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Autore: mymindfliesaway    13/05/2014    0 recensioni
Il grosso portone fu aperto da un ragazzo alto, snello e di bell'aspetto che la squadrò dalla testa ai piedi.
- Mondana. Cos'è che vuoi? Questo non è il posto per... - il ragazzo tacque alla vista della figura che era andata ad interporsi fra lui e la ragazza.
Salve, Alexander. La signorina qui è una di voi. Necessita di alloggio, istruzione e addestramento. Dovrei parlare con i tuoi genitori, è piuttosto urgente.
- Fratello Zaccaria. Prego. - il tono improvvisamente tanto composto e formale che aveva assunto Alexander - così l'aveva chiamato - le fece supporre che la faccenda fosse decisamente più seria di quanto avesse immaginato. Fratello Zaccaria li oltrepassò e sparì silenziosamente, lasciandola sola, in quel posto sconosciuto, con un estraneo che per di più la guardava come se avesse appena ucciso un intero esercito.
- Lascia la giacca lì sopra e stammi dietro. - Hazel fece quanto indicato e s'incamminò a testa bassa dietro di lui.
Avrebbe voluto gridare, chiedere cosa volessero farle, cosa avrebbe dovuto fare, che ne sarebbe stato della sua vita. Ma le parole le ardevano il gola come fuoco, incapaci di venir fuori.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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-Dove siamo diretti? – Hazel si pentì all’istante di aver posto quella domanda, ma non era riuscita ad evitarlo. Il silenzio che aveva regnato fino a quel momento la soffocava, soffocava il suo desiderio di sapere. Cosa ne sarebbe stato di lei? E se le avesse fatto del male? Nessuno sarebbe corso a salvarla, perché non aveva nessuno al mondo, non aveva alcun parente. Aveva vissuto all’orfanotrofio per molti anni, ma nonostante ciò non aveva alcun amico: non è il genere di posto in cui si fa amicizia, sono tutti in competizione per accaparrarsi finalmente una famiglia e andare via di lì. E anche lei l’aveva tanto desiderato, anche lei bramava con tutta se stessa andare via, eppure, ora che era fuori e lontana da quel posto più che mai, si era resa conto di quanto fosse per lei la cosa più simile ad una casa e ad una famiglia che avesse. Adesso era completamente sola. Tutti i ragazzi dell’orfanotrofio avevano perso i loro genitori in seguito ad un qualche incidente, incendio, o ad uno sfortunato avvenimento comprensibile per la logica umana. La morte dei suoi genitori, invece, le era sempre stata oscura: non le era mai stato raccontato, le uniche cose che conosceva sulle sue origini erano di essere stata portata lì da un conoscente dei suoi genitori e di provenire da Alicante, una città della Spagna. Almeno, così diceva il suo –ormai divorato dall’usura- adorato libro di geografia.
Ci siamo quasi, signorina.
La grave voce dello strano monaco la riportò alla realtà, smise di giocherellare con i ciottoli che costernavano il sentiero che stavano seguendo e alzò lo sguardo.
Erano giunti dinanzi un enorme stabile che ricordava una vecchia abitazione pensata per più famiglie di un alto rango sociale, ma che era completamente in rovina: i muri erano coperti di edera, totalmente distrutti da, suppose, i fenomeni atmosferici nel tempo, poiché quell’edificio aveva sicuramente almeno trecento anni e sembrava essere stato abbandonato un centinaio prima. Ad un certo punto si chiese se non fosse quella la sua nuova dimora: al solo pensiero rabbrividì, e cominciò a sperare che il monaco riprendesse a camminare. Quello però non si mosse dal punto in cui si era fermato poco prima, ovvero dinanzi a quello che una volta doveva essere l’ingresso: un enorme portone di legno pregiato ormai danneggiato irrimediabilmente.
- Mi scusi, perché mi ha portata qui? Non c’è nulla se non queste rovine. – fece un passo in avanti e affiancò la figura incappucciata che l’aveva scortata lì col silenzio e la leggiadria di un fantasma.
Su, si sforzi. Non cerchi di vedere: osservi.
