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Autore: ValHerm    13/05/2014    5 recensioni
"Haibara ed Edogawa non esistono più da un pò ormai. Ascoltando quel nome ti sembra sempre di rincorrere un ricordo che si è dissolto col tempo. Qualcosa di inafferrabile, che non esiste più.
Chiudi la chiamata e guardi malinconico il tramonto. Sei tornato a villa Kudo, di nuovo. Chissà poi perché. Forse speravi ancora che dopo sette anni l'avresti trovata lì, sulla soglia, ad attenderti.
- Vorrebbe averti qui, quel giorno.
- Non posso. E lei lo sa.
[...]
- Perché sei tornata, Shiho?"

[Shinichi/Shiho, in un futuro Shinichi/Ran]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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If you only knew
If you only knew

Nel vuoto della stanza non vi è alcun rumore a farti compagnia. Digiti quello stesso numero sul cellulare, sperando di udire parole diverse da quelle a cui sei abituato. Te lo porti all'orecchio, e aspetti. Gli squilli si susseguono, sembrano non avere mai fine. D'un tratto, un rumore. Spalanchi la bocca, convinto che la sentirai rispondere "pronto?". Invece parte il solito messaggio registrato.

- Risponde la segreteria di Haibara. In questo momento non posso rispondere. Lasciate un messaggio o riprovate più tardi.

Chiudi il cellulare di scatto, e lo riponi in tasca. Perchè si ostini a non aggiornare quel messaggio, per te è ancora un mistero. Haibara ed Edogawa non esistono più da un pò ormai. Ascoltando quel nome ti sembra sempre di rincorrere un ricordo che si è dissolto col tempo.

Qualcosa di inafferrabile, che non esiste più.

D'un tratto è il tuo cellulare che comincia a squillare, ridestandoti improvvisamente dai tuoi pensieri. La sua immagine sfocata ti ritorna in mente. Rispondi così in fretta che non badi nemmeno a leggere il nome impresso sul display.

- Shinichi! Dove sei? Sonoko è già arrivata da me con mille cataloghi di abiti e luoghi meravigliosi per il ricevimento.

Si sente anche una voce irritante quanto cara, in sottofondo.

- Starà indagando sul triangolo delle Bermuda. Fallo sposare con la scrivania. Uuuh guarda questo!

- Sonoko, ti prego! Shinichi, i tuoi casi possono aspettare. Non mi sposo da sola, io.

Sorridi. Certo, non poteva essere lei.

- Scusami Ran. Ho fatto tardi. Arrivo tra poco.

Chiudi la chiamata e guardi malinconico il tramonto. Sei tornato a villa Kudo, di nuovo. Chissà poi perchè. Forse speravi ancora che dopo sette anni l'avresti trovata lì, sulla soglia, ad attenderti.

Ora cammini per la strada, e non hai più paura di essere riconosciuto da qualche criminale dell'organizzazione. Tutto quello non esiste più da un pò, ma hai dovuto farci i conti per anni. Un'esperienza come quella non si dimentica, ti segna nel profondo e ti cambia inesorabilmente. Non avevi mai avuto voglia di parlarne con la tua fidanzata, nè con i tuoi amici più cari. Persino le parole comprensive di Heiji non riuscivano più a darti conforto. Volevi parlarne con lei. Volevi sapere se era riuscita a costruirsi quella vita che le era sempre stata negata. Volevi chiederle se anche a lei capitava di alzarsi nel cuore della notte col fiatone, per colpa di paure che ancora popolavano i tuoi peggiori incubi.

Tuttavia, nulla di tutto questo era avvenuto. Poco dopo essere tornata sè stessa, aveva preso il primo volo per non si sa dove e se n'era andata. Non aveva più dato notizie. Perlomeno, non a te. Il dottor Agasa era l'unico al quale alle volte dava qualche cenno di vita. Era stato considerato l'unico degno di restare in contatto con lei, e questo alle volte ti faceva provare invidia. Invidia per un vecchietto che ti è sempre stato accanto e ancora oggi ti sopporta.

Come sei caduto in basso, Shinichi Kudo.

Non sentire più la sua voce per sette lunghi anni, era stato indescrivibile. Ti ritrovavi a chiamare quel vecchio numero, sperando che lei lo usasse ancora, perchè era l'unico recapito che ti fosse rimasto. Puntualmente, la sua voce registrata ti rispondeva, senza farti capire se un giorno lei avrebbe sentito o meno le tue parole. A volte non ti era importato, ed eri rimasto lì per minuti interminabili a parlare nel silenzio della sua segreteria.

