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Autore: zoey_gwen    15/05/2014    2 recensioni
CONTINUERO' LA STORIA DI SICURO, TRANQUILLI! :D
Storia dedicata a Xenja, Stella_2000 e tanti altri... Se leggete lo scoprirete! XD
Una zona segnata da un destino particolarmente cruento.
Una banda di ribelli guidata da lei, Gwen, forte e fragile.
Una via, una via, segreta, l'arma che conduce alla felicità.
E un amore, un amore impossibile, ma che palpiterà nei loro cuori fino alla fine.
-Gwen di zoey_gwen
PRESENTERA' PARTI FANTASY ANCHE SE NON L'HO SEGNALATO.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dawn, Duncan, Gwen, Heather, Scott | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Mystical, 12 aprile 1676

 

 

 

 

 

 

La gotica sospirò, incapace di proferire parola; prese il pugnale e lo affilò, lucidando successivamente la lama, per poi rinfoderarlo con cura e passare a lucidare in modo maniacale lo scudo di bronzo che portava affisso alla parete.

L'ispanica, nel notare tutta l'apprensione della ragazza, valicò la scaletta di legno grezzo e si sedette accanto a lei, accarezzandole con la mano i capelli lisci e setosi ed attendendo che, come molte altre volte, la giovane si confidasse con la migliore amica.

-Ho paura.- la dark, come volevasi dimostrare, si aprì con la levatrice sussurrando quelle poche semplici parole, che però avrebbe preferito non professare mai. -Paura di fare un disastro, di illudere le speranze di tutti i Ribelli e di lasciar tramutare la situazione in una carneficina. Ho paura di fare tutto il contrario di ciò che O'Leer si aspetta da me.-

Courtney sussultò, capendo il grave sforzo a cui era stata sottoposta Gwen per aprirsi in questo modo e confessare di provare paura, e accentuò un sorriso, grata con l'amica per essersi aperta proprio con lei; successivamente cercò le parole giuste per ridare a Gwen la forza che la caratterizzava maggiormente.

-Non devi abbatterti. Se ti abbatti tu, il nostro “popolo” crolla. Tu sei lo stipite, Gwen, tu reggi la nostra struttura ricca di sogni di imprese irrealizzate. Non devi avere paura di niente, in quanto né io né gli altri conosciamo combattente e condottiero migliore di te, e anche O'Leer ha riconosciuto queste tue qualità di donna fantastica, di combattente eccezionale e di fiero capo dei Ribelli. Sei fantastica, Gwen, e ad abbatterti rovinerai soprattutto te stessa.- la levatrice si elargì un sorriso luminoso, che illuminò meglio di cinquecento abbaglianti la penombra della stanza da letto; l'altra, incoraggiata dalle parole bellissime proferite dall'amica, abbracciò questa, sicura di non poter trovare una migliore amica migliore di lei.

-Grazie, Court. Ma c'è anche un altro problema...- Gwen si rabbuiò, e questo particolare l'ispanica lo notò, ma volle comunque spingerla a sfogarsi:

-A me puoi confidare qualunque cosa.- sorrise debolmente, e la dark annuì col capo.

-Ok. Vedi, è un problema con Duncan.- si sedette a gambe incrociate sul materasso, prendendo la mano rosea dell'amica per sentire il suo incoraggiante torpore invaderle il corpo.

-Si tratta... Si tratta della nostra differenza sociale. Lui è un dittatore, io una Ribelle. Non potremo mai stare insieme, e sembra che Duncan non si sia posto questo problema. Non so che fare Court, capisci? Non so se dirglielo, se fare finta di niente, se lasciarlo, se continuare a vivere il mio amore... Non lo so!- ricacciò le lacrime e si voltò verso il viso bellissimo dell'amica, alla ricerca di conforto, e trovò un sorriso caldo a dipingergli il volto; la levatrice elevò la mano ed asciugò la lacrima cristallina che scorreva lungo la pelle di Gwen, per poi sussurrare dolcemente:

-Duncan ti ama, Gwen. Ti ama davvero, e io conosco l'amore che anche tu conii verso di lui. E' profondo, unico, indissolubile. E non saranno le differenze sociali ad imperdirvi di viverlo. A volte ti invidio, Gwen... Tu hai una persona che ti ama sopra ogni cosa. Io? Io non ho più nulla.- il volto dell'ispanica si scurì, e Gwendoline la abbracciò con calore, cercando di trasmetterle il coraggio che poco prima le era mancato e che le era ritornato con le sue stesse parole.

