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Autore: Andy Black    13/05/2014    18 recensioni
Crystal, Silver e Gold si troveranno catapultati in un avventura senza precedenti, che li costringerà a correre in aiuto della popolazione di Hoenn, sconfitta da terremoti ed altri cataclismi.
C'è lo zampino di Groudon, e di qualcun altro, che sembra attentare alla pace per l'ennesima volta.
Cercherò di portarvi nella mente dei personaggi più amati di Pokémon Adventures
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adriano, Crystal, Gold, Rocco Petri, Silver
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Manga, Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Pokémon Courage'
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Dormire, dolce dormire.
Stanca, si infilava nel letto, ed aspettava soltanto che le batterie si ricaricassero. Niente di meglio che rimanere tra lenzuola e piumoni, sapendo che fuori faceva freddo, e che presto sarebbe potuto nevicare.
Si stava bene lì. Sotto quelle coperte, morbide e calde, profumate di fresco e di pulito. Accoglienti come solo le coperte del proprio letto sanno essere.
Perché mai svegliarsi? A chi importava che fuori ci fosse il sole?
A chi importava che ci fossero cose importanti da fare?
Ma soprattutto, a chi importava di quel fastidiosissimo rumore, di quel bip ripetuto, prodotto dalla sveglia, che aveva cominciato a martellarle i timpani, lottando contro la sua forza di volontà?
Esattamente, forza di volontà.
Crystal era una ragazza ligia al dovere, che faceva ciò che c’era da fare, piena di responsabilità che portava in alto con onore.
Col tempo il suo nome era stato associato al Pokédex, alle avventure incredibile che era riuscita ad affrontare.
Ciononostante la lotta più ardua rimaneva aprire gli occhi la mattina.
La radiosveglia si accese all’improvviso, come faceva sempre, finendo col far spaventare la ragazza.
Aprì gli occhi lentamente, Crystal, mentre le orecchie prendevano contatto con la realtà.


“...nale orario, buongiorno... problemi nella... gione di... enn... intervento dei Dex... solver... situazione...”


La bocca era impastata, forse un po’ d’acqua le avrebbe fatto sparire quel saporaccio amaro, metallico, dalla lingua.
Poi si fece coraggio e, senza nemmeno prestare ascolto a quello che la radiosveglia dicesse, la spense: tanto si parlava sempre delle stesse cose, ormai vigeva un clima di pace e tranquillità da così tanto tempo, che l’ansia per il domani avevano tutti dimenticato cosa fosse.
Aprì gli occhi, combattendo contro l’impulso di strizzarli, dopo il primo contatto con la luce tuttavia ne uscì sconfitte: le parve d’essere accoltellata alle pupille.
Poco a poco ridusse quella cecità ad una piccola pallina gialla che vedeva solo in alto a destra ma che mano a mano scompariva. Sbadigliò, stirando ogni muscolo del proprio corpo, quindi si alzò. La terrorizzava non riuscire a vedere nulla.
Lei doveva controllare tutto, guardare, capire, decidere.
Il buio era un salto nel vuoto, una totale disponibilità ad avere fiducia nel fato.
Cosa che non possedeva naturalmente; e tali cose o si avevano oppure non si avevano.
Si guardò allo specchio e pensò che quei capelli fossero diventati davvero lunghi; sospirò, immaginando i rimorsi che avrebbe avuto tagliandoli.
Era strana la situazione: voleva accorciare ma se poi lo avesse fatto si sarebbe sentita in colpa. Immaginava che facesse parte dell’essere donna sentirsi in quel modo.
Aprì la cassettiera di quella stanza ordinatissima, ne prese degli intimi e poi si diresse verso il bagno, molto silenziosamente.
Sì, perché non voleva correre il rischio che Gold, o Silver, s’accorgessero di lei e la vedessero in quello stato: non era esattamente presentabile.
Rimase un attimo zitta ed immobile per sentire se in casa ci fosse qualche rumore rivelatore.
“...”.
Niente, solo il suo respiro appesantito dalla voglia di calamitarsi di nuovo nel letto.
