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Autore: hikaru83    16/05/2014    3 recensioni
Cosa sarebbe successo se Hana e Kaede si fossero conosciuti da bambini? E se poi si fossero dovuti separare? E se si ritrovassero al liceo? Se volete sapere quello che sarebbe potuto succedere entrate in questo mio mondo. Una nuova storia con i personaggi che tanto amiamo, vi aspetta!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui, siamo quasi alla fine, ancora un capitolo oltre a questo, stavate cominciando a temere vero? Come sempre i personaggi  sono di Inoue, e non guadagno nulla a scrivere queste storie, a parte i vostri commenti! A dopo, come sempre, per note e ringraziamenti.
 

Cap 6
 

Quella stessa mattina Mitsui guardava riposare al suo fianco Kazushi. Lo stava osservando da un po’, si era svegliato, come sempre nel suo abbraccio, e non voleva perdersi neanche un istante di quel momento così speciale. Di solito era il suo ragazzo a svegliarlo, Hisashi non amava molto la mattina, preferiva rintanarsi sotto le coperte fino a quando il suo ragazzo, in un modo o nell’altro, lo svegliava. Anche quando dormivano separati era sempre Kazushi la sua sveglia personale. Cominciava a mandargli messaggi dal momento in cui si alzava lui, fino ad arrivare a telefonare quando era quasi sotto casa se non riceveva nessuna risposta. Cosa che avveniva più o meno ogni santissima mattina. Più o meno funzionava così:

Ore sei e un quarto, prima sveglia: ‘Amore sveglia una nuova giornata inizia.’

Ore sei e mezza, seconda sveglia: ‘Coraggio Hisa io mi sono già fatto la doccia.’

Ore sei e quarantacinque, terza sveglia: ‘Pelandrone vuoi deciderti a muovere almeno i muscoli delle dita e degnarti di rispondermi?’

Ore sette, quarta sveglia: ‘Razza di imbecille io ho fatto colazione e sto per uscire, spero che tu ti sia almeno buttato sotto la doccia o te la faccio io quando arrivo!’

Ore sette e un quarto, prima telefonata... senza risposta

Ore sette e diciotto, seconda telefonata... senza risposta

Ore sette e venti, terza telefonata sen... ah no qui Hisa risponde con un: ‘mmmm *sbadiglio* ghnghhn *altro sbadiglio* gnhffhng *terzo sbadiglio*’

A cui molto pacatamente Kazushi risponde con: ‘Porca puttana non dirmi che sei ancora a letto! Se non sarai pronto fra cinque minuti, che è il tempo che ci metto io ad arrivare, ti assicuro che su un letto tu potrai solo dormire per almeno un mese chiaro!’

La frase che sottintende in maniera così poco evidente, tanto che oramai l’intero quartiere sa della loro relazione, quello che sta per perdere Hisa lo fa svegliare completamente. Si getta nella doccia con addosso ancora i  boxer mentre si lava i denti e cerca disperatamente di ricordarsi dove diamine ha messo il quaderno di inglese, o una qualsiasi altra materia, che il suo ragazzo gli ha prestato per permettergli di copiare i compiti che ovviamente lui non ha fatto e che ovviamente non ha neanche copiato perché è rimasto esattamente dove l’ha messo appena tornato a casa. Il problema è capire dove esattamente lo ha messo. Scende le scale di corsa cercando di infilarsi un calzino che ha deciso che proprio non vuole collaborare, saltellando e rischiando di rompersi l’osso del collo. Raggiunto il piano di sotto ancora miracolosamente illeso, becca con il maledetto quinto dito del piede lo spigolo della porta della cucina, non c’è niente da fare il suo dito e quel fottutissimo spigolo hanno una relazione, non c’è altra spiegazione... dopo aver serenamente fatto l’appello di tutti i santi in paradiso, con le lacrime agli occhi entra in cucina trangugia qualcosa (meglio non specificare cosa, anche perché lui non ne ha idea) rischiando di soffocare, mentre la madre sta bevendo tranquillamente una tazza di tea e il padre legge pacificamente il giornale. Un saluto veloce, le solite raccomandazioni e il campanello di casa annuncia che è arrivato Kazushi, afferra la cartella, in cui ovviamente riposa il quaderno prestato da Hasegawa e mai tolto e tutti i libri della giornata, o meglio una volta a settimana ha tutti i libri della giornata, i restanti giorni grazie al cielo ha il suo personale santo protettore travestito dal suo ragazzo. Alla fine riescono a prendere l’autobus delle sette e ventotto che li porta allo Shohoku la cui fermata, per fortuna, è davanti la porta di casa. Capite bene che godersi la mattina è davvero difficile per Hisashi.

