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Autore: Bill Kaulitz    16/05/2014    3 recensioni
«Sai, Tom, c’è un vecchio mito giapponese...e dice che: se due amanti sfortunati commettono un suicidio, si reincarneranno come gemelli.» fece una pausa. «Ed io sono convinto che, quei due amanti, quei due gemelli, siamo proprio noi due.» - Questa è una FF twincest quindi, se non gradite il genere, siete pregati di non leggere. Peace&Love Thanks!
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti ricordi di me?'
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- Capitolo 11 -

Camminavano mano per mano, infischiandosene degli sguardi straniti e disgustati della gente. Bill aveva deciso di non vestirsi più da donna. Aveva trovato l’amore della sua vita. Non doveva avere maschere; perché quel comportamento che stava assumendo, era un modo per potersi nascondere, per poter nascondere ciò che lui era in realtà. Si vergognava del suo modo di essere e del giudizio che, la gente, avesse su di lui. Ecco perché aveva trovato un modo per evitare che la gente parlasse di lui o lo giudicasse. Ora però, non aveva più alcun timore, era tornato; lui era tornato a proteggerlo, come aveva sempre fatto.

Nessuno proferì parola fino all’arrivo al parco. Continuarono a camminare nel silenzio, ascoltando il lieve fruscio del vento che batteva sui loro volti. Era stranamente mite. Le strade non erano né troppo affollate, né troppo vuote. Loro, di certo, non passavano inosservati. Come potevano due ragazzi che si tengono per mano non passare inosservati? Poco però importava. Seppure Tom non avesse ancora le idee chiare o non avesse compreso bene la situazione nella quale era perfettamente coinvolto, sentiva un senso di pace e beatitudine nel stringere la mano di Bill, nonché suo fratello. Anzi, involontariamente, la strinse ancora più forte.

«Se la stringi ancora più forte, rischi di stritolarmela.» Disse Bill ridendo, per nulla intento a mollare la presa ferrea di Tom.

Lui non disse nulla. Ricambiò il sorriso.

 

Camminarono ancora un po’ lungo il parco, fino a quando non trovarono una panchina in marmo – piuttosto in disparte – dove, successivamente, si sedettero.

Inizialmente ci furono diversi istanti di silenzio assoluto. Bill aveva lo sguardo chino sul terreno. Fissava le punte corrose delle sue Adidas bianche, stringendosi di tanto in tanto fra le sue spalle.

 «Avanti, Bill. Ti ascolto.» lo incitò a parlare Tom. «Non puoi tirarti indietro, in quanto, oramai, siamo giunti al termine e poi non credo che ti voglia rimangiare la parola.» Tom posò una mano sulla coscia magra del ragazzo, stringendo per quanto gli fu possibile, nella speranza di trovare un po’ di grasso. «Io ti credo. Mi fido di te. Non ti nascondo che, quando ti vidi la prima volta, al supermercato, è come se avessi avuto un déjà-vu. Sapevo di conoscerti. Nell’inconscio ne ero certo.» tolse la mano dalla coscia e, con due dita, andò ad afferrare il mento del fratello, costringendolo ad incrociare il suo sguardo. Inizialmente trovò un po’ di opposizione da parte sua, in quanto era tremendamente imbarazzato. Poi però, decise di arrendersi e permise a Tom di trasportare verso l’alto il suo viso, dimodoché potesse guardarlo negli occhi. Nei suoi stessi occhi. «Io sono qui per te. Ti voglio ascoltare.»

Bill si rassicurò. Socchiuse gli occhi e sorrise. Prese un bel respiro. Era arrivato il momento di parlare, per quanto gli fosse difficile e complicato.

«Oggi, Tom. È successo tutto oggi. Ero… ero nella soffitta e stavo portando fuori dei vecchi scatoloni. Ora non so se è stato il destino a volerlo, ma mentre gli stavo accatastando tutti quanti, uno me n’è caduto per terra, vuotando tutto ciò che aveva al suo interno. Erano degli album di fotografia.»

Bloccò improvvisamente il racconto. Forse stava attendo che Tom, dal canto suo, potesse proferir parola. Non lo fece. Restò in silenzio, in attesa che Bill potesse proseguire con il suo accaduto. Vedendo però che Bill si era magicamente spento, Tom lo invitò a continuare. Protese la mano destra in avanti, consentendogli di nuovo la parola. Tirò un sospiro e si accinse a concludere la vicenda.

«Non li avevo mai visti quegli album. Tutte le foto, ritraevano un ragazzino ed una donna; lo stesso ragazzino assieme ad un altro della medesima età. Ma non è questo il punto.»

Un’altra pausa. Un’altra interminabile pausa. Tom non era stupido. Aveva capito cosa volesse dire Bill. Non voleva però cavargli le parole di bocca. Voleva che fosse lui a dirlo. Doveva trovare il coraggio di farlo. Seppure fosse una cosa del tutto complicata ed estremamente delicata.

«Qual è il punto, Bill? Ho capito quel che è successo. Lo so. Ma voglio che me lo dica tu.»

Bill lo fissò dritto negli occhi. Ormai era fatta. L’aveva ritrovato. Aveva ritrovato suo fratello. Non era morto. Era sempre stato qui. Fin dall’inizio. Non era mai andato via.