Buttò un occhio nella stanza di Silver: la camera era ordinata e pulita. La finestra era aperta, ed un sentore di legna bruciata filtrava dall’esterno. Pensò, come ogni giorno, che quello avrebbe potuto personalizzare meglio la sua stanza ma il fulvo prediligeva quello stile spartano, molto povero.
O forse era semplicemente poco interessato a personalizzare la sua stanza.
Lui era sempre educato e gentile ma aveva poca attitudine ad ammorbidire le cose, a colorare il grigio che la sua serietà ed il suo passato s’erano lasciati dietro.
Come quando gli aveva chiesto d’addobbare l’albero di Natale, proprio un anno prima: era così impacciato ed indeciso sul da farsi che anche il solo gesto di poggiare una pallina di vetro colorato sui rami dell’abete lo smarrivano completamente.
E l’albero di Natale era una cosa abbastanza facile da fare: insomma, prendi la pallina, mettila sull’albero, ripeti finché o palline o spazio sono terminati.
Poi pensò che quello usasse la stanza soltanto per dormire e per studiare. Infatti numerosi tomi di scienza medica erano impilati ordinatamente sulla scrivania di mogano sotto la sua finestra.
Che stesse studiando per diventare infermiere?
Scosse quel pensiero via dalla mente e continuò a camminare, contenta di non aver incrociato quegli occhi color argento in quel momento; sì, perché tutti i momenti imbarazzanti che le capitavano, avvenivano sempre quando c’era Silver davanti. Ripensava per esempio a quella volta che lei inciampò, proprio davanti a lui, con la cesta dei panni sporchi. Un reggiseno andò a finire sulla sua scarpa.
Ora, fosse stato Gold si sarebbe appropriato di quell’oggetto per fare chissà quale tipo di macumba, invece Silver si limitò ad arrossire e glielo porse gentilmente, senza dire una parola.
Crystal sbuffò, continuando la sua passeggiata lemme nel corridoio. Pochi metri dopo la porta di Silver c’era quella di Gold.
E quello era tutt’altro paio di maniche: la ragazza giurava ci fosse stato un letto, in quella camera, ma sotto quell’enorme cumulo di vestiti lei non era in grado di vedere più niente. Camicie sgualcite erano state gettate per terra, paia di calzini dalla stagionatura avanzata fermentavano, cominciando a moltiplicarsi tra di loro.
Lì regnava il caos.
E guai a chiunque si azzardasse a mettere a posto quel disordine. Crystal si ritrovò Gold a muso duro per essere entrata nella sua stanza quando lui non c’era.
“Tu non ci sei mai! Pensavo ti avrebbe fatto piacere un po’ d’ordine!”.
“Adesso non trovo più niente!”.
“Uff... vai a fare qualcosa di buono e guarda come ti ripagano...”.
Però poi ci rifletteva meglio, e credeva di volergli davvero bene. Senza le sue pensate da testa calda non sarebbe stato tutto lo stesso.
Sospirò e si chiuse in bagno.
Doccia veloce quindi si spazzolò i capelli, eliminando i nodi che di notte si formano per un contratto firmato col diavolo anni prima, dopodiché li legò come aveva sempre fatto, con i codini a destra e sinistra.
Il volto era più maturo, era una giovane donna, e come tale gli altri dovevano vederla. Gli occhi però erano sempre spensierati, di un azzurro così chiaro che sembravano quasi trasparenti: come il cristallo.
Finì di lavarsi e si vestì, calze e gonna a balze, ballerine ai piedi, maglioncino caldo e camice bianco da lavoro.
Era pronta per uscire di casa.
 
Chiuse la porta alle sue spalle, camminando lentamente lungo la stradina che portava verso il laboratorio del Professor Elm.
Una volta lì, suonò il campanello, infilando le mani nelle tasche del camice e giocherellando con la Pokéball di Meganee. Sentiva dei passi che si avvicinavano lemmi alla porta, quindi qualcuno aprì.
Era proprio Elm.
"Salve, Professore" sorrise Crystal. Il tempo stava cambiando e le nuvole all'orizzonte facevano la fila per sovrastare il cielo sulle loro teste.
"Giao Grys. Gome zdai zdabaddina?" rispose quello, con voce compressa e naso tappato.