- Shiho, mi sono ricordato che oggi è il tuo compleanno. Tanti auguri. Vorrei farteli di persona, vorrei rivedere la tua faccia scontrosa e saccente. Quando ti deciderai a venirci a trovare?

- Signorina Miyano, non mi interessa se è alle Bahamas o a Timbuctù. Non si fa vedere da troppo e stia sicura che ho i mezzi necessari per mandare una squadra di ricerca a recuperare il suo regale fondoschiena. È pregata di farsi sentire, ho dei casi investigativi che le sottoporrei volentieri.

- Ciao Shiho. Oggi ho rivisto Ayumi, Genta e Mitsuhiko. Erano al cinema, insieme come sempre. Ayumi diventa sempre più bella, Genta cerca di perdere chili e Mitsuhiko prova a badare ad entrambi. È stato come tornare indietro, risentire le loro voci. E tu, Shiho? Perchè non posso più sentire la tua voce?

Sapevi  che molto probabilmente lei quei messaggi non li avrebbe mai sentiti. Riattaccavi lanciando il cellulare sulla scrivania e passandoti le mani tra i capelli  Era stupido parlare col vuoto, ma ti aveva lasciato così all'improvviso, che ancora non riuscivi a trovare una spiegazione alla sua assenza.

Il dottor Agasa era sempre vago quando gli chiedevi di lei. Probabilmente non sapeva molte cose nemmeno lui, ma una parte di te credeva che lo facesse apposta. Come se lei gli avesse chiesto di tenere un segreto. Ironia della sorte, proprio tu che prima condividevi con lei un segreto di vita o di morte, adesso eri stato escluso dai giochi. Da una vita che avresti voluto condividere anche con lei.

Ti ritrovi di fronte a casa dell'anziano dottore quasi senza accorgertene. Ti fermi ed osservi l'abitazione fiocamente illuminata, immaginandolo in laboratorio a trafficare con qualche nuova invenzione. Hai perso il conto di quante volte in sette anni sei andato da lui per chiedere notizie di lei.

- È il mio compleanno. Vorrei che venisse a festeggiare insieme a noi.
- Non lo so, Shinichi. L'ultima volta che l'ho sentita sembrava molto occupata con qualche nuovo farmaco. Non credo possa raggiugerci.
- Ma è un anno che non si fa vedere, o sentire. Glielo dica, per favore.
- Contaci.

- Perchè non mi risponde al telefono? Avrei voluto invitarla per queste vacanze. Stare tutti insieme.
- Si sta spostando spesso per lavoro. Avrà molte faccende da sbrigare, immagino.
- Ma lei come la sente?
- A volte per telefono, altre via internet. Non so mai quando la sentirò la prossima volta.
Lo sai, è sempre stata imprevedibile.
- Già.

- Sono passati cinque anni. Lei evita l'argomento ed io sto per impazzire. A volte credo di aver immaginato tutto, credo che sia stato tutto un sogno ed che Ai Haibara sia esistita solo nella mia testa.
- Calmati, Shinichi. Ti assicuro che sta bene. Tu stai vivendo la vita che ti era stata rubata, ed è ciò che lei ha sempre voluto per te.
- Non tornerà più, non è così?
- È probabile.

Ti eri recato dal dottor Agasa l'ultima volta qualche settimana fa. Da quella volta non avevi più chiesto di lei, sino a quel momento.

- Io e Ran ci sposiamo.
- Le mie congratulazioni, Shinichi.
- Sono qui per invitarla ufficialmente, dottor Agasa. E anche per chiederle un favore.
- Dimmi pure.
- Glielo dica. E le dica anche che mi farebbe piacere averla qui, quel giorno. Per favore.
- Lo farò.

Non c'era stato bisogno di nominarla. L'anziano dottore lo conosceva da troppo tempo per non comprenderlo già da uno sguardo.

Decise di fargli un saluto, prima di tornare da Ran. Entrò dalla porta sul retro, consapevole che non l'avrebbe sentito suonare il campanello, se fosse stato chiuso nel suo studio come immaginava. Si fece strada verso quella vecchia stanza, sentendo rumori indistinti che provenivano dalla soglia. Si sporse appena sull'uscio, per udire le parole che l'avrebbero bloccato lì.

