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Autore: Fabbricante Di Sogni    12/05/2014    1 recensioni
vi avverto, questa è la prima fan fiction che scrivo quindi vi prego di essere clementi!
se i nostri personaggi venissero travolti da una ragazza alquanto singolare e totalmente inaspettata?
dal capitolo... boh, suspance! :)
- Shawn! Perché l’acqua è fredda! – urlo sperando che dal sotto il mio "amato" fratellino abbia la decenza di risolvere questo problema!
Quando scendo al piano di sotto, e chiedo con un asciugamano in testa e uno in vita – chi è quel genio che ha aperto l’acqua fredda? – i due si fissano prima di indicarsi a vicenda.
Patetico.
spero di aver accentuato la vostra curiosità!
recensite!
Genere: Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Nuovo personaggio, Shawn/Shirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di pizze inaspettate e moto rosse
 

Tornare a scuola è stato più difficile del previsto.
 Oltre a dovere piano piano riapprendere mentalmente che bisogna alzarsi presto tutti i giorni e riportarsi in pari con il programma di studio, ho dovuto anche ascoltare le continue raccomandazioni di Shawn, il quale sembra aver completamente dimenticato che sono una ragazza pienamente consapevole di ciò che fa.
“Hai preso le chiavi di casa?”
“Hai il telefono dietro?”
“Come ti senti? Hai provato la febbre?”
Cavoli perfino mio padre è meno premuroso.
 Non che mi dispiaccia la sua premura nel cercare di aiutarmi in tutto, ma d’altra parte non sopporto quel suo continuo dovermi dare un consiglio, diventa alquanto oppressivo dopo un po’, tanto per cambiare alla lista delle persone che si fanno carico della mia salute, si è aggiunto Hayden, già da lui questo genere di attenzioni sembrano quasi assurde, se non contro natura.
 Tutte le sere viene dal mio letto anche quando sto bene e mi tiene la mano fino a che non mi addormento, anche se sotto sotto penso che lo faccia più che altro per potermi parlare tranquillamente del più e del meno senza avere il problema del “stare accanto alla malata.”
La cosa che probabilmente mi fa più incazzare di tutto questo è che sono tutti troppo buoni nei miei confronti, e che questa cosa mi dia fastidio, dovrei essere felice no? Una volta tanto la vita sta andando per il verso giusto, e invece rimango imperterrita imbronciata.
È tutto così strano come se il tempo si fosse bloccato, le giornate a scuola non passano mai ed io aspetto imperterrita il suono della campanella che decreti la fine delle ore.
Ma per cosa alla fine?
Se una volta uscita da scuola le giornate finiscono per essere tutte banalmente monotone?
***
Muovo la porta con la mano in un gesto di rinomata delicatezza e la socchiudo creando una pressione quasi impercettibile che la spinga ad aprirsi.
 Non so bene neanche io dove sto andando, e non so neppure bene il perché. Le mie attuali certezze al momento girano intorno al fatto che con musica sparata nelle orecchie, falcio le strade analizzando con scarsa attenzione tutte le cose che mi succedono attorno.
Il telefono vibra.
Possibile che sia Hayden, oppure è Shawn che si è posto anche la premura di chiedermi dove diavolo sono finita, non m’interessa, lo lascio vibrare, supero il centro della città, dove si trova la casa di Shawn, lo oltrepasso  e mi spingo oltre, la dove tutto non sembra così perfetto e ordinato, esco completamente dal centro delle abitazioni per poi spingermi verso i luoghi ancora inesplorati.
Piano piano la pesante folla che mi si accalca attorno diminuisce fino a ridursi a poche persone, che passano di tanto in tanto, nella mia testa le note di “Headstrong” riecheggiano violente e incontrastate, ed è a quel punto che i miei passi mi fanno raggiungere i resti di un cantiere ormai in disuso, le pesanti colonne di ferro rosso che un tempo avrebbe dovuto sorreggere una casa.
Ora come ora sono solo un ammasso fermo e in parte arrugginito, sotto di esso un piccolo prato ricoperto di oggetti del più diverso scopo fa la sua simpatica comparsa. Mi arrampico sopra alle fondamenta senza troppa fatica, il mio obiettivo mi è reso più facile dalla forma delle assi di ferro, arrivata a una certa altezza, mi guardo attorno e sento come i miei occhi fremere dinanzi alla distanza che mi separa da terra.
Le vertigini.
Cammino sulla trave rosso  ruggine sospesa nel vuoto, dondolo prima in avanti ora indietro, nel tentativo di sentirmi perdere l’equilibrio, nel tentativo di scoprire a quale ricordo mi aggrapperei se mi ritrovassi a cadere, sento il vento gelido che s’impadronisce dei miei vestiti e dei miei capelli facendoli diventare una parte di se, è così bello, è quasi come se non ci fosse limite alle sensazioni che posso sentire come se d’un tratto io non fossi più un essere umano limitato ma una parte del vento.