Erano passati gli anni ma lui non era cambiato. Sempre molto magro ed alto, quando Gold lo vedeva puntualmente gli dava una manata sulla spalla facendogli cadere gli occhiali dal volto, poi gli ripeteva di mangiare di più.
Quella mattina gli occhi erano spenti e la pelle si mostrava pallida; sembrava una mummia senza bende.
"Zanto gielo... il ravvreddore dod bi da bage...".
Crys sorrise. "Le preparo un tè caldo..." fece, premurosamente.
E fu così che la ragazza entrò nell'osservatorio di Borgo Foglianova; vigeva un ordine rigoroso lì dentro.
Diversi ricercatori si stavano occupando di svariate ricerche, ognuno davanti ai propri grafici, i propri schermi.
"Bariz..." fece Elm, cercando di richiamare l'attenzione di una ricercatrice dai capelli castani e lunghi, con gli occhiali sulla punta del naso. Senza neanche attestare che quella avesse alzato gli occhi in sua direzione si avviò verso la sua scrivania, aspettandosi che quella lo seguisse.
"Maris..." sorrise Chris. "Il Professor Elm ti sta chiamando"
Quella alzò lo sguardo cristallino dai fogli che stava analizzando con attenzione e lo puntò sulla sua interlocutrice. "Oi Crys".
"Ciao. Ti cerca Elm" disse la Dexholder, sorridendo alla collega.
"Oh... ok. È che ero molto concentrata su queste ricerche"
"Bariz! Ghe gi vai angora lì? Biedi gui e guarda!" urlava il Professore.
Maris sorrise leggermente, guardò la sua collega e si avvicinò alla scrivania di Elm.
"Anghe du, Ghris. Biedi gui" aggiunse.
Arrivata lì, Crys poggiò gli occhi sulla scrivania ordinatissima dell’uomo. Elm aveva un problema, con l’ordine. Anzi, aveva un problema col disordine: tutto doveva essere maniacalmente sistemato e regolare; niente poteva essere al di fuori della sua posizione. Pile di fogli erano ordinatamente incolonnate, sistemate per data.
"Guardade guezdi rabbordi ghe Gennaro bi ha redaddo ieri. Le bagghe ghe abbiabo del giardido zdanno greggendo a dizbizura grazie al duovo verdilizzadde"
"Eh?!" chiese Crys, confusa.
Maris sorrise, spostandosi un ciuffo dagli occhi. "Si vede che non ci hai a che fare per molto tempo al giorno. Dice di guardare i rapporti redatti da Gennaro, l'altro assistente, che spiegano come le bacche che abbiamo in giardino stiano crescendo a dismisura grazie al nuovo fertilizzante"
Crys allora sorrise ed annuì, tornando a guardare il Professore.
"È zorbreddedde!" esclamò nuovamente.
"Già" sorrise ancora Maris. "E pensare che è tutto naturale, senza additivi chimici!".
"Infatti. Era per questo che abbiamo analizzato il succo di bacca degli Shuckle. Sono ottimi per fertilizzare il terreno" aggiunse la moretta.
"Berfeddo. Ora bai del giardido e breddi doda di duddo giò ghe bedi".
Crys sorrise ancora. "Mi spiace molto, ma non ho capito...".
"Baris... aiudabi".
"Dice di andare fuori in giardino e prendere nota di tutto ciò che vedi".
"Grazie Maris. Vado subito" sorrise quella. Dopodiché si lasciò alle spalle Elm e la collega e prese una cartellina rigida.
Aprì la porta del laboratorio e si trovò fuori al giardino: nonostante fosse inverno inoltrato le bacche crescevano a dismisura. Il verdeggiare degli alberi e dell’erba faceva così tanto contrasto col cielo marmoreo che non le sembrava vero di non avere ancora le scarpe bagnate dalla pioggia.
Gli alberelli erano schierati ordinatamente in fila ed i Pokémon erano lasciati liberi nell’enorme giardino; di tanto in tanto Chris osservava qualche esemplare di Caterpie sugli alberi, o qualche Pineco molto socievole.
Un Aipom le saltò sulla testa.
“Ciao piccolo! Vuoi giocare?” sorrise lei.
Quello balzò sulle spalle della giovane, quindi prese a saltellare felice.
“Dovrebbe essere un sì... vai Meganee!” urlò, tirando la Pokéball del suo esemplare di Meganium dalla tasca del camice.
