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Autore: Erika_Potter    11/05/2014    0 recensioni
Tratto dal 1° capitolo:
Il cielo era nero, nero come la paura, nero come la morte; nessuna stella lo illuminava, nemmeno la luna, come se non ci fosse speranza.
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Tratto dal 2° capitolo:
Lo guardò con quegli occhi così verdi, ammalianti, brillanti, seducenti, VIVI.
Erano verdi come la speranza. Quella ragazza rappresentava per lui la speranza, era la luce nel buio. Era entrata nel vuoto della sua mente come un raggio di sole, e l'aveva sconvolta.
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Tratto dal 3° capitolo:
-Ti amo, ti amerò sempre, e per sempre! - gridò.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nel frattempo il bambino lo aveva raggiunto. Non c'era nulla che potesse aiutarlo a ricordare, nulla a parte il bambino e, forse, la telecamera. Si, la telecamera era la sua sola speranza di scoprire qualcosa sul suo passato. Avrebbe dovuto caricarla e... vedere cosa conteneva. Si rivolse al bambino indicandogli la telecamera e il cavo, cercando di fargli capire che aveva bisogno di una presa per caricarla. Il bimbo gli tese la mano ed egli la afferrò; cominciò a camminare, portandolo chissà dove. La strada era deserta e illuminata dalla sola luce dei lampioni e c'era immondizia dappertutto. C'erano cassonetti bruciati, barricate realizzate con sedie, copertoni bruciati, cassonetti e altre suppellettili. Qua e la, sparsi sull'asfalto, cartelloni con scritte frasi di una lingua che non conosceva, probabilmente la stessa che parlava il bambino. Continuavano a camminare; si sentiva molto stupido a seguire un bambino con cui non poteva comunicare e che non sapeva neanche chi fosse, ma non aveva altra scelta. Passarono davanti a un ristorante.

Qualcosa gli illuminò la mente. Un ragazzo e una ragazza... Una cenetta romantica...un bacio...

Continuando a camminare fissando il ristorante chiuso, inciampò in qualcosa, ma riuscì a riprendere l'equilibrio e non cadere.

-Dove mi stai portando?

Era inutile, il bambino non capiva. Continuava a camminare, concentrato nel suo percorso, non sicuro di dove stava andando.

Dopo una decina di minuti di tragitto giunsero ad una scuola. Grazie ai vetri rotti e alle porte scardinate, riuscirono ad entrare. Il bambino accese tutte le luci e lui entrò nel bagno. Era tutto sudicio e nauseante. Si guardò allo specchio. Scoprì com'era la sua faccia. Aveva i capelli scuri e gli occhi chiari. Non aveva un bell'aspetto: la faccia era tutta sporca e piena di ferite sanguinanti o incrostate e mostrava stanchezza, lasciava capire che ne aveva passate di cotte e di crude. La voce del bambino, che da fuori aveva detto qualcosa, lo indusse ad uscire dal bagno. Nei muri del corridoio c'erano centinaia di foto... Il bambino lo prese nuovamente per mano e lo strascinò verso una classe. Era tutto sotto sopra: banchi e sedie ribaltati, colori sparsi sul pavimento, fogli dappertutto. Sulla parete c'erano gli appendini per i giubbotti, uno per ogni bambino, con nome e foto. Mostrò il suo, dove vi era una foto che lo ritraeva e al di sopra scritto il suo nome: "Nikolay ". Ora sapeva come si chiamava il bambino. Era forse suo figlio? Oppure lui era il maestro e il bambino un suo alunno? Poco probabile, altrimenti perchè non parlava la sua lingua?

Distratto dai suoi pensieri, aveva dimenticato di aver ancora in mano la telecamera, e di dover trovare una presa. Si guardò intorno. La presa era vicino la cattedra. Corse ad attaccarvi il cavetto con la telecamera e dopo un'attesa interminabile, questa si accese. Selezionò un video a caso.

La ragazza che aveva visto nella foto stava intervistando un uomo. L'interprete traduceva che l'uomo era stato picchiato dai poliziotti durante una manifestazione in piazza.

Cambiò video. Sempre la stessa ragazza si era appena laureata e parenti e amici le stavano facendo gli auguri. C'era qualcosa, in quella donna, che lui non riusciva a spiegarsi...

Impaziente, prese ancora un altro video.

Non si capiva nulla. C'era una rivolta, uomini che gridavano, bambini che piangevano, spari di pistola... dopo appena 30 secondi il video era già finito.

Ne selezionò ancora un altro: durante la stessa manifestazione, dei poliziotti picchiavano a sangue un uomo e una bambina.

Il video finì e senza avere il tempo di selezionarne un altro, una visione divampò nella sua mente...

Stava correndo più veloce che poteva. Davanti a lui c'era quella ragazza. Si sentivano spari, esplosioni, urla; sentì il petto che gli scoppiava.

-Di qua!- gridò la ragazza.

Era terribilmente stanco, ma continuava a correre con tutte le sue forse, scappando chissà da cosa.

Vide una casa messa sottosopra con le porte buttate giu e vi trascinò dentro la ragazza.

Col fiato affannato e la stanchezza che si faceva sentire, corsero ansiosamente tra le stanze, sbattendo qua e la in fretta e furia.

-Qua sotto! Nascondiamoci qua! Sbrigati!

Si rifugiarono entrambi dietro un tavolo ribaltato, stretti stretti.

-Oddio! - esclamò la ragazza

-Noi ce la faremo, usciremo vivi di qui.

-Me lo prometti?

-Te lo prometto.

Buio totale. Non riuscì a vedere altro. Non capiva nulla. Che cosa voleva dire tutto ciò? E da cosa stavano scappando a gambe levate?

Ritornò alla realtà e, dopo aver preso coscienza, cliccò un altro video.

Anche questo era stato girato durante una manifestazione. Un poliziotto prendeva una donna a schiaffi, calci, la trascinava per i capelli, le dava colpi contro la testa, mentre questa si dimenava, urlava, ma nessuno interveniva. Tutto avvieniva nella più totale indifferenza della gente. Poi una pausa, poi l’assalto ricominciava e la donna cominciò a perdere sangue dal naso e dalla bocca e sembrava passiva, rassegnata.

Poi il poliziotto vide colei che con quella telecamera stava riprendendo e la telecamera cadde, lasciando sentire urla di dolore e spezzoni di immagini di quel poliziotto che picchiava la ragazza... Sentì qualcosa lacerarsi dentro di se a quella scena agghiacciante.

Il rivedere nuovamente il volto sempre della solita ragazza accese un'altra lucetta nella sua mente... era su una spiaggia. La sabbia brillava alla calda luce del sole. Fissava quella ragazza, più giovane di almeno 10 anni. Voleva andare da lei, ma non ne aveva il coraggio. Le si avvicino.

-Ciao... io sono Andrea!

-Piacere, Vittoria.

Lo guardò con quegli occhi così verdi, ammalianti, brillanti, seducenti, vivi.

Erano verdi come la speranza. Quella ragazza rappresentava per lui la speranza, era la luce nel buio. Era entrata nel vuoto della sua mente come un raggio di sole, e l'aveva sconvolta.

Entrambi si sorrisero, e poi vide di nuovo il buio.

La sua mente era come una porta. Quando questa si apriva cominciava a ricordare qualcosa, ma all'improvviso questa si chiudeva e il vuoto tornava ad inondare la sua mente, sforzandosi, scavando nella memoria, ma non riuscendo a vedere più nulla che il vuoto..

Doveva assolutamente scoprire chi fosse la ragazza che si chiamava Vittoria...

  
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