-Sei una persona fantastica, Court... Troverai di certo qualcuno alla tua altezza che possa amarti con tutto il suo cuore.-

Courtney accennò ad un sorriso, poi si lisciò la veste ed infine calò dal letto attraverso la scaletta di legno grezzo ed intagliato malamente.

La dark, invece, preferì espirare sonoramente per poi scendere dal letto e fare colazione con le poche cose di cui ancora disponevano: acqua, qualche etto di riso e di prosciutto e bustine di tè in polvere. Potevano sopravvivere con quello per poche cene, poi probabilmente la carenza di cibo si sarebbe fatta sentire e avrebbero dovuto provvedere, razziando qualche tenuta di un qualche nobile.

La giovane si recò nella cucina adiacente alla stanza, prendendo qualche fetta di pane ormai indurita dal tempo per prostrarsi a spalmare piccole fette di burro con la lama del pugnale su di esso.

-Hai già in mente schieramenti per la guerra?- domandò Noah, inarcando un sopracciglio ed attendendo il responso del capo dei Ribelli.

-Sì. Voglio intaccare una strategia piuttosto semplice: gli arcieri circonderanno le mura, issandosi in alto, e la cavalleria ci affiancherà, in modo da sorprendere i Barbari appena si prostreranno all'attacco. E' davvero un piano semplice, ma quei nerorbuti non riusciranno a prevederlo.- spiegò accuratamente la ragazza, celando il suo nervosismo e spostando il suo sguardo sulla fetta di pane imburrata, che successivamente addentò.

-E' un buon piano, ma non disponiamo di ottimi arcieri...-

-Beh, faranno quello che potranno.- tagliò corto Gwen, sospirando impercettibilmente e affilando il pugnale dall'elsa rudimentale, cercando di interpretare l'esito dell'imminente guerra: aveva un'alta autostima di se stessa, tuttavia non riusciva a immaginarsi le possibili sorti di quella guerra sanguinolenta, e forse proprio perchè sapeva si sarebbe rivelata tale aveva un dubbio agonizzante che si stagliava nei meandri del suo cervello.

-Credo sia ora... Ho sentito squillare dei corni in lontananza! I Barbari sono alle pendici del colle Mystico!- la porta si aprì di slancio, rivelando la figura snella di Heather corazzata con pettorali, polsiere ed elmi di bronzo, rilucenti alla luce del pallido sole d'aprile che colorava l'azzurro con chiazze rosee risalenti alla prima aurora.

-I Ribelli sono pronti?- domandò Gwen con nervosimo, rivolgendosi distrattamente all'asiatica mentre infilava con accuratezza l'elmo di bronzo e rinfoderava il pugnale.

-Sì, sono schierati sulla riva del fiume. Siamo pronti per l'attacco. Gli arcieri sono diretti a cavallo alle mura e l'esercito del dittatore sta marciando verso il colle. Io vado, a dopo!- la ragazza si voltò, non aspettando risposta, e presumendo di vederli poco dopo si issò sul destriero nero e partì a galoppo, segnata dal vento e da un'alba rosea e ormai indistinta.

-Gwen! Io mi recherò in ambulatorio, quindi probabilmente non ci vedremo. Buona fortuna- la levatrice abbozzò un sorriso, ripiegando le garze e rintanando le varie erbe e gli unguenti in un unico cesto di vimini.

Per tutta risposta Gwen le elargì un profondo sorriso, per poi calarsi l'elmo sul volto e girarsi di scatto, preparandosi alla guerra imminente che di lì a poco avrebbe devastato la cittadina.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

 

Il clangore delle armi sostituì immediatamente cinguettio degli uccellini.

Migliaia di Barbari, corazzati di bronzo e impugnanti spesse lame rilucenti al sole, si scagliarono con veemenza sui Ribelli, schierati in più file e capitanati da Gwen, impugnante anche essa il suo fidato pugnale che di lì a poco penetrò nelle carni di diversi rivali e si sporcò di sangue amaro e sudato con impegno.