Hazel cercò di concentrarsi su ciò che aveva dinanzi e strizzò gli occhi, con il risultato di sentirsi tanto ridicola quanto quella volta che andò in mensa stringendo al petto il suo orsetto di peluche perché aveva avuto un incubo. E aveva undici anni.
Così comprese che quello non era il modo giusto, e tenendo gli occhi bene aperti, cercò di focalizzare mentalmente lo stabile. Dopo minuti che le parvero passare tanto lentamente quanto le ore, finalmente vide ciò che probabilmente il monaco intendeva: l’edificio era perfettamente costruito, possente, maestoso, alto e di dimensioni più che considerevoli. Il ‘’vecchio’’ portone a cui si erano precedentemente avvicinati era una bellissima costruzione in legno, con curiose forme intagliate e dettagli eleganti. Ciò che Hazel notò era il fatto che non vi fosse alcuna serratura.
Improvvisamente questo si aprì e sull’uscio comparve un ragazzo alto, snello e di bell’aspetto che la squadrò dalla testa ai piedi con un certo disprezzo negli occhi.
- Sei una mondana. Cosa ci fai qui? Questo non è un posto per…- il ragazzo tacque alla vista della figura che era andata ad interporsi fra lui e la ragazza.
Salve, Alexander. La signorina qui è una di voi. Necessita di alloggio, istruzione e addestramento. Dovrei parlare con i tuoi genitori, è piuttosto urgente.
- Fratello Zaccaria. Prego. - il tono tanto composto e formale che aveva assunto Alexander - così l'aveva chiamato - le fece supporre che la faccenda fosse decisamente più seria di quanto avesse immaginato. Fratello Zaccaria li oltrepassò e sparì silenziosamente, lasciandola sola, in quel posto sconosciuto, con un estraneo che per di più la guardava come se avesse appena ucciso un intero esercito.
- Lascia la giacca lì sopra e stammi dietro. - Hazel fece quanto indicato e s'incamminò a testa bassa dietro di lui.
Avrebbe voluto gridare, chiedere cosa volessero farle, cosa avrebbe dovuto fare, che ne sarebbe stato della sua vita. Ma le parole le ardevano in gola come fuoco, incapaci di venir fuori, così si limitò a brancolare nella semioscurità aggrappandosi a dei passi che di familiare avevano ben poco. Anzi, un bel niente.
Ad un tratto però, decise di non poter più aspettare: doveva sapere.
- Mi scusi, Alexander – esordì, ma fu immediatamente interrotta dal tono brusco e seccato del ragazzo.
- Alec, sono Alec. E per l’Angelo, siamo coetanei! Dammi del tu.- svoltarono in un corridoio che le ricordò l’interno di un castello medievale, illuminato da lampade alte appese ai muri e che dava su una serie di porte tutte uguali. 
- Va bene, scusami, Alexan… Alec. Dove mi stai portando? Cos’è questo posto? Mi sarà fatto del male?- Hazel si chiese se non avesse esagerato.
-Ehi, datti una calmata. Questo posto sarà, almeno finché non troverai un altro posto dove alloggiare, la tua casa. Non ti sarà fatto del male… finché saprai difenderti.- le sue parole le diedero i brividi. Si fermarono dinanzi ad una di quelle porte e Alec vi diede un colpo sordo.
Un altro. Un altro ancora.
-Sì, per l’Angelo, arrivo!- una voce femminile si affrettò a rispondere dall’interno. La porta si aprì e sull’uscio apparve una ragazza bellissima, alta, snella e con dei meravigliosi capelli corvini. I due si scambiarono una rapida occhiata ed Hazel si chiese se non fossero imparentati: le somiglianze erano evidenti, tranne per gli occhi. Quelli di Alec erano di un azzurro intenso.
-Isabelle, lei è…-
-Hazel. Ho sedici anni.-
-Hazel. L’ha portata qui Fratello Zaccaria e ha detto che dobbiamo occuparcene. Sta discutendo con mamma in biblioteca, probabilmente dovremmo raggiungerli. Ah, comunque, Hazel, noi siamo i Lightwood. Benvenuta all’Istituto di New York.- Isabelle la guardò proprio come aveva fatto Alec all’ingresso: doveva essere una cosa di famiglia.