Meganee era femmina. Molto bella ed elegante, gli enormi petali che aveva al collo profumavano davvero tanto; l’odore che sprigionavano riempì quasi subito le narici della sua Allenatrice, sostituendo quello dell’erba umida del mattino.
Aipom saltò al collo di Meganium e, mentre i due cominciavano a giocare, Crystal si avvicinò al primo albero.
“Baccapesca, qui. Benissimo” fece, cominciando a scribacchiare dati sul foglio che la cartellina rigida sosteneva.
Il profumo di quella era quasi più forte di quello dei fiori del suo Pokémon.
Quasi.
“Meganee, Aipom, assaggiate questa Baccapesca e fatemi sapere” fece.
Il verdetto fu positivo.
“I... Pokémon... del giardino... apprezzano... le bacche...” segnò sul foglio.
Controllò quasi ogni albero, ma poi la pioggia intervenne, facendole notare quanto fosse meglio tornare dentro, all’asciutto.
E così fece.
Si sedette alla scrivania e sospirò; la sua giornata era questa: sveglia, osservazione, elaborazione dei dati e pausa. Poi lavoro teorico fino alle 18, quando Elm scioglieva i loro guinzagli e li salutava, per poi ritrovarsi il giorno dopo di nuovo lì, e cominciare con quel loop fino allo sfinimento.
Vivevano per raggiungere il sabato, i ragazzi.
Avrebbe tanto voluto fare come Gold, Crystal. Le piaceva il fatto che non si fosse legato a nessun tipo di mestiere, e che sua madre gli concedesse di poter girare il mondo senza fare nulla di preciso.
“Chissà in quale altra avventura stramba si è cacciato...” pensò.
Fatto stava che non lo vedeva da troppo tempo e quel giorno, tornando a casa dal laboratorio, non fece differenza: Gold non c’era.
Ma nemmeno Silver, e la cosa un po’ le puzzava.
“Dove diamine è Silver?”
 
Il sudore gli incollava i capelli alla fronte. O forse era la pioggia, Silver non sapeva dirlo.
Ansimava, preso dalla stanchezza dell’allenamento a cui si stava sottoponendo. Abituato com’era a sopravvivere in solitudine e in mezzo alla natura, aveva imparato a conoscere e, soprattutto, a riconoscere ogni mutamento del tempo, per questo si era preparato indossando un’aderente maglia impermeabile. L’interno era in un pile leggero, l’esterno, nero, quasi plastificato. Riscaldava in modo improponibile, ma lo lasciava altrettanto asciutto.
In mano teneva un bastone accuratamente levigato e davanti a lui stava il suo Weavile, per nulla infastidito dal temporale che si era appena scatenato.
Spostò di nuovo una delle ciocche di capelli, ostinatamente decisa a stendersi davanti ai suoi occhi. La foschia che s’alzava rendeva la sua figura quasi evanescente nel grigiore della giornata. L’unica nota che lo faceva spiccare nel paesaggio erano i suoi capelli, rossi come fiamme vive, poco più lunghi delle spalle. Li teneva legati in un semplice codino lungo qualche centimetro, alto sulla testa. La tranquillità del percorso 27, diviso dal mare da Borgo Foglianova, gli permetteva di allenarsi senza intralcio alcuno.
Rialzò il bastone verso Weavile, il Pokémon sfoderò a sua volta gli affilati artigli lanciandosi all’assalto, ma lui schivò basso l’attacco, lasciando che quello gli passasse sopra e gli finisse alle spalle, dopodiché si voltò, rapido, caricando con il bastone il Pokémon Lamartigli, che parò il colpo incrociando entrambe le zampe sopra la sua testa. Era il sesto round d’allenamento della giornata, iniziata la mattina a un’ora dall’alba. Il cielo era ancora scuro e Silver si era visto costretto a muoversi più silenziosamente del solito per prepararsi ed uscire. Gold era sparito da giorni ma Chris c’era, ed il fulvo aveva notato quanto leggero il suo sonno fosse di solito. Per questo si era lavato nel silenzio assoluto e si era permesso di respirare con tranquillità solo quando si era trovato fuori dalla portata dell’orecchio della ragazza.