Un Barbaro la assalì appena mise piede sul terreno di guerra, incoccando una freccia nell'arco di legno finemente lavorato, ma appena puntò e lanciò la ragazza si appiattì, sfiorando con le nocche dei pugni il terreno intessuto di storia e rotolò di lato, stringendo l'arma con ambedue le mani e piroettando all'indietro, sicura di ritrovarsi dietro la schiena del Barbaro.

Invece questo, approfittando del tempo in cui la ragazza compì quelle mosse, si voltò a sua volta e sfoderò la lingua di bue, lasciando l'arco e la faretra in spalla; sfiorò la spalla della gotica con la lama e questa sussultò, tuttavia non si curò del sangue che macchiò la sua pelle candida ma riprese terreno, tentando un affondo sul braccio del guerriero. Appena questo si accorse dell'attacco, schierò l'arma davanti a questo, non accorgendosi di essere stato beffato; la giovane si fiondò di lato e impugnando con ambedue le mani il pugnale aspettò il momento giusto per ucciderlo.

Un luccichio balenò non appena il pugnale, controluce, si schiantò contro i lineamenti del sole, poi l'ombra tornò padrona e con un grido agonizzante il Barbaro si accasciò a terra, lasciando una pozza di sangue scuro ai suoi piedi.

Gwen si lambì la ferita con le dita, imprecando quasi impercettibilmente, ma non si curò di bloccare l'emorragia per via dell'apparente aspetto innocuo del taglietto.

Una decina di Barbari si scagliarono su di lei, nel tentativo vano di ucciderla; sapevano che lei era il capo di quell'esercito e che le forze sarebbero crollate nel momento esatto in cui il suo sangue avrebbe sporcato quel terreno.

La gotica non si scoraggiò, sebbene lo svantaggio numerico fosse davvero evidente, ed impugnò il pugnale pronta a menare colpi con veemenza.

Un pugno alle costole la fece arretrare, e successivamente una spada le balenò davanti agli occhi, cogliendola impreparata e lasciando che questa si prostrasse con forza sul suo braccio: uno squarcio rosso scuro si aprì su di questo, lasciando sgorgare un fiume copioso che fece gemere di dolore Gwen.

La ragazza non volle badare a quel dolore, e, levando la mano dalla ferita a malincuore, poggiò le mani sull'elsa lanciando un fendente verso il Barbaro dinnanzi a lei, che parò con l'affusolata lingua di bue e mormorò qualcosa in germanico, prima di menare lui stesso un affondo che il capo sviò facilmente.

La giovane si accorse della fatica con cui i Barbari si muovevano per via della loro stazza, intuibile anche dalle movenze rozze e palesemente poco delicate. Avrebbe dovuto puntare alle gambe, in modo da sorprenderli e sbaragliarli con più facilità.

Mise in atto la propria tattica, chinandosi per evitare un fendente e menando uno di essi proprio alle ginocchia; il Barbarò inveì, perdendo equilibrio e cadendo sulla terra umida, aspettando solo di essere ucciso. E il colpo arrivò, straziante ed agonizzante, e pose vita a quel corpo infradiciato di sangue.

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

L'ispanica, rintanata in ambulatorio, ascoltava impotente i vari gridi di guerra professati da ciascuna delle due parti combattenti, riuscendo solo a stringere i denti e a sviare la mente dal suo pensiero ricorrente: il fatto che ogni grido, ogni lamento potevano essere frutto delle labbra di uno dei Ribelli, che forse, se non avessero fatto in tempo a raggiungere l'ambulatorio, sarebbero morti con strazio orrendo.

Sospirò, passandosi una mano fra i riccioli scuri*, per poi notare l'entrata di un uomo, probabilmente un soldato dell'esercito di Duncan, imbracciante un fucile e dal bicipite muscoloso macchiato dal sangue di una profonda ferita.

Lo fece accoccolare sul lettino, notando che i penetranti e glaciali occhi scuri erano impassibili alla sua vista, come se fosse privo di emozioni e di cuore per provarle. Sussultò alla vista del suo sguardo austero, poggiato con autorità sul suo volto, e le sue guance si imporporarono con violenza a lei ignota nel vedere l'attenzione che lui le riservava.

-Ehm... Bene, cosa ti è successo?-

-Non lo vedi?- la schernì brutalmente lui, indicando la ferita.

-Sì, ma ho bisogno di sapere quanto la lama è penetrata nella carne.- ribattè lei, indignata da quell'atteggiamento di derisione e scherno che la infastidiva parecchio.