Ora, invece, é comodamente attorcigliato con Kazushi, sente il suo cuore battere tranquillamente sotto l’orecchio, il suo profumo che gli riempie le narici, e la pelle liscia sotto si sé, che adora baciare. Comincia ad accarezzarlo, lentamente, godendosi lo spettacolo della pelle d’oca che le sue carezze leggere fanno comparire sulla pelle bianca del petto del suo ragazzo. Scivola senza seguire nessuno schema sui suoi addominali, e ritorna a giocare con i suoi capezzoli, godendosi ogni espressione che il viso ancora addormentato di Kazushi gli regala. Accarezza quel viso tanto amato, gli occhi allungati, gli zigomi, la pelle del collo, le labbra. E lì la sua corsa finisce, le sue dita vengono intrappolate dalla bocca di Kazushi, solleva lo sguardo Hisashi e incontra gli occhi neri che tanto ama, che lo osservano, completamente svegli. Non ha bisogno di molte parole, il desiderio che prova è così evidente che sarebbe impossibile da nascondere, avvicina le labbra alla sua bocca, e si lascia catturare, offrendo tutto se stesso, come sempre, lascia a lui il comando del bacio, perché sa quanto questa sua immobilità, lo ecciti, e sia mai che Hisashi si lasci scappare l’occasione. Ci vuole molto poco, infatti, per sentire le mani di Kazushi ancorarsi alla sua testa, stringersi tra i suoi capelli, e ancora meno per ritrovarsi sotto il suo corpo, Kazushi lo osserva come se stesse guardando la cosa più bella al mondo.

“Come mai così arrendevoli questa mattina?”

“Devo farmi perdonare per tutte le mattine che ti faccio arrabbiare.”

“Ah davvero? E cosa saresti disposto a fare o a farti fare per avere il mio perdono?”

“Tutto ciò che vuoi...”

“Potrebbero volerci ore, tutta la mattina almeno...”

“Allora è meglio cominciare subito...”

“Voltati Hisa.”
 

Ryota dormiva beatamente. Sua madre era uscita, il fratello aveva deciso di andare a pesca con il padre, la sorellina, che frequentava ancora le medie, il giorno prima era andata a dormire da un’amica e i nonni erano alle terme per rinfrancare le ossa, o per meglio dire per riprendersi da quei guai che prendevano il nome di: nipoti. La casa dei Miyagi era silenziosa e tranquilla, come non succedeva da tempo immemore. Probabilmente da prima che i genitori dessero alla luce quel rompiballe di Kiyoshi, l’adorato fratello maggiore, quello bravo a scuola, bravo negli sport, bello ma simpatico, quello che non si era mai messo nei guai nella sua vita, quello che ci provava con Ayako da quando l’aveva portata a casa la prima volta, quello alto un metro e settantasei. Quello che Ryota odiava dal profondo. Il suo sonno però fu interrotto da un bussare insistente, che ovviamente lui ignorò, almeno fino a quando oltre al delicato toc toc, che faceva vibrare la porta d’ingresso, si aggiunse una voce angelica che gli disse:

“Ryota Miyagi alza le chiappe dal letto e vieni immediatamente ad aprire, altrimenti giuro che accetterò l’invito di tuo fratello e andrò a cena con lui stasera stessa!” Ho detto voce angelica? Ops scusate ho sbagliato fic.

