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Autore: Alive_Reader    16/05/2014    3 recensioni
"Non devo dire grazie a nessuno
nella vita cammino da solo
finora i miei passi li ho fatti uno ad uno e ora sono piu grande di loro,
ma il mondo è più grande di me, più grande di te
la responsabilità che hai davanti
più grandi di me, più grandi di te
ormai sei nel mondo dei grandi sii grande anche te.
Nato a novembre forse per questo che ho il freddo dentro
e ogni difetto col tempo si è fatto peggio
l'invidia..più cresci più porta giorni infelici
oggi per strada mi salutano più fan che i vecchi amici
ho letto che, da bambini si sta meglio
perchè un ginocchio sbucciato è sempre meglio del cuore spezzato
io penso a qualche anno fa, ricordo mamma e papà
ogni errore perdonato a me, per via dell'età
oggi mi agito nel letto, e non bastano più le fiabe
mi servono le fiale, per farmi addormentare
e gia, il male cresce assieme a me, fratelli di sangue"
Quella di Ashely è una vita difficile, una vita dettata sulle note di Il mondo dei grandi di Emis Killa. Ma se qualcuno si interessasse veramente a lei riuscirebbe a salvarla?
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Smoke
“Ricordo da bambino,
mamma mi disse:
sii sempre forte amore,
che il mondo là fuori è tutt’altro che rose e fiori.”

Quel pezzo mi svegliava ogni mattina, da ormai tre anni, quel pezzo risuonava alle 5.00 in tutto l’appartamento. Quella canzone era ormai la definizione della mia vita, quel cantante, che io definisco poeta, era ormai la mia ancora di salvezza, in tutti questi anni mi ha aiutata senza nemmeno conoscermi. La mia è stata un’infanzia travagliata, la mia è stata un’adolescenza piena di problemi, ma questi verbi al passato non significano che adesso che sono maggiorenne tutto va bene.
La voce della mia coinquilina mi risveglia dai pensieri profondi, ricordandomi che devo andare a scuola. Mi alzo a fatica dal letto e noto subito la siringa appoggiata sul comodino, assieme alle pillole, guardo il tutto con disgusto ed entro in bagno per farmi una doccia.
Una volta finita la doccia mi asciugo i capelli e torno in camera per vestirmi, apro le ante dell’armadio e afferro le prime cose che vedo. Non sono quel tipo di ragazza che la mattina sta mezz’ora con l’armadio aperto per decidere che mettersi, non mi faccio tanti problemi sui vestiti, o ti piace come mi vesto o non ti piace, sinceramente a me non frega un cazzo lo stesso. Mi infilo i jeans chiari, attillati e strappati e la maglietta dei Lakers, non sono una di quelle ragazze che portano questo tipo di maglie solo perché “vanno di moda”, io le porto perché seguo davvero le partite, è l’unica cosa buona che mi ha insegnato mio padre. Metto il cappello dei New York Yankees sui miei capelli e soffermo il mio sguardo su essi, amo le mie punte multi color, le ho fatte in un momento di pazzia, ma è stata la pazzia migliore della mia vita. Mi trucco leggermente e abbandono la camera con lo zainetto, quasi completamente vuoto, in spalla.
Amy, la mia coinquilina perfetta, sta già facendo colazione vestita in modo impeccabile e con il sorriso sulle labbra, non so come faccia, io non riesco a sorridere di prima mattina, mi sembra impossibile. Quando mi vede mi squadra e storce il naso, sono abituata, lei non sopporta come vi vesto, anzi non sopporta proprio me ed il sentimento è ricambiato, ma entrambe avevamo bisogno di un appartamento e da sole non ce l’avremmo mai fatta a pagarlo. Purtroppo le regole per una buona convivenza, che ci eravamo prefissate, stanno andando sempre più a rotoli, d’altronde lei è la perfezione ed io sono un disastro della natura; come potremmo mai sopportarci?
Facciamo colazione nel più totale dei silenzi. Molti pensano che i silenzi uccidano, si dice pure che “il silenzio fa male più delle parole”, io non sono d’accordo, io sto bene nel silenzio, dopo aver passato l’infanzia tra delle mura piene di urla mi sembra più che plausibile il bisogno di silenzio.
Salutandola con un piccolo cenno della mano esco di casa; la leggera brezza di prima mattina mi circonda, facendomi rabbrividire all’impatto. In pochi minuti di autobus sono alla stazione, salgo sul treno e mi siedo al mio solito posto, ormai è abitudine. Mi infilo le cuffie e faccio partire la mia playlist, composta dalle canzoni che mi hanno salvata; se sono su questo sedile del treno, diretta alla scuola non è di certo grazie alle persone, ma grazie alle parole dette sulla musica.