-Non lo so, sei tu quella che dovrebbe capirlo!- borbottò l'altro, notando come le mani della levatrice correvano sicure ai vari unguenti spalmabili sulle ferite. Notò che estrasse dal gruppo di creme e oli vari un barattolo contenente uno spesso strato di pomata aranciata, screziata da foglie d'ulivo ed erbe a lui sconosciute.

Prese una garza dal gruppo accuratamente ripiegato e vi spalmò sopra, con l'uso di un coltello di bronzo da combattimento, la densa crema aranciata probabilmente creata con polpa di pesca o particolari fiori.

La ragazza si avvicinò a lui e gli fasciò il braccio con quel pesante tessuto, e appena questa toccò la ferita sentì un lieve bruciore che lo costrinse a gemere, fino a che la giovane ridacchiò per quell'insulsa dimostrazione di debolezza.

-Puoi andare in battaglia, ma fa in modo di non muovere bruscamente l'arto. Potresti avere un incrinazione dell'osso, e l'operazione non dovrebbe essere piacevole.- la ragazza arricciò le labbra, e per la prima volta Scott notò quanto fosse bella: i riccioli scuri le incorniciavano il volto e le penetranti iridi scure rilasciavano sguardi intensi ricchi di malizia non voluta, con cui qualsiasi uomo poteva alimentare le proprie fantasie perverse.

-Come ti chiami?- chiese improvvisamente, notando il lieve rossore dilagarsi sulle guance della dottoressa.

-Courtney. Tu?-

-Scott.-

Si guardarono per lungo tempo, ognuno studiando il volto e gli occhi dell'altro per scorgerne baratri intensi di un qualsiasi sentimento, e notando la freddezza di cui erano colmi gli occhi di Scott, colti da barlumi di gelo infinito, capì che non si sarebbe scordata quello sguardo per molto tempo.

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

L'uomo sogghignò, avvicinandosi allo scranno d'oro, di bronzo e di marmo nero che si prostrava al centro della stanza.

-La mia preda... Sì, la mia preda si sta avvicinando. Devo solo fare in modo che si allontani da lui... Ma come? A meno che...- si passò una mano sulla barbetta ispida, concentrato su come manipolare quelle inutili figure che non facevano che aiutarlo nella sua missione. Doveva fare in modo che lei non potesse contare sull'amore di lui... ma come? Poteva solo contare sul rapporto che esso aveva con l'altra ragazza, che, pur essendo di profonda amicizia, poteva lasciar fraintendere alcune cose.

Intrappolò fra l'indice e il pollice la pipa di legno, poggiandovi le labbra sopra e guardando la nuvola di fiumo diffondersi nell'aria e confondersi con essa: il fumo l'aiutava a pensare, e i suoi numerosi crucci non facevano che arrogarsi la priorità su qualunque altra cosa nella sua mente.

Lady Enrietta, d'altronde, l'aveva pagato 5.000 libbre d'oro purissimo, una fortuna inestimabile che doveva assolutamente accaparrarsi con qualunque mezzo, oltre all'entrata sicura nella società del clero che, con parole melliflue e smielate, la regina gli aveva parlato raccontando ogni minimo dettaglio del cambiamento che avrebbe avuto la sua vita.

Da lurido cavaliere dell'esercito del dittatore a re, Sir, barone... Illimitati titoli che l'avrebbero arricchito, anche se avrebbe già potuto godere di prosperità per la vita con quel tesoro pagatogli da Enrietta. Ora doveva solamente riflettere su come muovere le sue pedine, che altro non erano.

Era certo di essere anch'esso una pedina nelle mani della regina, che indirettamente lo stava costringendo a compiere atti osceni e, alla fine, ad avere lei, ma francamente non gliene importava più di molto: anche lavorando per Duncan era sempre stato una pedina manipolata da lui.

Non si era mai lamentato di quel posto, di quel lavoro, tuttavia da quando... Da quando era avvenuto... Lui non era più lo stesso.

E non lo sarebbe mai più stato, l'aveva decretato accettando quel losco lavoro dalla regina.

