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Autore: Artemisia_Amore    11/05/2014    6 recensioni
La trama di questa storia si svolge su due piani temporali.
{I fili del presente si intrecciano continuamente con il passato dove è ambientata la maggior parte della narrazione.}
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Break riapre gli occhi dopo una sanguinosa battaglia. Ha da tempo perso l’uso della vista, e il suo cuore stanco vortica inesorabilmente intorno a quel ricordo che lo ha a lungo perseguitato. Nel frattempo, Reim ripercorre i passi che lo hanno portato alla scoperta di un sentimento inconfessabile, mentre Sharon rivive il giorno in cui cessò per sempre di essere una bambina.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Reim Lunettes, Sharon Ransworth, Xerxes Break
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le bosquet de la Reine
 
 
Se c’è una cosa che odio dell’essere una signorina è non potermi “sporcare le mani”. Perché una donna possa uscire in missione, è necessario che siano previste delle pause regolari per poter riposare le gambe, ottenere almeno uno spuntino e dovrebbe indossare degli abiti comodi. Come si evince dai tre romanzi, appena letti, su quel tavolino e dal carrello di pasticcini quasi completamente svuotato, tutto questo non era previsto per la visita improvvisa che Xerx-nii ha deciso di fare alla biblioteca dei Gyre, scappando insieme a Reim-san. Lasciandomi qui. Seduta sul divano, ad attendere il loro ritorno come una principessa attende che il proprio valoroso principe abbia superato tutte le prove prima di poter tornare a dichiararle il suo amore. È imbarazzante, ammettere che certe volte non vorrei essere la principessa delle fiabe, quanto piuttosto il compagno d’avventure del principe. Forse è per questo che, in fondo, invidio un po’ Alice-chan.
 
Dopotutto, la festa della Pandora è stata un successo, e per quanto non abbia danzato per molto tempo - per quanto non abbia danzato affatto - non avrei potuto perdere riposo prezioso seguendoli. E non avrei potuto perdere nemmeno le madeleine appena sfornate quest’oggi. Sento le ruote della carrozza scalpicciare sulla ghiaia del vialetto. Sarà per un’altra volta, in fondo.
 
Dalle espressioni che hanno, si direbbe che Reim-kun e Xerx-nii abbiano passato un’orribile giornata. Forse sono vere le dicerie di famelici parassiti che popolano le biblioteche più antiche. Di certo, questi non trovano casa nella deliziosa biblioteca di villa Rainsworth, ma forse dove sono stati loro, qualcosa di terribile è successo.
 
“Ci sono le madeleine, Xerx-niisan, per quanto non avrei dovuto, te ne ho lasciate giusto un paio per rifocillarti prima del nostro impegno pomeridiano…” Da come mi guardi, deduco che te ne sei completamente dimenticato. Eppure sai che ci tengo tanto ad andare a vedere le fontane dei Giardini di Reveille di nuovo in funzione. Me l’hai promesso.
 
“Ojou-sama…?” Assente, ecco come definirei la tua voce. Forse quei parassiti ti hanno davvero sconvolto. “Non credo di ricordare a che ore fosse il nostro impegno…” Fantastico, Xerxes. Fingi di non ricordare un dettaglio così che io ti ricordi l’intero evento. Non questa volta.
 
Mi alzo, sorridendo, e spero tu abbia notato che non sto sorridendo affatto, e mi rivolgo a Reim, che forse avrà più buon senso da raccontarmi il perché di quelle espressioni attonite. E invece mi porge solo un elegante libro rilegato in pelle marrone. Uno di quelli seriosi e senza decorazioni, come quelli in cui sono racchiuse le relazioni mensili della Pandora. Senza capire, lo sfoglio, rendendomi conto che non sono relazioni, quelle, ma messaggi. Commenti, anzi, come… Poi leggo, in alto, che si tratta di un libro degli ospiti.
 