Mi siedo sull’asse rossastro e attendo ingenuamente il colore del sole arrossarsi, il tramonto è qualcosa di così infinito e appassionante, il rosso intenso del sole in contrasto con quell’azzurro così infinito.
Un sole che piano piano si spegne lasciando posto alle luminarie della città che si possono quasi definire nitidamente.
I neon colorati dalle più svariate tonalità, le lanterne di carta appese davanti ai ristoranti cinesi.
***
Corro svelta mentre torno a casa.
Ma che diamine mi è saltato in testa? Si può sapere?
Eccomi qua da brava scema con un freddo boia a camminare per le strade di Tokio senza lo straccio di un maglione e come minimo Shawn mi ucciderà se mi riammalo.
Anche se effettivamente, ora questo è solo l’ultimo dei miei problemi, sorpasso a passi svelti che non lasciano quasi contatto col terreno il giardino che precede l’ingresso dell’appartamento e mi ritrovo in una casa completamente vuota.
Strano, sospiro, come minimo avranno radunato tutte le forze dell’ordine per cercarmi.
Afferro il telefono ed esco dall’appartamento, così in caso di arrivo sarò già lì ben visibile, in modo che tutti possano vedermi.
Solo in quel momento noto un microscopico particolare che mi era sfuggito.
Una motoretta rossa, senza dubbio nuova, fiammante che appoggia il manubrio sul muro, quasi fosse stata abbandonata lì in stile “pacco dono” anche se francamente ne dubito, possibile che qualche persona sana di mente abbandoni quel genere di mezzo davanti a una casa, anche è perché con tutta probabilità basterebbe un teppistello per portarsela via.
Non ho nemmeno il tempo di avvicinarmi alla moto che sembra quasi riportare un estremo contrasto con tutto ciò che la circonda, il muro della casa infatti è di un tenue azzurro sfumato, mentre il colore vivace metallizzato decisamente stona con tutto ciò che ha intorno creando un contrasto cromatico decisamente evidente.
Troppo evidente.
All’improvviso vedo arrivare Shawn e che sembra parecchio nervoso, tanto che quasi non si rende conto che io sono fisicamente lì davanti a lui.
- Ehi! – esclamo sventolandogli davanti alla faccia la mia mano per attirare la sua attenzione.
- Ma… Annie per fortuna! Hayden è già dentro vero? – cosa? Cioè aspetta un attimo, non mi stavano cercando come dei disperati? Ok adesso sì che siamo in due a essere confusi.
- No, perché avrebbe dovuto essere con me? – domando con un accento confusionario – ma se non è con te allora dov’è? – non riesco a rispondere a quella domanda proprio perché nello stesso momento sentiamo il rumore di un motore che si accende, ci giriamo al contempo notando che Hayden è bellamente seduto sulla moto che era stato motivo di tanto attenzione pochi secondi fa.
Aspetta un attimo, non starà mica pensando di rubarla?
- Beh, che ve ne pare? – domanda con un sorriso sodisfatto sul viso, la cosa divertente è che nessuno dei due risponde, e anzi restiamo ambedue a fissarlo senza capirci nulla.
- Andiamo non credevo di avere dei gusti tanto orribili in fatto di moto – ed ecco che con questa frase due neuroni funzionanti si collegano è il mio cervello inizia a capire.
La moto appoggiata alla casa, Hayden che ci sale sopra, il colore così trasgressivo.
La moto è sua.
La seconda domanda è quasi scontata, anzi gli metto direttamente voce senza indugiare a lungo – e con quali soldi l’avresti comprata? – ed ecco che le sue guance avvampano di rosso.
- Con quelli che erano sulla scrivania, mi son chiesto “a che serviranno mai?” e ho deciso di usarli per una giusta causa – ora sì che vorrei buttarmi giù da un edificio in costruzione.
Non ce la faccio a parlare, non dico nulla, anche perché se lo facessi, probabilmente, potrei distruggere l’autostima a qualcuno.
Rimango in silenzio.
Fuori è tutto calmo e tirato dall’attimo di ansia e dubbio.
Fuori tutto fermo, mentre dentro mi sento ribollire di rabbia.
- Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! – bisogna ringraziare la mia capacita di autocontrollo che limita la mia reazione al parlare in modo volgare, perché davvero, avrei potuto fare molto peggio.
Già mi stavo facendo un bel quadretto in cui vedevo un bel po’ di persona strangolate accidentalmente.
