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Autore: jamesguitar    16/05/2014    9 recensioni
'Un per sempre è come prendere la luna per me, Brad.'
'E allora riuscirò a prenderti la luna.'
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bradley Simpson, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 6.
 
Noah si svegliò presto la mattina dopo, verso le sette. Si stiracchiò lentamente, chiedendosi perché mai avesse aperto gli occhi prima delle nove, cosa che non faceva mai.
Il suo sguardo cadde sul suo telefono che vibrava sul comodino, e capì. Sbuffando e ancora assonnata, rispose alla chiamata, senza nemmeno pensare a chi potesse essere.
 
“Ciao.” Era Brad.
“Oddio Bradley, è prestissimo, e comunque sembra un rituale, mi chiami ogni giorno.”
“Non è presto” replicò lui, ignorando il suo secondo commento.
“Invece si, sono le sette.”
“Santo cielo, ancora?” Noah riuscì quasi ad immaginarselo passarsi una mano sulla faccia. “Non dormo dalle due del mattino, credevo che fossero almeno le nove.”
 
“Perché non hai dormito?”
“Pensavo a te.”
Noah sapeva bene che mentiva, si capiva dalla sua voce leggermente acuta. Perché mai voleva dirle una bugia?
“Brad, dimmi la verità.”
“è una sorpresa, non posso.”
 
La ragazza alzò gli occhi al cielo, ma gli credette. Doveva solo fidarsi di lui.
Si alzò dal letto caldo, consapevole che ormai non sarebbe più riuscita a dormire. Si stiracchiò, con il cellulare ancora in mano, e sbadigliò.
“Ehi, sei stanca? Attacco, se vuoi.”
“Tranquillo, davvero, sono solo assonnata.”
 
“Vorrei chiederti una cosa.”
“Mh, dimmi.”
Noah iniziò a mangiarsi le unghie, tesa.
“Verresti a dormire da me, stasera?”
Eccolo. Quel momento. Noah sapeva che sarebbe arrivato, ne era del tutto consapevole, ma dannazione, credeva che avrebbe aspettato un po’.
 
“Wow, avrei dovuto aspettarmelo.”
“Che?”
“Sei semplicemente come tutti gli altri.”
La ragazza attaccò, lanciando il telefono sul letto. Non era nemmeno sicura di aver fatto bene a reagire in quel modo, senza lasciarlo spiegare, ma le era venuto spontaneo. Tutti i ragazzi prima o poi provano a chiedere alle ragazze cose del genere, e quel momento era arrivato anche per Bradley. Dannazione.
 
Noah si sdraiò di nuovo sul letto, lasciando che una lacrima le scendesse di nuovo sul viso. A qualcun altro questa storia avrebbe fatto ridere, ma non a lei. Si sentiva stupida.
Riprese il cellulare, leggendo 11 messaggi di Brad.
 
‘Che ti prende?’
‘Noaaaah’
‘Ah, oddio, ho capito’
‘Sei fuori di testa?’
‘Come farei a farti cose così?’
‘Ehi, andiamo’
‘Sei ancora più offesa, vero?’
‘Diamine’
‘Volevo solo dormire abbracciato a te’
‘Non pensare male’
 
La ragazza sbuffò, ignorandoli. Dicevano tutti così.
Fece cavolate per tutto il giorno, se per cavolate si può intendere piangere, scrivere one shot tristi  e urlare nel cuscino, e poi si decise a lasciar perdere. Doveva cercare di calmarsi, per riuscire a capire tutto chiaramente.
Se Bradley fosse venuto a cercarla, forse, e diceva forse, lo avrebbe ascoltato. Ma doveva essere convincente. Sarebbe stato imbarazzante, ma per una volta non le interessava.
 
Si asciugò le lacrime e si vestì, dato che era rimasta tutto il giorno in pigiama, per poi scendere di sotto.
C’erano i suoi genitori in cucina, suo padre seduto al tavolo parlare con la madre, intenta a finire di preparare la cena.
“Ehi” li salutò, con voce flebile.
“Tesoro, ti senti bene?” subito la madre si allarmò, e per poco la ragazza non sbuffò. Lo avrebbe fatto, se non fosse stata così educata.
“Si, si.”
 
Si sedette al tavolo, di fronte a suo padre, e addentò un pezzo di pane che si trovava in un cestino.
“Ciao, dolcezza” le disse il pare John, sorridendole. “Domani hai una visita, ricordalo. È importante, ti ci porterà tua madre.”
Noah annuì, gustando un grissino.
“Di sicuro ti diranno di non stancarti troppo” aggiunse la madre. “E hanno ragione, stai un po’ esagerando.”
La ragazza ripensò alle ultime cose che aveva fatto. Non le avrebbe mai fatte, prima di conoscere Bradley, per il semplice fatto che aveva paura. Ma non era morta per niente di quello che era successo, no? E poi, aveva avuto fin troppa paura nella vita. Era stanca di averne.
 