Ayako si era alzata presto quella mattina, come sempre del resto, essere l’unica donna oltre alla madre in casa ed essere la più piccola di cinque fratelli, tutti maestri di arti marziali, come il padre, le aveva insegnato che se voleva avere un minimo di intimità, e trovare l’acqua calda, doveva fare lo sforzo di svegliarsi prima di tutti. La sua famiglia gestiva da generazioni una palestra, il nonno insegnava ancora, ed era capace di mettere al tappeto ragazzi di vent’anni senza alcuno sforzo apparente. L’unico esempio femminile che aveva era la madre. Cintura nera di karate a 12 anni, e maestra nell’uso della spada. Quando aveva portato Ryota la prima volta a casa, aveva avuto paura di non trovane più neanche un pezzetto. Forse fu davvero la prova d’amore più grande che potesse farle. Quale dite? Semplice avere il coraggio di invitarla ancora ad uscire dopo quel giorno, accettando tutte le stranezze della sua famiglia. Compresa quella di far finta di non notare il nonno, o il padre, o uno dei fratelli maggiori che li seguivano più o meno sempre, aveva persino avuto il coraggio di baciarla. Il giorno dopo era arrivato agli allenamenti con un occhio nero e per due settimane il coach non l’aveva fatto giocare per punizione ma, anche se Ayako sapeva perfettamente che era dovuto dall’incontro ravvicinato con il pugno di uno di famiglia, lui non aveva mai voluto svelare com’erano andate le cose. Quella stessa sera Ayako aveva fatto un discorsetto al nonno, al padre e ai fratelli che non si può trascrivere ma, vi assicuro, era molto ma molto convincente. La madre era davvero orgogliosa della sua prediletta.

La porta venne aperta da un trafelato Ryota.

“Buongiorno amore” Trilla tutta allegra Ayako entrando in casa e lasciando un ragazzo basito all’ingresso. “Dormito­ bene?”

“Ayakuccia adorata, per quale motivo hai deciso di buttarmi giù dal letto all’alba?”

“Alba? Ma se sono le 8.30?”

“Le 8.30 di un sabato mattina, l’unico in cui ho la casa libera e potevo dormire fino a mezzogiorno senza nessuno che rompeva.” Dice sconsolato seguendola in cucina.

“Vuoi dire che preferisci dormire che passare del tempo con me?”

“Mai ovviamente!”

“Ti sei salvato in corner.” Sorride Ayako, mentre lo vede sedersi su una sedia, appoggiare il gomito sul tavolo e la testa sulla mano. Lei rimane in piedi, appoggiandosi solo al tavolo a fianco a lui.

“Bene, ora come mai qui così presto luce dei miei occhi?”

“Dobbiamo aiutare quei due, sono troppo carini insieme.”

“Quei due? Intendi Rukawa e Sakuragi?”

“Sì, non li trovi carini?”

“Carini?”

“Come Hisa e Kazushi, o Akira e Kosh!”

“Hisashi carino? No senti Ayako sono miei amici, voglio loro un bene dell’anima, e spaccherei il muso a chiunque provi solo a denigrarli, ma non dirò mai che sono carini.”

“Che esagerato sono molto carini invece, come quei due e quindi ho decido che dobbiamo fare di tutto per aiutarli.”

“Ma non  avevate deciso, d’accordo d’accordo avevamo, che ce ne occupavamo tutti insieme?”

“Si ma adesso non posso mica andare a disturbare Akira o Hisa, staranno facendo i coniglietti in calore con i rispettivi compagni non credo apprezzerebbero venire interrotti.” Lo sguardo di Ryota divenne improvvisamente molto sveglio.

“Ayako? I tuoi sono fuori da casa a spiarci in questo momento?” Domandò, senza una logica apparente.

“No, non lo fanno più oramai. E comunque c’è un torneo o roba simile, non ci sono tutto il giorno, perché?” Risponde alla domanda Ayako.

“Quindi ricapitoliamo, siamo in una casa vuota, i tuoi sono troppo impegnati per sfondarmi la porta e preparare la mia esecuzione, e non possiamo fare niente fino a quando gli altri non saranno rintracciabili, quindi almeno fino alle 10. Giusto?” Cerca di rimanere con un tono di voce distaccato, non riuscendoci molto, Miyagi.