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

La battaglia era nel vivo. Migliaia di Barbari si avventavano con una veemenza terrificante sui Ribelli, anch'essi preparati e ormai caparbi, conoscendo la brutalità che caratterizzava le mosse degli avversari. Heather parò una stoccata che sicuramente sarebbe stata mortale destando un clangore metallico davvero fastidioso, per poi colpire direttamente all'elsa e disarmare il proprietario della spada. Rotolò di lato, accavallandosi su un masso sporgente lì vicino, e inflisse il corpo finale contraendo la schiena e inarcando le gambe. La spada esile e sottile penetrò nelle carni dell'uomo, per poi ri-uscire inalata di sangue e morte.

La ragazza non si curò di quel dettaglio e la rinfoderò lo stesso, consona di aver ormai sporcato notevolmente di sangue la sua fodera consunta, e si diresse a cavallo verso il punto in cui, assottigliò le ciglia per curarsi di questo, Gwen combatteva con determinazione digrignando i denti e menando fendenti.

-Com'è la situazione, Heather?- domandò la corvina, osservando come il luogo fosse gremito di persone che le coprivano notevolmente la visuale. La Ribelle puntò un canocchiale lungo le vie del fiume argenteo e scorse la situazione disperata in cui i Barbari e il popolo di Mystical si stava sfidando: per lo più con le spade, pugnali, lingue di bue e scudi bronzei gli uomini combattevano, infliggendo colpi su colpi senza nemmeno potersi asciugare il sudore che colava sulle tempie e che si mischiava con il sangue fresco sgorgante dalle ferite.

-E' una battaglia difficile, Gwen. Non posso prevederne le sorti, ma credo che gli altri siano in vantaggio numerico rispetto a noi.-

-Dobbiamo riuscire a... Liberare Trent!- quell'idea balenò nella mente della gotica, che viò lo sguardo alla ricerca di un destriero con cui poter salpare. -Lui è un ottimo spadaccino... Ci aiuterà! Vado io, tu combatti, Heather.- annunciò il capo dei Ribelli con fierezza, battendo una pacca sulla spalla della compagna che, inspirando ed espirando rumorosamente, tornò in battaglia con coraggio e trovò subito con chi scontrarsi. La dark, nel frattempo, noleggiò un destriero dal manto candido e saltò con agilità in groppa, cavalcando con un'andatura fulminea per tutto il resto del lungo tragitto.

Valicò le alture e gli altopiani, superò la linea argentea del fiume e il territorio scosceso che ne derivava e giunse infine all'edificio squadrato che sorgeva fra gli alberi: il cosidetto “carcere” di Mystical.

Quanta gente ha perito qua...

Pensò la giovane, per poi scuotere la testa e cercare di concentrarsi solamente sull'esito della missione: liberare Trent e, se possibile, i Ribelli rinchiusi lì dentro che esalavano ancora respiro.

Non c'erano guardie, solo qualche sentinella posta sul tetto piano dell'edificio che controllava la situazione dall'alto, che comunque potevano essere un problema visti i fucili che imbracciavano con movenze esperte. Gwen arricciò le labbra, grattandosi fulgidamente il mento con fare pensoso.

Non c'era modo di eludere la sorveglianza, se non eliminandola.

Sospirò quindi e si avviò nella zona in cui la visuale concessa alle sentinelle l'avrebbe sicuramente colta in pieno: così fu, logicamente, e queste balzarono giù dalla loro torretta di guardia, puntando il fucile sul corpo esile della Ribelle.

Questa sfoderò il pugnale e si abbassò, sentendo come la prima guardia premeva sul grilletto, e si avvicinò successivamente, inarcando schiena e altri arti per evitare di essere colpita da un proiettile. Successivamente si avvicinò al corpo della prima sentinella, menando un fendente che venne parato con la canna del fucile, e provò una finta tentando di colpire il braccio della guardia, che sporgendosi non notò come la snella figura della rivale rotolò dietro di lui.

Dopodichè, un pugnale impugnato saldamente si conficcò nelle sue carni senza nemmeno permettergli di esalare un respiro.

L'altra sentinella sembrava piuttosto spaventata dalla morte truce a cui aveva assistito, e puntava la canna del fucile a destra e manca per evitare di essere colpita. Sparò un colpo, ma il proiettile colpì un pioppo che cadde all'indietro con un sordo fragore.

-Vattene e non ti farò del male. Butta a terra il fucile. Ora.- decretò la gotica, tenendo ben salda la presa sul proprio pugnale se ne fosse stata necessaria l'evenienza. La sentinella, lasciando correre gli occhi sulla lama rilucente dell'arma tenuta da Gwen e sul proprio fucile, decise a malincuore di abbandonarlo e con foga corse nel folto del bosco, sicuramente ad avvisare altre sentinelle della morte del proprio compagno e dell'infiltrazione di una sconosciuta nel carcere.