“Mamma, sto bene.”
Gli occhi di Dorothea si infuocarono, quando si voltò.
“Bene?” ripeté. “Tu non stai bene Noah, affatto.”
Lei abbassò gli occhi verso il piatto di carne che le avevano dato, senza rispondere. Lo sapeva, in realtà, lo sapeva benissimo. Sapeva che stava per morire. Non c’era bisogno che glielo ricordasse.
“Sai mamma, sembri un tantino incoerente, se un giorno quasi fai un incidente d’auto per rimproverarmi perché dico che morirò e due settimane dopo se la prima a dirlo.”
 
Noah quasi non credeva di avere avuto il coraggio di dire quelle parole, ma ne ebbe la riprova vedendo il volto scioccato della madre.
Si alzò da tavola, senza dare a ascolto alle lamentele del padre, e salì in camera sua, trattenendosi dallo sbattere la porta.
Preparò una borsa con dentro le cose essenziali, un pigiama, uno spazzolino e la spazzola, e tornò il salotto.
 
La madre era arrabbiatissima, ma lei la ignorò.
“Io vado a dormire fuori.”
“No, te lo scordi.”
“Invece ci vado, una mia amica mi ha invitata.”
“Tu non hai amiche”
Questa faceva male.
“Ma guarda un po’, me ne sono fatta qualcuna.”
 
La ragazza uscì di casa velocemente, quasi correndo, e si precipitò verso la fermata dei taxi. Più o meno sapeva dov’era casa di Brad, sarebbe stato abbastanza semplice arrivarci.
Fu lì, infatti, solo dieci minuti dopo.
Scese dal veicolo, con lentezza stavolta, perché aveva sprecato troppe energie.
Il tassista la aiutò, e anche se si sentì in imbarazzo, Noah era felice che le avesse prestato attenzione.
 
Si avvicinò al portone di Bradley, e suonò il campanello, un po’ titubante.
Lui venne ad aprire dopo qualche secondo, con addosso dei semplici jeans e una maglietta, e l’aria di non essere molto in forma.
Quando la vide, sgranò gli occhi, e quasi saltò all’indietro.
“Oddio Noah, che ci fai qui?”
“Mi hai invitata, no?”
“Si.. certo, è solo che avevo capito che non saresti venuta.”
“Avevi capito bene, ma ho cambiato idea.”
 
Senza troppe cerimonie Noah entrò in casa, appendendo la giacca dove l’aveva messa la prima volta.
“Mio padre non c’è.”
Lei sbuffò, mentre lui chiuse la porta.
“Non c’è mai, eh?”
Capì troppo tardi che non era una domanda da fare, perché lui la fissò senza risponderle. La ragazza arrossì, e abbassò lo sguardo.
“Si, non c’è praticamente mai, il lavoro lo tiene occupato tutto il tempo.”
 
“Scusa, io..”
“Non c’è problema, davvero.”
Noah non sapeva nemmeno perché era andata lì, in realtà. Era ridicolo, considerando che poche ore prima aveva promesso a se stessa che lo avrebbe ascoltato solo se lui fosse venuto a cercarla.
È solo che sua madre era diventata insopportabile, e per lei era inevitabile fuggire da Brad, quando sta male.
 
“Senti Noah, se..” iniziò Brad, rompendo il silenzio. “..se hai capito qualcosa di sbagliato stamattina, mi dispiace, non era mia intenzione far passare messaggi sbagliati”
“Mi hai chiesto di dormire a te, cos’altro avrei dovuto pensare?”
Lui si morse il labbro, avvicinandosi.
“Seriamente, non ho nessuna intenzione di obbligarti a fare cose che non vuoi fare. Voglio solo dormire con te, nient’altro.”
 
Noah sospirò, ma si arrese. Gli gettò le braccia al collo, facendolo traballare e, quasi impercettibilmente, ridere.
“Andiamo di sopra?” chiese il riccio.
“Okay”
Si diressero in camera di Brad, quasi come al prima volta, solo che con meno imbarazzo. Noah ora si sentiva un po’ più a suo agio con quel ragazzo, anzi, si sentiva del tutto a suo agio.
 