“Tutto giusto.” Risponde sorniona la sua ragazza, che ha capito dove vuole andare a parare.

“Allora perché non andiamo di là sul divano? Si sta molto più comodi, scommetto che troveremo un modo molto piacevole di passare il tempo soli.” Chiede con finta indifferenza.

“Perché andare di là? Ti dimostro che per passare il tempo piacevolmente una sedia è più che sufficiente.” Disse prima di sedersi a cavalcioni su di lui e mettergli le braccia intorno al collo.

“Hai ragione, molto piacevole anche qui.” Disse Ryota prima di avvicinare le labbra a quelle di lei.

“E se mi sbaglio e i miei sono qui fuori?” Si blocca Ayako, fintamente preoccupata.

“Tu vali il rischio.” Soffia sulle labbra di lei.
 

Akira intanto si stava godendo il risveglio con il suo adorato ragazzo. O per meglio dire, aveva appena finito di godere per altro, con il suo adorato ragazzo, ma quella era un’altra storia. Era assurdo quanto fosse legato a Kosh, quanto il bisogno fisico che avevano l’uno per l’altro non sembrava avere fine, quanto avrebbero potuto ricominciare anche subito a rotolarsi tra le lenzuola, se non fosse appena entrata quel terremoto umano alto un metro e cinquanta (con i tacchi) della madre di Kosh, che oramai non si faceva più alcun problema a vedere il figlio avvinghiato, e senza alcun dubbio nudo, a quel bel pezzo di ragazzo che si era scelto. Ragazzo che la signora Koshino aveva visto crescere con il proprio figlio, e se per il marito fu comunque uno choc quando i due ragazzi avevano confessato la loro relazione, o meglio quando Akira era andato da loro ammettendo candidamente che era innamorato di  Hiro e non voleva nascondere la loro relazione, per lei non c’era nessuna sorpresa, sen’era uscita con un “Perché non stavate già insieme?” che aveva fatto quasi svenire il marito, allargare a dismisura il sorriso di Akira, e fatto diventare bordeaux il figlio che si era chiuso in camera e c’erano volute due ore di preghiera da parte di Akira per farlo uscire di nuovo. Hiro era convinto che dovevano essere stati scambiati da piccoli, lui si sentiva molto più simile alla madre di Akira, una donna pacata, elegante e perennemente seria, rispetto alla sua. Che anche ora se ne stava tranquilla a parlargli come se fosse la cosa più normale del mondo. Erano a letto, nudi e con la faccia abbastanza sconvolta da essere ovvio cosa stessero facendo, e lei se ne stava lì, a conversare cortesemente con Akira. Hiro non capiva, era lui ad essere strano? O sua madre e il suo ragazzo erano da ricovero? Quando si aggiunse anche il padre però la sua pazienza fu completamente spezzata.

“Scusatemi sarebbe così strano se potesse aspettare un momento fuori dalla stanza?”

“Perché, caro sai quanti pannolini ti abbiamo cambiato? Lo sappiamo come sei fatto.”

“FUORIIIIIII!!!!!!!!!! E tu smettila di ridere, sono circondato da pazzi, pazzi non è possibile altrimenti!” Dopo dieci minuti era di sotto con i suoi genitori e il suo ragazzo a far colazione, li osservava conversare amabilmente, come se non fosse successo niente. Lui beveva il latte in silenzio, mentre Akira si stava sbafando la terza fetta di torta che sua madre aveva preparato. Quel ragazzo era un pozzo senza fondo, ovvio che poi non si stancava mai, aveva una resistenza quando voleva. Diventò rosso al pensiero di ciò che era appena successo in camera, il risveglio con i baci di Akira, quelle labbra che solleticavano la sua pelle, quella lingua dispettosa che lo faceva tremare, basta, non doveva pensarci altrimenti...

“Tesoro tutto bene? Sei rosso, non è che hai un po’ di febbre.” Ma come faceva sua madre, neanche lo stava guardando.

“Tutto bene, tutto bene. Tu, hai finito di divorare la torta che mia madre ha fatto per me?”

