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Autore: Jade Tisdale    12/05/2014    2 recensioni
Una terrestre che non è riuscita a sottrarsi al destino che il Dottor Gelo aveva previsto per lei.
Un androide che si è fatta assorbire da Cell e che da quel giorno ha iniziato a sognarlo.
Una moglie che non riesce a dimostrare il proprio affetto verso il marito.
Una madre che si chiede se sua figlia potrà avere una vita serena.
Un cyborg che sta cercando di progettare un futuro da umana.
Ma C18 che cos'è davvero?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 18, Altri, Crilin, Marron | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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16. Nuovi problemi.

 

 

Gli incubi che da qualche anno credevo fossero cessati, al contrario, ripresero a tormentarmi sempre più spesso.
Si trattava per lo più dei giorni in cui Gelo non permise a me e a mio fratello di vederci, in quanto dovevamo esercitarci individualmente per lo scontro che avremmo dovuto affrontare l'uno con l'altro. 
Arrivò, purtroppo, la notte in cui sognai quel fatidico giorni. Gelo, che inizialmente aveva in mente di farci allenare poche settimane, aveva lasciato in realtà passare diversi mesi. E quei mesi, li passai nella mia cella. Da sola. E quando arrivò il giorno dello scontro, le mie gambe non riuscivano a smettere di tremare. Non perché avessi paura che mio fratello fosse diventato più forte, no. Avevo paura che rivedendo mio fratello dopo uno, due, sei mesi, o chissà quanto, lo avrei trovato cambiato. Al contrario, non appena il Dottore ci rinchiuse nella stanza speciale in cui si sarebbe svolta la battaglia, la prima cosa che C17 -o forse è più giusto dire Masaru-
 fece, fu corrermi incontro ed abbracciarmi.
«Mi sei mancata tanto, sorellina.» disse baciandomi sulla chioma dorata.
«Anche tu.» risposi, con la voce rotta dal pianto.
La voce di Gelo interruppe quel momento di gioia.
«Avete un minuto. Dopo di che vi voglio vedere tirarvi calci e pugni, altrimenti, ci penseranno le scariche elettriche e non farvi più disubbidire. Sono stato chiaro?» 
Masaru annuì per entrambi. Lo guardai negli occhi e riuscii a vedere il mio riflesso, spaventato e preoccupato.
«Non ho intenzione di farti del male.» disse ad un tratto, a bassa voce. «Non ti colpirò neanche una volta. Tu invece, fa' pure senza problemi. Sono diventato fortissimo...»
Mi asciugai le lacrime e feci un mezzo sorriso.
«Anch'io sono diventata molto forte, ma non voglio vederti soffrire di nuovo. Se non mi colpisci, Gelo ti torturerà ancora...»
«E allora ribelliamoci. Direi che è l'unica soluzione. In fondo, se siamo diventati molto forti, in due ci metteremmo pochissimo a sconfiggerlo!»
«Non ne sarei così sicura.» Sospirai. «Anche Gelo si dev'essere, in qualche modo, rafforzato. E credimi, la sua aura è ancora troppo potente rispetto alle nostre due messe assieme.»
Mio fratello inarcò un sopracciglio. 
«Vorresti dirmi che adesso riesci a percepire le aure?»
Annuii. In quei mesi, oltre ad essermi rafforzata, avevo imparato tante cose da me.
Masaru sorrise e mi mise una mano sulla spalla.
«Dovresti essere tu la mente.»
Sorrisi, a mia volta.
«E chi ti dice che non possa essere sia la mente che la forza?» dissi sarcasticamente. 
In quel momento, il Dottore ci diede l'ordine di cominciare lo scontro.