- Okay. Andiamo. – le fecero strada fino alla biblioteca e quando entrarono Hazel credette di essere finita in paradiso. Centinaia e centinaia di libri, caminetto, divani, la scrivania piena di scartoffie. Sembrava un posto d’altri tempi.
Una voce adulta ed irritata si levò dal centro della stanza.
- Con la situazione in cui tutti noi riversiamo in questo momento, non possiamo occuparci di una Shadowhunter che non ha neanche idea di cosa sia il Mondo Invisibile! Fratello Zaccaria, lei comprenderà che…-
Maryse, non avete altra scelta. La ragazza deve stare qui. Deve essere addestrata e istruita come una vera Nephilim, e allora potrà essere utile per la battaglia.
Alec tossì, attirando strategicamente l’attenzione su di loro. Maryse si ricompose.
- Sei tu, dunque? - la ragazza annuì. – Qual è il tuo nome? – Hazel provò a rispondere, ma le parole le si strozzarono in gola. Cominciava a sentirsi tremendamente confusa. Nephilim? Shadowhunter? Mondo Invisibile? Istituto? Ma di che diamine blateravano?
-Hazel. Si chiama Hazel e ha sedici anni, mamma. - Alec rispose per lei e in quel momento si sentì invadere da uno strano senso di gratitudine.
-N-non so nulla d-delle mie origini.- Hazel cercò di ricomporsi, reprimendo il senso di impotenza che avvertiva. –So soltanto di essere stata portata all’orfanotrofio in cui ho vissuto fino a poche ore fa da un conoscente dei miei genitori e di provenire da Alicante. – Maryse le rivolse uno sguardo stupito.
-Alicante?-
-Sì, Alicante. E’ una città della Spagna.- Isabelle e Alec alle sue spalle tentarono di soffocare delle risatine.
- Vedi, Hazel, non provieni da quella Alicante. L’Alicante da cui provieni tu, così come tutti noi  qui dentro, è la capitale di Idris.- La confusione che vigeva nella mente di Hazel cresceva minuto dopo minuto.
-Idris? Che posto è? Dove si trova? Sulle cartine non l’ho mai visto…-
-Non c’è sulle cartine. Non sulle tue. –ribattè Isabelle.
-Perché, cos’hanno le mie che non va?- chiese, leggermente infastidita. La geografia era da sempre la materia che preferiva in assoluto, e aveva studiato così tante volte il planisfero che le parve assurdo non aver mai notato questa Idris da nessuna parte.
-Sono cartine mondane. Ovvero, cartine dei semplici esseri umani. Non rappresentano la patria degli Shadowhunters.- le spiegò Alec.
-Che diamine sono gli Shadowhunters? E i Nephilim? Voi siete tutti matti. State delirando. Voglio andare via di qui.-il cuore le martellava in petto come se a momenti volesse spaccare tutto e scappare via prima di lei.
-Ti è mai capitato di vedere, avvertire o udire cose inusuali? Ombre, fate, esseri dalla pelle blu…- Hazel sgranò gli occhi. Sì che le era capitato, e non una volta soltanto.
- Sì, so già di essere un po’ suonata. E allora?- il suo tentativo di recuperare un po’ di integrità fu alquanto vano. Alec ed Isabelle risero.