- quei soldi servivano per la mia iscrizione universitaria, con quale permesso tu li spendi in una moto? – sono davvero arrabbiata, uno di quei momenti in cui hai voglia di fare qualcosa che non sapresti spiegare nemmeno a un agente della polizia…
***
Sono passati due giorni.
Con un po’ di forza di volontà, molta umanità - e tanta tanta yoga - mi sto finalmente convincendo che in fondo non erano niente di che tutti quei soldi.
- No, cosa vuoi che siano millecinquecento euro buttati in una Yamana, soprattutto considerando che ora non avevo la più pallida idea di come andare all’università.-
Di chiederli a mio padre non se ne parla proprio, preferisco andarci un anno dopo piuttosto.
 Non mi abbasso a chiedergli l’emosina.
Più volte ho avuto istinti omicidi verso Hayden in questi giorni, ma li ho repressi con sangue freddo e calma.
Ovviamente questo include anche il giaccone anti panico che Shawn in certi momenti mi costringeva a indossare.
Ma ora si può dire che sono completamente pacifica nei confronti di tutto.
Anche perché ogni santa volta che Hayden mi vede tenta qualsiasi cosa per farsi perdonare, si è addirittura messo a cucinare la pizza da solo. Il che è davvero commovente, se non si considera che poi io e Shawn siamo stati costretti a mangiarci un ammasso grumoso di farina non lievitata con sopra spalmato del pomodoro che sapeva di bruciato.
E davvero penso che se gli tenessi ancora il broncio potrebbe arrivare a bruciare accidentalmente la casa nel tentativo di aver il mio perdono.
Per la questione dei soldi penso che mi metterò a guadagnare facendo la babysitter, non è un gran che, ma ho già trovato dei clienti, un certo signor Blaze, il nome mi suona alquanto famigliare, ma non ho idea di dove l’ho già sentito.
Questo venerdì i ragazzi escono con tutta la squadra ed io ne approfitto per la mia prima serata di lavoro, non so quanto mi possano piacere i bambini, ma penso che gli racconterò una favola, o qualcosa del genere, passo in rassegna a mettere il CD del re leone e cenerentola nella borsa, alla mal parata gli spiaccico davanti un film e se lo fanno piacere.
***
 
La casa è in una strada laterale, un luogo un po’ più appartato, il viale che passa vicino e circonstanziato da dei muretti di pietra, mi piacciono, gli danno un tocco sfarzoso.
Sorrido raggiante preparandomi a suonare al campanello “sorridi, appari simpatica, disponibile e soprattutto inizia a scherzare un po’ con la bambina” mi ripeto mentalmente impostando il migliore dei sorrisi, faccio per suonare la porta ma questa si apre senza preavviso cogliendomi totalmente impreparata.
- tu? – è il mio geniale commento quando mi ritrovo a guardare negli occhi Axel.
Ecco dove avevo sentito quel cognome, tutti i giorni a scuola mentre la professoressa faceva l’appello cui, notoriamente, non facevo attenzione.
- scusa ma dovrei essere io a chiederti che ci fai a casa mia, non viceversa – mi fa notare inarcando un sopracciglio perplesso, la domanda per quanto idiota e imbarazzante mi sorge spontanea – hai una figlia? –
L’espressione di Axel è qualcosa di demenziale, davvero, vorrei avere una macchina fotografica e immortalarla, un espressione a metà fra l’imbarazzante e il “ma ti sembrano le cose da chiedere a un tredicenne?”
Inutile dire che passa un attimo che mi sbuca dietro una testa castana, con due treccine laterali e un sorriso radioso – chi è Axel? La tua ragazza? – mai detto che odio i bambini? Soprattutto quelli che mi si approcciano in questa maniera.
- No – esclamiamo ambedue, osservandoci ora con imbarazzo reciproco ora con aria di sfida.
- Senti porcospino, io son qui a ruolo di babysitter, e se questa non è tua figlia – osservo la bambina comprendendo che non è possibile che sia stata concepita dal biondo – allora sarà tua sorella? – il ragazzo alza gli occhi al cielo con fare esasperato.
- Sì, allora presumo che tu sia la tizia che deve badare a mia sorella, visto che io devo uscire e mio padre starà fuori fino a tardi per lavoro – ammetto che l’idea di badare alla piccola sorella di Axel non mi esalta neanche un po’, ma non sono nelle condizioni migliori per dettare ordini, e ci tengo alla paga.
- Allora come ti chiami bella bambina? – esclamo con allegria, del resto devo stare qui tutta la sera, perché non provare davvero a fare amicizia con la bimbetta?
La ragazzina sorrise gioiosa – mi chiamo Julia, e tu? – mi parve così strano che s’interessasse alla mia esistenza già che avrei giurato fosse una di quelle bambine straviziate a cui viene concesso tutto.
