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Autore: _mandragola_    11/05/2014    1 recensioni
Una donna misteriosa presente un orribile caso di omicidio alla giovane Demethra Schubert, agente novella della sezione di Unità di Analisi Comportamentale dell'FBI. Giovani donne uccise e messe in posa per dare un chiaro messaggio agli agenti e, come se non bastasse, scritto con il sangue sul muro c'è la sezione esatta dove la squadra di Demethra lavora. Gli omicidi continuano, la caccia all'uomo diventa sempre più frenetica e il bisogno di catturare l'assassino sempre più urgente: la violenza crescente dimostra che sta degenerando ad un ritmo incontrollato...
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Leonard Dixon aveva cinquantaquattro anni. Era un uomo autoritario, sempre con la fronte corrucciata e avvolto in quella giacca grigio smog con cui veniva sempre a lavoro, in contrasto con la cravatta bordò che era solito indossare. L'unica cosa che amava cambiare erano proprio le cravatte, tutti nella sua squadra avrebbero scommesso che ne avesse un armadio pieno, accanto alle decine di camicie e giacche tutte, maledettamente, identiche. I capelli neri iniziavano a colorarsi di striature bianche ma nessuno glielo faceva notare. Gli occhi marroni erano così scuri da sembrare neri ed era un campione nel far guardare a quegli stessi occhi enigmatici con minaccia un sospettato o con dolcezza paterna un membro della squadra. Demethra lo considerava quasi come un'autorità paterna, anche se odiava i suoi occhi scuri che non facevano scorgere le pupille e la sua impassibilità e completa dissociazione dai movimenti involontari. Lo rimproverava amichevolmente di essere una statua e lui di essere troppo legata ai suoi studi, consigliandole anche di non cercare di analizzare ogni persona che incontrava. Era un po' come un vecchio saggio, un mentore.
Con non pochi dubbi aveva passato da cercapersone a cercapersone il messaggio di una nuova riunione d'urgenza sotto stretto consiglio dell'agente Schubert -più che consiglio era un'insistente supplica- e ora era seduto con le mani posizionate una sull'altra a guardare la tedesca in piedi dall'altra parte del tavolo.
La sua squadra, oltre che da lui, Bennett, Schubert e Young, era composta da altri due elementi, senza contare Annika che preferiva lavorare al computer e scavare nel passato di tutte le persone che incontravano. Alexandra Palmer portava un decennio in meno di Dixon. Era una bella donna, intelligente e sveglia, preferiva tenere i capelli biondo cenere legati in una coda o in uno chignon quando erano sul campo, senza temere di mostrare i capelli bianchi che spuntavano. Ripeteva alla squadra, nonché ai suoi amici più cari, di non doversi preoccupare del passare degli anni. “Sono solo segni positivi, con il lavoro che facciamo i capelli bianchi sono una benedizione.”. Voleva particolarmente bene ad Annika, che considerava alla stregua di una figlia, ma tutti facevano battutine sul fatto che i suoi occhi grigi brillavano solo per l'agente Young.
L'altra era Penelope Thompson, detta da tutti amichevolmente Penny. Era poco più grande di Demethra ed era tremendamente impulsiva. Portava capelli neri a caschetto e aveva le orecchie percose da piercing e qualche tatuaggio sparso qui e là per il corpo. Era considerata un elemento importante per la squadra, anche se non sempre faceva osservazioni brillanti. Preferiva fare da partner a Richard. Qualcuno nell'ufficio sussurrava che i due erano amanti e forse non avevano tutti i torti.
Tutti quanti avevano compiti ben precisi, premesso comunque che tutti dovevano occuparsi a stilare il profilo dell'assassino seriale che stavano cercando. Bennett si occupava degli interrogatori, a cui assisteva oppure conduceva lui stesso. Leonard Dixon, invece, badava ai suoi “ragazzi”, stabiliva dopo un'attenta analisi di che cosa la squadra doveva occuparsi e teneva a bada la stampa. Richard e Penny si occupavano principalmente del lavoro “sporco” della prima linea: erano quasi sempre loro ad arrestare i criminali. Demethra dava una mano a Bennet e intanto abbozzava il profilo del criminale, cercando di immedesimarsi in lui. Alexandra si occupava della vittimologia e si prendeva il grave incarico di parlare con la famiglia delle vittime. Tutti quanti erano comunque armoniosi nello svolgere compiti così diversi tra loro e ciò li rendeva una delle squadre più affidabili dell'intera sezione dell'FBI.