Questo mi fa tornare alla mente qualcosa che Reim-san deve avermi detto la mattina della festa e, forse, è per questo che mi sono seduta di nuovo. Anche io ho dimenticato qualcosa. Li sento discutere di cose che non conosco, nomi, luoghi, qualche data. Si, ho distintamente sentito che parlavano di qualcosa avvenuto prima della Tragedia, ma ad attirare la mia attenzione è stato altro. Quanti commenti ben ordinati, tutti entusiasti… Tranne uno. Mi ritrovo a sorridere pensando che, se Reim-san non avesse incaricato Wood di avere cura che nulla mancasse alla nonna, forse il Duca Barma non avrebbe avuto tanta acredine. Chissà.
Di certo, si spiega il perché di quel colorito spento, quasi cadaverico.
 
~~~
 
Partecipo a questo evento come rappresentante della famiglia Rainsworth, per cui era chiaro che ci mettessi almeno cinquanta minuti per scegliere l’abito adatto, e poco più di un’ora per decidere che pettinatura abbinarvi. Probabilmente, il silenzio in carrozza è il suo modo per punirmi per averci messo troppo. Ma non potevo rischiare che una sfumatura facesse sfigurare il casato. Anche se, solo pensare a una sciocchezza simile mi fa ridere. Bisogna che impari ad ammettere le mie colpe: mi piace metterci tanto, spero sempre che si accorga di qualcosa. Di cui invece non si accorge mai.
 
I Giardini. Ricordo che da bambina mi piaceva andarci, ricordo che l’unico a potermi portare era proprio lui, Xerx-nii, perché la mamma era sempre troppo fragile per respirare le centinaia di fiori presenti, e allora giocavo a far di lui il mio cavaliere. Gli chiedevo di portarmi a braccetto come quelle grandi e belle dame, e gli chiedevo che mi usasse la cortesia di inchinarsi, quando mi allontanavo per sedermi ai tavolini. Poi, dopo che la mamma…
Smisi di andarci. Seppi poi che un problema alle fontane ne aveva causato la chiusura, e per anni mi dimenticai di loro. Per questo fui così felice di ricevere quel compito, dalla nonna. Lei non aveva tempo, e forse nemmeno voglia, di partecipare alla riapertura dei Giardini, così ha dato l’incarico a me. Così ho potuto impiegare ben cinquanta minuti per scegliere un abito che ricordasse quelli che indossavo da bambina, e forse un po’ anche quelli che piacevano tanto a mia madre, e solo un’ora per decidere se fosse meglio che i boccoli in testa non ricordassero i parterre sui sentieri. Un tempo ragionevole, che però non è stato apprezzato.
 
“Ricordo a memoria ognuno di quei sentieri a Ovest, Xerx-nii. Ricordi che era lì che mi piaceva andare quando il sole riverberava sul selciato?”