Ma Gwen si sarebbe già defilata, o almeno così sperava la gotica.

La giovane si avvicinò quindi ai cardini ben sigillati che chiudevano l'entrata alla prigione, ma impugnando l'arma riuscì quindi a lasciar conficcare la lama nella serratura. A breve, questa scattò, rivelando con un cigolio la penombra che ricopriva l'intera struttura interna.

Dentro aleggiava un odore putrido, di carni insepolte e ormai morte da tempo e di desolazione sentita e sofferta, e Gwendoline fece alcuni passi alla cieca, incapace di scegliere quale strada prendere.

-TRENT!- urlò, sentendo insperata l'eco sordo e rimbombante come risposta.

Stette nel silenzio per qualche minuto, rimuginando su come agire, quando un flebile lamento la colse impreparata e la costrinse a voltarsi: Trent, accasciato e in condizioni alquanto malconcie, era poggiato con disperazione al muro della cella, lurido quasi quanto la sua figura.

-Trent, sono qua per liberarti! Aspe...-

-Gwen, io sto per morire.-

Quella rivelazione lasciò sconcertata la donna, che lasciò cadere il pugnale poco più in là.

Il rumore si propagò ma fu come se lei non lo sentisse, troppo impegnata a focalizzare il fulcro della frase appena proferita dal suo migliore amico.

Gwen, io sto per morire.

-NO, NO, NO!- gridò, agitando i pugni in aria con impotenza e lasciando che piccole lacrime cristalline scorressero sulle sue guance, celate dalla penombra.

-Non lo permetterò. Courtney ti guarirà, e...-

-No.- decretò il moro, schiudendo le iridi smeraldine nel buio -Non mi libererai, anzi, mi lascerai qua a marcire. Ho la Peste Nera*, Gwen. Io non voglio contagiare nessuno, e l'unico destino che mi spetta è la morte.-

-Courtney ti curerà!- insistette l'altra, non avendo intenzioni di demordere e non accettando la consapevolezza di poter perdere l'amico.

-Non c'è cura per la Peste, e lo sai.- Trent sospirò, consono di come la cocciutaggine dell'amata l'avrebbe tormentato assiduamente. Ma mai e poi mai avrebbe permesso che anche lei fosse contagiata da quella malattia terribile, che di lì a poco gli avrebbe tolto il respiro.

-C'è! E Court la troverà! Ti prego, Trent...- liberò un singhiozzo trattenuto, lasciando cadere a terra le lacrime trasparenti che si dissolsero in piccoli cerchi concentrici.

-Vattene, Gwen. Fallo per me.- le parole del moro si dispersero, flebili come un fuscello scosso dal vento, e il rantolo roco che ancora animava la sua gola sparì del tutto, rivelando di come ormai la sua morte fosse imminente.

-NO, TRENT, NO!- la ragazza tentò invano di rianimare il corpo del suo amico, scosso da gemiti insperati e da colpi di tosse rivelanti la peggiore delle malattie.

-Io ti amo, Gwen.- mormorò ancora, come un sibilio acuto, prima di chiudere per sempre le iridi verde smeraldo. La sua mano pallida e chiazzata di ematomi scuri lasciò la presa su quella di Gwen, svuotata da qualunque forza, e la testa venne poggiata con forza sul pavimento umido e freddo che lastricava l'edificio.

-No...- ebbe solo la forza di esclamare la gotica, prima di poggiare le proprie labbra su quelle ormai gelide del migliore amico in un unico, disperato bacio dalla quale trapelò tutto il suo affetto fraterno che non si era mai tramutato in amore, il sentimento che invece Trent provava nei suoi confronti.

Non le importava se sarebbe stata contagiata o meno. Le importava solo di aver perso il migliore amico che potesse desiderare.

 

 

 

 

 

 

 

 

***
 

 

 

 

 

 

Courtney constato che di lì a poco avrebbe scrosciato un animato temporale, e questo lo capì osservando come il cielo dapprima sereno si era contaminato di grossi nuvoloni dai contorni grigi che presto avrebbero liberato il loro contenuto riversandolo anche su Mystical.

