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Autore: Miss One Direction    14/05/2014    5 recensioni
Mi ero innamorata di lui come quando ci si addormenta: prima lentamente, con un'innocenza e una spensieratezza degne di un bambino; e poi profondamente, fino a non poterne fare più a meno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Niall, si può sapere dove mi stai portando?» urlai, cercando di non far staccare le nostre mani durante la corsa.
«No! È una sorpresa!» rispose, ridendo insieme a me, e continuando a correre senza fermarsi un attimo per le campagne immacolate dell'Irlanda.
Niall James Horan era un ragazzo irlandese, non molto alto, con due oceani al posto degli occhi e un sorriso super contagioso. Nei suoi vent'anni di vita si era fatto voler bene da tutti quelli che lo incontrassero. Era un ragazzo dolce, ma allo stesso tempo solare... quello che tutte le adolescenti della mia età avrebbero definito il “principe azzurro”.
E quell'angelo aveva scelto proprio me, Vanessa Evans: una classica ragazza italiana che, secondo il proprio parere, non aveva niente in più rispetto agli altri. Ci eravamo conosciuti per caso, durante una fiera natalizi, mentre io stavo girando per le bancarelle a braccetto con mia sorella. Quando incontrai i suoi occhi mi sentii mancare la terra sotto i piedi, come se tutto intorno a me fosse scomparso; mi sembrò addirittura che fosse illuminato da una sorta di luce e una musichetta d'amore ci facesse da sottofondo. Dopo esserci conosciuti, eravamo diventati migliori amici inseparabili: stavamo sempre insieme, per lui ero sempre un passo avanti a tutti e solo grazie ai suoi piccoli gesti o i suoi complimenti riuscivo a sentirmi finalmente speciale per qualcuno. Ci raccontavamo sempre tutto l'uno dell'altra, ma l'unica cosa che non gli avevo mai confessato era il mio amore nei suoi confronti. Mi ero innamorata di lui come quando ci si addormenta: prima lentamente, con un'innocenza e una spensieratezza degne di un bambino; e poi profondamente, fino a non poterne fare più a meno. Quando mi aveva rivelato di essersi innamorato di me, esattamente un anno dopo il nostro primo incontro, pensai subito che avesse sbagliato persona: come poteva un ragazzo come lui essere innamorato di una ragazza come me? Le mie insicurezze non mi avevano permesso di capire fino in fondo la sua sincerità, fino al momento in cui mi baciò all'improvviso, dopo un ennesimo tentativo stupido di farmi ridere: le nostre labbra sembrarono essere state create apposta per essere combaciate tra loro. Da quel momento in poi non ci lasciammo più, affrontando insieme praticamente di  tutto.
Il nostro era un legame strano, e per questa ragione anche unico: Manuela, mia sorella, e Harry, il suo ragazzo e migliore amico di Niall, non facevano altro che prenderci in giro, continuando a ripeterci di sembrare più fratello e sorella che coppia di per sé. A noi era sempre andato bene così, e non saremmo cambiati per nessuno.
Quel giorno mi aveva “rapita” dall'incredibile quantità di compiti che avevo per portarmi in un luogo del tutto sconosciuto: continuava a ripetere quanto fosse importante la sorpresa, e io non avevo potuto far altro che rassegnarmi e seguirlo alla cieca. Mi ero sempre fidata di lui, avendo capito dal primo istante che non mi avrebbe mai fatto del male, quindi perché non lanciarsi nell'avventura insieme al mio principe?
«Niall, allora mi spieghi perché stiamo correndo, per favore?» cercai di chiedere, per quanto il mio fiatone lo permettesse.
«Oh, vedrai: è lo spettacolo più bello che abbia mai visto».
“Se ti vedessi con i miei occhi, sono sicura che cambieresti idea.” pensai, trattenendomi seriamente dal dirlo ad alta voce.