Sono ricordi preziosi, per me, questi. Ognuno di quei sentieri ha un nome, che ho dimenticato, perché l’ho sostituito con un ricordo. C’è il sentiero in cui ho imparato a fare gli inchini come una signorina, mentre tu ridevi sperando non me ne accorgessi, e quello in cui ho imparato a leggere, perché non potevo rischiare che inventassi parole che non esistevano leggendo per me le targhe delle favole. Ora, quei sentieri sembrano molto più stretti e brevi, eppure il ricordo è ancora lì, in ognuno di essi. Quando sollevo lo sguardo su di te, mi aspetto di vederti almeno sorridere, ma la tua espressione è sempre la stessa, da quando siamo entrati in carrozza. Non puoi avercela ancora con me, non è giusto.
 
“Che ne dici di andare lì? Sembra ci sia tanta gente, probabilmente stanno per riaccendere le fontane!” Ti prenderei per mano, ma non ho più otto anni, e non posso permettermi di arrossire in pubblico, per cui lascio semplicemente che la distanza del mio passo si metta in mezzo, perché so che mi raggiungerai. Ho ragione io, le fontane hanno appena ricominciato a zampillare, e mentre tutti applaudono per quel magnifico spettacolo, io mi prendo la libertà di guardarti in viso, mentre tu guardi altrove. Sembri stanco, probabilmente cercare qualsiasi cosa tu stessi cercando in quel posto dev’essere stato faticoso, anche se…

“Sembra che tu non dorma da mesi, Xerx-nii… Qualcosa non va?”

“Niente di cui dobbiate preoccuparvi adesso, ojou-sama. Volevate godervi le fontane, no?”

Noto del disappunto nella tua voce, Xerxes. Possibile che non ti sia accorto nemmeno per un attimo che non faccio che guardare te? Sospiro, e insieme a quelle sulla gonna, con le mani cerco di scacciar via anche le pieghe dei miei pensieri, che probabilmente sono troppo contorte. Sei così strano, Xerx-nii. Il tuo sguardo sembra essere più che lontano… Trafigge ogni cosa per passare oltre. Mi chiedo se non sia stato un errore, portarti qui. Avrei dovuto rinunciare…?
 
“Miss Rainsoworth…? Posso presentarvi il baronetto Wetmore, miss? Suo nonno conosceva vostra madre, e sarebbe molto lieto di poter chiacchierare con voi.”

Chiacchierare? Con un baronetto? E Xerx-nii…? Mi volto cercandolo, ma è a più passi di distanza di quanto non mi aspettassi, completamente disinteressato. Sembra che stia… Osservando una magnolia. Sul serio, Xerxes? E va bene. Inchino, sorriso, e abbassare lo sguardo per non dar l’impressione di essere troppo sfacciata. Un’operazione meccanica, e spero tu abbia guardato verso di noi appena in tempo per vedere le guance del baronetto arrossire. O il suo braccio teso perché lo prenda per passeggiare. O il fiocco della mia gonna, che ondeggia mentre mi allontano accanto a lui. Secondo il Manuale della dama felice dovresti raggiungermi, scusarti con il baronetto e inventare un’urgenza che mi riguarda, portandomi via. Dovresti, al massimo prima che io abbia superato la Fontana di Bacco…
 
… O almeno quella di Apollo.
 