- Si sposa?

Aveva ascoltato quella voce registrata così tante volte in sette anni, che gli sembrava ancora di sentire il suono metallico della segreteria accompagnarla. Tuttavia questa era incrinata, diversa.

- Si, Shiho. Mi ha chiesto di dirtelo. Erano due anni che non mi chiedeva di te, ma non ho mai visto il tuo ricordo sparire dai suoi occhi. Perciò dovevo dirtelo. Glielo dovevo.

Per attimi che sembrano infiniti cade il silenzio. Sei paralizzato sulla porta, concentrato unicamente sul suono della sua voce.

- Vorrebbe averti qui, quel giorno.

- Non posso. E lei lo sa.

- Shiho, per quanto hai intenzione di continuare così? Sono passati sette anni. Credevi forse che un giorno ti avrebbe semplicemente dimenticata?

- No. Ma speravo che avrei potuto dimenticare io. Non ce l'ho fatta. Non.. non posso tornare.

Non ce la fai più a stare lì, immobile, mentre ricevi pugnalate che non credevi potessero fare così male. Spalanchi la porta e sposti il dottor Agasa dalla sua sedia preferita, per guardare quella donna riflessa nel monitor dritto negli occhi. Il dottore non ha il tempo di capire la situazione, e lei nemmeno. Sussulta, alla tua vista. I tuoi occhi sparano scintille.

- Perchè non vuoi vedermi? Perchè non mi hai mai risposto? Che cosa ti ho fatt..

Ti blocchi, quando guardi meglio il suo viso. C'è il solco di una lacrima che ha tracciato una riga ben visibile sulla sua guancia sinistra. Vi fissate per un istante, senza sapere bene cosa fare. Poi lei sembra ridestarsi da quel contatto d'iridi, cerca un pulsante frettolosamente, e lo schermo si oscura.

Sbatti i pugni sulla scrivania, e a sguardo basso ti allontani, senza che il richiamo del dottor Agasa possa riportarti indietro. Passi rapidamente un braccio sulla guancia, per asciugare qualcosa che ti ha bagnato il volto, e ti avvii verso la tua vita. Una vita nuova, estranea, in cui lei non c'è.



*



- Papà, posso andare sullo scivolo? Ti prego!

La fissi intensamente, riflettendo sul da farsi. Ha gli occhi di tua madre. Occhi che non tollerano rifiuti.

- Vai.

Dici infine, guadagnandoti un enorme sorriso. Seduto sulla panchina di quel vecchio parco vedi la tua piccolina correre a perdifiato verso le giostre, incurante del vestito azzurro che porta. Avrebbe dovuto indossare i pantaloni, visto che è una sorta di maschiaccio. Ma tua moglie non è d'accordo con te: per lei è solo un angelo con un pò di forza in più e un pò di grazia in meno. Come lei, d'altronde.

Sorridi, chiudendo gli occhi e godendoti la calma di quel momento. Gli anni erano passati anche per te, il famigerato detective del liceo. Non avresti mai immaginato di sentirti chiamare papà un giorno. Di sicuro però per la tua bambina non eri eccezionale come i suoi nonni Yukiko e Yusaku. Sembravano più i suoi compagni di gioco che altro, ma i tuoi genitori sarebbero sempre rimasti gli stessi.

Apri gli occhi verso il cielo. La tua vita era andata avanti, nonostante le difficoltà e gli incubi che la notte ancora ti tormentavano. Avevi avuto mille dubbi sulla strada da seguire, ma ti bastava guardare negli occhi la tua bambina per sapere di non aver sbagliato tutto nella vita. Di aver fatto almeno una cosa giusta.

Non sai se sia lecito o meno il fatto che ancora ti manchi. Ai Haibara è ormai un fantasma dei tuoi ricordi, ma non hai mai perso la speranza di rincontrare Shiho, un giorno. Hai smesso di aspettarla sulla soglia di casa tua o di lasciare messaggi nella sua segreteria, da quella sera dal dottor Agasa. Non sai spiegarti il perchè. È stato come guardarla negli occhi per la prima volta ed aver capito cosa davvero nascondesse in essi. Forse l'avevi sempre saputo, ma solo allora l'avevi visto.

Al funerale del dottor Agasa ti saresti aspettato di vederla lì accanto agli altri, con Genta, Ayumi, Mitsuihiko, e tutti coloro che nell'anziano avevano sempre avuto un punto di riferimento. Ti eri asciugato le lacrime frettolosamente, ricordando la sua voce.