«Possibile che nostra madre non ti abbia detto nulla? Possibile che l’abbia tenuto nascosto anche a te? Come può una cosa del genere essere tenuta nascosta? Come si può mentire su questo?» Si interruppe. Cominciò a piangere. Afferrò con violenza lo zaino, portandoselo sulle gambe. Frugò voracemente all’interno di esso. «Come?» ripeté, afferrando un album di fotografia, per poi porgerlo con violenza non voluta, al fratello. Tom rimase pietrificato. Non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere. Meglio, non si sarebbe mai aspettato che Bill, gli portasse la prova che affermava davvero il loro legame. Inizialmente poteva pensare che Bill, preso da un violento attacco d’amore, si fosse inventato tutta questa storia. Ma con una prova simile, non poteva mentire. Era tutto vero.

«Ti prego, Tom. Dimmi che ti ricordi. Dimmi che ti ricordi di me!» la voce gli tremava; così come le mani e le gambe. Era tutto un brivido. Eppure, quella sera, non c’era quel solito e fastidioso freddo pungente. Erano brividi di terrore? Paura? Ansia?

Tom cominciò a sfogliare gli album. Ad ogni pagina, aveva degli spasmi. Gli si bloccava il respiro. Era lui. Quel ragazzino immortalato nella foto, era lui. La donna invece, era sua madre. Bill non stava mentendo. Non lo aveva mai fatto.

Bill continuava a fissare il fratello con aria interrogativa, in cerca di una possibile risposta, ma anche di un semplice cenno. Tom era muto.

«Allora, Tom? Allora?» Bill lo invogliò a parlare, a dire qualcosa. Il suo assoluto stato di silenzio, lo metteva decisamente a disagio; gli dava ansia. Poi, finalmente, disse qualcosa.

«Quindi, tuo padre, è anche mio padre. Mia madre, è anche tua madre. »

«Tom, sì, sono io! Sono io, Bill. Tuo fratello. Ricordi l’incidente? Il camion?»

Tom alzò gli occhi al cielo, poi li riposò nuovamente su di Bill. Ricordava qualcosa?

«Stavamo scappando, Tom. Stavamo andando via. Quel maledetto giorno di novembre, avemmo una discussione a casa, molto violenta ed accesa. Picchiasti papà. Mi prendesti per mano e ce ne scappammo di casa. La fuga non andò a buon fine. Ci travolse un camion.»

Per quanto chiara fosse la situazione, Tom ancora non riusciva bene a focalizzarla. Sapeva dell’incidente, lo ricordava, ma sua madre Simone, gli aveva sempre detto che, con lui, non c’era mai stato nessuno. Eppure lui, all’inizio, ricordava. Ricordava che ci fosse qualcuno in macchina con lui. Lei aveva sempre mentito, sempre raccontato bugie. Per questo, adesso, la odiava con tutto se stesso. Aveva sempre portato rispetto per sua madre, e le aveva sempre voluto un gran bene. Lei, al contrario, no. Quale madre che amasse davvero un figlio mentirebbe sul fatto di avere un fratello gemello?

«Sei sempre esistito.» una frase, una semplice frase proferì dalla bocca di Tom. La ripeté ancora, fissando negli occhi la persona che aveva di fronte. «Non eri il frutto della mia immaginazione. Era vero. È sempre stato tutto vero. Dal primo momento che mi tornò alla mente il tuo nome.» Era chiaro. Era finalmente tutto chiaro: gli strani comportamenti di Simone nell’ultimo periodo, le bugie, i segreti.

Bill non disse niente. Gli occhi gli si riempirono di lacrime di gioia, dopodiché aggiunse:

«Sai, Tom, c’è un vecchio mito giapponese...e dice che: se due amanti sfortunati commettono un suicidio, si reincarneranno come gemelli.» fece una pausa. «Ed io sono convinto che, quei due amanti, quei due gemelli, siamo proprio noi due.» Non disse nient’altro e, prima che Tom potesse aggiungere qualsiasi cosa, lo baciò, battendolo sul tempo. Si avventò – ma sempre con delicatezza – sulle sue labbra semi schiuse. Tom, ovviamente, non si tirò indietro. Si lasciò baciare come se nulla fosse. Ormai, aveva trovato il suo equilibrio. Non aveva più nulla da perdere. Lui era tornato. La persona che, da diversi mesi a quella parte stava torturandolo in sogno, era realtà; esisteva per davvero.

«Ci sei sempre stato, Bill. Non sei mai andato.»

«Anche tu, Tom.»

«Io non so per quale assurdo motivo i nostri genitori ci abbiano tenuti nascosti per due anni. Un padre e una madre normali, non lo farebbero mai.» Tom fece una pausa. Bill avvolse con entrambe le braccia il muscoloso bicipite di Tom e poggiò la fronte sulla spalla e il rasta a sua volta, poggiò la sua testa su quella di Bill. «Nostro padre è venuto a trovare me e la mamma, qualche giorno fa. Gli ho risposto male. Non sapevo nemmeno che cosa volesse.»

Bill non disse nulla, si strinse nelle spalle ed afferrò ancora più forte l’avambraccio di Tom.