Quindi aveva iniziato ad allenarsi.
Ininterrottamente.
Dopo il quarto round una pausa fu obbligatoria, e il cibo che si erano portati, rovistando casualmente nel frigo, era sparito nei loro stomaci; poi avevano ripreso, ed era arrivata la pioggia.
“Ultimi due round, Weavile, non abbassare la guardia”.
La sua voce era calma, senza traccia della stanchezza che invece sentiva in braccia e gambe. Tentò un altro affondo, che Weavile evitò spingendosi indietro ma che colpirono gli artigli del Pokémon e che incisero il legno della sua scadente arma. Approfittando della distanza ravvicinata fece mulinare il ramo, spingendo il Pokémon Buio a qualche metro indietro.
Rapido, corse contro il Pokémon; questi aspettò l’ultimo istante per spostarsi e colpire verso le gambe. Per quanto fosse un allenamento e nessuno dei due intendesse ferire seriamente l’altro, gli artigli del Pokémon squarciarono il tessuto dei pantaloni, lasciando sottili scie rosse al suo passaggio. Non avrebbe potuto comunque affondare ulteriormente, il giovane dagli occhi che parevano argento liquido si era già spostato, rotolando su un fianco e posizionandosi con un ginocchio a terra, il bastone davanti a sé.
Weavile si bloccò, guardando gli artigli con aria spiaciuta. Silver si rialzò sospirando.
“Per oggi può bastare... Devo cambiare pantaloni. E farli rammendare”.
Caricò il peso sulla gamba, nessun problema. Passò una mano sulla cresta del Pokémon.
“Tutto a posto. Siamo stati bravi”.
Allenarsi coi pesi alle caviglie, in corsa era ovviamente necessario ma si rivelava inutile se non si sapevano coordinare le proprie capacità motorie e sfruttare i risultati che ne derivavano; per questo, almeno ogni tre giorni, era doveroso un simile allenamento.
Fece rientrare il Pokémon nella sfera, avvicinandosi alla riva del tratto di mare che lo divideva da Borgo Foglianova. Per qualche istante osservò la furia degli elementi, fulmini lontani e nuvole che s’illuminavano di viola, rendendo il mare un’informe massa grigia dalle mille tonalità. Poi prese la sfera di Feraligatr, facendo uscire il gigantesco Pokémon Mascellone, che si beò per qualche istante della pioggia che lo bagnava.
“Ho bisogno di un passaggio” disse, sorridendo.
Mentre il rettile si chinava ad osservarlo, annuì contento, entrando in acqua e lasciando che il ragazzo, ormai quasi un uomo, gli salisse sulla groppa.
Fu una traghettata di qualche minuto, che il ragazzo fece immergendo i piedi nudi nell’acqua, in modo che i lievi tagli fossero disinfettati dal sale. Quando tutto finì si rimise le scarpe e si avviò verso casa, quando il Pokégear squillò. Per un attimo pensò fosse Crystal che lo cercava, ma il numero che vide lo sorprese.
Con la testa lentamente inclinata ed ormai più zuppo di quanto potesse sospettare di essere, Silver rispose alla chiamata del Professor Samuel Oak.
 
Chris era stesa sul divano, col telecomando in mano, premendo compulsivamente sul tasto per cambiare canale, dato che non trasmettevano assolutamente nulla di più stimolante del solito talk show con le star del cinema di Unima. Sbuffò e mentre si guardava attorno: era tutto così fermo, così grigio. Il cielo, proprio fuori dalla finestra che aveva a pochi metri, era sporco di nuvole grigie che, rancorose e piene di sé, gettavano acqua su ciò che sovrastavano. Fuori era cominciata una lunga tempesta, ma in tv il meteo aveva detto che non sarebbe durata più di un paio di giorni. Johto era un ottimo posto per vivere anche per quel motivo: il tempo era quasi sempre bello, perché il vento che soffiava dal mare allontanava le nuvole nere e dense.
Quel giorno però si dovette accontentare di starsene in casa, al buio. Forse era meglio accendere la piantana che avevano comprato e disposto accanto alla televisione. Eseguì, vide la luce inondare l'ambiente.
Per un momento si sentì più calda.