Demethra fece passare le foto a tutti i membri della squadra. Qualcuno scuoteva la testa, altri le analizzavano incuriositi, mentre ascoltavano le parole della ragazza che leggeva i foglietti che c'erano nelle cartellette. Erano fogli firmati dalla polizia locale dov'erano stati compiuti i crimini. «Abbiamo tre vittime, stesso modus operandi: la prima è stata uccisa a Cambridge, la seconda a Marsiglia e la terza... oh, la terza è stata uccisa negli Stati Uniti, a Boston. Sono tutte e tre studentesse di ventidue anni. La prima si chiama Marylyn Hoffmann, caucasica, bionda, di famiglia benestante. La seconda è Katherine Rosseau, caucasica anche lei, nera. Essendo la figlia della donna che è venuta a chiedermi di occuparci del caso deduco provenga da una famiglia che un tempo era stata agiata e ora non lo è più. La terza, invece, si chiama Helena Ramirez, afroamericana, nera anche lei. Era figlia di un operaio e di una casalinga, per mantenersi faceva occasionali lavoretti nei bar. Alcuni hanno ragione di credere che si prostituiva.»
«Vittime molto diverse tra loro. Normalmente si penserebbe ad un serial killer disorganizzato che uccide d'impulso, ma la scena del crimine fa intendere il contrario.», osservò Alexandra.
Matthew appoggiò la foto del particolare del corpo della terza ragazza a terra e la passò a Richard: «Esattamente. La scena è organizzata nei minimi dettagli. Il ventre sembra essere squarciato con estrema violenza, ma andrebbe esaminato il cadavere.»
Demethra annuì, sedendosi. L'agente Dixon fece scivolare per la scrivania la foto di Katherine all'agente Schubert. «Perché dici che lei proviene da una famiglia non più agiata?»
«Ho avuto modo di osservare bene sua madre. Aveva l'aspetto di chi cercava di mantenere una reputazione alta della propria persona, indossando abiti apparentemente costosi e portando borse apparentemente di marca. L'abito era rovinato, segno che aveva qualche anno, la borsa che portava era palesemente un falso, perché nessuna donna poggerebbe una borsa di marca a terra, come il suo orologio e i diamanti che aveva alle orecchie. E' comunque una famiglia, o una donna, che ha una certa rilevanza nella cittadina dove vive: si è procurata foto e referti dalla polizia locale e dubito vivamente li abbia rubati. E poi, quando mi ha dato il suo recapito telefonico, era scritto con una penna su un cartoncino. Niente di elegante, forse era suo marito quello ricco e lei ancora non si era abituata a tenere un certo comportamento.»
Tutti si complimentarono per l'ottimo acume della ragazza e lei gongolò in silenzio. Bennett le sorrise, poi riguardò gli altri membri della squadra: «E' un omicida itinerante. Cambridge, Marsiglia, Boston... luoghi anche abbastanza lontani. Probabilmente è benestante.»
Penny sembrava abbastanza stupita. «Il livello di sadismo è incredibile.»
«Non c'è nemmeno un nesso logico tra le vittime. Se il modus operandi non fosse uguale non le avremmo nemmeno considerate vittime di un assassino seriale. Osservate le scene: tutte con le braccia e le gambe aperte, con le labbra rosse, gli organi messi in fila ai loro lati e l'intestino che forma il cerchio dove sono circoscritte. Sembra quasi...»
«... l'Uomo di Vitruvio.», concluse per lui Demethra. Matthew le fece segno che aveva indovinato. Alexandra riprese la foto e la guardò meglio, scuotendo la testa a mo' di “Perché non ci ho pensato prima?”
«Dobbiamo avere questo caso.»
Tutti annuirono alle parole di Demethra. Dixon sciolse la riunione e tornarono alle proprie occupazioni.

   
 
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