«Niente, non voleva assolutamente nulla. Quel figlio di puttana mi ha tenuto nascosto te, la mamma e ha tenuto nascosto me.» Cominciò a tremargli leggermente la voce. Cercò di trattenere i singhiozzi e le lacrime ma, ben presto, senza che se ne accorgesse, presero il possesso sul suo bellissimo e delicato viso.

Tom sospirò. La situazione era maledettamente difficile. Stava odiando sua madre e, suo padre, più di quanto già non lo odiasse prima. Per quale motivo avevano fatto una cosa simile? Quale essere ripugnante potesse nascondere un fratello, un gemello, un amore.

«Ti prometto che risolveremo tutto, Bill. C’è sempre una soluzione ad ogni problema.» prese ad accarezzargli i capelli, dopodiché lo strinse ancora più verso sé. «Adesso vieni a casa con me. Mamma non c’è. Voglio recuperare tutto il tempo perso con te. Voglio che tu mi faccia rivivere quelle emozioni che solo tu mi facevi provare, quando facevamo l’amore. Ricordo il profumo che avevi, subito dopo aver finito; il sapore dei tuoi baci, il suono del tuo respiro affannato, il calore del tuo corpo sudato, sul mio. Non ci avevo mai fatto caso, prima d’ora. Mai. Dopo l’incidente, non ho mai trovato l’amore. Quello vero. Ho sempre e solo fatto sesso con una... o più ragazze. Ma mai, mai fatto l’amore. Dentro di me sapevo che il mio cuore, appartenesse già a qualcuno. Non sapevo né chi fosse, né che aspetto avesse. Fino a quando, quel giorno al supermercato, non ho incontrato te.» fece una pausa. Una lunga ed interminabile pausa.

«Non avrei mai immaginato che, un giorno, saresti stato qui, fra le mie braccia. Quel bellissimo ragazzo che, per timore di essere giudicato male, aveva assunto le sembianze di una ragazza, eri tu. Mio fratello gemello. Non ho mai creduto al destino, Bill, mai. In questo caso, però, io credo che il fato abbia voluto che ci rincontrassimo. Che tornassimo ad amarci. Che ricominciassimo una nuova vita… insieme. Solo io e te.»

Bill lo stava guardando fisso negli occhi. Ad ogni parola, sentiva il suo cuore esplodere, tremare, fremere. «Andiamo via, Tom. Scappiamo da questo mondo di merda. Possiamo ricominciare tutto da zero, come hai detto tu. Stasera stessa. Senza fare valige. Prendiamo la tua auto, e andiamocene. Senza lasciare né messaggi, né lettere. Scompariamo dalla circolazione. Senza lasciare traccia. Tanto, sono più che sicuro, che nostro padre lo dirà alla mamma. Io non voglio nemmeno dargli la soddisfazione di fargli leggere un biglietto d’addio. Dopo quello che ci hanno fatto, si devono solo vergognare. Mi fanno… non so nemmeno io cosa. È un insieme tra schifo, pena e vergogna. Al posto loro, io mi imbarazzerei terribilmente.»

Tom lo strinse ancora di più verso di sé. Voleva sentirlo parte di lui, una volta per tutte. Nessuno, nessuno lo avrebbe più portato via. Nessuno gli avrebbe più separati. «Ricordati che, io sono te, e tu sei me. Siamo un’unica anima, in due corpi differenziati. Se nessuno lo vuole capire, che andassero al diavolo.»

«Io non riesco a capire ancora il motivo, Tom. Non riesco a capire. Perché hanno impedito che io e te ci amassimo? Cosa cazzo c’è di sbagliato?» Bill, in preda ad una attacco isterico, non riusciva a capire ciò che stesse dicendo. Lo sbaglio c’era, e Tom lo sapeva.

Cercò di tranquillizzare il fratello, accarezzandogli dolcemente il capo, e tenendogli strette le mani. Cercò di farlo ragione.

«Bill… sai benissimo che l’incesto non è legale. Lo sai benissimo. Ora io non voglio prendere le difese dei nostri genitori, perché non lo meritano assolutamente. Però, credo che tu conosca la storia dei due fratelli, Patrick e Susan. È un po’ simile alla nostra storia; solo che loro vennero separati sin dalla nascita. Si conobbero quando lei aveva sedici anni. Pensa, ebbero pure quattro bambini ma, una volta scoperto il loro legame di sangue, lui venne arrestato e lei invece rinchiusa in un ospedale psichiatrico.»

Tom aveva ragione. L’incesto era una cosa pericolosa. Si rischiava la galera e, se non peggio, la pena di morte. Il loro paese, governato da una dittatura, aveva un regime troppo rigido per comprendere la loro relazione incestuosa e, per di più, omosessuale. Ma niente, nulla, li avrebbe divisi ancora. Per quanto sbagliato potesse essere.

«Tom, ti ho già detto che a me non interessa nulla. Cosa aspettiamo a sparire dalla circolazione? Io voglio stare con te… in qualunque modo possibile ed immaginabile. E se ciò comporta una fuga, io sono pronto a farla ora. Su due piedi. Senza pensarci minimamente. È chiaro?»

Bill disse quelle due parole con una così tale sicurezza che Tom, non seppe cosa dire. Era convinto. Bill voleva davvero scappare con lui. L’avrebbe seguito in cima al monte Everest. In qualunque momento. In qualunque modo.