«Dopo di te, ovvio» sussurrò con un sorriso tenero ,mentre le sue guanciotte tutte irlandesi diventavano sempre più rosse, fino a diventare della stessa tonalità della sua maglietta. Ed eccolo di nuovo: uno di quei complimenti dolci e sussurrati che mi mandavano sempre in paradiso. Possibile che un semplice ragazzo potesse provocarmi così tanti brividi?
Abbassai lo sguardo, arrossendo insieme a lui, e continuai ad affidarmi alla calda e morbida mano di Niall per continuare a correre: a quel punto non mi interessava nemmeno più dove mi stesse portando, il fatto che fosse accanto a me bastava.
Continuammo a correre per i prati finché non riuscii a intravedere una casetta di pietra isolata, con qualche fiore intorno, in un paesaggio davvero pittoresco: le spighe di grano dorate, i fiori appena fioriti di una primavera calda e profumata, gli uccellini a volarci intorno e la pace più totale di una campagna quasi creata apposta per noi. Per fortuna Niall rallentò il passo e, sempre con le mani perfettamente incrociate, proseguimmo piano verso quell'abitazione.
«Niall, ma qui non ci abita nessuno?» chiesi, guardandomi intorno per poter osservare meglio ogni particolare.
«Ora no, un tempo però era il nido d'amore dei miei genitori. Ci sono venuto la prima volta quando avevo sei anni con Greg, e da allora ci torno ogni volta che voglio stare un po' da solo: diciamo che è il mio piccolo regno, dove nessuno mi dice niente e posso fare quello che mi pare» rispose, facendo tornare alla mente tutti quei ricordi.
“Chissà quante ragazze ci ha portato, allora” pensai tristemente, girando lo sguardo, e sfiorando le spighe di grano con la punta delle dita.
Notando il mio strano silenzio, mi si piazzò davanti e mi afferrò dolcemente le mani, prima di guardarmi intensamente negli occhi: se avesse continuando, così ero più che convinta che ci sarei affogata in quegli occhi.
«Tu sei la prima che porto qui. Sei l'amore della mia vita: non potevo nasconderti un luogo tanto importante, no?» rispose al mio pensiero, con un sorrisetto divertito stampato in faccia.
Un sorriso sornione mi adornò le labbra e, se non avessi visto il suo viso farsi sempre più vicino al mio, gli avrei allacciato le braccia intorno al collo in quel preciso istante. Mi morse leggermente il labro, perfettamente a conoscenza di quanto quel gesto mi facesse impazzire, e io ricambiai baciandogli dolcemente il naso; lo arricciò subito dopo, facendomi ridacchiare, prima che ricominciasse a camminare verso quella casetta così graziosa.
Mentre percepii di nuovo la sensazione calda della sua mano a contatto con la mia, iniziai a pensare a quanto il fatto che volesse svelarmi un segreto talmente intimo per lui fosse importante: fino ad allora non avevamo mai avuto abbastanza coraggio da pronunciare un ‘Ti amo’, ma il pensiero che quel gesto valesse persino di più d quelle due paroline stava sovrastando qualsiasi cosa.
«Allora, che ne pensi?» mi chiese con un sorriso, mentre con una grande chiave di ferro aprii la porta d'ingresso.
Mi guardai intorno anche lì, e non potei fare altro che amare sin da subito la semplicità del tutto: i muri erano in pietra, un divano piccolino era situato al centro della stanza, davanti a un caminetto spento e aveva un plaid piegato sopra, appoggiata al muro c'era la custodia di una chitarra e, infine, un piccolo frigorifero sembrava abbandonato nell'angolo remoto della stanza. Da fuori sembrava  molto più grande di quanto in realtà fosse, ma l'ambiente era così semplice, essenziale e carino che me ne innamorai all'istante.
«È il posto più carino che io abbia mai visto» risposi tutta sorridente, facendo delle piccole piroette in giro per la stanza.
