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Autore: nephylim88    11/05/2014    2 recensioni
La protagonista di questa storia non ha un nome. E' una donna come tante, con una vita come tante. Ha pochi affetti: la sua famiglia e il suo amatissimo cane. Peccato che una cosa semplice come una passeggiata sta per cambiare tutto...
Genere: Horror, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando sono andata a vivere in Inghilterra avevo 29 anni. Mi ci ero trasferita per lavoro, la mia azienda aveva bisogno di qualcuno che aiutasse a gestire la loro filiale a Chester. In realtà, nessuno voleva trasferirsi, ai piani alti. Così hanno preso la prima persona a caso che non avesse famiglia da mantenere. E sono capitata io.

Non che mi lamenti, non troppo, almeno. Ormai sono due anni che vivo qui, e, a parte i miei genitori e mio fratello, ho praticamente reciso ogni rapporto con l'Italia. Non fraintendetemi, amo il Bel Paese, nonostante ora sia maltrattato e deriso. Non sono una di quei fissati con “si vive meglio all'estero, l'Italia è una m...a”.

Cioè, sì, è vero, io vivo molto meglio qui. Dopotutto, questo trasferimento includeva anche una promozione e un aumento di stipendio. E, cascasse il mondo, qui il venerdì si finisce di lavorare alle 17, e fino alle 8 del lunedì mattina seguente ti sogni di rientrare in ufficio, questo almeno se non lavori nel settore turistico e della ristorazione. E io non lavoro in quella sezione.

Se per lo stesso trattamento potessi lavorare in Italia, beh, forse lo farei volentieri. Adoro il sole dell'Italia, i suoi monumenti, la lingua italiana...

Solo che questo trasferimento ha messo in luce le persone che veramente tengono a me. È stato triste vedere che solo i miei familiari hanno preso l'aereo per venirmi a trovare. Fosse stato per problemi di soldi, avrei anche potuto capire, ma i miei amici spesso disdicevano il viaggio una settimana prima di partire adducendo le scuse più idiote. Così, alla fine, li ho mandati a quel paese. E la mia voglia di tornare a casa è venuta sempre meno.

E poi, non posso dire di trovarmi così male, qui, anzi!

Chester è deliziosa, un piccolo gioiellino sul confine tra l'Inghilterra e il Galles. E non molto lontano da quella terra misteriosa che è la Scozia.

Ed è lì che si ambienta il mio racconto.

Come già detto, guadagno piuttosto bene, tanto da potermi permettere di vivere da sola in uno di quei deliziosi cottage inglesi. Ma la solitudine mi pesava non poco, appena arrivata. Così, poco dopo il mio trasferimento, ho deciso di adottare un cane. In realtà avrei voluto comprarne uno. Vado matta per i terranova, e avrei tanto voluto prendermene uno, ma fare un acquisto così folle quando ancora dovevo ambientarmi non era il caso. Il cottage non era del tutto arredato, senza contare che qualche sistemata andava data, visto che si trattava di un edificio piuttosto vecchio. Così ho optato per una soluzione più etica ed economica: sono andata in un canile. Ed è stato lì che ho conosciuto Sansone.

Era un enorme alano dal pelo fulvo. All'inizio non mi convinceva molto: gli alani non mi piacciono, e lui stava in un angolino, mogio mogio. I proprietari del canile dicevano che era stato abbandonato un anno prima, nessuno lo voleva, perché non era più un cucciolo, anche se aveva a malapena un anno, ed era sempre molto triste.

C'erano molti cani più allegri di lui, e anche più bellini, in quel posto. Li accarezzai tutti, cercando di capire quale volevo. Ma nessuno mi ispirava particolarmente. Mi avvicinai a Sansone, più per senso di giustizia che per reale interesse. Avevo accarezzato tutti, perché non farlo anche con lui? Accadde quello che tutti, vale a dire io e i proprietari del canile, interpretammo come un segno del destino: il cane si rianimò e mi saltò addosso, leccandomi la faccia. Ci volle del bello e del buono per calmarlo. Ma il tempo che impiegammo fu sufficiente a farmi innamorare di quell'adorabile cucciolone, che venne a casa con me. Non ricordo esattamente il suo nome, in verità. Glielo cambiai quel giorno stesso, cadendo nel banale, lo ammetto. Un alano rossiccio e giocherellone di nome Sansone. Come quello dei fumetti. Ma tant'è!

Con Sansone passavo tanto tempo, dopo il lavoro. Facevamo un sacco di passeggiate e di gite. E quando tornavo in Italia, lo portavo sempre con me, anche se questo mi costava parecchi soldi in più di biglietto aereo. Ma non c'erano biglietti aerei, viaggi e quant'altro che potessero impedirmi di stare con il mio cagnone. Io, che ero tanto schizzinosa, arrivavo anche a farlo dormire nel mio letto.