 

Mi svegliai con una sorta di groppo in gola. Più andavo avanti e più ricordavo. Solo allora mi resi conto che, l'ansia provocata dai miei incubi, non era di certo paura di Gelo -come quando la provavo verso Cell-, bensì, paura di ricordare. Tutte quelle torture, la battaglia contro C17, il dolore provato in quei mesi, la nostra vita prima di essere catturati da C20... La mia seconda paura più grande, dopo il mostro verde, erano i brutti ricordi con Gelo. Nonostante il dottore, per un motivo che ancora devo capire, ci avesse fatto dimenticare il passato, al nostro risveglio, io e C17, anche se non ricordavamo nei minimi dettagli ciò che ci aveva fatto passare, sapevamo benissimo che ci aveva fatto del male. Sapevamo inoltre che quei ricordi ci avrebbero fatto del male, per questo sperai con tutto il cuore di non ricordare mai. E invece, piano piano, quel passato stava tornando a galla.
Mi girai dall'altra parte del letto e stranamente, Crilin stava ancora dormendo. Di solito si svegliava molto presto in quanto, non appena nostra figlia si fosse alzata, le avrebbe preparato la colazione. Spesso, quando non si svegliava per tempo, lo facevo io con le cattive maniere, ma quella mattina, vedendolo dormire beatamente, sentii una sorta di dispiacere nel disturbarlo. Così, visto che di dormire ancora non ne avevo proprio voglia, mi alzai e diedi un'occhio alla cameretta di Marron. Il letto era rifatto e non c'era traccia della bambina, né della bambola che Bulma le aveva regalato quel fine settimana -visto che da allora ce l'aveva sempre tra le braccia-. Scesi rapidamente al piano inferiore ed esaminai tutta la casa da cima a fondo, compresa la stanza del maestro. Ma niente. Non vi era alcuna traccia né di lui, né di mia figlia. Non appena spalancai la porta di casa, sentii la faccia diventarmi rossa dalla rabbia. Che ci faceva Muten sulla spiaggia, a giocare con mia figlia? In più, i due sembravano divertirsi molto. Il mio primo istinto fu quello di dare una lezione a quel vecchio, ma poi, il sorriso sulle labbra di Marron mi fece sciogliere. Mi resi conto che, anche se odiavo Muten, a mia figlia la sua compagnia piaceva. Marron non sapeva cosa significasse avere un nonno: non lo avrebbe mai saputo. Per cui, capii che il maestro, era l'unico su cui lei poteva contare per imparare il significato di quella parola. E per la prima volta, li lasciai tranquillamente giocare insieme, da soli. Ma, prima che mi muovessi, Muten ruotò la testa nella mia direzione e la sua espressione si fece spaventata.
«S-Scusa C-C18... I-Io n-non v-volevo, d-d-davvero... M-Ma M-M-Marron s-si è svegliata e v-voi...» 
«Non voglio sentire le tue stupide spiegazioni.» dissi, con voce fredda, seguendo un sospiro. «Per me ogni tanto potete anche giocare, ma sia chiara una cosa: lascia ancora mia figlia in una stanza da sola ed io ti faccio a pezzettini.»
Marron spostava in continuazione la testolina prima nella mia direzione, poi in quella di Muten, per vedere la reazione di entrambi. 
Il vecchio deglutì.
«Ho imparato la lezione e non si ripeterà più, te lo assicuro.» disse semplicemente, cercando di mantenere un tono di voce normale. «Grazie.» 
Feci una smorfia e ritornai all'interno della casa. Mi versai il caffé preparato da Muten e soffiai per farlo raffreddare.
Pochi giorni prima, avevo chiesto a Marron se i suoi incubi riguardo a Majin Bu fossero cessati e lei aveva risposto positivamente. Mi chiesi quindi se tra le mura della Kame House non si aggirasse un folletto dei brutti sogni. Che idea cretina, lo so. 
Crilin entrò nella stanza in quel momento, sbadigliando rumorosamente. Quel gesto mi irritò e glielo feci notare dandogli un'occhiataccia. A sua volta, si versò del caffè nella propria tazza e mi osservò un paio di minuti senza dire nulla.
«Hai tremato tutta la notte.» disse ad un certo punto.
Feci finta di non averlo sentito e cercai di finire in fretta la bevanda, cosicché potessi andarmene dalla cucina.
«So che hai fatto un'altro incubo. Ormai sono diventati abituali come una volta.» Mi prese la mano. «Ti va di parlarne?»
Ritrassi la mano con poca grazia e continuai a non guardarlo negli occhi.
«Non me la sento.» dissi appoggiando la tazza dentro al lavello.
«Ma C18, io volevo solo...»
«Ho detto che non me la sento!» continuai, alzando di poco il tono di voce.
Crilin non si stupì più di tanto. In fondo sapeva che, quando venivo stuzzicata, andavo fuori di testa e ritornavo ad essere acida e maleducata. Soprattutto se di mezzo c'erano anche i miei incubi. 