-No, non sei suonata. Sei solo diversa. Speciale. Vedi, Hazel, sei una Shadowhunter: una cacciatrice di demoni. E le strane figure che vedi, esistono davvero e sono gli abitanti del Mondo Invisibile. Tieni a mente: tutte le storie sono vere.-  il tono di Maryse, improvvisamente gentile e pacato mirava a non spaventarla, ma fu inutile: la ragazza vide tutto ciò che la circondava girare vorticosamente. -E adesso mi direte che esistono i vampiri, e che il vostro animaletto domestico è un lupo mannaro.-
-No, che schifo. Peli ovunque. E la luna piena, poi! Sarebbe un disastro.- Hazel guardò torva Isabelle.- Sì sì, non allarmarti, sta’ tranquilla. Andrà tutto bene. Studierai e imparerai a difenderti e combattere e noi – anche se non è che ne abbia questa gran voglia, visto il gran casino in cui siamo tutti – ti aiuteremo, anche se non hai molto tempo. Tutto chiaro? – Isabelle le agitò una mano davanti al volto. – Ehi, mi sa che è andata! -
-No, no. Sto bene, credo. – Hazel fermò lo sguardo su Maryse. – Demoni? Io non sono capace neanche di impugnare correttamente un coltello da burro.- pronunciate quelle parole, si sentì avvampare.
- Non preoccuparti, avrai abbastanza tempo per imparare a farlo.- Maryse guardò entrambi i suoi figli.- Datele una stanza non troppo lontana dalle vostre e fatela ambientare. Dato che qui non esiste più un tutore, vi alternerete nel seguire sia il suo studio che il suo addestramento. Alec, dalle una copia del Codice. –il ragazzo annuì e si diresse verso uno degli scaffali dall’altro lato dell’enorme stanza. Quando ritornò, aveva fra le mani un volume rilegato con la copertina di pelle blu, che pareva essere molto antico. Glielo porse e lei lo afferrò, stringendoselo al petto, come a cercare conforto. – Bene, Hazel, quel libro ti darà le conoscenze base di cui necessiti. Appena avrai terminato di leggerlo, ti sarà mostrato il Libro Grigio. Chiaro?- Hazel annuì, pur non avendo la minima idea di cosa fosse il Libro Grigio.
Perfetto. Adesso, per favore, lasciateci soli. Ho ancora molto da dire sulla ragazza.Confido che saprete prendervene cura nel modo corretto e che tu imparerai e presterai attenzione al Codice. Arrivederci.
Congedati da Fratello Zaccaria, i tre ragazzi uscirono dalla biblioteca richiudendosi lentamente la porta alle spalle.
- E adesso? -
- Adesso Haz…- ehi, ti spiace se ti chiamo El? Hazel mi sembra troppo lungo!- la ragazza scosse la testa. – Bene, El, adesso ti sistemi nella camera che si trova a due porte dalla mia e ti studi per bene quel bel volume che ti stringi forte al petto. Intesi?-
-No Izzy, aspetta. Guarda com’è vestita. – per la seconda volta nel giro di dieci minuti le guance le divennero del colore del fuoco ardente.
-Hai indumenti di colore nero?- le chiese il ragazzo.
-Sì, sì ne ho. Abbastanza da vestirmi completamente di nero per cinque giorni consecutivi. Bastano?-
Isabelle annuì. – Cambiati, poi vieni da me. Cercherò di darti un aspetto decente. -
-Ma perché, cos’ha il mio che non va?- chiese infastidita El.
-E’ da mondana. E tu non lo sei, anche se ti comporti come tale. Quindi vedi di rimediare.- con queste parole Alec si allontanò ed Isabelle si chiuse in camera sua.
Una. Due.
Questa deve essere la mia.
Hazel aprì la porta, ma quel che si trovò davanti non fu una camera singola e pronta ad accogliere un ospite, bensì un’ampia stanza con fila di letti come quelli che si trovano negli ospedali; difatti era entrata nell’infermeria. Su due letti, uno di fronte all’altro, vi erano due ragazzi. Uno dai capelli biondi come fili di grano, dalla figura possente e con le braccia ricoperte di simboli proprio come Alec ed Isabelle; l’altra con i capelli rossi come il fuoco,  occhi verdi, l’espressione triste ed un bellissimo maglioncino celeste.


 
Angolo Autrice
Abbiate pietà, non ho riletto, è tardi e sono stanca, lo farò domani sera e correggerò gli errori.
Grazie per aver seguito anche questo capitolo!
Come sempre da ora in poi, vorrei conoscere i vostri pareri.
Ave, Nephilim e Nascosti!

 
  
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