- Non posso.

Distogli lo sguardo dal cielo, e torni a fissare la tua bambina. Fai appena in tempo a vederla inciampare e cadere per terra, e ti scappa un sorriso pensando che adesso ti chiamerà piangendo. Fai per alzarti, ma ti blocchi. Una donna accanto a lei si piega sulle ginocchia, e le sorride. Le dice qualcosa che non riesci a capire, e le allunga una mano. Tua figlia sorride di rimando e afferra la mano di quella donna dai tratti occidentali, alzandosi con vigore. Fa un piccolo inchino per ringraziarla e torna a giocare contenta.

Resti immobile, fissando quella donna. Temendo di averla sognata ancora, e di veder scomparire il suo riflesso. Lei si volta verso di te, e accenna un sorriso. I suoi capelli sono ancora gli stessi, ma il suo fisico è cresciuto con lei. È una figura troppo cara ai tuoi ricordi per poterla dimenticare. Non puoi fare altro che ricambiare il suo sorriso, felice che stavolta, il sogno sia reale.

- Sapevo che era tua. Lo sentivo. Somiglia tanto a tua madre.

- Oh, e non sai quanto ne va fiera. Cosa le hai detto, prima?

- Le ho detto che io per giocare mettevo i pantaloni.

- Bugiarda.

- Okay, non giocavo, ma i pantaloni li mettevo davvero, da bambina. Non dirmi che te ne sei dimenticato.

- Come potrei? Sua madre non è molto d'accordo, ma da come ti ha sorriso, penso che piacciano anche a lei.

Shiho ti sorride. Abbassa lo sguardo e cade il silenzio. Forse è stato indelicato fare riferimento a Ran, ma sai che se è tornata, lo ha fatto consapevole anche di quello.

- Quanto ti fermi?

- Sono di passaggio. Sono andata al cimitero. Dovevo portare almeno un fiore al dottor Agasa. Ha condiviso con me più segreti e paure di quanto un padre vero avrebbe mai potuto fare.

- Lo so. Non ha mai voluto rivelarmeli.

Scherzi.

- Credo che tu li abbia scoperti da solo.

Risponde, con un velo di amarezza. La guardi, e per la prima volta senti davvero il peso del tempo che è passato. Allora immagini cosa sarebbe stato se avessi fatto scelte diverse, se l'avessi trattenuta invece di lasciarla andare, se fossi rimasto con lei invece che con Ran.

Erano i rimorsi di una vita che in sogno ti venivano ancora a cercare.

- Non avrei dovuto lasciarti partire.

- Non potevi sapere che non sarei più tornata. Non sapevo neanch'io se ne avrei avuto la forza.

- Non importa. Avrei dovuto farti capire che qualcosa era cambiato, dentro di me. Ti ho lasciato almeno un milione di messaggi in una segreteria che sicuramente non hai mai ascoltato, ce l'ho avuta con te, e col dottor Agasa, perchè non voleva darmi risposte. Io...

- Li ho ascoltati. Quei messaggi. Uno ad uno. Erano ciò che mi dava la forza. Sapere che tu non mi avevi dimenticata.

La voce le trema appena, e per un attimo cala il silenzio. Si sentono solo le risate dei bambini che giocano. Tra loro è seduto lo spettro di una vita mai vissuta, di mille segreti mai rivelati e di sentimenti nascosti nell'ombra della paura.

- Sono contento che tu sia tornata.

Dici ad un tratto, prendendole la mano. Lei ti sorride.

- Come ti fai chiamare adesso? Ai, Shiho o cos'altro, non l'ho mai saputo.

- Shiho. È il nome che mi hanno dato i miei genitori, e ora posso usarlo di nuovo. Anche se mi presento ancora come Ai, a volte, a persone che non rivedrò. Le brutte abitudini sono dure a morire.

- Invece io credo che tu ti ci sia affezionata, a quel nome, Ai.

- Può darsi, Conan.

Inizi a ridere sinceramente, e lei a ruota dietro di te. Ti era mancato non sentirti più chiamare così. A poco a poco l'euforia si calma, e lei ti guarda ancora.

- Sei felice, non è vero?

La fissi, e vedi nei suoi occhi una miriade di sentimenti. Ci sono state volte in cui hai dubitato di quella risposta. Ma ora sai cosa dire.