“Ma se non l’hai neanche assaggiata?”

“E come facevo, te la sei messa affianco.”

“Esagerato. Comunque se la vuoi...” disse passandogliela.

“Ora non mi va più.” Gli disse con un broncio da bambino, Akira stava per fare una delle sue solite battute quando ricevette un messaggio. Sgranò gli occhi appena vide il mittente, e rischiò di lasciarci la pelle quando lo lesse. Il messaggio era di Ru Ru (aveva cambiato il nome appena Ayako aveva coniato questo soprannome che Akira adorava) e diceva testuali parole: ‘Ho bisogno di voi, mi dovete aiutare a trovare le parole giuste, ma ti avviso prova a dire ‘te l’avevo detto’ e ti faccio la pelle.’ Ma fu il secondo messaggio che arrivò sempre dal caro Ru Ru a farlo ridere come un demente. Il messaggio diceva: ‘E smettila di gongolare!’
 

Alle dieci si ritrovarono tutti a casa di Miyagi, per sua somma gioia. Neanche Hisashi era stato molto contento di abbandonare le faccende in cui erano affaccendati lui e Hasegawa, ma alla fine non aveva avuto molta scelta.  Una richiesta di aiuto tanto palese da Rukawa era una cosa più unica che rara, non solo aveva bisogno di loro ma lo aveva ammesso. In fondo non erano stati loro a offrirsi di aiutarlo quando lui non voleva neanche che loro si avvicinassero al nuovo arrivato? Ora era venuto il momento di dimostrare che cosa voleva dire essere amici.

“Non ci credo non ci credo” Trillava tutta contenta Ayako, che era in visibilio da quando aveva letto i messaggi di Ru Ru. “Cosa facciamo? Come gli aiutiamo, sono carinissimiiiiii.”

“Ancora con questa storia?” Interviene Miyagi seccato

“Sono carini e non rompere, come sono carini Akira e Kosh e Hisa e Kazushi, naturalmente!”

“Grazie Ayako, davvero gentile.”

“Figurati Aki è la verità.”

“Scusate potremmo tornare al motivo per cui mi avete invaso casa, per favore?” Ryota non sopportava quando si mettevano a fare i cascamorti con Ayako, anche se il cascamorto in questione era Akira ed era del tutto innocuo.

“E che in  definitiva cosa possiamo fare? Insomma sono entrambi attratti, ne sono certo, ma come facciamo ad aiutarli.” Chiese Hasegawa centrando il problema.

“Secondo me dovremmo capire cosa può essere successo questa notte per far decidere quel testone ad ammettere che ha bisogno del nostro aiuto.” Disse sicura Ayako.

“E dai, cosa può essere successo in una notte?” Domandò Miyagi.

“In una notte può succedere di tutto!” Rispose Sendoh.

“Akira, se fosse successo quello che credi, non dovrebbe avere bisogno di noi ora.” Disse sicuro Koshino.

“E che ne so, non ero lì, magari è successo qualcosa e ora non sa cosa fare.”

“Certo, me lo vedo a scappare dopo lasciando quel bel pezzo di... Sakuragi da solo, oppure il contrario, il rossino ce l’ha proprio la faccia di uno da una botta e via.” Disse la voce sarcastica di Hisashi. “Comunque non possiamo fare niente se non sappiamo cosa è successo veramente.”

“Ru Ru arriverà tra poco, mi ha scritto mentre venivo qui dicendo che Hanamichi deve andare con i genitori allo Shohoku per consegnare qualche altro modulo, o boh, qualcosa del genere.” Continua Akira.

“Perfetto, non possiamo continuare a teorizzare.”