Dopo la mia “esplorazione” mi diressi spedita verso la custodia della chitarra e ne estrassi lo strumento per poter strimpellare qualcosa. Una delle tante cose in comune tra me e Niall era la musica: entrambi suonavamo la chitarra ed entrambi amavamo cantare. L'unica differenza evidente era il fatto che il ballo condizionasse la mia vita, mentre lui si limitava ai balli tradizionali irlandesi: quei che se sbagli anche solo un passo rischi seriamente di prenderti una storta, o peggio, romperti direttamente un piede.
Una volta essermi seduta sul divano, e dopo aver strimpellato pochi secondi, mi accorsi della presenza del mio ragazzo appoggiato al muro: rimasi un po' sorpresa nel notare che non stava fissando la chitarra, ma me. Avvampai, abbassando subito lo sguardo, e sentii subito dopo la sua risatina divertita.
«Perché mi guardi?» gli chiesi all'improvviso, divertita quanto lui.
«Non ho mai visto cosa più bella».
«Hai ragione, non ho mai visto chitarra più bella»-
Alla mia risposta scoppiò a ridere e, vedendolo, attaccai anch'io: la sua risata era una sinfonia per le mie orecchie e il fatto che l'avessi provocata io mi rendeva ancora più soddisfatta.
«Ma le faccio già abbastanza complimenti» rispose fiero, prendendo posto accanto a me. «In questo caso mi stavo riferendo alla meraviglia che la sta suonando».
Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare perfettamente il tutto, che mi rubò un bacio tenero, pieno d'amore. Ero indescrivibili le emozioni che era in grado di farmi provare: mi sentivo così strana, ma maledettamente felice e onorata, al solo pensiero che potesse pensare a me anche per un solo secondo nel corso della sua giornata.
Molte volte non riuscivo nemmeno a capacitarmi di averlo nella mia vita, che avesse scelto me e non una tra le tante altre ragazze di Mullingar.
Mi staccai dopo qualche minuto per guardarlo negli occhi e, per una volta le parole, non mi rimasero intrappolate in gola, né ebbi qualche timore di scoprirmi. «Niall...».
«Dimmi, baby» rispose a pochi centimetri da me, mentre un piccolo fiatone mi sfiorava le labbra.
«Io ti amo» sussurrai, abbassando un attimo le palpebre per godermi il momento.
Lo avevo detto, avevo appena detto il mio primo “Ti amo” a un ragazzo e i brividi che avevo sempre provato con lui raddoppiarono, se non pur triplicarono, quando lo vidi sorridere come non aveva mai fatto: gli avevo detto la verità, gli avevo esternato il mio amore nei suoi confronti, e vederlo sorridere fu la cosa più bella che avessi mai potuto immaginare. Era talmente felice che faticò addirittura a pronunciare qualcosa; si allontanò da me giusto di qualche centimetro, e continuò a sorridere come se gli fosse venuta all'improvviso una paralisi facciale. Era la tenerezza fatta persona, e mi ritenni fortunata per l'ennesima volta nella mia vita ad averlo accanto a me, ad essere amata proprio da lui e per averlo incontrato.
«Non... non puoi immaginare quanto ho sperato che me lo dicessi» confessò con gli occhi lucidi e quel sorriso stampato in faccia.
Lì sorrisi anch'io e, dopo aver poggiato la chitarra ai piedi del divano, gli allacciai le braccia al collo per continuare a baciarlo. Ricambiò subito con trasporto, fino a stenderci completamente sul divano. Tra un bacio e un altro scappò ad entrambi qualche sorriso e alla fine, dopo esserci staccati per riprendere fiato, ne approfittai per lasciargli un dolce bacino sul naso.
«Baby» sussurrò, appoggiando la testa sul mio petto.
«Mh?» mugugnai, accarezzandogli quei morbidi capelli biondi tinti che aveva.
«Ti amo anch'io ».