- Sì. Ho avuto una vita piena, nonostante il vuoto che hai lasciato dietro di te. Ci ho fatto i conti ogni giorno, e a volte ho pensato di aver perso qualcosa lungo la strada. In realtà, è stato davvero così. L'ho capito quando ti ho guardata negli occhi quell sera, attraverso quello schermo. Sono stato felice, ma anche pieno di dubbi. Poi è arrivata lei.

Indichi tua figlia.

- Lei ha il potere di cancellare ogni mio dubbio, solo con un sorriso.

Shiho sorride.

- Presentamela.

Ti alzi in piedi e sventoli una mano in direzione delle giostre colorate.

- Ai!

Chiami. Shiho sussulta. Ti guarda all'istante, ad occhi spalancati, mentre la piccola fa una linguaccia nella tua direzione e arriva correndo. Presto detto è già lì, davanti a voi.

- Cosa c'è, papà? Dobbiamo già andare?

- Non ancora. Volevo presentarti una persona.

La piccola Ai guarda con i suoi occhioni la figura di Shiho, e le fa un enorme sorriso.

- Ma è la signorina di prima! Papà, io la conosco. Si chiama Ai, come me. Sei un detective lentone, papi.

Ti apostrofa, afferrando una palla che è rotolata verso di lei e tornando immediatamente a giocare.

- Torna qui signorina..

Borbotti dietro di lei, ma lei già non ti ascolta più. Shiho trattiene a stento un risolino.

- Ovviamente hai architettato tutto tu. Sapevi che mi avrebbe dato del lentone, non è così?

- No, Shinichi, ma lo speravo.

Ammette divertita. La guardi, mentre sorride, e tutti i suoi affanni sembrano svanire nel nulla. Un volto provato come il suo non smette mai di portare le sue cicatrici, ed è ancora più bello quando sembra dimenticarle, perso in una serenità per troppo tempo negata. Sai che vi dividono troppi anni passati lontani, troppi segreti non detti e troppi sentimenti celati persino a voi stessi. Però è bello pensare che in quegli istanti lei sia lì davanti a te, come se non fosse trascorso un giorno da quando eravate ancora Conan ed Ai.

- Perchè sei tornata, Shiho?

La tua domanda vi riporta alla realtà.

- Avevi detto che non potevi farlo.

Lei ti guarda, e socchiude appena gli occhi.

- Volevo rivederti. Anche solo un'ultima volta.

Il pensiero della fine ti travolge.

- Ci sono così tante domande che vorrei farti.

- Ed io tante cose che vorrei raccontarti. Ma non è ancora giunto il momento per noi. Forse, l'abbiamo perso lungo la strada. Forse, un giorno il destino ci farà ritrovare. Ma adesso c'è un'altra Ai che ha bisogno di te.

Nel suo sorriso ritrovi il senso di una vita che forse ti è scivolata dalle dita troppo presto. Hai deciso ad occhi chiusi di tornare sulla vecchia via, senza sapere che avresti sentito così tanto il peso della perdita di un'altra strada, che avevi creato quasi senza rendertene conto.

Lei si alza, e quasi senza accorgertene, sei già stretto a lei. Distruggi con un gesto anni e anni di distanza, le attese, i silenzi. Le paure che ti hanno inseguito nei tuoi incubi si dissolvono. La stai abbracciando e il suo profumo è reale, capace di darti un conforto che credevi di aver perduto. Lei si aggrappa alle tue spalle, tremando appena.

- Se solo sapessi.. se solo avessi saputo..

Mormora lei, con la voce incrinata.

- Ma io lo so.

Sussurri.

- ..l'ho sempre saputo.



Fine

Ho un magone assurdo, che mi ha accompagnata per tutto il corso della scrittura di questa one-shot. Ho immaginato un futuro inoltrato, dove il peso dei sentimenti non rivelati ha portato più tristezza di quanto questa storia abbia mai mostrato. Ammetto che è una scena, una paura, piuttosto autobiografica, che esisteva già nella mia testa. Shiho è un personaggio che mi somiglia come pochi, e ho immaginato lei adatta a tutto questo. Ho descritto uno Shinichi più profondo, ma si suppone che lo scorrere del tempo porti anche questo. Spero sia piaciuta, grazie in anticipo a chi si è fermato a leggerla, e a chi mi lascerà un suo pensiero.

ValHerm
  
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