Mi sento leggermente osservata, alzo lo sguardo e non un ragazzo che mi fissa, avrà più o meno la mia età, ha una faccia anche abbastanza familiare, forse viene alla mia stessa scuola, non lo so, le volte che entro davvero sono ben poche. Le ragazze normali lo definirebbero bello: capelli biondo cenere, occhi chiari e penetranti, pelle abbronzata e lineamenti facciali ben definiti. Io lo definisco semplicemente passabile. Non ho mai amato, non amo e non penso che amerò mai qualcuno. Non ho nulla contro questo sentimento, semplicemente non penso che sia una parola adeguata alla mia età. Penso molto al significato delle parole prima di pronunciarle, le parole pesano e alcune, a volte, pesano troppo o troppo poco.
Distolgo lo sguardo dal ragazzo e lo porto verso il finestrino, ma sento il suo sguardo ancora su di me. È una sensazione nuova, ma terribile. Sono abituata ad avere lo sguardo degli altri addosso, ma non in questo modo. Lui mi sta fissando intensamente, come mai nessuno ha fatto, gli altri si limitano a delle occhiate di sprezzo, non so cosa odiano di me, forse i capelli, o la mia infanzia, oppure semplicemente il fatto che non sono proprio una buona ragazza.
In poco tempo sono davanti al cancello della scuola, cerco con lo sguardo Michele, il mio unico amico. Lo trovo al solito posto con la sigaretta stretta tra le labbra, una mano che passa frettolosa tra i capelli tinti di viola, e gli occhi azzurri persi nel vuoto. Lo raggiungo e gli rubo la sigaretta mettendola in bocca. Lui mi guarda con aria omicida e mi fa un cenno della mano in segno di saluto.
-Ma non li hai i soldi per comprartele le tue?-chiede scontroso accendendosene una nuova
-Sì che li ho, ma gratis sono meglio.-rispondo buttandogli il fumo addosso.
Lui ride e comincia a fare lo stesso con me, alla fine sappiamo entrambi di nicotina, e nemmeno poco.
Quando suona la campanella Mike scende dal muretto,  sarà anche un cattivo ragazzo, ma ci tiene alla sua formazione, penso che non abbia mai saltato un giorno di scuola, se non per malattia.
-Vieni?-mi chiede speranzoso
-Forse entro alla seconda ora.-rispondo vaga
Lui sbuffa, ma poi sorride. –Va bene.. ho capito, tieni.-dice poi lanciandomi il pacchetto di sigarette
Lo ringrazio e lui entra raccomandandosi di aspettarlo, così possiamo andare a lavoro insieme. Lavoriamo entrambi come tatuatori, amo i tatuaggi, per come la penso io il nostro corpo serve per mostrare la nostra vita ed io sul mio ci ho scritto quelle piccole cose che riassumono la mia.
Me ne sto in Santa pace a fumare la sigaretta e ad ascoltare il mio eroe, quando vedo un ragazzo venire nella mia direzione. Essendo miope lo riconosco solo quando è abbastanza vicino:è quello del treno. Senza preoccuparsi di nulla si mette a sedere sul muretto, vicino a me, e prende una sigaretta dal pacchetto, prende anche l’accendino di Mike e si accende la sua dose di nicotina.
-No c’è.. fai pure.-dico sarcastica alzando un sopracciglio
Lui fa finta di nulla e si porta il filtro alla bocca, lo fisso sbalordita, ma poi scoppio a ridere:questo non sa fumare, ci sta provando ma è propri negato.
-Devi aspirare, trattenere, far finta di deglutire e poi buttare fuori.-gli spiego ancora ridendo
Fa come gli ho detto, ma non ci riesce, dalla sua bocca non esce nulla.
-Ci rinuncio. Tieni.-esclama passandomi la sigaretta e fissandomi negli occhi. Posso notare con piacere che sono di un bel verde.
-La prossima volta cambia tattica per imbroccare.-gli suggerisco portandomi di nuovo il filtro alla bocca
-Tipo fare apprezzamenti sulla musica che ascolti?-chiede togliendomi un auricolare e mettendolo nel suo orecchio. Ascolta per un po’ in silenzio. Se critica questa canzone lo strozzo, è la mia vita.
-Testi profondi eh? Non l’avrei mai detto, non mi sembravi da Emis Killa..-commenta sorridendo
Io rimango in silenzio e lui, stranamente,  fa come me, aspetta che sia io a parlare. Tanto cede lui per primo:io non parlerò.
-Marco.-dice lui rompendo il silenzio
-Ashely..-rispondo io
-Io entro, te?-chiede lui scendendo dal muretto
-No.-rispondo secca
-Allora ci vediamo a giro Ashley!-esclama incamminandosi verso l’entrata
-Cosa ti fa pensare che io abbia voglia di rivederti?-chiedo curiosa
-Non lo so. Io ho voglia, sta a te decidere se farti avvicinare da me o no.-risponde sorridendo e andandosene
Mi lascia di sasso. Con la sigaretta penzolante dalle labbra tinte di rossetto scuro. Nessuno ha mai voluto conoscermi.
*Spazio autrice*
Heila! 
Questa storia significa molto, mi è venuta in mente ascoltando la mia canzone preferita, che è appunto Il mondo dei grandi, questa canzone è la mia ancora di salvezza e spero che voi la appreziate come me.
Ditemi che ne pensate nelle recensioni, almeno so se continuarla o no :)
Baci,
-Marika
  
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