Tom sorrise, gli cinse i fianchi e, sollevandolo leggermente, lo fece mettere a cavalcioni su di lui. Bill intrecciò le braccia attorno al collo del fratello e, i due, restarono a fissarsi per un tempo immemore.

«Mio dio. Mi ero quasi dimenticato la bellezza del tuo sguardo.» cominciò Tom. «È ancora tutto così strano. Ieri ero a sbattermi qualche puttanella; ed ora, sono qui assieme a te. L’amore della mia vita. Sapevo... Sapevo che il mio cuore non avrebbe amato mai nessuno. Era tuo. Solo e soltanto tuo.»

Bill sorrise ed abbassò lo sguardo imbarazzato.

«Andiamo a casa, Bill. Andiamo a casa mia.» Bill era scettico. Sapeva cosa sarebbe accaduto se fosse andato a casa sua. Eppure, non era mica la prima volta. Almeno, così vagamente ricordava.  Aveva timore; timore di aver dimenticato che cosa significasse fare l’amore. «Non ti va?» domandò poi il rasta, vedendo che, dall’altra parte non ci fu risposta.

«È ovvio che voglio, Tom. Ho solo paura di aver dimenticato come si faccia. Non ho mai avuto altri rapporti. Tu per me sei stato il primo e l’ultimo. Sono ancora vergine, Tom. Non mi sono mai consesso a nessuno. Mai. Son stato toccato solo ed esclusivamente da te. A nessuna mano impura ho dato la possibilità di toccarmi; anche perché nessuno mai ha voluto farlo. No ne ho avuto la possibilità, e non potevo far scelta migliore.»

Strinse la mano del fratello forte a sé. A Tom bastò guardarlo negli occhi per capire la sua risposta. Era un sì.

 

Non appena Tom aprì l’uscio di casa, Scotty gli andò incontro e, vedendo accanto al padrone un’altra persona, cominciò ad abbaiargli. Bill cacciò un lieve urlo e si avvinghiò al braccio del fratello, nascondendosi dietro di lui.

«Scotty, chiudi la bocca. È un amico. Vedi?» Tom cominciò a toccare Bill per far capire al cane che non era assolutamente una minaccia per lui. «Dammi la mano, Bill. Fatti annusare.» così fece. Bill porse in avanti la mano – seppure lievemente tremante – e lasciò che il cane sentisse il suo odore, in modo tale da fargli capire chi fosse.

Bastarono pochi secondi prima che la mano di Bill venisse completamente bagnata di saliva.

«Oddio che schifo!» Disgustato ma, allo stesso tempo divertito, Bill ritrasse velocemente la mano prima che Scotty potesse leccargliela nuovamente. Istintivamente, si pulì sulla schiena di Tom. Continuò tranquillo a pulirsi il dorso e il palmo della mano, mentre Tom, si girò lentamente per guardarlo con occhi spalancati e pieni di meraviglia. Cosa c’è? Domandò Bill, continuando ad usare la maglia del fratello come se fosse un’asciugamani.

 «Stai usufruendo della mia maglia preferita per pulirti dalla fottutissima bava del mio cane!» Tom era serio, ma si vedeva chiaro e tondo che le sue intenzioni non erano assolutamente così. Non appena Bill si rese conto di quello che stava facendo, ritrasse immediatamente le mani.

«Cazzo. Devi scusarmi, Tom. Non l’ho fatto apposta!» se le portò al petto, stringendole forte. Abbassò lo sguardo per l’imbarazzo e arrossì violentemente. Quella scena, per Tom, fu una vera e propria beatitudine. Vederlo così imbarazzato, gli fece venire in mente…un momento…stava ricordando qualcosa. Quella sua espressione gli ricordò proprio…

8 Maggio 2004

«Cos’è quel coso?» chiese Bill, guardando il fratello con aria interrogativa.

«Servirà per non farti sporcare da quella cosa bianca che, quando mi tocco…in quel punto, esce fuori.» Tom tolse dalla scatola rossa un profilattico.

 «Così piccolo?»

«Se aspetti, idiota, lo srotolo.» continuò poi Tom, ridacchiando. Delicatamente, prese con il pollice e l’indice di entrambe le mani, le due estremità e, adagio, lo srotolò fino a raggiungere la sua lunghezza standard. Bill, intanto, lo continuava a fissare con aria perplessa ed interrogativa.

«Ma perché te lo devi mettere? Non è scomodo?»

«Mi ha detto il farmacista che, il profilattico, diminuisce il rischio di malattie e, soprattutto, impedisce ad una persona di rimanere incita.»

Non appena sentì quella parola, Bill strabuzzò gli occhi e cominciò a ridere. Disse che era un vero e proprio idiota. Lui non poteva restare incinta perché era un maschio. Tom, bruscamente, rispose con un secco: lo so.

«Non sono così imbecille e tonto come credi. L’ho preso solo per evitare che venga nel tuo culo una volta che sarò dentro!»

Non fu una bella risposta quella che gli diede Tom. Difatti, Bill, rimase davvero molto male. Stava semplicemente scherzando. Non appena Tom vide nello sguardo del fratello un profondo dispiacere, provò subito a scusarsi.

«Dio, Bill. Perdonami. È solo che mi hai fatto una domanda così stupida. Mi sono arrabbiato e non ho ragionato. Scusami. Non volevo offenderti.»

