Rue, l’innocente degli Hunger Games.
Catapultata in un mondo troppo brutto per una persona dolce come lei.
Costretta a crescere troppo in fretta per affrontare una cosa troppo grande per lei.
Quando venne estratta, salì sul palco senza mostrare timore.
Non voleva che nessuno si offrisse al suo posto.
Non voleva che qualcuno morisse per lei.
Perché entrare nell’arena, nel Distretto 11, significava non fare più ritorno a casa.
Lei era brava, sapeva saltare da un albero all’altro senza essere vista.
Ma fino a quando avrebbe potuto rimanere sugli alberi?
Sarebbe arrivato il momento di scendere e morire, o uccidere.
Ma lei non voleva uccidere. Non voleva essere quello che Capitol voleva che fosse.
Lei era Rue, e lo sarebbe sempre stato. Anche nell’arena degli Hunger Games
E così ha fatto.

Nel Distretto 11, la luce del Sole era sempre ben accolta.
La luce dava a tutti la consapevolezza che un giorno nuovo era arrivato.
La luce dava ai campi un aspetto più gioioso.
Rue amava la luce del sole che si rifletteva sulla frutta che lei raccoglieva.
Più tardi, quando la luce spariva all’orizzonte, la bandiera bianca si alzava.
E lei fischiava un motivo di quattro note, come ogni giorno.
E mentre lei tornava a casa, la luce scompariva, per fare spazio al buio.

Ora, invece, non si trovava al suo Distretto, ma nell’arena.
Con una lancia nello stomaco.
Nonostante Katniss le continuava a ripetere che andava tutto bene, lei sapeva che non era così.
Non era ingenua, sapeva di star morendo.
I giorni nell’arena erano stati i più brutti della sua vita.
Soltanto l’alleanza con Katniss aveva portato uno spiraglio di speranza.
Chiese a Katniss di cantare.
E lei lo fece.
Tutto intorno a lei si fece brillante. Troppo, per essere normale.
Davanti a se vide solo una forte luce.
La luce del suo Distretto.
Poi il Buio.