Si affacciò alla piccola finestra dell'ambulatorio, scostandone la tendina di un tessuto piacevole al tatto e dal leggero color crema, per poi essere a malapena sfiorata da qualcuno di cui ignorava ancora l'identità.

-Tutto bene, princess?-

Quel soprannome...

-DUNCAN!- esclamò felicemente la donna, abbracciando con affetto l'amico che, per tutta risposta, la prese fra le braccia e la fece roteare con felicità fino a che non la poggiò sul lettino usato usualmente per i malati.

-Ehi, princess! Mi sei mancata.-

-Anche tu, spietato dittatore.- concordò la giovane donna, abbracciando nuovamente l'amico e stampandogli un caldo bacio sulla guancia freddata dal clima glaciale che si respirava al di fuori dell'edificio.

-Beh, tutto bene?- chiese poi lei, intuendo subito che vi era un motivo se il dittatore si era spinto fin laggiù, oltre che per salutarla.

-Non proprio. Mi sono ferito...- mostrò una ferita che tracciava tutta la scapola e da cui sgorgava sangue fresco, per poi sedersi sul lettino ed aspettare che l'ispanica scegliesse un unguento da spalmargli.

Questa infatti si diresse con sicurezza verso un olio profumato e puramente liquido, composto da lillà triturati, miele d'acacia ed erbe curative e dal profumo delicato e gradevole.

-Forza, fatti spalmare questo unguento...- mormorò, concentrandosi, per poi intingere una pezza umida nell'olio e spalmarlo con forza sulla ferita, incurante dei gemiti trattenuti ma appena proferiti a cui adempiva il dittatore.

Alla fine lo fasciò con una garza, imponendogli con ironica severità di cambiare la benda una volta al giorno per circa una settimana, in modo da far cicatrizzare completamente la ferita.

-Va bene, mamma!- sbottò poi lui, scoppiando a ridere nel momento esatto in cui incrociò le iridi di Courtney, che rincarò la dose di divertimento con un: -Ricordati tutto, figliolo!-

Mentre i due si punzecchiavano a loro volta con piccole battute scherzose, un corno risuonò in lontananza, quello della ritirata: ma da quale delle due parti? Chi si stava ritirando, sottomettendosi al popolo avversario? L'ispanica, abbandonando l'ironia, si sporse sulla soglia della porta e...

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Lo so, sono cattiva! u.u

Eheheheh, non vi spoilero quale popolo ha vinto ù.ù

Dunque... il capitolo è 7 pagine e mezzo! WoW! :D

Trent è morto... Che ne pensate? Poveretto... No, ma che dico! Muahaha, è morto! è.è

-Quanta sadicità (?)! Me piasa mucho *-*-

Bene, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Come la volta scorsa, il capitolo è dedicato a:

§Dalhia_Gwen con “Aurora i beautiful light”&”Il mio cuore come tuo giocattolo”;

§Lexy Angels con “Principessa delle nevi”&”Their Magic” (Una long sospesa che abbiamo insieme)

§Carillon1726, con “Nella nebbia fitta”&”La città incantata”

§Mary58020

§Stella_2000, con “Change”&”Il barone e la principessa [CourtneyxScott]”

§Xenja, con “Un colpo per due teste”&”What does the fox sexy?”

§Marty_Chica, con “Ti amo fiorellino”&”Amo lei”

§Tiziadarky00, con “Come una conchiglia in un mare di ricordi dimenticati”

§Julie99hatelove, con “Convivenza forzata”&”The legend”

§Tutti i lettori silenziosi^^

Molto bene, ora: Scott ha incontrato Courtney, che vi sembra? Eh sì, cari, sarà Scottney la storia <3

Un piccolo spoiler: nei prossimi capitoli comparirà... DAWN! E Alejandro ;)

A presto,

Bacioni e dolci <3

Gwen

P.s ho notato che le recensioni sono aumentate un po'... GRAZIE MILLE, perchè senza di voi questa storia non vivrebbe <3

P.p.s ringrazio codeste persone che seguono o preferiscono la storia per (anche se non recensiscono) leggere la storia e apprezzarla in silenzio:

§Carla2010star, con “It's my nature”

§mintheart

§Mumma

§Xohjohnny

§Voyeuristic intentions

§Tutti gli altri lettori di cui non posso sapere l'esistenza perchè non recensiscono/preferiscono/seguono^^ xD

 

  
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