Il moro abbassò lo sguardo e si portò le mani al petto, stringendole quanto più forte possibile.

«Sei uno stupido.» bisbigliò poi, stringendosi fra le sue gracili ed esili spalle. Era rimasto alquanto male. «Dicesti che la nostra prima volta sarebbe stata come nei film. Di sicuro, nei film, non dicono queste cose alle persone che amano.»

Tom era letteralmente mortificato. Abbassò lo sguardo e sospirò.

«Mi perdoni, amore?» sussurrò Tom, mentre cominciò ad avvicinarsi pian piano al fratello. Bill alzò gli occhi, ma non il volto. Lo guardò dalla frangia nera che gli copriva gran parte della fronte. Sorrise lievemente e in maniera imbarazzata. Adorava quando il fratello lo chiamava ‘amore’.

«Non lo so. Devo pensarci su.» lo canzonò Bill. Tom lo afferrò per le spalle e lo costrinse – sempre in maniera delicata – a distendersi sotto di lui. Notò un leggero tremore.

«Stai bene, Bill?»

Non rispose. Socchiuse gli occhi e si inumidì le labbra. Fece un cenno con il capo. Era tutto okay.

«È solo che… sono un po’ impaurito. Ma voglio! È chiaro che lo voglio. Sono solo leggermente spaventato.»

Tom gli accarezzò la fronte, scostandogli qualche ciocca di capelli. «È normale, Bill. Lo sono anche io.»

«Tom?»

«Cosa c’è?»

«Ogni qual volta faremo l’amore…non voglio che tu utilizzi quell’affare di gomma. Sembra un palloncino sgonfio. Puzza come un palloncino sgonfio. Non voglio assolutamente che quell’affare finisca nel mio corpo. Voglio che il nostro rapporto sia assolutamente naturale. Pulito. Vero. Completo. Non voglio nulla che possa impedire il naturale corso del rapporto.»

Tom rise leggermente. Chiese come facesse a sapere queste cose se, prima, gli aveva fatto una domanda così idiota. Internet. Fu la sua risposta.

«Però non sai cosa si prova…durante l’atto. Vero?» Scosse la testa. No che non lo sapeva!

Senza ulteriori indugi, i due presero a baciarsi. Dolcemente. Contemporaneamente, Tom prese a strofinarsi contro il leggero rigonfiamento del fratello. Si lasciò sfuggire un leggero mugugno. Tom sorrise nel bacio. Sapeva benissimo che gli stava cominciando a piacere. Intensificò i baci e cominciò a premere in maniera più forte contro i jeans di Bill, muovendo il proprio bacino in avanti e indietro.

Una serie di mugugni cominciarono ad essere soffocati dai baci profondi e forti che Tom gli stava regalando. Poteva sentire il respiro pesante e caldo del fratello nella propria bocca e, quella sensazione, lo stava facendo letteralmente impazzire.

Prese a sbottonargli i pantaloni con una mano, mentre con l’altra, continuava ad accarezzargli i capelli.

«Dimmelo, Tom. Dimmelo!» sussultò Bill, tra un bacio e l’altro. Tom non capì. Domando cosa dovesse dirgli, senza mai staccarsi dalla sua bocca. «Dimmi che mi ami, Tom.» Tom sorrise nel bacio e, come gli era stato ordinato, gli sussurrò un leggero e soffice ti amo a fior di labbra.

«Ti amo anche io. Cristo se ti amo!» intrecciò le proprie gambe al bacino e le braccia al collo del fratello, stringendolo ancora di più verso di sé. «Mai dovrai lasciarmi, okay?» Per un istante si allontanò – seppure controvoglia – dalle labbra di Tom, per poterlo guardare dritto negli occhi. Attese una risposta. Una risposta che, però, già sapeva.

«È ovvio che non ti lascerò mai, Bill. Sei l’unica persona che io possa amare. In questa vita e in quelle a venire. In nessun universo, galassia, pianeta, potrò amare qualcun altro… se non te.» Non disse null’altro. Ricominciò a baciarlo, con più passione, fino a quando i due non si ritrovarono completamente nudi.

*

«Tomi? Tomi?» La magnifica voce di Bill lo riportò alla realtà.

«Cosa?»

«Eri sovrappensiero? A che pensavi?» Bill si avvicinò leggermente, abbracciandolo da dietro. Poggiò la guancia sulla schiena e socchiuse gli occhi, ispirando ed espirando lentamente. Tom ricambiò l’abbraccio, seppure in maniera del tutto innaturale. Portò le braccia indietro, cercando di stringere – anche solo leggermente – il gracile ed esile corpo del fratello.

«Ho avuto un ricordo. La nostra prima volta. Almeno credo che… sia stata la nostra. Sono ancora così confuso. Non ho le idee molto chiare. Ho sempre avuto dei flashback, non sapendo però chi fossero quei due ragazzini che tanto si amavano. Perché era praticamente palese che si amassero. Chi l’avrebbe mai detto che, quei due ragazzini, eravamo noi due. »

Finalmente, Tom si girò e cinse delicatamente i fianchi del fratello.

«Ti amo.» ripeté Bill.  «Te lo ripeterei all’infinito. Non mi stancherei mai di dirlo.» Sorrise, cinse il collo di Tom in un tenero abbraccio. Improvvisamente, Tom lo sollevò da terra, prendendolo in braccio. Bill, dal canto suo, intrecciò le gambe sul bacino del fratello e strinse ancora di più la presa sul collo.