L'emozione che provai non appena ebbe finito di parlare fu qualcosa ancora più indescrivibile di tutto quello che avevo provato fino a quel momento: mi sentii liberata e felice all'inverosimile, e, cercando di fermare quel sorriso che però non aveva nessuna intenzione di scomparire, continuai ad accarezzarlo delicatamente quasi come se fosse un neonato. Tutti dicono che gli amori adolescenziali non sono reali, ma solo semplici cotte senza importanza: dopo quel pomeriggio io potevo urlare e dimostrare al mondo quanto non fosse vero. Era quello il vero amore, noi lo rappresentavamo in tutti i sensi e non ci importava del futuro: ci bastava solo stare insieme. Avrei affrontato tutto con Niall e niente mi avrebbe mai impaurita con lui al mio fianco: era la mia unica certezza e non l'avrei mai abbandonata o lasciata andare.
All'improvviso, dalle parole che continuavano a girarmi in testa, mi venne un'illuminazione. Spostai leggermente il corpo di Niall da me e mi riallungai per riprendere la chitarra.
«Che succede, baby?» mi chiese incuriosito, mentre si rimetteva seduto.
«Vogliamo scrivere una canzone?» gli proposi entusiasta, e speranzosa in un “si”.
All'inizio mi guardò un po' perplesso, ma dopo qualche minuto, passato ad osservarmi intensamente, acconsentì. Iniziai subito a strimpellare la melodia che mi era venuta in mente e, senza pensarci, diedi letteralmente voce a quelli che erano stai i miei pensieri fino a nemmeno cinque minuti prima.
«You and I... We don’t wanna be like them» canticchiai a bassa voce, cercando di trovare l'intonazione giusta.
«We can make it 'till the end» aggiunse Niall, dopo qualche istante, cercando di darmi una mano.
Lo guardai intensamente negli occhi e in quel preciso istante, lasciai che le parole uscissero spontanee, senza aver programmato niente. Le scrissi su un pezzo di carta già utilizzato e lascia che le pronunciassimo entrambi, nello stesso momento. «Nothing can come between: you and I»
Ci guardammo negli occhi per quelle che mi sembrarono ore, ma capii successivamente fossero solo secondi, e, non appena notai uno strano luccichio nel suo sguardo, sommato al sorriso che gli stava nascendo sul volto, non ebbi più dubbi: Niall era importante per me, io lo ero per lui e quella canzone ne sarebbe stata la prova per tutta la vita.
 
 
 
 


 





 
 
«Alla fine l'avete finita quella canzone, nonna?» mi chiede, sempre più curiosa. la mia piccola nipotina.
«Sì, tesoro: l'abbiamo chiamata, appunto, ‘You & I’ ed è stata anche una delle colonne sonore del nostro matrimonio» le rispondo con un sorriso.
La vedo sbadigliare, segno che si stia ormai per addormentare. «Che storia meravigliosa».
«Già: tuo nonno e io ci amavamo tanto» rispondo, accarezzandole i lunghi capelli neri.
«Solo perché non c'è più, non significa che lui non ti ami ancora nonna. Ci guarda dall'alto e sono sicura che ora sta sorridendo» esclama, mettendomi, una manina sul cuore.
Mi trattengo dallo scoppiare a piangere, sia di tristezza che di orgoglio, lasciandole un bacino sulla fronte.
«Francesca Horan, sono già le undici! Sai cosa ti direbbe nonno Niall, se fosse qui?» le chiedo, rimboccandole le coperte.
«‘Non vorrai mica che il mostro del solletico arrivi e ti mordicchi le dita dei piedi, vero? Lui lo fa solo con i bambini che vanno a letto tardi’» risponde ridendo, affondando la faccia nel suo morbido cuscino verde. «Buonanotte, nonnina».
Le auguro  la buonanotte anch'io, carezzandole un'ultima volta i capelli, prima di spegnere la luce e uscire dalla sua stanza. Da quando mio figlio Liam ha voluto che mi trasferissi a casa sua e della sua famiglia, racconto ogni sera la storia d'amore mia e di Niall alla mia nipotina: in qualche modo sembra salvarla dai brutti sogni e, in più di un'occasione, mi ha raccontato di aver visto il suo nonnino salutarla nel sonno.