Entrarono nella camera, e Noah si sedette sul letto, appoggiando la borsa a terra.
“Qui mi hai rifiutato una volta, ricordi?” chiese Brad, incrociando le braccia al petto.
“Smettila di parlarne, sono tempi bui.”
“Fin troppo”
 
La ragazza si guardò intorno nella stanza, cercando qualche indizio per la sorpresa che Brad aveva accennato al telefono qualche ora prima.
Fu interrotta da Bradley, che le scosse una mano davanti al viso.
“Hai sentito?”
“Che? Cioè, voglio dire, no, potresti ripetere?”
Lui rise, e indietreggiò.
“Ho chiesto se vuoi che esco, così ti puoi cambiare.”                                                         
 
“Di già?”
“Direi, sono le dieci, magari guardiamo un film.”
“Ah, va bene. Esci.”
Quel riccioluto aveva un sorrisetto divertito sulle labbra che a Noah dava i nervi, ma non riusciva a dirgli di smetterla di averlo, perché in fondo, le piaceva.
Bradley uscì dalla stanza. Quando la porta fu ben chiusa, Noah prese la borsa da terra. Cercò il suo pigiama, e si imbarazzò all’istante.  Aveva dimenticato la maglietta, si era portata solo i pantaloncini. Questa non ci voleva.
 
 
Indossò l’unico indumento che aveva, lasciando la maglietta che aveva prima, ed invitò Brad ad entrare.
Quando lui la vide con la stessa maglietta, aggrottò la fronte.
“La maglietta?”
“Io, ehm, la ho dimenticata.”
Dio, non si era mai sentita così in imbarazzo.
“Oh, puoi prenderne una mia, se vuoi.”
 
“Dici davvero?”
“Si, certo.”
Il ragazzo si avvicinò all’armadio, e ne tirò fuori una maglia verde. La lanciò a Noah, ammiccando. “Ora torno fuori, cerca di fare in fretta.”
Uscì dalla stanza velocemente, e Noah fissò per qualche secondo la maglietta.
Si sentiva onorata di indossarla, anzi, forse fin troppo poco importante. La mise, e sentì immediatamente l’odore di Bradley. Chissà quante volte la aveva usata.
 
Lo fece entrare, e provò ad uscire dalla stanza, ma lui le afferrò un braccio.
“Dove vai?” chiese.
“Fuori, devi cambiarti.” Arrossì di colpo.
“Tranquilla Noah, non sono come te, puoi guardarmi mentre mi vesto.”
Sogghignò, mentre chiuse la porta.
Si sfilò velocemente la maglia che indossava, e a Noah mancò il fiato per un secondo. Era bellissimo, diamine.
Quando il ragazzo vide la sua espressione, scoppiò a ridere.
“Bello lo spettacolo?”
Lei si risvegliò dalla sua trance, e gli fece la linguaccia.
“Ah ah. Sbrigati.”
 
Brad si cambiò anche i pantaloni, e stavolta Noah non guardò. Era terribilmente in soggezione.
Quando si girò verso di lui, non aveva messo la maglietta. Non fece commenti quando capì che non aveva intenzione di indossarla, e si sedette con lei sul letto. Erano abbastanza vicini da toccarsi, Noah riusciva a sentire la sua pelle calda. Non c’era sensazione migliore.
“Non hai freddo?” domandò.
Lui ride di nuovo, per almeno la millesima volta da quando si erano visti. Era bello sentirlo ridere.
“Nah. Vuoi andare sotto le coperte?”
 
Lei annuì, e si rifugiarono entrambi sotto al piumino blu di Brad.
Spensero le luci, ed accesero la televisione. Erano appoggiati allo schienale del letto, ma Noah era appoggiata al petto di lui, perché era l’unico luogo in cui si sentiva al suo posto.
 
Videro un film idiota, probabilmente il più stupido film mai uscito. Ma risero tanto, più di quanto Noah avesse mai fatto negli ultimi anni. Quasi pianse dalle risate, accoccolata sul suo corpo. A volte chiuse gli occhi, sentendo il petto di Brad vibrare per la sua risata, e respirando la sua essenza. In quel modo si sentiva protetta, si sentiva al sicuro. Più di quanto non fosse mai stata.
Tutto era bello, accanto a Bradley. Perfino un film idiota diventava divertente, stare appiccicati in un letto singolo con un piumino addosso era piacevole. Noah non aveva mai provato queste sensazioni.
 
Quando la pellicola finì, era mezzanotte passata. Spensero la televisione, ma rimasero a fissare il vuoto per qualche secondo, senza dire nulla.
“Sai, era da tanto che non mi divertivo così.” Ruppe il silenzio la ragazza, a bassa voce.
“Perché sussurri?”
“Boh, è buio, mi viene naturale.”
 
Brad si allontanò da lei per mezzo secondo, ed accese una piccola lampada sul comodino.
“Ecco, ora puoi parlare normalmente”
Noah iniziò a ridere di nuovo. Ma poi, dopo qualche secondo, la sua voce si spezzò.
“Che hai?” chiese Brad.
“Niente, io..”
Scoppiò a piangere. Pianse all’improvviso, senza motivo. Cosa erano tutte queste emozioni? Perché arrivavano tutte insieme?
Probabilmente si sentiva frustrata per il comportamento di sua madre di poche ore rima, da tutto quello che aveva detto. Ed era arrivato il momento di sfogarsi. Wow, adesso non era nemmeno in grado di decidere quando piangere.
Messa bene, insomma.
 