«Bada che non ti faccio cadere, sciocca creatura.» Disse Tom ridendo.

«E chi ti dice che io mi sia avvinghiato in questa maniera per paura di cadere?» Non disse null’altro. Prese a baciarlo prima che Tom potesse aggiungere qualunque cosa.

Pian piano, Tom cominciò a fare piccoli passi verso il divano e, quando fu abbastanza vicino, si lasciò cadere su di esso, portando Bill, inevitabilmente, sopra di sé.

Continuarono a baciarsi senza mai distaccarsi l’uno dall’altra. Erano così in sintonia che non avrebbero voluto né ora né mai più, dividersi.

«Togliti i vestiti…» ansimò Bill, mentre continuava a baciare il fratello. Tom obbedì come un cagnolino ammaestrato. Portò le mani vicino la cerniera e, una volta abbassata tutta, alzò leggermente il bacino in modo tale da calarsi fino alle caviglie il suo jeans. Nel frattempo, Bill lo copiò. Ben presto anche gli indumenti superiore fecero compagnia ai jeans, ormai gettati sul pavimento. I due, erano in biancheria.

«Toglimelo tu, Bill.» sussurrò Tom, ormai in trance. Bill non se lo fece ripetere due volte e, una volta lasciato nudo il fratello, arrivò il suo turno.

Erano nudi, sul divano, con Scotty che li stava guardano con aria indifferente. Stavano per fare l’amore. Prima però che continuassero e che andassero oltre, Tom si fermò. Fece alcune domande a Bill.

«Hai paura?»

«No…»

«Ne sei sicuro?»

«Sì»

«Vuoi che vada avanti?» Fece scorrere una mano per tutta la lunghezza della sua schiena, fermandosi sul sedere, tondo e sodo; fece scorrere anche l’altra mano. Afferrò i glutei con forza, stringendoli quanto più poteva, fra i suoi polpastrelli.

«Sì, Tom. Voglio fare l’amore con te.» annaspò poi il moro, sentendosi mancare il fiato. Tom sorrise, non aggiungendo altro. Si sistemò in maniera più comoda, facendosi leggermente più giù.

«Non hai dimenticato come si fa, vero Bill?» un lieve sussulto uscì dalle labbra di Tom, poggiate delicatamente sul collo diafano e madido di sudore, del moro, lasciandogli dolci e fragili baci, alternando di tanto in tanto, dei piccoli morsi.

«No, Tom. Forse è l’unica cosa che non ho mai dimenticato.» Tom avvicinò la sua virilità al corpo del fratello e, senza troppi indugi, si lasciò scivolare al suo interno. Venne immediatamente trasportato in un altro mondo. La sensazione di essere così legato ad una persona per cui provava sentimento, era un qualcosa di nuovo. Non era  Bill ad essersi dimenticato di cosa volesse dire fare l’amore; era lui che lo aveva fatto. Negli ultimi due anni, aveva solo fatto sesso con la prima sgualdrina che gli capitava fra i piedi. Qualche sveltina in discoteca, nei bagni della scuola, in macchina, per strada in un vicolo. Non aveva mai portato nessuna a casa sua. Era la prima volta, dopo anni, che riviveva la comodità della casa, di un letto, di un divano; ma soprattutto, stava riprovando quelle emozioni che temeva di non provare mai più; quelle emozioni che, soltanto con la persona amata, si potevano provare. Lui finalmente ce l’aveva fatta.

Si mosse con cautela, cercando di essere quanto più delicato possibile. Aveva timore. Temeva di fargli del male. Non lo avrebbe trattato come le tante che si era portato a letto, perché lui era diverso.

Sentì un sussulto. Si fermò improvvisamente.

«Cosa c’è? Ti faccio male?»

«No…»

«E allora cosa, Bill?»

«Shh... sta zitto e continua!» Posò l’indice sul labbro del ragazzo in modo tale da fargli intendere di tacere. Tom sorrise nuovamente, riprendendo il ritmo precedentemente interrotto.

 

«È stato il giorno più bello della mia vita, Tom.»

Bill era poggiato sul petto del fratello. Con l’indice tracciava dei cerchi immaginari su di esso, percorrendo i pettorali scolpiti, l’addome molto pronunciato, la clavicola leggermente sporgente.

«Mi fai il solletico così!» sorrise leggermente, muovendosi per via del prurito che stava sentendo. Bill tolse la mano e posò l’orecchio in prossimità del cuore. Socchiuse gli occhi.

Tum tum… tum tum… tum tum…

Sentì il suo battito, dolce e regolare. Il suo capo si muoveva sinuosamente, in contemporanea con il respiro di Tom. Il rasta, dal canto suo, cominciò ad accarezzare i capelli nero corvino che, per via del sudore, erano leggermente attaccati alla fronte.

«Non ho mai visto una persona più bella di te. Dio mio… ma dove avevo la testa, prima?»

«Non sapevi della mia esistenza, Tom. Non lo sapevo nemmeno io. Adesso basta però. Non ci pensiamo più. A me interessa che adesso siamo di nuovo qui. Insieme. Questa volta, nessuno più ci potrà separare. Mai.»