~~~
 
Non tornerò mai più ai Giardini di Reveille. Discutere di ognuna delle cinquecentotredici varietà di piante e fiori dovrebbe essere vietato dal Re.
 
~~~
 
“Vado a incipriarmi il naso.”
 
La scusa più antica del mondo, solo uno sciocco non avrebbe notato che non avevo niente in cui poter contenere qualcosa con cui incipriarmi il naso. Solo uno sciocco. Ma non ha detto niente, e io sono fuggita dentro la piccola residenza dei Giardini, per poi uscire di nuovo, dall’ala Est. Ci ho messo un’eternità a trovarlo, fino anche a pensare che fosse andato via, e che mi avesse lasciata lì, da sola.
 
“Sai, Xerx-nii, che esistono delle statue che non sono statue? Si chiamano «sculture naturali» e nelle grotte vicino il labirinto, ce ne sono tante! Mi ci porti?”
A ogni sentiero che imbocco, sembra di risentire la mia stessa voce ridere e torturare un pover’uomo costretto ad accompagnarmi in lungo e in largo per le mie fantasie.
Dove mi trovo adesso, non c’è nemmeno l’ombra di una fontana; sentieri bianchi che si incrociano e accolgono qualche busto. Mi sembra di riconoscere una dea antica, ma… Forse Afrodite, ma forse è solo una qualche eroina sconosciuta. Sono abbastanza lontana da tutta la folla accorsa per la riapertura dei Giardini da potermi permettere di togliere questo insopportabile cappellino: dopotutto, non è servito al suo scopo e nessuno, nonostante i mille complimenti del baronetto, ha notato che avessi un cappellino. Non ricordavo davvero che fosse tutto così grande, forse la sua presenza aiutava il mio cuore a sentirmi sicura. Adesso, da sola, ogni angolo potrebbe essere un vicolo cieco.
 
Non ci sono siepi troppo alte, e anche una come me può avere una visuale completa di questa piccola oasi. Conto gli alberi da qui, e vedrei se ci fosse qualcuno. Se mi sono addentrata in questo sentiero che profuma di erba appena tagliata è solo perché sono sicura di non aver ancora cercato, per cui è bene fare un tentativo.
 
“Ojou-sama…?”
Quella voce. Mi volto, ma non c’è nessuno. Eppure so di non averla immaginata. Mi schiarisco la voce e ti chiamo, ricevendo solo l’eco di un risolino, e sbuffo, ricordandomi che ce l’ho con te anche io, in fin dei conti.
 
Un albero. Salti giù da un albero e ti rimetti a posto la giacca. Siamo soli, e non sei tenuto a sorridere per cortesia. Siamo soli, e posso permettermi di guardarti in viso, senza dovermi affidare alle buone maniere. In quel momento, vedo che non ci sei. Non sei tu. Quei segni sotto le ciglia non sono stanchezza, vero Xerx-niisan…? No, non lo sono, o non mi avresti dato in fretta le spalle, sedendoti all’ombra di questa quercia. Ricorda un po’ quella che c’era a casa, sotto cui ti piaceva stare. Non occorre chiederti se la ricordi: quel velo che ti copre il tuo unico occhio ti fa somigliare così tanto a un ricordo sbiadito nella mia memoria, che mi sembra di essere tornata una bambina, di fronte al suo cavaliere arrivato dal nulla. Non c’è spazio, per me, sotto quella quercia, il modo in cui ti sei accomodato lo lascia trapelare, ma non importa. Ti vedo sobbalzare quando la nuvola di taffetà ti nasconde la visuale del giardino, ma non importa. Mi sono ugualmente seduta accanto a te.
 
“Il baronetto non è stato di vostro gradimento, ojou-sama…?”

Allora avevi sentito, vecchio sciocco. “Non più di quanto non lo sia questo caldo. Fortunatamente, sotto le querce l’ombra è piacevole…”
 
Non ti piace parlare di te, vero, Xerx-nii? Lo so, da sempre. Parlavi con lei, con mia madre, durante quei pomeriggi di fine estate, sotto quella quercia, ma io non sono mia madre, e tu non sei più quel cavaliere. Ti piace, questo mondo, Xerxes? Chiudo gli occhi, sono cieca, e lascio a te l’intimità di questo momento. Ma chissà se davvero è questo che vuoi. La tua missione, la Pandora, noi, me. Quanto il nuovo nome che mia madre ti ha dato è rimasto soltanto un nome, e quanto è diventato qualcos’altro?
 
D’un tratto, tutta questa giornata mi sembra inutile. Persino il corsetto con un doppio rinforzo che ho indossato - soprattutto quello - mi sembra inutile. Saluti, inchini, convenevoli, per un po’ d’acqua dalle fontane. Adesso che ti vedo, mi sento una sciocca.
 
“Ti ho trascinato qui contro la tua volontà, vero? Possiamo andare via, ne ho abbastanza.”