Pensò che forse avrebbe potuto accendere il camino, quindi prese qualche ceppo dalla legnaia piccolina che Silver aveva costruito, proprio di fianco alla porta d’ingresso, e lo piazzò nel caminetto.
"Un fiammifero ed un po' di carta...". Era quello che le serviva.
Infilò di nuovo le scarpe, dato che quando stava sul divano sentiva quell'impulso necessario di alzare i piedi e metterli tra i cuscini, specialmente quando faceva così freddo. Dopodiché si diresse in cucina.
La carta era a portata di mano, spesso i tre, o meglio lei e Silver, lasciavano foglietti volanti per comunicare qualcosa da fare. Gold no, lui in quella casa era solo un ospite con privilegi.
Come un fantasma, pensò Crystal. Ma un fantasma parecchio carino.
Le mancava. Non riusciva a capacitarsi del fatto che il ragazzo fosse cresciuto. Certo era ancora un bambinone, un immaturo che trovava tante, troppe difficoltà a fare la persona seria. Tuttavia, era pur vero che se non fosse stato così non gli avrebbe voluto così tanto bene.
Sospirò, accorgendosi di divagare fin troppo, andò vicino ai fornelli e prese un accendino, pazienza per i fiammiferi, non li trovava.
Tornò nel soggiorno e tolse di nuovo le scarpe, ponendole accanto al divano ordinatamente, l'una accanto all'altra, quindi fece ciò che era in suo potere per accendere quel fuoco, riuscendoci, anche con moderata soddisfazione.
Le piaceva il camino; il calore che fuoriusciva dall'apertura in muratura le scaldava il volto, donando alla pelle chiara della ragazza una patina arancione.
Quello scoppiettava, e Chris si sedette sul tappeto, per poter godere in pieno di tutto quel calore.
Adorava quel tappeto, era parecchio morbido, poi si allungò sul divano per prendere il telecomando.
"Magari un telegiornale..." disse tra sé e sé. Girò, e vide delle immagini molto particolari: una cronista, che in sovrimpressione era presentata dalla grafica come Tea, era ripresa durante una violenta tempesta di vento. Non sapeva dove si trovasse.
 
“...Proseguono nella regione di Hoenn lo sciame di violenti terremoti. La sequenza sismica di natura sconosciuta che si è abbattuto sulla regione è di crescente intensità, tanto che la città di Ciclamipoli è stata in larga misura evacuata e la palestra chiusa. Altri disagi si riscontrano nel villaggio d’Orocea, dove il livello del mare si sta pericolosamente alzando. Per maggiori dettagli vi rimandiamo allo speciale...”
 
"Dannazione..." sospirò la ragazza. Le era difficile pensare che le persone, ormai nel 2014, fossero costrette dalla natura a vivere in quel modo.
"Questo accade perché la Terra si riprende ciò che gli abbiamo rubato" fece Silver, alle sue spalle.
Lei si girò di scatto e lo vide. Il ragazzo era totalmente fradicio. Crys indugiò un po’ sulla sua figura: i capelli erano cresciuti leggermente e lei faticava ad abituarsi al codino che il ragazzo portava, nel tentativo di trovare la voglia di andare a tagliarli. Si era offerta lei stessa di farlo, una volta, ma quello aveva rifiutato, toccandosi i capelli e abbassando lo sguardo. Gli occhi erano piccoli, come strette fessure da cui un barlume argentato inviava lo sguardo a Chris, che lo riceveva nelle sue iridi cristalline.
"Ciao... Sei tornato" osservò lei, alzandosi dal tappeto. Lui le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia.
"Ciao Crys... Mi ha chiamato il Professor Oak. Dobbiamo assolutamente andare ad Hoenn".
"Hoenn?!" esclamò quella, sorpresa.
Intanto il cellulare squillò. Era sicuramente Elm, che aveva dimenticato di dirle qualcosa, sbadato com’era. Si sarebbe dovuta impegnare a capire le sue parole da raffreddato e, se da vicino si era dimostrata un'impresa intendere ciò che volesse dirle, al telefono sarebbe stato davvero impossibile.