Ma arriviamo al mio racconto.

Era una giornata di aprile piuttosto uggiosa. Non pioveva, ma il cielo era completamente coperto da una coltre di nubi grigio chiaro.

Non era nelle mie abitudini trascorrere il weekend a casa. Per quanto artisticamente povera, in confronto all'Italia, l'Inghilterra ha comunque un suo fascino. E quasi ogni settimana sceglievo un posto a caso e lo andavo a visitare. Avevo visitato Oxford, Londra, Cambridge, Nottingham, Stratford-upon-Avon. E poi il nord del Galles, Salisbury, facendo una capatina a Stonehenge. E la Scozia. Avevo visto Glasgow, Il lago di Ness, Edimburgo.

Quella volta, non mancai al mio consueto appuntamento.

Avevo deciso di trascorrere il weekend in un villaggio scozzese e, manco a dirlo, mi ero portata dietro Sansone. Fu un'idea di cui mi pentirò per il resto della mia vita.

Stephanie, una delle mie colleghe, mi aveva parlato di posti in cui circolavano fantasmi e quant'altro, e mi aveva sempre sconsigliato di portarmi dietro il mio cane. “I cani sentono i fantasmi. E non sempre è un bene”, mi aveva detto. Io la liquidavo con una risatina scettina. E ora vorrei averla ascoltata. Avrei dovuto farlo.


Quella mattina uscii dal bed and breakfast, con Sansone al guinzaglio.

Feci una passeggiata per il villaggio, Sansone era tranquillo al mio fianco. Nel giro di un'oretta, ci ritrovammo fuori dal villaggio. C'era un boschetto lì vicino, con un piccolo sentiero sterrato. Sono sempre stata molto curiosa, così lo presi, per vedere dove portava. Camminammo per un pochino. All'improvviso ci trovammo davanti ad un bivio: un cartello indicava verso sinistra “Overtoun Bridge”. L'altro indicava verso destra, ma era molto rovinato e non riuscii a leggere cosa c'era scritto. Così andai verso sinistra. E Sansone cominciò a comportarsi in modo strano. All'improvviso dovetti tironarlo, perché continuasse a camminare. Aveva la coda tra le zampe, e più si andava avanti, più lui pareva impaurito. Ma io ero troppo curiosa di vedere quel ponte. Così diedi uno strattone al guinzaglio gridando “Sansone! Non fare lo stupido! Muoviti!”. Sansone ricominciò a seguirmi, anche se sembrava sempre più terrorizzato. Stranamente, invece di dargli retta, mi resi conto che il suo terrore mi stava rendendo sempre più decisa a soddisfare la mia curiosità. Volevo capire cosa lo faceva comportare così. Io e la mia maledetta testardaggine!

Alla fine arrivammo. Il ponte era un'imponente struttura in pietra. Sembrava molto antico. Dall'altra parte stava una specie di castelletto, molto carino e suggestivo.

Ma non ebbi modo di ammirare quel piccolo angolo di mondo, perché cominciai a sentirmi strana. La testa mi girava, e, anche se nei dintorni non c'era nessuno, mi sentivo osservata. L'aria si faceva sempre più pesante, e la temperatura parve calare. Ero sempre più convinta che ci fosse qualcuno che mi guardava, mi osservava, e non con intenzioni propriamente amichevoli. E se avessi allungato il collo, avrei visto quel qualcuno sul ponte. A coronare quell'atmosfera tetra, cominciò anche a piovigginare. Sansone tremava, accanto a me. Gli carezzai la testa, sperando di tranquillizzarlo. La mia carezza non sortì alcun effetto, anzi, il mio cucciolotto cominciò anche a guaire. Una parte di me sosteneva che era meglio tornare indietro. L'altra, invece, voleva guardare giù dal ponte. Dopo una breve lotta interiore, vinse la me curiosa. Così guardai Sansone, diedi una lieve tiratina al guinzaglio e insieme ci avviammo verso il ponte. La situazione precipitò.

Sansone cominciò a strattonare il guinzaglio in maniera molto violenta. Feci molta fatica a trattenerlo e alla fine riuscì a liberarsi, uggiolando e lamentandosi. Cercai di afferrarlo, ma non ci riuscii. All'improvviso scattò verso il parapetto del ponte e, con mio sommo orrore, lo scavalcò e si buttò di sotto.

SANSONE!” urlai, terrificata. Corsi verso il parapetto, e guardai giù, in tempo per vedere il mio adorato cane schiantarsi al suolo 50 metri più in basso. Non si mosse più.