Entrambi si guardarono. Intensamente. Quegli occhi che, per anni, si erano cercati; quegli occhi che, seppure identici, esprimevano emozioni completamente diverse; quegli occhi che, finalmente, potevano incrociarsi nuovamente. Senza più perdersi.

«Sai che cosa dobbiamo fare. Vero, amore?» Tom riprese ad accarezzare il capo del moro. Bill non rispose. Sorrise e basta. Aveva capito tutto.

 

Simone aprì la porta.

«Tom, sono a casa!» richiuse la porta dietro di sé, poggiando il mazzo di chiavi sul comò dell’ingresso. «Tom? Sei in casa?» Non ebbe risposta.

Notò che nemmeno Scotty le era venuto incontro. Solitamente, ogni volta che qualcuno varcava la soglia della porta, era il primo a dargli il benvenuto. Quella sera, non c’era. Provò a chiamare anche il cane. Nessun segno di vita. La casa sembrava completamente desolata.

Si sfilò la giacchetta e la posò sull’appendi abiti. Tolse via anche le scarpe e percosse i restanti metri per arrivare alla cucina, scalza.

«Tom?»

Nulla. In casa non c’era praticamente nessuno. Prese il cellulare dalla tasca e compose il numero del figlio. Nessuno squillo. Il cellulare risultava spento. L’ansia cominciò a farsi sentire. C’era solo una soluzione: chiamare Jorg.

 

Anche Bill non c’è più. Non è in casa. Non riesco nemmeno a rintracciarlo telefonicamente. Non lo vedo da ieri pomeriggio.

«Jorg.. temo.. temo che sia accaduto. Credo che si siano rincontrati di nuovo..» la voce di Simone era cupa e preoccupata. Sapevano entrambi che, prima o poi, i loro figli si sarebbero incontrati di nuovo. Le menzogne, le bugie, sarebbero state tutte completamente cancellate, grazie all’amore inteso che li legava. «Credo che non rivedrò mai più mio figlio, Jorg. Ed è solo colpa nostra. Non potevamo separarli. Dovevamo essere meno egoisti. Pensare più a loro e meno a noi. Come ci si può vergognare dei propri figli? I figli bisogna accettarli, nel bene e nel male; con i pregi e con i difetti. Se davvero avessimo amato i nostri figli, li avremmo lasciati liberi di amarsi. Ora..» tirò su con il naso. Una lacrima le rigò il viso. Andò per continuare, ma la sua attenzione venne catturata da un post-it attaccato al frigorifero.

La frase era troppo piccola per essere letta da lontano. Disse a Jorg che l’avrebbe richiamato e, prima che potesse ribattere, terminò la chiamata.

Posò il cellulare sul tavolo e si avvicinò al frigo. Non appena lesse, il sangue le si gelò nelle vene. Non avrebbe mai immaginato che Tom, sarebbe stato capace di scrivere una cosa del genere. Scoppiò il lacrime.

‘‘Ti odio. Non avrei mai pensato che fossi capace di una cosa del genere. Stai pur certa che tu, e quell’essere che pretende di essere nostro padre, non ci vedrete mai più. Adesso ci siamo ritrovati e vi giuro che nessun altro.. tanto meno voi, riuscirete più a dividerci. Addio. Bill e Tom. PS Scotty resterà con me, ovviamente. Non gli hai mai voluto bene, come no ne hai mai voluto a me, o a Bill.’’

Simone, in quel momento, si sentì morire. Avrebbe voluto urlare, gridare, piangere, distruggere qualunque cosa le capitasse fra le mani, ma non fece nulla. Si limitò a staccare il bigliettino, ad accartocciarlo ed infine, cestinarlo. Prese nuovamente il cellulare e compose il numero dell’ex marito.

Pronto?

«Sono andati via. Sono andati via insieme.»

Sapevo che questo giorno, sarebbe arrivato.

«Lo sapevo anche io. Era solo questione di tempo. L’amore, quello vero, non si può dividere. Abbiam tentato per due anni, ma non poteva durare a lungo.»

Noi avevamo fatto del nostro meglio.

Simone sospirò. Tom, scrivendo quelle brutte parole, non aveva affatto tutti i torti. Erano stati degli egoisti. Degli sporchi egoisti. Si sentiva ferita, distrutta, decisamente meschina. Una madre non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Lei, per vergogna, ne era stata capace. Sia lei, che Jorg.

«Siamo stati dei pessimi genitori, e adesso, abbiam perso per sempre i nostri figli.»

Almeno.. potranno amarsi liberamente, adesso.

«Chissà se un giorno… li rivedremo mai.»

Non lo so, Simone. Non lo so.

*

Si tenevano per mano, come se nulla fosse. La gente non prestava nemmeno loro attenzione. Era troppo presa a trasportare i propri bagagli o, soprattutto, scappare da una parte all’altra per non perdere il volo.

«Hai preso tutto, amore?» disse Tom, stringendo la mano del fratello ancor più forte di quanto già non lo stesse facendo. Bill non rispose. Fece cenno di ‘si’ con la testa.

Ultima chiamata per il volo 582 diretto per Los Angeles. Si invitano i signori passeggeri a dirigersi nel corridoio quattordici per l’imbarco.

La voce dell’altoparlante provocò un via vai di gente ancora più confusionale di quello precedente.