Dopo una mezzoretta alla porta di Miyagi si presentò Rukawa. In realtà era da dieci minuti buoni che era davanti al cancelletto del giardino, ci aveva messo cinque minuti per fare i pochi metri che separavano il cancelletto e la porta d’ingresso facendo due passi avanti e uno indietro, e altri cinque a convincere il suo indice a posarsi sul campanello e a spingere. Il tutto mentre Akira lo controllava dalla finestra nascosto dietro alla spessa tenda blu. Incredulo osservava il suo fratellino, così lo considerava, combattere contro se stesso, diviso tra ciò che desiderava e quello che temeva. Avrebbe tanto voluto poter uscire, prenderlo per un braccio, trascinarlo in casa e cercare di fargli capire che doveva smettere di farsi quei problemi, erano amici, nessuno in quella stanza l’avrebbe giudicato, erano tutti lì per lui, e non perché fossero curiosi come delle portinaie, d’accordo, lo erano ma non era l’unico motivo.  Volevano davvero aiutarlo, volevano davvero vederlo felice.
Per fortuna dopo dieci minuti il campanello di casa Miyagi suonò, Akira sospirò e ricompose il suo solito sorriso prima di aprire la porta.

“Ben venuto Ru Ru, allora vuoi spiegarci cosa cavolo è successo?”

“Hn!”

“Ok credo che la cosa sarà abbastanza lunga, perché non ci mettiamo comodi in salotto?” Dice Miyagi.

“Forse è meglio.” Assentì Ayako. Si disposero tutti nel salotto, Rukawa su una poltrona, sul divano Hisashi in braccio a Kazushi e Akira che ha tentato di prendere Koshino in braccio, ma dopo la quarta gomitata ha desistito e si è accontentato di averlo affianco, mentre Miyagi con Ayako, si sistemarono sull’altra poltrona. Rukawa prese fiato e decise di parlare chiaro, non poteva sprecare tempo, doveva raccontare tutto, lo sapeva che di loro poteva fidarsi, erano degli idioti, ma erano suoi amici.

“Questa notte ho dormito da Hanamichi. Akira buono dormito e basta. Non interrompetemi e vi dico tutto.” E fu così che gli raccontò quello che era successo, l’invito di Hanamichi, i ricordi di quando erano piccoli, la notte passata con lui, e di ciò che aveva sentito dalla voce dei signori Sakuragi. “Devo trovare il modo di parlargli, non posso sbagliare, non posso permettermelo.”

“Kaede, per quale motivo ti sei innamorato di Hanamichi?” Chiede Ayako all’improvviso.

“Come?”

“Non mi sembra una domanda molto difficile.” Disse Ayako. “Allora Kaede, perché ti sei innamorato di Hanamichi?”

 “...perché con lui sono felice, perché lo voglio rendere felice, semplicemente perché è lui.”

“Non credo che tu abbia bisogno di noi.” Decretò Ayako.

“Cosa?”

“Hai capito bene. Non hai bisogno di noi. E lo sai perché?” Continua cercando di far capire a quel testone una cosa tanto ovvia.

“No!”

“Perché tu hai paura di far soffrire lui non te, tutto il coraggio che ti c’è voluto per raccontarci quello che è successo e chiederci aiuto, è tutto quello che ti serve per affrontarlo.”

“Ma cosa gli posso dire?”

“Ru, tu lo vorresti diverso da quello che è?” Continua esasperata. Come fa a non capire? Pensa.

“No!”

“Allora perché credi che lui ti voglia diverso da quello che sei?” 

“Lui lo conosce il tuo pessimo rapporto con le parole, lo sa, ti conosce meglio di chiunque altro, credi che si aspetti un discorso ricco di belle parole? Lui ti vuole musone, misantropo e taciturno, non diverso.” Continua per lei Akira.

“Non sei tipo da mille parole, se non ti ci trovi usa le azioni.” Aggiunge Koshino.

“E poi se proprio vuoi parlargli digli quello che hai appena detto a noi, e basterà.” Ribatte Ryota.

“Fatemi capire, quando non vi volevo tra i piedi, inciampavo in voi continuamente, e ora che vi chiedo aiuto decidete che posso cavarmela da solo?”