 

Lo scontro era iniziato. Io e C17 ci scagliammo l'uno contro l'altro ed iniziammo a colpirci con una velocità ed una potenza pazzesca. La sua aura era pari alla mia, per cui, ci sarebbe voluto un bel po' prima che uno dei due si arrendesse. Mi scocciava fargli del male, però, di sicuro, un paio di pugni gli avrebbero fatto meno male di altre scosse elettriche. Colta alla sprovvista, mio fratello mi tirò un calcio dietro al collo, scaraventandomi contro al muro. Fui rapida a rimettermi in volo ed iniziai a colpirlo più e più volte, riuscendo alla fine, a tirargli un pugno in pieno viso. Dopo di che, gli tirai una ginocchiata nello stomaco, facendolo rimanere piegato a mezz'aria.
Fratellino, perdonami. pensai tra me e me, poco prima di dargli il colpo di grazia. Ma lui, poco prima che il mio calcio gli arrivasse sulla schiena, bloccò il mio piede e mi fece roteare un paio di volte prima di lanciarmi verso il vetro dalla quale ci osservava Gelo. Per poco non lo ruppi, ma era talmente resistente che lo scheggiai appena. Ripartii in picchiata e per diversi minuti, sembrò quasi che fossimo alla pari. Tiravo un pugno e lui schivava, tiravo un calcio e lui parava: mi tirava un pugno e lo bloccavo con la mano, mi tirava un calcio e lo bloccavo col ginocchio. Ormai il tutto si ripeteva da troppo, così mi teletrasportai dietro di lui e gli tirai una piccola sfera energetica sulla schiena. Lui fu altrettanto veloce ad evitare il mio attacco, teletrasportandosi a sua volta, cosicché il nostro scontro diventasse impossibile da vedere a occhio nudo da quanto veloci eravamo a muoverci.
Ad un tratto, C17 finse di darmi un pugno nello stomaco. Io rimasi immobile, fingendo di provare dolore. Avevo capito che mi doveva parlare.
«Scusami.» disse a bassa voce, ritraendo molto lentamente il pugno e ruotando il più possibile la mano verso la sua direzione. «Ma io non ti voglio fare del male.» 
Che intendi dire? avrei voluto chiedergli. Ma ormai era troppo tardi. C17 si era lanciato nel proprio corpo una sfera d'energia potentissima, che lo aveva fatto svenire. Rimasi immobilizzata davanti al suo corpo privo di sensi e mi chiesi da dove avesse tirato fuori tutta quella forza.
Il sorriso del Dottore mi rese molto nervosa.
«Molto bene! A quanto pare, tu avrai la forza, mia cara numero 18!»
Mi voltai nella sua direzione più confusa che mai.
«Numero... 18?» ripetei.
«Tuo fratello avrà la mente, per cui sarà il cyborg numero 17 che costruisco. Di conseguenza, tu sarai il numero 18!»
Lo guardai provando solo un grande sentimento di disprezzo. Avrei tanto voluto tirargli un ki blast in pieno viso e farla finita una volta per tutte. Ma sapevo che, così facendo, Masaru non ne sarebbe stato sicuramente orgoglioso. 