“Oddio, sul serio, che ti succede?”
Brad si sdraiò, appoggiandosi ad un gomito, quando anche Noah si tese, fissando il soffitto.
“Non sono venuta qui perché ho cambiato idea.”
“Ah”
“Non capire male, davvero.. sono venuta perché non avevo idea di dove andare, sono uscita di casa arrabbiatissima, mia madre ha detto cose..”
“Cose?”
“Cose che mi hanno ferita.”
 
“Noah, vieni qui.”
Brad la abbracciò nel letto ristretto, avvolgendola con il suo calore. Le sue lacrime gli bagnavano il petto ed il torace, i suoi singhiozzi lo scuotevano. Ma stare con lei ed aiutarla era tutto ciò che voleva.
“Perfino lei mi ricorda che non sto bene, capisci? Proprio ora che cerco di essere positiva e non avere paura, lei fa così. Volevo perfino parlarle, ma non mi è stato permesso.”
“Shh” la zittì lui. “Non devi piangere, capito?”
“Come faccio? Come faccio a non piangere?”
 
Bradley salì su di lei, senza intenzioni maliziose, solo per starle più vicino. Noah non si imbarazzò nemmeno, non pensava quasi più lucidamente, da quanto piangeva.
Lui le passò un pollice sulla guancia, avvicinando i loro volti.
“Pensa a me e te insieme.” Disse. “Pensaci e riuscirai a non piangere.”
Le asciugò le lacrime, e lei annuì.
 
Quasi subito smise di singhiozzare, ma la tristezza non se n’era andata via del tutto. Stava male, malissimo. Non voleva morire, e sua madre non faceva altro che peggiorare la situazione. Ogni giorno non faceva che chiedersi perché, perché non poteva vivere tutto il tempo che voleva. Era frustrante, la faceva soffrire. Non la faceva più sentire come era un tempo, da bambina, felice, spensierata e piena di vita.
 
“Mi sento persa.” Sussurrò, fissando gli occhi marroni di lui.
Bradley avvicinò le labbra al suo orecchio, scostandole i capelli dal collo.
“E allora ti troverò.”
“Mi troverai?”
“Certo. Ogni volta che perderai te stessa, io sarò pronto a ritrovarti.”
 
Lei stava per piangere di nuovo, perché tutto questo le era completamente nuovo. Non si era mai sentita amata come adesso.
“Quando sarò morta, non mi troverà nessuno.”
Le labbra di Brad tremarono, segno che anche lui stava cedendo. Ma non poteva, non poteva. Doveva essere forte, per lei.
“Ti troverò finché potrò. Te lo prometto.”
 
Noah gli passò le mani sul torace, sforzandosi di non piangere di nuovo. Non voleva sembrare stupida.
“Sei la cosa più bella che sia mai stata mia.” Gli disse, sentendo il groppo in gola formarsi.
Era vero, Brad era l’unico davvero importante per lei, l’unico che la calmava anche in questi momenti.
“Anche tu.”
“Mi amerai?” chiese la ragazza. Si sentiva strana a parlargli così, ma non le interessava.
“Io già ti amo. E ti amerò per tutto il tempo che ti resta.”
 
“Davvero?”
“Si. Fino alla fine.”
Gli occhi di Noah erano lucidi ancora una volta, non sapeva cosa fare né come reagire a tutta questa improvvisa dichiarazione d’affetto. Anche lei lo amava, tanto.
“Senza avere paura?”
“Esatto, senza paura.”
 
A quel punto Noah pianse di nuovo. Era inevitabile, perché nonostante le lacrime, non si era mai sentita così fortunata. Si, fortunata. Nonostante fosse malata, nonostante sarebbe morta da un momento all’altro, si sentiva fortunata. Fortunata ad amare ed essere amata in quel modo.
 
E allora ti troverò.
Noah pensò a quelle parole ancora e ancora, mentre baciò Brad più forte che poté. Era il suo unico modo per sentirsi sana. Per sentirsi bene.


#ANGOLOAUTRICE
Odiatemi, odiatemi, odiatemi. So che sono così maledettamente in ritardo, davvero, è solo che non trovo proprio il tempo di scrivere, con gli esami e tutto il resto.
Comunque.. Che ne dite della storia? A me di questo capitolo piace solo la fine ad essere sinceri, ahaha
Voi che pensate?
Fatemi sapere con una recensione, cari! A presto,

-jamesguitar

PS. Vorrei ringraziare tanto ChuppyBunny, la ragazza che ha proposto di fare entrare la mia storia tra le scelte e che, per altro, mi ha pubblicizzata. Sei dolcissima!
  
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