Scoppiai in lacrime, senza ritegno e senza riuscire a fermarmi, facendo versi a metà tra urli e conati. Perché era successo questo? Perché? Ero completamente nel pallone. Mi guardavo intorno cercando una via per scendere e andare da lui, riuscivo solo a pensare ossessivamente che non poteva essere successo, che dovevo salvare Sansone, dovevo recuperarlo, dovevo, dovevo, dovevo...

La sensazione di essere osservata si acuì, ma inizialmente non ci feci caso. Con gli occhi annebbiati di lacrime, mi lasciai scivolare a terra, il viso tra le mani. Fu allora che lo vidi. Era un uomo piuttosto giovane, sui 35, 40 anni, vestito di foggia antica, completamente in nero. Sarebbe sembrato anche un uomo normale, non fosse che sembrava avvolto da una lieve coltre di fumo. Mi guardava, con un ghigno cattivo stampato in faccia. E io seppi... seppi... che c'entrava qualcosa con la morte di Sansone. In preda all'ira mi alzai. Non capivo neanche quello che stavo facendo, in realtà. Corsi verso di lui, decisa a dargli il fatto suo in qualche modo. Volevo afferrarlo, e buttarlo per terra. Oppure di sotto, a raggiungere il mio cagnone.

Ma non lo raggiunsi mai. O meglio, lo raggiunsi, ma il mio corpo toccò solo l'aria. Caddi a terra pesantemente. Quando mi rialzai, l'uomo era sparito. Echeggiò una risata, che proveniva dal nulla. E a quel punto svenni.


Mi risvegliai in un salottino elegante, circondata da estranei che mi guardavano preoccupati. Da quello che ho capito, il castelletto era stato acquistato da due americani che ne avevano fatto un bed and breakfast di lusso. Avevano sentito il trambusto ed erano usciti fuori, trovandomi priva di sensi in mezzo al ponte.

Non ho più avuto il coraggio di tornare in quel posto, anche se mi sono tenuta in contatto con i proprietari. A quanto mi hanno detto, Sansone non è il primo cane che trova la morte lì. Tanti cani, appena arrivati al ponte, si buttano di sotto. Nessuno sa il perché, a parte la sottoscritta. Poi, diciamocelo, neanche io so perché quell'uomo (fantasma? Diavolo?) fa così. Ma, vi prego, vi scongiuro, se capitate da quelle parti, non andate al ponte di Overtoun. Soprattutto se con voi avete il vostro cane!




Angolo autrice: ciao a tutti! Rieccomi con questa one shot che, ammetto, non sa di niente, anche se ho quasi pianto la morte di Sansone. E pensare che non amo neanche i cani!

Piccola spiegazione: il ponte di Overtoun esiste davvero, e si trova in Scozia, esattamente come detto nel racconto. Però non so se i luoghi che ho descritto siano veramente così. A parte logicamente il ponte, che ho visto in fotografia giracchiando per i vari siti sul soprannaturale. Ma in quel posto non ci sono mai stata, quindi, se invece voi ci siete stati, abbiate pietà di me e della mia ignoranza! ;)

Torniamo alla spiegazione: in parole povere e semplici, in quel posto pare che abbiano trovato la morte all'incirca una cinquantina di cani, particolarmente di grossa taglia. Tuttora nessuno sa il perché, visto che il curiosissimo (e terribile) fenomeno ha interessato solo i cani di taglia grande, anche se si ipotizza che fosse perché erano gli unici in grado di scavalcare il parapetto del ponte. Ma non si è mai capito bene perché i cani all'improvviso impazzissero e si suicidassero: alcuni hanno ipotizzato che fosse perché il velo tra il mondo dei vivi e l'aldilà in quel particolare punto pare sia molto sottile. Altri, più scettici e prosaici, hanno detto che è perché nella valletta sottostante si riproducono parecchi visoni, il cui odore è molto forte. Altri ancora sostengono che il vento, soffiando fra le pietre, produce un ultrasuono che fa impazzire quelle povere bestiole, che si buttano di sotto come obbedendo ad un richiamo.

Ad ogni modo, il tutto resta un mistero. Perché non tutti i cani di taglia grossa che passavano per di là sono impazziti e si sono suicidati, qualunque sia il motivo.

Io ho voluto dare una mia personale visione della storia, senza volerne dare una spiegazione.

Ditemi cosa ne pensate. Qualsiasi opinione, bella o brutta che sia, sarà ben gradita (ovvio, cercate di non insultarmi!). E portate pazienza per eventuali errori grammaticali, sono un po' fuori esercizio con la battitura a pc, quindi potrei aver mancato o aggiunto lettere senza volerlo, e a volte tendo pure a fare il passo più lungo della gamba, quando tento di scrivere certe frasi, quindi mi vengono un po' storpiate!

Grazie a tutti!


Un bacio!


Nephylim

  
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