 

Quando mio fratello aprì gli occhi, dovetti tirargli due schiaffi lievi sulla guancia per evitare che svenisse di nuovo. Era successo pochi minuti prima e mi aveva fatto prendere un grosso spavento.
«S-So... Sorellina...»
Gli accarezzai la fronte ancora sudata.
«Gelo ci ha concesso di stare insieme, questa notte. Queste sono le nostre ultime ore da umani. Domani, dopo aver messo a posto le nostre ferite, Gelo ci trasformerà in cyborg...» Sospirai. «Inizierà dalla mente, per cui da te.»
Mio fratello alzò lo sguardo alla parete cupa e sporca che si trovava sopra alle nostre teste.
«Non sei felice di avere la forza?» chiese, a voce bassa.
«Felice? Ti sei massacrato da solo per niente.»
Seguì un silenzio di tomba per alcuni minuti. Mi coricai sul pavimento freddo della cella e poggiai la testa sopra al suo petto.
«Ho paura.» dissi ad un certo punto, trattenendo a stento le lacrime. Masaru mi strinse fra le sue braccia.
«E' normale.» fu la sua risposta. «Ne ho anch'io.»
Alzai lo sguardo verso di lui, mentre una lacrima mi attraversò lentamente la guancia destra.
«Mi dispiace di non essero riuscito a proteggerti.» disse, stringendomi ancora più forte. «E' finita.»
«Già.» conclusi, con le lacrime che mi rigavano in continuazione il volto. «E' davvero finita.» 

 