“Kaede tu non sei solo, qualsiasi cosa accadrà, qualsiasi errore farai, noi siamo qui. Credi che noi non sbagliamo? Sai quante volte faccio perdere la pazienza a Kosh, al giorno? Sbagliare fa parte del gioco, è così che si cresce, e tu hai appena dimostrato di essere diventato grande. Lui è l’unico di cui ti preoccupi tra voi. Come se solo tu potrai farlo soffrire, come se lui non fosse in grado di far soffrire te, o come se non ti importasse. Litigherete? Ne sono certo. Direte, o non direte, cose per cui vi pentirete dopo mezzo secondo? Ovvio. Ma se imparerete l’uno dall’altro diventerete sempre più forti, e supererete tutto.” Cerca di farlo ragionare Akira.

“Non pensare a cosa dire, o a quando farlo, è del tutto inutile. Goditi ogni momento che vivi con lui, e quando meno te lo aspetti le parole arriveranno da sole.” Aggiunge Kazushi.

“Oppure fai come me, bacialo e vedi come va, a me è andata bene, e non credo che tu rischi un rifiuto.” Interviene Hisashi.

“Voi, voi, voi...”

“Un grazie basta Ru Ru.” Un sopracciglio alzato fu l’unica risposta che Sendoh e gli altri ricevettero. “...di niente Ru Ru, di niente.” Concluse la conversazione con un sorriso Akira.

Kaede si guardò intorno, le facce sorridenti dei suoi amici lo circondavano, ringraziò la sua faccia impassibile, ma sentì gli occhi pungere, per fortuna che nessuno se ne accorse, o che tutti fecero finta di non accorgersene.
 

Kaede decise di seguire i consigli dei ragazzi. Godersi ogni istante con Hanamichi senza preoccuparsi di dover per forza trovare le parole giuste, rimanendo se stesso, scoprendo, e a volte riscoprendo, ogni giorno lati di quel ragazzo che lo facevano impazzire. Come le sparate da megalomane che ogni tanto gli uscivano, per fortuna quasi sempre in inglese cosa che permetteva a pochi in squadra e a scuola di riuscire a capire cosa diceva. Oppure l’assoluta innocenza con cui si spogliava davanti ai  suoi occhi, senza malizia, aggiungendo ancora più pepe nelle notti della kitsune.

Il primo giorno di scuola di Hanamichi poi, era stato assurdo. Era passato a prenderlo, per l’allenamento mattutino come sempre, una bellissima abitudine che avevano preso in quei primi giorni in cui si erano ritrovati. Appena aveva bussato alla porta si era trovato un Hanamichi in divisa scolastica, i pantaloni scuri e la giacca che a chiunque stava male, persino a lui, ad Akira o a Hisashi che erano tra i più corteggiati dello Shohoku, quella maledetta giacca stava male, cadeva troppo larga e assomigliavano tutti a dei manichini rigidi. Ad Hanamichi, invece, ad Hanamichi cadeva perfettamente, le sue spalle larghe facevano in modo che quella divisa scura assomigliasse a un abito elegante, uno di quelli che si trovano nei negozi di alta classe. E poi i pantaloni, com’era possibile che quei pantaloni dritti, che sembravano tagliati male, senza forma, su Hanamichi invece stessero così bene? Fasciavano alla perfezione le sue gambe muscolose, e gli risaltavano quel fondoschiena da favola che si ritrovava. Kaede aveva ringraziato il fatto che Hanamichi non si accorgesse di nulla, e soprattutto che fosse abituato al suo silenzio perenne, perché aveva avuto un bel po’ di difficoltà a articolare i pensieri, figurarsi le parole.

“Kit mi spiace, ma mia madre ha preteso di vedere come mi stava la divisa.”

“Hn”

“Ben venuto Kaede, visto com’è carino il mio Hanamichi?”

“Hn”

“MAMMA!!!!!”

“Cosa c’è? Voglio farvi una bella foto, perché non la indossi anche tu?” Si rivolse direttamente a Kaede la signora Sakuragi

“Ti prego kit, mia madre è fissata con le foto, non ti dico com’è andare in vacanza con lei, si blocca davanti ai piedi quando meno te lo aspetti, oppure le stai parlando, ti volti e non c’è perché si è fermata davanti a qualche scorcio meraviglioso, che ovviamente nessun’altro ha visto. In genere lei decide e noi la seguiamo senza discutere.”