“Non è vero, ojou-sama. Adorate questi Giardini. A pochi passi da qui ci sono le vostre amate sculture naturali, sapete?”

“Ti sbagli, erano alla fine del labirinto, me lo ricordo ben--“

“Il labirinto è stato raso al suolo, ojou-sama.” Devi aver sentito il mio respiro rompersi. Adoravo quel labirinto. Hai rivolto il tuo sguardo su di me, lo sento senza nemmeno aprire gli occhi. Ho le guance rosse, non può essere altrimenti.
 
“Mi piaceva, è un peccato.”
 
“A volte, per poter costruire qualcosa, qualcos’altro dev’essere demolito.”
Ma parliamo ancora del labirinto…?
 
Non ti ho mai visto così lontano, Xerx-niisan. Non ti ho mai visto cambiare umore e pelle così rapidamente. Sembra passato un tempo infinito da questa mattina, quando il tuo sorriso sciocco ha fatto infuriare le cameriere, perché continuavi a dire di non aver avuto la tua colazione. Quando sei tornato da quella maledetta biblioteca, l’uomo che avevo di fronte era un’altra persona.
 
“Cosa ti è successo…?” Probabilmente mi stai ancora guardando. Probabilmente, hai sollevato un sopracciglio. Il sinistro. Sollevi sempre quello, perché credi che nessuno lo noti. Ma sono anni che so come leggere il tuo viso, anche se non ho le parole per descriverlo. “In quella biblioteca… Cosa ti è successo?” Spero di aver avuto un tono risoluto abbastanza da farti desistere dal raccontarmi altre frottole. Prendi un respiro profondo, lo sento, e spero vivamente che sia la volta buona.
 
“Oh, ojou-sama, non è come credete…” Ah no? E allora com’è? Riapro un occhio, per sicurezza, perché il silenzio che sento è durato più del solito, e ti vedo a fissare un busto di marmo, a metri e metri di distanza. Forse sei pronto a fidarti di me?
 
“Mi sembra fosse giugno, vostra madre aveva avuto una crisi molto acuta, ed era costretta a letto da giorni. Eravate una bambina, e quella situazione doveva pesarvi molto, per questo mi chiedeste di portarvi ai Giardini. Quello della villa non era abbastanza profumato e abbastanza grande, diceste, per la bella giornata appena sorta.” Cosa c’entra, tutto questo, con la tua biblioteca, però…? Non comprendo, ma non ho voglia di interromperti, così richiudo il mio occhio aperto e inspiro prendendo una boccata di fiori freschi che viene da chissà dove. “Proprio come oggi, il sole dava fastidio agli occhi, e ci rifugiammo in uno dei boschetti di fiori al limitare dei Giardini. Eravate ostinata, ojou-sama, e costringeste un povero vecchio a giocare a nascondino con voi.” Ricordo quel giorno, e l’unico vecchio con cui parlai eri tu. Stai manipolando i miei ricordi, antipatico. Ho il sospetto che non mi racconterai niente, di quella biblioteca.
 
“Era una magnolia, vero? L’albero su cui vi arrampicaste come una scimmietta, per poi scendere e correre da me con un fiore in mano…?” Una magnolia…? Prima, quando il baronetto mi ha importunata, stavi osservando una magnolia… Davvero ricordi ancora…? 
 
Emily ricorda ancora di aver visto i mutandoni di Sharon-chan, quella volta~
Devo essermi distratta anche troppo, per averti permesso di prendermi in giro così tanto. Tu e la tua bambola. Sei odioso, Xerxes. Credevo davvero che mi avresti raccontato il perché di quello stato d’animo. Perché avessi l’aria di chi è caduto da cavallo, perché… Ma sei sempre il solito.
 
Cosa mi stai nascondendo, e perché? Non credi che potrei tenere un segreto per te? Ne tengo tutti i giorni, con le cameriere, quando rubi i dolci dalle cucine, e ne terrei anche per qualcosa di più importante. Terrei in serbo ogni cosa, per te. Cosa c’è che non ho ancora fatto e che potrei fare per farti capire che vorrei solo… Proteggerti?
 
Questo pensiero mi ha spinto a sorridere, a un certo punto. Non per coraggio, ma nemmeno per follia. Eppure l’ho fatto, e ho sentito, al buio delle mie palpebre chiuse e piene di sole al tramonto, alcune dita sfiorare le tue nocche. Niente di più. Non ho potuto, perché le guance andavano a fuoco, e non potevo darti un altro elemento per prendermi in giro, ma…
 
Riapro gli occhi. Tu sei lì, a fissarmi, come avevo immaginato, e l’incanto si è rotto.
“Torniamo a casa, ho voglia di una cioccolata calda e di un bel bagno rilassante. Non c’è bisogno che tu rimanga ad aspettarmi.” Ho distolto immediatamente lo sguardo, lasciandomi sfuggire pochi sussurri che mi ero ripromessa di non dire, per paura di farti sentire debole. “Dovresti riposare…”
 