- Annie, ti va di disegnare? – che domanda stupida, a tutti i bambini piace disegnare.
Tiro fuori dalla borsa una scatola di Stabilo e un astuccio di matite – oh sì! Per favore! – sorride battendo le mani mentre gli rovescio le matite sul tavolo della cucina.
Tutta la casa è tinteggiata di bianco, al confronto la nostra è un arcobaleno d’azzurro, i mobili perfino mantengono gli stretti colori del modello senza un pizzico di creatività che vada a colorare quell’ambiente spento.
- Però Annie, non so che disegnare, non mi puoi dare un indizio? – che voce squillante che ha, mi piace un sacco – perché non disegni tuo fratello, magari con un suo amico, ti va? – sembra molto entusiasta del suggerimento – sì, il fratellone! – esclama radiosa, mettendosi a scarabocchiare su un foglio, io intanto mi metto a massaggiare con Hayden, adesso abbiamo fatto pace, ed è toppo bello risentirlo lì che commenta provocatorio tutto quello che faccio.
Sorrido e do una sbirciata al disegno di Julia, non ce la faccio proprio a trattenere una risata, non che disegni troppo male, cioè forse anche un po’ quello, ma è il soggetto, o meglio i soggetti del disegno che mi provocano tanta ilarità.
Ci sono Axel e il ragazzo che indossa sempre un paio di occhiali da avviatore in posizione imponente ad occupare lo spazio bianco del foglio.
Chiedo con falsa ingenuità a Julia di farmi fare una foto al foglio e la invio segretamente ad Hayden, il quale a sua volta scoppia a ridere.
In somma, una di quelle serate originali passate assieme a una bambina incapace di disegnare ,raccontandosi cazzate con il proprio ragazzo.
***
Verso le sette chiamo una pizzeria e ordino la pizza “magico topolino” per la bambina, mentre io prendo una normale margherita, poco dopo aver abbandonato Julia davanti la magia del televisore.
Incredibile come quel coso abbia la capacità di catturare tanto la mente di un bambino.
Mi lascio cadere sul divano accanto a Julia e mi avvolgo dentro la coperta delle “magiche principesse” mi sembra quasi di passare la serata con mia sorella, anche se so che non è così, dopo po’ sento suonare il campanello, raccomando a Julia di restare seduta e prendo il portafoglio per pagare.
Apro la porta, un ragazzo invisibile dietro una catasta di cartoni per le pizze, afferro le due superiori seguendo le indicazioni della sua voce allegra e faccio per pagare, il ragazzo allora appoggia le pizze su un muretto laterale all’appartamento.
E incrocio il suo sguardo dorato.
Il silenzio riempie il viale, il nulla dei nostri sguardi che si osservano identici in tutto, si sente solo una cosa, il rumore delle due pizze che mi scivolano di mano e cadono a terra.
 


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Angolo d'autrice:
Allora gentaglia varia, era davvero da tanto che volevo pubblicare questo capitolo.
Lo so che alcuni di voi l'avranno data per dispersa (?) per iniziata e mai finita, ma non volevo lasciarla così a metà.
Non posso nemmeno accusare la mia folle ispirazione, visto che per una volta tanto non è colpa sua, ma solo della mia infinita pigrizia che non ne voleva sapere di farmi sedere su una sedia e inforcare la tastiera del PC.
Il punto è che io ho bene le idee in testa, solo che non sapevo bene come metterle scritte.
Come avrete notato sono successe un po' di cose, e effetivamente penso sia il primo capitolo che scrivo così lungo, come il primo in cui inserisco un'immagine (che sì, è il disegno di Julia per chi se lo stesse chiedendo XD) quindi beh, sono in vena di novità.
In questo capitolo il punto di vista è slo quello di Annie, perchè beh, sentivo che doveva essere così (?)
Spero di avervi strappato un sorriso con l'assurdità dei pensieri spastici di questa ragazza che condivide con me oltre che la storia la demenzialità.
Per chi non avesse capito bene chi è il "tizio della pizza" beh, mi sembra parecchio ovvio, ma in ogni caso si capira nel prossimo capitolo contenta Ukki??? 
Non ho molte idee su come continuare, ergo sono ben accettati i consigli, e via dicendo.
Ringrazio nuovamente sia Ukki, per le splendide recensioni che mi lascia sempre, anche perchè alla fine è lei che mi fa sorridere (?)
Ringrazio Marina Dust 99 che sa che ora sto mangiando la pizza (?) 
Ringrazio Kori No Tamashi che non sento da un po' ma mi manca tanto (?)
Ringrazio Karter che è una ragazza dolcissima.
Come sempre ringrazio anche chiunque abbia letto, grazie di cuore! :)

Kisses <3


Angy
 
  
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