"Un momento" fece lei, andando a prendere il cellulare dalla tasca del camice, sull'appendiabiti. I piedi scalzi producevano uno strano rumore sul cotto delle piastrelle, che le parevano freddissime in confronto al tappeto morbido e caldo davanti al camino. Difatti prese il telefono e tornò davanti al fuoco, di fronte a Silver.
Lui la guardava mentre scorreva il dito sullo schermo per rispondere."Pronto?" chiese.
"Crystal? Sono il Professor Oak".
La ragazza spalancò gli occhi, e mise in vivavoce. "Salve... salve Professor Oak. Che posso fare per lei?".
"Ho già avvertito Silver, di questa cosa. Purtroppo ad Hoenn stanno succedendo cose molto difficili da fronteggiare e le normali forze dell'ordine non riescono a controllare determinate faccende".
“Non ci sono Ruby e Sapphire, lì?”.
“Sono totalmente spariti e la cosa è abbastanza preoccupante. Inoltre, aggiungendo questa faccenda ai danni provocati dai terremoti...”.
"I terremoti, già... ma sarebbe difficile riuscire a gestirli appieno... non vedo come sopperire a tale problema del resto...".
"Catturando il Pokémon che li causa per esempio".
"Pokémon? Non starà mica parlando di...".
"Groudon" s'inserì Silver. La ragazza lo guardò.
"Silver è lì?" chiese Oak. "Meglio, ti potrà spiegare le cose con un po' più di criterio, dato che adesso sono molto indaffarato; stiamo cercando di aiutare la gente e tra pochi minuti comincerà una riunione con il consiglio della Lega Pokémon di Hoenn. Stiamo cercando di arginare i problemi, di aiutare la gente e gli sfollati. I primi terremoti non sono stati tanto distruttivi quanto quelli che Groudon ha provocato durante la sua ultima veglia, e quindi possiamo ancora aiutare qualcuno".
"Beh... mi farò spiegare tutto da... da Silver".
"Andate ad Olivinopoli e presentate la vostra Scheda Allenatore. Sono stati già avvertiti di tutto, un aliscafo vi porterà qui. Hoenn è parecchio lontana, ci vorrà una notte di navigazione. Speriamo che il vostro arrivo non sia tardivo: qui c'é gente che ha bisogno di voi".
"Ci conti, Professor Oak. A presto".
Poi attaccò e guardò Silver negli occhi. "A presto..." ripeté, racchiudendo le parole in un sospiro. Lui rimase in silenzio, il volto riflessivo come sempre, le labbra contratte.
"Puoi spiegarmi meglio, per favore?" gli domandò Crys. La voce della ragazza rimbombò nella casa, silenziosa tranne che per qualche schioppo del fuoco nel camino.
Silver andò verso la cucina, zitto, aprì l’anta di un mobile e prese un bicchiere, che riempì d’acqua. “Dobbiamo andare a Hoenn. Tu devi catturare Groudon” sospirò quello.
“Eh?! Io?! E perché?! Non ci sono Ruby e Sapphire lì? E Rald?! Dov’è Emerald?!” esclamò, improvvisamente nervosa. Non era il tipo a cui piacevano i cambiamenti radicali.
“I Dexholders di Hoenn sembrano essere spariti. Non si sa che fine abbiano fatto. L’unica cosa che sappiamo è che le scie sismiche sono provocate da un Pokémon potentissimo, e l’indiziato numero uno non può che essere Groudon”.
“Indubbiamente...” sospirò Crystal.
“Oak ci ha contattati perché c’è in ballo la vita delle persone, e tu sei una maestra della cattura... Conosci bene tutte le tecniche per far sì che la Pokéball non oscilli troppo quando cerchi di terminarne una”.
La voce di Silver graffiava fredda quel silenzio ed entrava sinuosa in lei. “Dobbiamo andare, allora” disse la ragazza, tirando le somme.
Lui annuì, ma vedeva una traccia di timore all’interno del suo sguardo.
“E Gold? Dovremmo avvertirlo!” esclamò poi la moretta.
“Il Professor Oak ha provato a mettersi in contatto con lui ma non ci è riuscito”.
“Beh” sorrise leggermente Crystal. Prese l’ennesimo foglio di carta ed una penna.
 
                                “Siamo ad Hoenn. DEVI raggiungerci
            Crys.<3"                     
 
Accanto al nome tracciò la sagoma di un cuoricino.