~~~
 
L’atmosfera cupa con cui è iniziata questa giornata sembra essere tramontata insieme al sole. Non sento più quell’angoscia che mi ha portato quasi a odiarti, oggi, per come mi hai trascurato. Ne approfitto, anzi, per lanciarti qualche occhiata mentre osservi dal finestrino della carrozza. Spero che un giorno mi considererai abbastanza forte da sostenere il peso delle tue confidenze, sempre che ci sia qualcuno che consideri tale. Sempre che ci sia qualcuno a cui vuoi farle, le tue confidenze, brutto testone. La mia risata ti coglie di sorpresa, mi guardi, incuriosito, ma non ottieni risposta, e quel sorriso appena accennato, stanco e strano che mi fai, mi fa sentire importante.
 
“Miss Rainsworth, Lady Rainsworth è nella sua stanza, vorrebbe vedervi”

Ti vedo già pronto a rimettere i panni del perfetto e mai stanco servitore, ma no, Xerx-nii, non occorre. “Vai a chiedere una cioccolata calda, ne ho proprio voglia…” Dopotutto, la nonna vorrà solo sapere se ho fatto per bene gli onori della famiglia, e che le racconti dei Giardini…
 
Anche se lo sguardo serio che mi ha rivolto non appena entrata non promette niente di buono. Non ha relazioni di Pandora sulla scrivania, non ci sono segni che sia successo qualcosa. Forse è solo stanca.
 
È un ronzio fioco, quello che sento nelle orecchie, ma sufficientemente forte perché perda metà delle parole che mi dice. Sfortunatamente, la metà che ho sentito, è stata chiarissima. “… Voci ovunque. Alla villa non si parla d’altro.”
 
“Xerx-nii… Sapete bene che lui è…”

“Lo so. Ma è forse un motivo valido perché la gente pensi a voi due non come la futura Duchessa e il suo servitore, ma come due amici o… Altro?”
 
“Ma nonna, non… Che importa delle voci? Sono grande abbastanza per poter decidere a chi dare la mia amicizia.” Tentenno, guardandola. “… No?”
 
“Non è bene, Sharon, non è decoroso.” Il decoro… Mai quanto adesso, il corsetto col doppio rinforzo e il cappellino e gli inchini e i baronetti mi sono sembrati tanto inutili. Provo ancora a riprendere fiato, provo ancora a farle capire che a dispetto di questo stupido corpo, non sono una bambina, ma distoglie lo sguardo, e a me non rimane che guardare l’opale dell’unico orecchino che riesco a scorgere.
 
“Sei una donna, Sharon. E proprio per questo, è bene che tu comprenda che una donna ha degli obblighi, molto più rigidi di quanto non li abbia una bambina.” Obblighi? Dove vuoi arrivare, nonna…? Il mio stomaco ha già iniziato a contrarsi, anche se non hai ancora finito di parlare. Non è un buon segno. “Sarebbe meglio se per un po’ Xerxes-kun ti accompagnasse meno durante le tue giornate.” Il ronzio è tornato, insieme allo stomaco ormai ridotto alla metà del suo volume, e al cuore che batte nelle mie orecchie. “Potrebbe essere l’occasione migliore per fugare i dubbi sulla vostra inseparabilità, e potrebbe aiutare me in alcuni casi che hanno destato il mio interesse.”

No. No… No.  Quell’odioso pizzicore appena sopra gli zigomi, se non faccio qualcosa, si trasformerà in lacrime, lo so. E non posso piangere adesso. Forte, devo essere forte. Non posso rifiutare, non posso oppormi, non posso proporre nient’altro. Non ha accennato a guardarmi negli occhi, non ha intenzione di lasciare che la muova a compassione. È definitivo. I tratti che vedo di fronte a me, il viso che osservo sono indistinti, mentre la saluto e mi dirigo fuori.
 
“Sharon…?” Mi fermo e torno a guardarla, con l’ultimo brandello di speranza che mi rimane completamente rivolto a lei. “Parlerò io con lui, tu… Limitati a stargli lontana.”
 
Fa male. Il cuore, di fronte a questo, fa troppo male. Sapere che è lì, con la mia cioccolata, che non berrò, aspettando che gli racconti di questo dialogo, e non potrò nemmeno dirgli addio, fa male.
 
Non le ho raccontato dei Giardini ma, come tutto il resto, non ha più importanza. 




   
 
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