“Che esagerato mi fai sembrare una dittatrice, allora Kaede indosseresti la divisa, per favore?”

“Fa come dice kit, o non ce la caviamo più.”

Avevano passato quelle ore della mattina, invece che al campetto, a fare i modelli per la madre di Hanamichi e, anche se ovviamente non poteva ammetterlo, Kaede si era divertito un sacco. Arrivati a scuola, furono il centro dell’attenzione di tutti. Dopo la presentazione alla classe Hanamichi si era seduto accanto a lui e non si era più mosso. A turno i suoi compagni si erano avvicinati prima i più coraggiosi, poi un gruppetto sempre più consistente, la risata e l’allegria di Hanamichi fecero sciogliere anche quelli più chiusi, in poco tempo intorno al loro banco c’erano molti ragazzi che scherzavano con lui. Kaede osservava la scena tra lo stupefatto e il geloso. Stupefatto perché Hanamichi ci aveva messo meno di due ore a farsi accettare dalla classe, e geloso perché le risate di Hanamichi appartenevano solo a lui, ma per quella volta avrebbe lasciato correre, si godeva lo spettacolo del do’aho, che rendeva persino la grigia aula scolastica in un posto colorato e allegro.

E così i giorni passavano ed erano già tre settimane che Hanamichi era tornato nella sua vita. Tre settimane in cui Kaede aveva memorizzato ogni gesto, ogni espressione del suo futuro ragazzo.

Quella mattina, come tutte le altre mattine, Kaede arrivò a casa Sakuragi all’alba. Questa mattina però non dovette bussare. La madre di Hanamichi infatti uscì come un razzo da casa.

“Kaede, caro, buon giorno, scusa se non mi fermo ma mio marito si è scordato questi documenti a casa, e oggi c’è una riunione molto importante, devo correre, ma tanto tu lo sai dov’è Hanamichi.”

Kaede salì le scale in silenzio. Per la prima volta quella casa caotica dalle prime ore era silenziosa,  e calma. Si affacciò alla porta della stanza di Hanamichi, e come sempre rimase imbambolato a osservarlo. Dormiva supino, il lenzuolo attorcigliato vicino ai piedi, e il corpo dorato che risplendeva in tutto quel bianco. Rukawa non sapeva se quello che stava per fare fosse dovuto al fatto che fossero soli e che quindi nessuno avrebbe potuto disturbarli, o se invece era semplicemente perché i suoi ormoni oramai erano al limite, ma non riuscì a fermare il suo corpo. Si ritrovò accanto ad Hanamichi, la sua mano cominciò ad accarezzare i capelli soffici e sottili del suo meraviglioso do’aho, la pelle morbida del viso, del collo, il petto, gli addominali, scendeva lentamente, riverendo quel corpo, mentre il cuore gli martellava nel petto. Era arrivato oramai all’elastico dei boxer quando si bloccò, cosa stava facendo? Non poteva, non doveva, non era giusto, però... però era dannatamente irresistibile quel corpo inerte sotto le sue mani, ma non poteva fare niente se Hanamichi stava dormendo. Del resto era riuscito a non baciarlo, anche se lo desiderava tanto, quando avrebbe potuto farlo proprio perché Hanamichi riposava tranquillo tra le sue braccia e lui non voleva perdere la fiducia che il suo do’aho gli aveva dato. Stava per staccare la mano da quel corpo caldo, quando una voce lo fermò.

“Non lasciarmi Ede, ti prego non lasciarmi.”

Kaede alzò lo sguardo e trovò gli occhi lucidi e caldi di Hanamichi fissarlo.

“Hana...”

“Non fermarti...”
 


Continua
 


Note: Sono l’assistente di hikaru83, che mi ha chiesto di ringraziare slanif, Pandora86  e Arcadia_SPH per le belle recensioni al capitolo precedente. Lei non è potuta rimanere perché doveva prendere un aereo o un qualsiasi mezzo che le permettesse di scappare lontano e nascondersi dalle possibili ritorsioni. Comunque la settimana prossima avrete l’ultimo capitolo, che è già pronto! Grazie per la cortese attenzione.
 
 
  
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