“Credo che questo lo dovrà leggere per forza” disse, aprendo il frigorifero e piazzandolo su di un pacco di Wurstel.
“Direi di sì” sorrise Silver.
 
Crystal entrò in stanza e, dopo essersi spogliata e lavata, si preparò. Indossò una maglietta lunga a righe beige e marroni orizzontali. Le andava parecchio bene.
Sotto aveva un pantaloncino marrone. Le calze carezzavano la sua pelle e terminavano in un paio di stivali dello stesso colore dei calzoncini. I capelli acconciati con i classici codini, forse un po’ più lunghi del normale, ai lati della testa.
Un po’ di mascara, un po’ di lucidalabbra, quindi preparò la borsa e raggiunse Silver in salone. Lui stava rimuginando a bassa voce. Sul divano, il fulvo aveva le sue sei Pokéball.
“Che fai?” domandò lei, curiosa.
“Scelgo i tre Pokémon da portare con noi”.
“Tre?! E gli altri?!”.
“Oak mi ha spiegato che dobbiamo portare soltanto tre tra i nostri Pokémon, dato che agiremo sotto copertura”.
“Come mai?”
“Perché stiamo per catturare Groudon, un Pokémon leggendario, che ingolosirebbe persone pericolose”.
“Parli del Team Magma e del Team Idro?”.
Quello annuì.
“Ma i loro capi sono morti, o sbaglio?” chiese poi, osservando le braci spente nel camino: probabilmente era stato Silver a smuoverle.
“Il problema non sono le persone, Chris. In casi particolari, i problemi sono le idee che queste persone portano a spasso. Le idee che li utilizzano come contenitori”.
Lei annuì. “Qualcuno potrebbe essere più fanatico di loro, in effetti”.
“Già. Perciò è meglio non mostrare i nostri Pokémon originali, ma portarne qualcuno solo per evenienza. Cattureremo qualche esemplare locale e lo alleneremo per bene. Questo desterà meno sospetti. Inoltre ci farà bene tornare sugli scudi” chiuse quello, con un sorriso.
“Beh... dovrò cautelarmi...” rispose Crystal. Poggiò sull’isola centrale della cucina le sei Pokéball.
“Meganee... Hitmonee...e Xatee. Perfetto. Mi spiace per gli altri, però...” borbottò. E così Crystal decise di portare con sé Meganium, Hitmonlee ed il suo Xatu.
“Non pensare in questo modo. Hai bisogno di loro, quindi fatteli bastare. Io porterò Feraligatr, Weavile ed Honchkrow. Corro a fare le valigie. E...” il ragazzo si bloccò un attimo, toccandosi nuovamente i capelli. “Puoi aiutarmi a sistemarli?” chiese infine con lo sguardo basso.
 
Fu così che i due si imbarcarono sulla MN GIULIA. Il tempo fuori era pessimo, ma all’orizzonte le nuvole si erano diradate, donando ai due ragazzi un lieve stralcio di tramonto.
Crystal era stanca, seduta accanto al compagno di viaggio. Poggiava i piedi sul sedile di fronte, poche persone raggiungevano Hoenn dopo le notizie del telegiornale, con la conseguenza che la motonave fosse quasi deserta.
Silver rimaneva a braccia conserte, guardava il mare davanti a sé mentre lo sguardo si rimpiccioliva. S’era cambiato d’abito, il nero aveva abbandonato il suo guardaroba facendo largo ad un più luminoso grigio. Pantaloni comodi e felpa con zip, che lasciava intravedere una maglia candida. I capelli erano adesso accorciati di qualche centimetro, fino a sfiorare le spalle, nel taglio che lo aveva sempre caratterizzato. Il suo naso coglieva la fragranza dolce e delicata di Crystal. Lentamente quella poggiò la testa sulla spalla del ragazzo e si addormentò.
Lui sorrise. Era stanca, lei lavorava e faceva tanto in casa. La stimava molto e, per quanto gli costasse ammettere di provare delle emozioni e delle preferenze, la ragazza gli piaceva. Poggiò la testa sulla sua e si lasciò cullare dall’incedere della nave tra le onde.
Verso qualcosa che andava oltre l’orizzonte.

   
 
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