Mi avvio lentamente verso la mia stanza, quasi sicura di aver appena sentito la risata di mio marito al piano di sotto: mi ci vogliono pochi istanti per rendermi conto che, in realtà, appartiene a Liam; credo che ormai non mi abituerò mai abbastanza alla somiglianza così straordinaria tra le due risate che ho sentito più spesso in tutta la vita.
A settantacinque anni suonati posso andare fiera del fatto di aver trovato l'amore vero, vissuto pienamente in oltre cinquant'anni di matrimonio: quest'anno sarebbero stati cinquantatre, ad essere precisi.
Abbiamo avuto tre figli, una femmina e due maschi: Fadwa, Liam e Kye. Fadwa - totale copia femminile del padre - è ormai andata a vivere in America per inseguire il mio stesso sogno, ovvero insegnare danza in una delle scuole più prestigiose del mondo; Liam - copia esatta di me - ha trovato l'amore in Weeko, la figlia di mia sorella Manuela e Harry, e ci ha regalato i nostri primi due nipotini - Francesca, nome datole in memoria della mia cara mamma, e James -, con un altro maschietto in arrivo; Kye - perfetta combinazione di me e Niall - è ancora uno scapolo senza una relazione fissa, ma sempre pronto a stare accanto alla nipote e a viziarla come meglio può.
Io e mio marito ci siamo amati ogni giorno di più, continuando a dimostrarci l'amore per l'altro con i gesti più semplici, fino a quella mattina maledetta di due anni fa. Niall aveva avvertito un dolore al petto già dalla sera prima, ma, convinto si trattasse solo di un raffreddamento, tranquillizzò tutti con il suo solito sorriso e si addormentò abbracciato a me come tutte le altre infiniti notti passate insieme. Il giorno successivo il dolore peggiorò, fino a quando non lo trovai steso a terra in cucina, in preda alle convulsioni. L'ambulanza accorsa sul momento e tutte le preghiere della nostra intera famiglia servirono a tenerlo in vita solo per qualche altra ora, il tempo che riuscisse a salutarci come si deve. Non scorderò mai il suo costante sorriso su quel viso diventato all'improvviso così pallido, quel luccichio negli occhi che appariva solo quando guardava me e i frutti del nostro amore, quel dolceamaro ultimo bacio che riuscimmo a scambiarci e le sue ultime parole, pronunciate guardandomi intensamente negli occhi: «Se potessi, rivivrei ogni singolo istante accanto a te. Ti ho amato ogni giorno di più rispetto a quello precedente, e ti amerò per altri mille anni, amore mio».
Mi scappa una lacrima, ripensando a quel maledetto infarto che me lo ha strappato via così all'improvviso, senza darmi nemmeno il tempo di riflettere seriamente su cosa stesse succedendo.
Io e Niall non ci siamo mai lasciati, non seriamente almeno, fino a quel maledetto 15 Aprile, nei nostri rispettivi settantatre e settantanove anni, dopo ben cinquantun anni di matrimonio.
Mi siedo sul letto, prendendo la foto del nostro matrimonio - la sua preferita, quella dove siamo di schiena in primo piano, mentre guardiamo la tavolata di invitati - e la accarezzo dolcemente. Questo vuoto che mi perseguita da quando ho dovuto dirgli addio sembra farsi ogni giorno più pesante, fino a farmi desiderare, a volte, persino di raggiungerlo al più presto; poi la sua stessa risata trasmessa a Liam accantona quel pensiero fino ad un nuovo momento da sola.
«Nothing can come between; you and I...» canticchio di nuovo, lasciando un bacio e una lacrima alla foto.
«Buonanotte, amore mio. Sogni d'oro» aggiungo in un sussurro, carezzando dolcemente quella figura angelica racchiusa solo da un pezzo di vetro e una cornice.
Ti amerò per altri mille anni, Niall James Timothy Horan.








     
   
 
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