Ripensai a quei sogni in continuazione. A distanza di soli dieci giorni dalla "discussione" con Crilin, gli avevo rivolto la parola di rado. Ero quasi sempre immersa nei miei pensieri e non riuscivo neanche più a star dietro a Marron.
Ero a pezzi. Quei ricordi stavano lentamente sgretolando il mio cuore di ghiaccio, facendomi provare i brividi e le sensazioni di quando io e C17 fummo trasformati in cyborg.
Quel pomeriggio, Marron e Crilin erano sul divano a fare un pisolino, mentre Muten era in spiaggia a chiacchierare con Umigame. Così, ne approfittai e me ne andai volando. Desideravo stare un po' da sola e cercare di riflettere.
Volai per una buona mezz'ora senza meta, ma ad un certo punto mi fermai.
«Fatti avanti!» dissi con voce minacciosa. «So che mi stai seguendo da un po'. Ti conviene farti vedere, prima che riesca a farti del male!»
Avevo captato una presenza non molto distante da me, però, non riuscivo proprio a capire di chi fosse quell'aura.
«Complimenti sorellina. Vedo che nel corso degli anni hai mantenuto la tua rigidità.»
Mi voltai incredula.
«C17?»
Mio fratello sorrise.
«Ciao, C18.» disse semplicemente.
Sorrisi a mia volta, mentre una folata di vento mi scompigliò di poco i capelli.
«Che ci fai qui?» chiesi.
C17 si mise a gambe incrociate.
«Beh, diciamo che quando non ho niente da fare, ogni tanto ti controllo...» 
Incrociai le braccia e il mio sorriso passò dall'essere di gioia ad amaro.
«Quindi mi spii?»
«Non la metterei così.» ribatté lui. «Diciamo che sono semplicemente curioso di come cambi nel corso degli anni.»
«Come puoi vedere, sono sempre la stessa.» lo interruppi.
Lui scosse la testa.
«Ti sbagli. Da quando sei diventata madre, sei cambiata tantissimo. E comunque, Marron è un bellissimo nome.»
Per un paio di minuti, rimanemmo in silenzio a guardarci negli occhi.
«Dovresti venire a conoscerla.» azzeccai. «Credo che le farebbe piacere passare un po' di tempo con suo zio. Ti adorerebbe!»
Scosse la testa.
«Non posso. Te l'ho già detto...» Mise la sua mano sopra alla mia spalla. «La famiglia è tua. Ed io non ne faccio parte.»
Cercai di controbattere, ma non trovai nessuna parola adeguata per rispondere alle sue frasi. Così, decisi di cambiare argomento.
«Faccio degli incubi di continuo riguardo al Dottor Gelo. E mi sono venuti alla menti tantissimi ricordi di quando ci torturava.» dissi, tutto d'un fiato.
La sua espressione rimase calma e indifferente. Fece un sospiro corto, così corto che pensai gli mancasse aria.
«Io... In realtà, non ho mai dimenticato...»
Strabuzzai letteralmente gli occhi.
«Come scusa?»
Mio fratello fece un sorriso beffardo.
«Quel che ti ho detto. Gelo non deve aver fatto un buon lavoro con me... Ho mantenuto alcuni ricordi dal giorno in cui ci ha catturato in poi.»
«Ah sì? E perché non me l'hai mai detto?» chiesi, inarcando un sopracciglio.
Scrollò le spalle.
«Non ho mai ritenuto che fosse importante metterti al corrente.»
Chiusi le mani a pugno, conficcandomi quasi le unghie sulla pelle. Possibile che mio fratello fosse stato così cretino da non dirmi una cosa che io ritenevo importantissima?
«In realtà...» continuò. «Non l'ho fatto perché sapevo che ti saresti agitata per nulla. E poi, di sicuro mi saresti stata appiccicata fino a quando non ti avessi raccontato tutto nei minimi dettagli!»
Rilassai le dita, fino a farle tornare alla loro posizione abituale. C17 non aveva torto. Ma ciò non toglie che avrebbe potuto dirmelo. 
«Direi che è quasi ora che tu torni dalla tua famiglia, Harumi.»
Non appena pronunciò quel nome, mi pietrificai.
«Ha... Harumi?» ripetei confusa.
Mio fratello fece un sorriso.
«E va bene, ammetto che al momento non sei l'unica che fa degli incubi riguardo al Dottore...» Sospirò. «In uno di essi, ricordo che ti chiamavo per nome: Harumi.»
Sorrisi nuovamente anch'io.
«Se ti interessa, il tuo vero nome era Masa...»
«Sì, lo so che era Masaru.»
D'un tratto mi feci seria.
«Che antipatico!» esclamai fingendomi offesa e facendolo scoppiare a ridere. «Sia chiara una cosa: il mio nome è C18 e non Harumi. Mi sono spiegata bene?»
Annuì divertito. Dopo di che si voltò e capii che se ne stava andando.
«Crilin dev'essere proprio un bravo ragazzo...» Fece una pausa. «Ed è proprio per questo che credo tu debba dirgli che sei immortale.» 
Alzai di scatto la testa verso la sua direzione. A sua volta, C17 voltò lo sguardo verso di me.
«Sono sicuro che non gliel'hai ancora detto. Ma se l'hai fatto, beh... Ammetto che l'ha presa molto bene.»
Deglutii e non ebbi il coraggio di rispondergli.
«Sta' tranquilla. Un giorno o l'altro, può darsi che ci incontreremo di nuovo. Ma non aspettarti che entrerò a far parte della tua "famiglia."»
Annuii. Dopo avermi fatto un sorriso, C17 si diresse a nord ed azzerò completamente la sua aura.
Mi morsi la lingua, rendendomi conto che avevo un nuovo problema a cui pensare. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi chiedo perdono!!
So che avevo promesso che avrei aggiornato molto prima, ma tra la scuola ed una gara, sono stata impegnatissimo...
Scusatemi, vi prego ç_ç
Che posso dire riguardo alla storia? Innanzitutto il nome Harumi... Così come Masaru, non ha alcuna rilevanza nella storia, li ho inseriti solamente perché i nomi mi piacevano, ma loro resteranno pur sempre C17 e C18, nessuno li chiamerà con questo nome ;)
Poi, riguardo a C17, spero che la sua apparizione sia stata di vostro gradimento.
Vi prometto che farò il possibile per non aggiornare nuovamente così in ritardo... In più adesso siamo quasi a fine anno e di conseguenza, non appena inizierà l'estate, sarò liberissima e potrò dedicare tutto il mio tempo (o quasi) esclusivamente alle mie fanfiction!

   
 
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