«Pare che molta gente voglia andare a Los Angeles. Non trovi, Tom?»

«Molto probabilmente, sono tutti in fuga dai propri genitori perché non hanno la libertà di amare chiunque vogliano.» disse ridendo Tom. Bill ricambiò il sorriso e, istintivamente, lasciò la presa del fratello e afferrò dolcemente il suo viso tra le mani, regalandogli un dolce e delicato bacio sulle labbra.

«Ti amo, Tom.»

Una lacrima nera scese involontariamente lungo la guancia destra. Tom gliel’asciugò con il pollice.

«Ti amo anche io.»

La voce della hostess all’altoparlante, ripeté per la terza volta lo stesso messaggio. Tom prese sia il proprio borsone che quello di Bill e si diressero all’ingresso quattordici.

«Dici che Scotty starà bene? Temo che al mio cucciolo non piaccia molto stare in gabbia.»

Tom era un po’ preoccupato per il proprio animale, ma Bill lo rassicurò dicendogli che sarebbe stato bene e che, dodici ore dopo, l’avrebbe abbracciato e rivisto. Tom non disse nulla; sorrise e prese fra la sua la mano del fratello.

«Stiamo per dirigerci verso un nuovo inizio, Bill. Sei pronto a passare il resto della vita assieme a me?»

Lo guardò intensamente, conducendolo a due posti liberi.

«Ero pronto prima ancora di rincontrarti, Tom.» Un ultimo sorriso ancora, dopodiché si sedettero, in attesa di essere chiamati per il loro volo diretti verso la libertà.

- Fine -


******

Note: ed eccoci qui. Siamo giunti alla fine di questa storia che ho amato sin dal primo capitolo. Mettere la parola fine, è stato davvero, ma davvero triste. Questa è stata la prima vera FF che ho portato a termine e che ho scritto per bene, fino alla fine. Non ricordo nemmeno come mi venne in mente la trama.. L'iniziai a scrivere a luglio di due anni fa, per poi finirla verso luglio/agosto dell'anno scorso.. non ci posso credere che ho impiegato così tanto tempo ma, soprattutto, che siano già passati due anni da quando 'Ti ricordi di me?' è entrata a far parte della mia vita. Ma perchè do così tanta importanza a questa FF? Beh, è molto semplice. Togliendo il fatto che io AMO il twincest e sono pienamente convinta della sua esistenza, con questa FF, in un certo senso, ho voluto far capire a coloro che giudicano il twincest 'una porcata', che si sbaglia di grosso. Come avete visto, nella FF non ci sono scene di sesso (anche perchè, secondo il regolamento, sono vietate) ma anche e, soprattutto, non ci trovo nulla di interessante descrivere esplicitamente le scene di sesso fra i gemelli. Sì, okay, qualche scenetta hot ci può stare, ma non è affatto il genere di FF che scrivo. Con le mie storie, voglio farvi capire quanto amore ci sia fra Loro; cosa sarebbero disposti a fare l'uno per l'altra pur di difenderlo e proteggerlo; quanto sono in grado di spingersi, pur di mantenerlo in vita. 'Ti ricordi di me?', ha solo e soltanto questo scopo: far capire quanto sia importante e, in particolar modo, bello e genuino, l'amore che c'è fra Bill e Tom. Qualcuno lo può detestare, qualcuno può essere riluttante. Io, all'inizio, ero la prima ad odiare il twincest (vi parlo del 2007, quando li conobbi) ma poi, quasi un anno dopo, lessi un OS e, da lì, me ne innamorai perdutamente. Cominciai a frequentare forum, scrivere anche io qualche storiella su Loro due (orrendamente stupide e prive di senso XD) fino a quando poi, quasi quattro anni, dopo essermi fatta una certa cultura sul twincest e aver constatato della sua esistenza e della sua estrema bellezza, mi sono cimentata in questa FF. Detto questo, credo che vi abbia annoiato già abbastanza! Credo sia giunto il momento dei ringraziamenti.

Ringraziamenti: prima di tutto, vorrei ringraziare tutte coloro che, seppure in poche, hanno commentato la mia FF (quando la postai la prima volta, ottenne molte recensioni.. ma poi.. poi la tragedia D:) Vorrei ringraziare: xDado, Alien_To_Love, Rox_94, ILOVE2BAND, Potter_Alien e vale_TH00 . Ovviamente, vorrei ringraziare anche i lettori fantasma. So che ce ne sono e, sebbene non rilasciano nulla, sono comunque felicissima. Il mio unico scopo non è ottenere recensioni. Sì, fa sempre piacere leggere le opinioni, ma è altrettanto meraviglioso veder aumentare le visualizzazioni. Grazie ancora di cuore per avermi seguita dal primo all'ultimo capitolo. Per chi fosse interessato, sto già postando un'altra storia: 'The Cruise' ed ho già in mente un'altra FF che inizierò a scrivere a breve e che posterò quando The Cruise sarà quasi giunta al termine. Non mi piace lasciare il lavoro a metà (: Metto qui il punto. Ci vediamo nella prossima FF e, perchè no, al prossimo SpinOff di questa FF

PS per chi non lo sapesse, la OS A Christmas Carol, è il primo della serie degli spinoff che ho in mente. Un immenso bacio e.. grazie ancora a tutti, per tutto!

- Valentina -

   
 
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