo insieme? Non serve a niente. Proprio a niente. È finita. Me ne vado, per sempre. Puoi andare da Niall, tanto ha vinto lui, giusto?» Conclusi infine, con tutto lo strazio che avevo dentro.

Un tuono, due, tre. Un fulmine. La pioggia cadeva giù ancora più fitta.

Sentii perfino il rumore del mio cuore che si frantumava davanti al suo silenzio.

Avevo capito che non c'era più niente da fare. Forse mi ero rovinato da solo, pensai. Forse avevo detto troppo. Forse troppo poco.


*CATHE'S POV*

 

Volevo piangere, urlare a squarciagola, prendermi a schiaffi, fare qualsiasi cosa. Ma non ci riuscivo. Ero come bloccata, congelata dentro me stessa.

Stava finendo prima di iniziare ed io mi sentivo talmente male dentro che pensavo di morire di crepacuore. Ma non riuscivo a parlare.
Tutto quello che aveva detto su di me era sbagliato. Io lo volevo. Eccome se lo volevo.
Lo volevo così tanto da stare male, così tanto che non me ne ero resa conto finché non ero stata sul punto di perderlo per sempre.
Dio, l'occhiata che mi aveva rifilato. Cosa non mi aveva detto con gli occhi.
Era come se mi stesse implorando di contraddirlo, come se stentasse a credere che sarebbe finita così.
Ma io non riuscivo a fare proprio niente. Era stato così convincente che mi aveva convinta. Che gioco di parole stupido. Comunque, perché farlo soffrire ancora? Era meglio lasciarlo andare, no? Non lo meritavo affatto.

Lo stavo osservando mettersi le scarpe e il giubbotto, come se tutto fosse un incubo, un brutto sogno a rallentatore che sarebbe finito con un pizzicotto.
Ma non era così. Ero sveglissima. Un secondo dopo lo vidi sulla soglia di casa mia e mi alzai, andandogli incontro.
Mi strinse a se, per quella che avrebbe dovuto essere l'ultima volta.
Il suo profumo mi entrò dentro la pelle. Quell'abbraccio mi fece sballare del tutto.


«Ehi, non dici niente? Me ne sto andando. Potresti farmi sentire la tua bella voce un'ultima volta?» Disse poi, con la voce un po' tremante.

«Io... cioè, io... non riesco a dire niente. Mi dispiace. Non ti merito. Non... beh, tu... starai meglio senza di me. Sì, sono sicura. Vedrai. Tu... stammi bene. Abbi cura di te e... grazie.»

«Anche tu. Stai alla larga dai parchi.»

Non aggiunse nient'altro. Si passò una mano tra i ricci, mi guardò come per dire “addio” e richiuse la porta dietro di se.

Fu come ricevere cento sberle nel viso. Mi accasciai in terra, in preda al dolore.
Le lacrime venivano giù senza tregua e i singhiozzi erano attuti solo dal temporale.

Ma nel mentre ripensavo ai suoi occhi, capii che ero una grandissima cogliona e fu li che decisi di mandare tutto a puttane sul serio.
Mi alzai e aprii la porta. Lo vidi che stava salendo in macchina in quel momento perché i posteggi erano pieni e aveva dovuto parcheggiare un po' più in là di casa mia.

Realizzai che non poteva finire così. Non potevamo stare lontani. Era il destino, cazzo.

Era tutta una grande prova. Ora avevo capito e quindi urlai a squarciagola il suo nome. Ma non mi sentì.

Allora lasciai la porta aperta e corsi fino al suo Range Rover, che stava appena partendo, urlandogli di fermarsi e il suo nome, come un disco rotto sparato al massimo volume. Ma c'erano i tuoni.

«HARRY! CAZZO, HARRY, FERMATI! FERMATI, ACCOSTA! HARRY!» Urlai di nuovo.

Mi vide sbracciarmi con la coda dell'occhio, per grazia divina, e parcheggiò malamente la macchina nel primo posto libero. Io ero ormai fradicia e infreddolita.

Siccome era tutto troppo assurdo, scoppiai a ridere, probabilmente dalla frustrazione.

Pensavo di svenire quando lo vidi scendere senza ombrello e chiudere l'auto in una frazione di secondo, per poi avanzare verso di me.

«COSA CAZZO STAI FACENDO QUA FUORI? TORNA DENTRO SUB...» Cercò di urlarmi, ma non gli diedi il tempo di finire la frase.

Corsi verso di lui e gli saltai letteralmente in braccio. Mi prese come se non aspettasse nient'altro e lo baciai. Mi tornò in mente ogni nostro bacio, tutto, proprio tutto.
Lo baciai come non avevo mai fatto, con tutto quello che avevo dentro. Lui ricambiò nello stesso modo. Sentivo i tuoni, i clacson, la pioggia che ci pungeva la pelle.

Ma non me fregava un benemerito cazzo. Eravamo lì insieme, di nuovo.

«Harry, io ti amo. Sì, cazzo, TI AMO!» Urlai a tutta Londra le ultime due parole.

«Sono una deficiente cronica. Non m'importa di Niall o degli altri. Mi importa di te.
Non ti merito, lo so, ma non sono riuscita a farti andare via. Non ce l'ho fatta. È stato più forte di me. Io... mi sono sentita morire dentro. Ho capito ogni cosa. Ricordo ogni dettaglio di noi. Il coltello... mio padre, Josh... la sera prima... tutto. Ed è grazie a te. Io non voglio che succeda mai più, intesi? Lo sai, adesso, io ti amo con tutta me stessa. Posso ripeterlo cento volte. Ma ti capirei se volessi andartene.» Lo guardai dritto negli occhi.

«No, dico, sei pazza? Io, andarmene? Neanche per tutto l'oro del mondo. Non sai cosa mi stai facendo. Ho creduto che fosse finita, cazzo, FINITA! Ho anche pensato al suicidio e tu... ora, mi stai facendo rivivere. Mi sei mancata come l'ossigeno.»


 

*****

Nota dell'autrice:
Ehm... non ho il coraggio di ripresentarmi, dopo tipo mesi.
In realtà la colpa è tutta della scuola e poi non ho avuto internet per un bel mesetto.
Sono comunque senza scuse, davvero.
Dovrei anche continuare l'altra storia...
Comunque ultimamente i compiti stanno diminuendo, per cui avrò tempo di scrivere.
Parliamo del capitolo:
Che ve ne pare? Eh? Io lo adoro, è davvero dolce, secondo me.
Non vedevo l'ora di scriverlo! È il mio preferito.
Aggiungo anche che la storia si concluderà a breve, non credo di voler superare,
o almeno non di molto, i 20 capitoli.
Vi ringrazio da morire perchè perdete tempo con la mia fan fiction e 

come sempre vi invito a scrivermi per qualunque cosa!
Ah, c'è una novità: faccio i banner su richiesta, adesso.
Mi dileguo, adesso.
Grazie mille per tutto, Viola xx.

 

 

   
 
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